Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: tenshina    23/07/2012    3 recensioni
E’ passato un anno da quando la signora Tsukikage ha assegnato a Maya i diritti di rappresentazione del capolavoro scomparso. Eisuke Hayami è deceduto a causa di un ictus che l’ha colto nel sonno. Suo figlio ha ereditato tutto il patrimonio di famiglia in quanto unico erede ed ha approfittato del lutto per rimandare prima ed annullare poi in modo silenzioso e discreto il matrimonio indesiderato con Shiori Takamiya.
Chigusa Tsukikage non ha avuto difficoltà, essendo morto suo padre, ad accettare che fosse Masumi Hayami, scelto dalla sua pupilla, ad allestire lo spettacolo della Dea Scarlatta. L’uomo si è dedicato anima e corpo al lavoro, tentando di dimenticare la passione sensuale ed il desiderio che aveva letti nello sguardo di Maya durante la rappresentazione di prova. Maya e Masumi non si sono mai chiariti.
Si sta avvicinando il Natale e presto inizieranno le rappresentazioni della Dea Scarlatta nell’isola di Honshū, nella prefettura di Nagano.
Maya ha continuato a ricevere rose scarlatte a profusione, ma l’ombra del suo donatore non si è mai rivelata. Di tanto in tanto ha incontrato lo sguardo enigmatico del signor Hayami, ma nulla più.
La leggenda dello Spirito del Salice non fa riferimento alla neve.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Maya Kitajima
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Per chi non fraintenda,
narra la leggenda*
degli sposi Higo ed Heitaro
che gli uomini separaron.
Higo era lo spirito del salice
Heitaro nel villo viveva felice.
L’uomo dal taglio il vecchio albero salvò,
lo spirito per ringraziarlo lo sposò.
Venne poi il tempo in cui
l’imperatore un tempio costruì.
In una bianca notte d’inverno freddo,
i villani tagliaron il vecchio ceppo.
Higo scomparve,
Heitaro pianse.
Per chi non fraintenda,
narra la leggenda
degli sposi Higo ed Heitaro
che gli uomini separaron,
ma nell’aldilà si ritrovaron.
Quando la bianca neve scende,
una dolce melodia si sente.
Higo ed Heitaro vagano felici
per render tali gli innamorati divisi.
                            Un anonimo saggio
                            Periodo Nara, anno 18

Maya lesse con commozione la storia narrata nella breve filastrocca appesa all’ingresso della pensione dove avrebbe alloggiato.
Era scesa alla stazione di Nagano e per mezz’ora aveva atteso l’autobus che l’avrebbe condotta a destinazione. Nozawaonsen era famosa per lo sci e le sedici stazioni termali gratuite che offrivano ristoro dopo la giornata passata all’aria aperta. Probabilmente non avrebbe provato lo sci, ma sicuramente si sarebbe dedicata a dei bagni rilassanti nelle calde acque delle sorgenti.
Nei novanta minuti d’autobus che la separarono dal suo albergo aveva riflettuto sugli eventi che avevano caratterizzato gli ultimi mesi. Sicuramente il fatto che il signor Hayami non si fosse più sposato l’aveva tranquillizzata, ma il dolore sordo che avvertiva nel suo cuore non era mai scemato perché aveva sempre vividi dentro l’amore per quell’uomo gentile che mai una volta aveva neanche provato a farsi ringraziare per quello che le aveva donato; la passione per quell’uomo forte che l’aveva difesa da tutti, compresa se stessa; il desiderio per quell’uomo che le procurava brividi con una sola parola sussurrata, le scaldava il cuore con uno sguardo, la gettava nella più cupa disperazione quando le si allontanava indifferente.
Ora era arrivata nell’Honshū e non sarebbe tornata a casa prima di un mese. Per tutto quel tempo sicuramente non l’avrebbe visto. Era partita una settimana prima per passare il Natale nell’ambiente accogliente di quella pensioncina di cui le aveva parlato Rei. Ne avrebbe approfittato per stare sola con il suo cuore ed i suoi pensieri. Non avrebbe avuto necessità di fingere un’allegria che non provava.
Fu richiamata al presente dalla signora Fujiwara che la condusse nella sua camera: era un ampio ed accogliente spazio rivestito in tatami, con una porta scorrevole che separava la camera da letto dalla piccola cabina armadio. Il futon era stato preparato insieme al leggero yukata in dotazione. Dalla finestra si vedevano le bianche distese delle montagne innevate con gli abeti che si stagliavano contro il cielo terso.
Si svestì degli abiti da viaggio ed indossò il leggero kimono. Prendendo l’occorrente per il bagno si avviò verso la sorgente termale propria dell’albergo. Pensava di ristorarsi dal viaggio immergendosi nelle sue calde acque. Arrivata nell’antibagno, poté constatare che era pressoché deserto: ne fu felice ché non aveva voglia di scambiare sciocchi ed inutili convenevoli con emeriti sconosciuti.
Completamente nuda entrò nella pozza. Appoggiando la testa sul bordo si rese conto che il soffitto era costituito da una grande vetrata che lasciava scorgere il cielo. Pensò a quanto dovesse essere bello andare lì a sera inoltrata e potersi godere il firmamento immersi nelle calde acque della sorgente.
Perdendosi in tali fantasie, giunse a riflettere sulla poesia che aveva letto pochi attimi prima. Pensava alla povera Higo, spirito del vecchio salice, strappata dalle braccia di Heitaro per soddisfare il bisogno dell’imperatore. Pensava al povero Heitaro, che nulla aveva potuto per proteggere la sua amata. Pur con delle differenze, la storia sembrava molto simile a quella della Dea Scarlatta. In quella era il popolo che abbatteva il salice mentre Heitaro tentava di difenderlo; in questa era lo stesso Isshin che per la pace dell’uomo abbatteva il susino millenario e, con esso, lo spirito di Akoya. Entrambe le storie erano fondate sul principio delle anime gemelle: Isshin ed Akoya, Heitaro ed Higo.
Si riscosse dai suoi pensieri quando un’altra donna entrò nei bagni termali. Subitamente Maya uscì dalla vasca, si asciugò approssimativamente e tornò in camera per prepararsi per la cena.
Scese nella sala comune e consumò una cena frugale: del riso e un po’ di ramen. Li aveva sempre adorati e ogni volta che entrava in un nuovo ristorante non riusciva a fare a meno di ordinarli, se erano nel menù. Era molto presto quando si ritirò per la notte: l’indomani sarebbe stata la vigilia di Natale ed aveva intenzione di passarla visitando Nozawaonsen ed i boschi del circondario. Avrebbe voluto sentire la melodia di cui parlava la leggenda di Higo ed Heitaro, ma era solo un vano desiderio: lei non aveva un innamorato a cui ricongiungersi.
Dormì profondamente per tutta la notte. Venne svegliata dalla sfolgorante luce del sole nascente che si rifrangeva sulla neve. Solo la neve era capace di dare origine a quella luce tanto chiara e brillante. Con entusiasmo si alzò e velocemente si vestì preparandosi ad affrontare una giornata passata all’insegna del turismo.
Un paio di giorni di svago poteva anche permetterseli. Per la fine dell’anno sarebbe arrivato anche il resto della compagnia e, a quel punto, sarebbe dovuta tornare ad essere la Maya controllata e felice.
Salutò la signora Fujiwara all’ingresso ed uscì nel freddo di Nozawaonsen. Parecchia gente aveva avuto la sua stessa idea e vi erano lunghe code per l’accesso agli impianti sciistici. Per un attimo rifletté se accingersi o meno a fare un giro all’Higake Course, le piste per principianti, ma poi si disse che, imbranata com’era, avrebbe combinato un disastro anche lì. Si diresse pertanto verso l’ingresso del bosco e ne imboccò lo stretto sentiero segnato dalle staccionate laterali. Una lunga passeggiata tra gli alberi innevati sotto il brillante sole invernale le avrebbe sicuramente temprato lo spirito.
Camminò per un paio d’ore, mentre era accompagnata dal suono della neve gelata schiacciata sotto il peso dei suoi scarponcini. Osservò la candida coltre stesa sui rami degli abeti e degli aceri spogli. Brillanti gocce d’acqua si infrangevano al suolo quando il sole baciava il gelo. Si udivano da ogni parte i segni del disgelo diurno: le gocce che inesorabilmente precipitavano in terra producevano una tintinnante musica.
Giunta in una radura, scorse tra gli alberi quello che doveva essere un lago gelato. Si avvicinò e vide alcune coppiette che stavano pattinando sopra la lastra traslucida. Le loro risate le risvegliarono la malinconia e provò una leggera invidia osservando quei ragazzi che, felici, trascorrevano la vigilia di Natale mano nella mano.
Si riscosse da quei tristi pensieri e si rese conto che quel luogo le era stranamente familiare. Mentre si sforzava di ricordare a cosa somigliasse, le venne incontro un simpatico vecchietto vestito di pesanti abiti tradizionali.
Con voce gentile l’apostrofò: “Signorina, non è bello vedere un’espressione tanto triste sul suo grazioso viso!”
Le espressioni nel volto della giovane si rilassarono. Il modo in cui il vecchio si esprimeva le ricordava il suo docente di letteratura giapponese all’Itotsuboshi, così arcaico e compito.
“Non si preoccupi, signore, mi passerà!” – tentò di rassicurarlo lei.
“Allora mi vuol dire che il suo gentil innamorato giungerà presto?”
Gli occhi di Maya si incupirono. Il vecchio se ne avvide perché continuò:
“Mi scusi, sono forse stato inopportuno?”
“No, è solo che…” – si interruppe, ma poi riprese, in fondo era solo un simpatico vecchietto sconosciuto – “il mio è un amore impossibile. Chi mi ha rubato il cuore mi vede e non mi vede. A volte mi sembra di essere invisibile, altre volte invece… ma non ne sono sicura…”
Il vecchio stette un po’ in silenzio, come a riflettere sulle parole che la giovane gli aveva riservato. Poi, mentre entrambi tenevano lo sguardo fisso sul lago, l’anziano disse:
“Che ne dice di passeggiare un altro po’? Avremo modo di parlare un po’ meglio!”
Maya si ritrovò a seguirlo senza aver capito bene il perché. Le sembrava quasi di aver risposto ad un bisogno impellente. Stavano camminando affiancati ormai da una mezz’ora. Si stava avvicinando l’ora del pranzo, ma Maya non aveva fame. Stava ascoltando con vivo interesse i racconti di vita dello strano vecchio. Non le aveva ancora detto come si chiamava, ma le sembrava di conoscerlo da sempre: i suoi genitori erano stati dei poveri contadini e lui aveva seguito il loro esempio. Giunto all’età giusta aveva incontrato, sotto un vecchio salice, una graziosa fanciulla di cui si era follemente innamorato. I suoi occhi e la sua grazia erano ancora fissi nella sua mente. Avevano vissuto insieme felicemente per molti anni, poi lei era scomparsa.
Maya si disse vicina al suo dolore, mentre il vecchio, guardandola dal basso con occhi dolci e soddisfatti, semplicemente le disse:
“Gentile signorina, io ho vissuto felicemente e tuttora vivo felicemente perché la mia sposa è con me sempre. Sono invece più in ansia per lei. Il suo cuore grida tristezza, il suo animo è in tempesta. Vorrei veramente che il suo non fosse un amore impossibile!”
Un lieve sospiro sfuggì dalle labbra della ragazza.
Presi da quei discorsi non si erano avveduti che il cielo si era coperto ed il freddo vento aveva iniziato a sferzare i rami con crescente intensità. Il vecchio propose di ripararsi in una grotta vicina dove avrebbero potuto attendere che il tempo migliorasse.
Mentre si avvicinavano iniziò anche una fitta nevicata. La visibilità iniziava ad essere ridotta e solo fortunosamente riuscirono ad individuare la stretta apertura. Si accomodarono sulla nuda roccia con il volto rivolto alla bufera. Solo grazie al fatto che si trovasse lì con il vecchio riuscì a non farsi prendere dal panico: il tempo passava ed in silenzio continuavano a guardare la tempesta che non accennava a placarsi.
Ormai era scesa la sera ed il freddo le era entrato nelle ossa. Pensava che ormai fossero partite le ricerche, ma chi avrebbe pensato di trovarla in quella buia caverna? Il suo accompagnatore appariva stranamente calmo ed insensibile al freddo. Non un solo brivido l’aveva colto dacché Maya aveva iniziato a battere rumorosamente i denti.
Mentre lo osservava, il vecchio si voltò dalla sua parte. I suoi occhi apparivano gioiosi e saggi anche in quella situazione. Le poggiò una mano segnata dalle rughe e dagli affanni sulle sue e in un sussurro le disse:
“Maya, quando giungerà il momento, abbia fiducia nel suo amore e coraggio nel cuore…”
“Come fa a sapere il mio nome? Chi è lei?” – già il sonno sembrava requisirla. Sapeva che non doveva addormentarsi, ma le sembrava impossibile resistere: gli occhi le sembravano così pesanti…
“Si rilassi Maya. Si fidi di me. Io sono Heitaro.” – furono queste le ultime parole che la ragazza riuscì a comprendere prima di arrendersi.
 
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* "Per chi non fraintenda, narra la leggenda" sono due versi della canzone "Figlio della Luna" dei Mecano.
   
 
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