Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: tenshina    26/07/2012    4 recensioni
E’ passato un anno da quando la signora Tsukikage ha assegnato a Maya i diritti di rappresentazione del capolavoro scomparso. Eisuke Hayami è deceduto a causa di un ictus che l’ha colto nel sonno. Suo figlio ha ereditato tutto il patrimonio di famiglia in quanto unico erede ed ha approfittato del lutto per rimandare prima ed annullare poi in modo silenzioso e discreto il matrimonio indesiderato con Shiori Takamiya.
Chigusa Tsukikage non ha avuto difficoltà, essendo morto suo padre, ad accettare che fosse Masumi Hayami, scelto dalla sua pupilla, ad allestire lo spettacolo della Dea Scarlatta. L’uomo si è dedicato anima e corpo al lavoro, tentando di dimenticare la passione sensuale ed il desiderio che aveva letti nello sguardo di Maya durante la rappresentazione di prova. Maya e Masumi non si sono mai chiariti.
Si sta avvicinando il Natale e presto inizieranno le rappresentazioni della Dea Scarlatta nell’isola di Honshū, nella prefettura di Nagano.
Maya ha continuato a ricevere rose scarlatte a profusione, ma l’ombra del suo donatore non si è mai rivelata. Di tanto in tanto ha incontrato lo sguardo enigmatico del signor Hayami, ma nulla più.
La leggenda dello Spirito del Salice non fa riferimento alla neve.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Maya Kitajima
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era la vigilia di Natale e l’unica cosa che Masumi Hayami era stato in grado di fare era stata quella di andare nella sua villa nella prefettura di Nagano. Era inutile restare a Tokyo perché non aveva affetti che gli avrebbero scaldato il cuore in quei giorni di festa. Aveva dato qualche giorno di riposo ai suoi più stretti collaboratori, aveva avvisato i custodi del suo arrivo ed era partito. Di notte aveva lasciato la sua casa a bordo di una delle auto della Daito Art Production ed era arrivato alla villa alle prime luci di quel giorno. Pur con tutta la neve che era caduta, il tragitto si era svolto abbastanza tranquillamente. Conosceva la strada a memoria, pur non essendoci tornato per molti anni.
Inserì la chiave nella serratura del portoncino d’ingresso e per un attimo attese. Entrò spalancando l’uscio. Sapeva che era ridicolo ma, per un attimo, si era aspettato di vedere la stessa distruzione che vi aveva lasciato anni prima. All’epoca aveva disposto a malincuore che tutto fosse risistemato, ma ancora ricordava lo stato di devastazione in cui versava la casa quando era andato a controllare Maya durante le sue prove per Helen Keller: cuscini sventrati, cocci in terra, tende usate come appiglio completamente strappate, residui di cibo nei posti più impensati e lei, sola, sorda e cieca a quello che la circondava. Sembrava sul punto di togliersi le bende sconsolata. Aveva atteso e l’aveva vista provare a rialzarsi: testarda come al solito! Ricordava di essere stato pronto ad afferrarla, altrimenti sarebbe precipitata di nuovo sul pavimento. Il suo sorriso aveva illuminato l’oscurità del suo cuore quando la ragazza non più bambina ma non ancora donna aveva capito chi l’aveva soccorsa. Letteralmente era volata tra le sue braccia e lui, protetto dalle sue bende, l’aveva stretta a sé, talmente forte da stupire perfino se stesso.
Era tornato per l’unico motivo che riusciva a smuoverlo dai suoi intenti in ogni situazione: Maya era partita il giorno prima per Nozawaonsen e lui voleva sentirla vicina. Non l’avrebbe vista, ma sapeva che sarebbe stata a pochi chilometri di distanza: più vicina di quanto lo sarebbe mai stata se entrambi fossero rimasti a Tokyo.
Entrò nel soggiorno e lo trovò addobbato per le feste imminenti: i custodi, come al solito, erano stati più solerti di quanto richiesto. Il fuoco era acceso e scoppiettava nel caminetto; l’albero di Natale brillava pieno di luci ed addobbi colorati in un angolo; il tavolo era imbandito con un centrotavola formato da pigne dorate, bacche rosse e rametti di pungitopo.
Si diresse verso la camera da letto per disfare la valigia e farsi una doccia calda: il lungo viaggio la reclamava. Si tolse i vestiti mentre faceva arrivare l’acqua. Si tuffò sotto il getto che scorreva fluido e caldo lungo il suo corpo portando sollievo ai suoi muscoli affaticati. La sua mente tornava, come sempre, ai momenti rubati passati con la sua ragazzina: in fondo quell’abbraccio innocente avvenuto lì a Nagano non era altro che la scintilla che gli aveva acceso il fuoco dentro.
C’era stato il momento in cui Maya aveva perso la voglia di vivere, così come quella di recitare. A causa sua. Aveva promesso a se stesso che le avrebbe ridato tutto: la gioia di vivere e la passione per il teatro. E come al solito, aveva corso il rischio fondato di essere odiato. Quando l’aveva trovata, febbricitante sotto la pioggia, portarla a casa sua e curarla era stato un tutt’uno; come lo era stato ammettere di amarla e baciarla.
Aveva paura dei suoi occhi. Ogni volta che aveva avuto un contatto più intimo con lei era stato perché i suoi occhi erano chiusi. A Nagano… a casa sua… nel vecchio tempio della Dea Scarlatta.
L’aveva avuta tra le braccia per tutta la notte. Maya si era stretta a lui per il freddo, sembrava tanto rilassata ed inerme contro il suo petto. Alle prime luci dell’alba si era concesso quello che probabilmente sarebbe stato l’ultimo bacio rubato al suo sogno, alla sua anima, alla sua amata. Aveva assaggiato le sue dolci labbra con lentezza, piano, con il timore che si svegliasse. Il suo addio. Lui era fidanzato e presto si sarebbe sposato. Quanto tempo sarebbe passato prima che Maya conoscesse l’amore?
Quando aveva visto lo spettacolo dimostrativo era giunto alla conclusione che il momento era giunto. Non sapeva di chi si fosse innamorata, ma doveva esserlo di qualcuno. Aveva visto i suoi occhi bruciare d’amore, passione e desiderio; li aveva visti sciogliersi nella tenerezza di un abbraccio; li aveva visti infrangersi nel dolore dell’addio al suo amato Isshin.
Quel giorno aveva deposto le armi. E la speranza.
Suo padre era morto prima che potesse compiersi la sua vendetta. Era riuscito a non sposarsi, ma non aveva più approcciato Maya in modo diverso da quello che si conveniva tra un produttore ed un’attrice di successo. Non era più una ragazzina; non vi sarebbero più stati battibecchi; non vi sarebbero più stati baci rubati.
Immerso nei suoi pensieri, aveva terminato la doccia, aveva indossato un morbido ed avvolgente accappatoio in spugna e si era affacciato alla finestra della camera.
A chi voglio darla a bere? Se sono qui oggi è perché lei non è lontana!
Non sarebbe mai riuscito a lasciarla andare. Gli aveva ridato la vita, non poteva morire di nuovo. Sarebbe stato sempre con lei tramite l’ombra scarlatta che l’aveva sostenuta quando Masumi Hayami non poteva farlo. Chiuso nel suo dolore non vedeva gli sguardi sofferenti che Maya gli lanciava, non poteva comprendere né concepire che la giovane donna si sentisse strappare il cuore ogni volta che l’incontrava.
Osservava le cime montuose completamente innevate. Alcuni puntini in movimento in lontananza testimoniavano che la stagione sciistica di Nozawaonsen era nel suo pieno fervore. Forse uno di quei puntini era Maya. Scosse il capo rassegnato. Era ridicolo! Se i suoi concorrenti avessero conosciuto il contenuto dei suoi pensieri avrebbe perso tutto il suo potere.
Sotto il sole invernale gli alberi brillavano per i cristalli di ghiaccio e per le gocce d’acqua che cadevano in terra. Tutto era così quieto, bianco e pulito!
Si stese sul letto e, nel tepore della camera, si lasciò andare ad un inquieto sonno.
Si svegliò in un bagno di sudore: l’aveva sognata, come sempre, ma stavolta Maya era in pericolo. L’aveva vista in una grotta esposta alla neve ed al gelo; stava cedendo al sonno. No… Non poteva essere! Era solo uno stupido sogno generato dai rumori della tempesta che infuriava fuori dalla finestra! Le cime degli alberi erano scosse fortemente dal vento; la neve cadeva fitta; la temperatura doveva essere scesa considerevolmente. Non si vedeva nulla a pochi metri dalla casa.
Scese nel soggiorno e ravvivò la fiamma nel caminetto. Restò in ginocchio lasciandosi ipnotizzare dalla ritmica eppur caotica danza delle fiamme. I loro bagliori rossi e gialli mandavano caldi riflessi alle pareti e si univano a quelli delle illuminazioni dell’albero. Sentiva il volto scottare, ma era una sensazione piacevole dopo il gelo che aveva provato durante quell’incubo.
Fu tentato di chiamare Mitsuki per scoprire in quale albergo Maya alloggiasse e sapere così se fosse o meno al sicuro: riconobbe che sarebbe stato da pazzi.
Appoggiò le due mani alla mensola del caminetto e, facendovi forza, si alzò. Si guardò intorno in cerca di un diversivo. Dopo un attimo di incertezza si diresse verso il tavolinetto dei liquori e si versò un dito di brandy. Forse sarebbe riuscito a tranquillizzarsi.
Mentre rigirava il liquido ambrato nel bicchiere e ne beveva un sorso di tanto in tanto udì un leggero bussare. Inizialmente pensò di essersi sbagliato, in fondo i rumori della tempesta di neve erano tanto forti da indurlo a credere di essersi confuso. Facendo più attenzione, tuttavia, si rese conto che il rumore si stava ripetendo con maggiore energia.
Si alzò pigramente dal divano di fronte al caminetto dove si era seduto e si diresse alla porta d’ingresso chiedendosi come mai i custodi fossero venuti a disturbarlo. Con noncuranza aprì l’uscio, accostandosi al collo i lembi del pesante maglione che indossava. Il vento lo investì in volto ed alcuni fiocchi di neve si impigliarono tra i suoi biondi capelli sciogliendosi quasi immediatamente.
Contrariamente a quello che si attendeva, si trovò di fronte un’anziana donna, di statura minuta, vestita con un pesante kimono, un cappello ed una sciarpa che dovevano proteggerla dal freddo. La sua prima, istintiva reazione fu chiedersi come avesse fatto ad oltrepassare il cancello che lui stesso aveva chiuso quando era arrivato. La seconda fu chiederle il motivo della sua venuta e se non avesse bisogno di riparo.
“La prego!” – iniziò la vecchia signora – “mi aiuti! Mio marito Heitaro ha trovato una giovane donna che si era rifugiata in una grotta per la tempesta. Noi siamo vecchi, non riusciamo a trarla in salvo. Venga con me!”
Masumi, con il gelo dell’incubo ancora nel cuore, velocemente prese il cappotto, si chiuse la porta alle spalle e seguì la vecchia. L’uomo teneva lo sguardo fisso sulla schiena della sua accompagnatrice che gli stava facendo strada. Pensava che doveva essere una coincidenza e che avrebbe sicuramente scoperto che non si trattava di Maya. Tuttavia, non poteva fare a meno di tremare con il cuore pesante ed oppresso.
Se l’avesse persa… se l’avesse persa senza aver mai veramente lottato… che ne sarebbe stato di lui?! Come avrebbe potuto continuare a vivere?
A margine notava il passo svelto dell’anziana donna. Aveva una postura ingobbita, si accompagnava con un bastone, eppure l’uomo faceva quasi fatica a tenerne il passo. In una decina di minuti raggiunsero una piccola grotta. Dalla cavità giunse la voce flebile di un uomo che chiamava: “Higo!”
“Siamo qui!” – rispose la vecchia.
Si avvicinarono e quello che Masumi vide all’interno lo immobilizzò! Maya era seduta con la testa appoggiata ad un fianco della grotta: sembrava dormire serenamente. Il colorito era buono, ma doveva comunque soffrire enormemente il freddo. Chissà da quanto tempo era in quello stato! Rischiava di andare in ipotermia!
Guardò l’anziano con espressione interrogativa. Il vecchio gli disse:
“Si è addormentata da poco. Gliel’ho concesso solo perché sapevo che mia moglie sarebbe tornata presto. La porti in casa, la riscaldi! Non corre nessun pericolo!”
Masumi non seppe perché, ma si fidò delle sue parole. Semplicemente gli sembrava che fosse necessario. Si inginocchiò vicino alla ragazza, la scosse provando a svegliarla, ma non sembrava voler sentire ragione. Continuava a dormire. La prese in braccio, se la strinse al petto e percorse a ritroso la strada che aveva fatto poc’anzi.
Non aveva tempo per pensare: se la sua mente avesse pensato che aveva in braccio il suo amore con un principio di ipotermia ne sarebbe uscito completamente pazzo.
Non pensava. Metteva semplicemente un piede davanti all’altro. Ancora. E ancora.
Non aveva neanche badato se i due vecchi coniugi l’avessero seguito o meno. Aveva dimenticato tutto! Tutto, tranne quel corpo immobile e muto tra le sue braccia. Gli sembrava indifesa come non lo era mai stata.
Un piede davanti all’altro. Ancora. E ancora.
Cosa sarebbe successo se non fosse riuscito a riscaldarla? Non poteva chiamare un medico perché, con quella bufera, non avrebbero funzionato nemmeno le linee telefoniche. Iniziò a pensare a come riscaldarla.
Un piede davanti all’altro. Ancora. E ancora.
Le avrebbe tolto gli abiti freddi. L’avrebbe avvolta in una calda coperta, abbracciata e sistemata vicino al fuoco. Non poteva fare altro.
Un piede davanti all’altro. Ancora. E ancora.
Sì, avrebbe funzionato! Doveva funzionare. Nient’altro importava!
Finalmente scorse le luci di casa sua! Aveva avuto l’accortezza di lasciarle accese, altrimenti in quel buio avrebbe trovato difficoltà ad individuarla.
Sempre tenendola stretta, entrò in casa e si chiuse la porta alle spalle. L’adagiò temporaneamente sul divano mentre ravvivava ancora il fuoco. La coprì con un plaid mentre lui arrivava in camera per prendere un suo pigiama.
Tornò in soggiorno. La osservò con più attenzione: indossava l’equipaggiamento completo da montagna. Sicuramente il berretto e l’abbigliamento pesante avevano contribuito a proteggerla dal freddo. Le gote erano fredde, come anche le mani una volta tolti i guanti. Tuttavia la situazione non gli sembrava più grave come aveva temuto. Forse era perché ora erano al caldo; forse perché, dalla sua espressione, sembrava semplicemente che dormisse; forse perché, ora, l’aveva lì con lui.
Iniziò a toglierle gli strati sovrapposti di vestiario. Ad ogni movimento, Maya sembrava emettere dei leggeri mugugni, ma non si svegliava. Alla fine restò solo con una semplice canotta bianca e la biancheria intima. Masumi arrossì portandosi una mano alla bocca: si rese conto che se voleva scaldarla avrebbe dovuto passare del tempo abbracciato con lei. L’aveva già fatto nella notte al tempio, ma erano passati due anni e Maya non gli era mai apparsa tanto sensuale e desiderabile: il piccolo corpo snello e proporzionato, la leggera curva dei fianchi, il seno piccolo ma stranamente invitante, la dolce linea del collo, la pelle vellutata. Tutto concorreva a renderla seducente.
Maya si mosse leggermente. L’uomo si riscosse dalla sua contemplazione e fugò ogni dubbio che l’aveva colto in quei pochi attimi. La vestì con il suo pigiama riscaldato dal fuoco e l’avvolse in una coperta. A sua volta, tolse gli abiti con cui era uscito, indossò un morbido paio di pantaloni di felpa e si adagiò con lei sul divano, coprendo entrambi con la coltre.
Se l’era sistemata sopra, petto contro petto; le sue braccia che l’allacciavano; le sue gambe che l’accoglievano; il suo cuore che batteva per lei; i suoi occhi che scrutavano ogni singolo e minuscolo movimento che aleggiava sul suo viso.
   
 
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