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Autore: shizuka    09/02/2007    2 recensioni
Tutti conoscono Draco Malfoy e tutti sanno chi è Hermione Granger. Molti non credono in una loro possibile relazione, ma certi avvenimenti segnano le persone e le portano a compiere gesti che, forse, in passato non avrebbero mai considerato possibili.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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SECRET GARDEN

Capitolo V
Sympathy For The Devil

Tu che m'ascolti insegnami un alfabeto che sia differente da quello della mia vigliaccheria... (Cantico dei Drogati – F. De Andrè)


Ticchettio leggero.

La pioggia contro il vetro, in un tardo pomeriggio di Novembre.

Hermione Granger scostò le tende della stanza di divinazione, vuota a quell'ora. Erano giorni che non faceva che piovere, e il suo umore a poco a poco stava subendo la stessa inclinazione del tempo. Sebbene dopo la scenata che aveva fatto a Ron ed a Harry, le cose sembrassero leggermente migliorate, lei continuava a rimanere in quello stato di apatia e insofferenza, che non riusciva a sfogare.
Guardò l'orologio babbano che portava al polso e sbuffò infastidita. Di nuovo, Lui, era in ritardo, e questa volta erano quasi quindici minuti.

A Draco Malfoy non importava mai di nulla, di questo si era convinta Hermione in quegli ultimi giorni di forzata vicinanza. Non gli interessava quello che lei gli stava insegnando, nonostante il ricatto fosse partito proprio da lui. Non gli interessava la scuola e tutto ciò che girava intorno ad essa, sembrava che niente riuscisse veramente a toccarlo. Dal suo viso non scompariva mai quell'espressione di noia mista a sufficienza.

Inoltre, tutto quel ritardo era davvero inconcepibile! Ricordava con estrema chiarezza il giorno in cui non era riuscita a scrollarsi di dosso Harry e Ron ed era arrivata dopo Malfoy, che con la sua consueta boria non aveva mancato di sottolineare - Hermione ribolliva ancora al solo pensiero - che puntualità era sinonimo di educazione. Ancora, si chiedeva come avesse potuto accettare la sua proposta. Le parole le erano uscite dalla bocca senza che lei potesse fare nulla per fermarle, non era stata razionale come di consueto. Stava forse perdendo il senno? Troppe cose erano successe in quei mesi, si disse.

Sto diventando pazza.

E pazza forse lo era stata davvero, quando una settimana prima, Malfoy era entrato e con un tono mellifluo - che le ricordava terribilmente Piton - le aveva proposto il sapere della sua famiglia in cambio del Patronus. Hermione a quel punto, non aveva potuto fare altro che spalancare gli occhi ed accettare. Perché Malfoy non aveva chiesto informazioni sull'Ordine della Fenice? Sarebbe stato più logico. Perché non l'aveva resa sua schiava? Insomma perché il figlio di Lucius Malfoy le aveva fatto una proposta così assurda, e soprattutto così vantaggiosa per LEI?

Improvvisamente i suoi ricordi furono distratti da un rumore di passi, ormai divenuto familiare e dalla porta che qualche secondo dopo cigolò, aprendosi. Malfoy entrò in modo tronfio come al suo solito, senza degnarla di un'occhiata.
Sembrava quasi turbato. Hermione non lo notò, e d'altronde erano sue precise normative tentare per quanto possibile di ignorarlo. Non un saluto o un frivolo scambio di cordialità. Lei ignorò anche questo.

"Credo che tu sia pronto per eseguire l'incantesimo" lo informò con tono neutro e distaccato. "Era anche ora" sbuffò lui, sfoderando la bacchetta.


* * *



"No, no e ancora no! Ti devi concentrare, maledizione!" Hermione si mise le mani tra i capelli, esasperata. Era già un quarto d'ora che provavano, e tutti i tentativi fatti dal ragazzo erano falliti miseramente. In quel momento Malfoy le sembrava ancora più impedito di Ron, nell'eseguire un incantesimo. E lei che si sforzava di rimanere calma! "Ma mi ascolti quando parlo?!" sbottò con tono disperato, prendendo una sedia e accasciandosi sopra. Draco la guardò pigramente "Granger " rispose strascicando ancor più del solito la voce " come potrei evitarlo, visto che continui ad urlarmi in un orecchio?"

La ragazza alzò gli occhi per fissare la sua espressione sorniona, e Draco con un pizzico di soddisfazione poté notare che le sue iridi erano contratte in un gioco di rabbia e imbarazzo. Amava follemente fare adirare, lei che non perdeva mai il controllo. "Credo fermamente che tu sia stupido" quelle parole uscirono dalle sue labbra in modo così serio e naturale, che l'espressione di lui non poté fare a meno di ridisegnarsi in un ghigno sarcastico "E io che tu sia una pessima insegnante" rispose.
Decise di provocarlo. "Perfino Ron riesce ad eseguirlo!" E la risposta minacciosa non si fece attendere "Non mi paragonare a Weasel, mezzosangue"

Hermione lasciò cadere nel vuoto l'insulto e ordinò al ragazzo di riprovare. Draco, non senza aver emesso un sonoro sbuffo, fece come gli era stato chiesto. Chiuse gli occhi e con una stoccata del braccio pronunciò chiaramente: "Expecto Patronus!" ma dalla sua bacchetta uscì solamente uno sbuffo argenteo che si dissolse nel nulla.

"Non capisco " riprese Hermione massaggiandosi una tempia, come era solita fare, quando cercava di capire qualcosa che proprio le sfuggiva. "Non capisco perché non ti riesce, eppure il movimento del braccio è perfetto, e la tecnica la conosci" .

Lo fissò cercando di capire, ma l'espressione del serpeverde era diventata improvvisamente cupa ed impenetrabile. Nessun eco del sarcasmo precedente.

Soltanto quella che Hermione distinse come una sorta di disperazione, perché era la stessa che ogni giorno leggeva nei propri occhi. Ed era la stessa, ma forse ancor più triste, sfumatura che aveva colto nello sguardo del ragazzo, il giorno in cui l'aveva trovato ubriaco ad Hogsmeade. Non poteva dimenticarli, quegli occhi.

"Capisco di essere straordinariamente bello, Granger, ma se continui a guardarmi in quel modo finirai per consumarmi " Draco sorrise in modo beffardo, seppellendo in fondo all'animo quelle sensazioni che per un istante si erano cristallizzate sul suo viso. Le sue iridi tornarono ad essere grigie come l'asfalto di Londra e le guance della ragazza non poterono fare a meno di imporporarsi solo per aver pensato, un istante, che Malfoy fosse qualcosa di diverso da quello che di solito amava ostentare. Cancellò quei pensieri scomodi. Schiumava dalla rabbia, ma non poteva cedere. Non gli avrebbe dato quella soddisfazione! Se solo, se solo avesse avuto i suoi poteri, gli avrebbe lanciato una fattura orcovolante – di quelle che tanto piacevano a Ginny - e la prossima volta, forse, avrebbe pensato prima di parlare. Poi improvvisamente una scia di pensiero le attraversò la mente, come un fulmine a ciel sereno.

"Malfoy, stai pensando a qualcosa di particolarmente felice, vero?" gli chiese sospettosa, perché l'unica cosa che poteva impedire la riuscita dell'incantesimo era quella. Per eseguire correttamente un Patronus era necessario pensare ad un ricordo felice. Molto felice.

I tratti del viso del ragazzo si indurirono. Un ricordo felice. Ne aveva trovati tanti. Ma nessuno sembrava dargli la forza necessaria per sviluppare l'incantesimo. Nessun ricordo, neppure tra quelli che considerava più significativi. Il ricordo di Potter che precipitava dalla scopa durante una partita di Quidditch al terzo anno. La speranza che si schiantasse, liberando tutti dalla sua presenza. Lì sì, per un momento, era stato veramente felice. Il ricordo di quando suo padre aveva regalato alla sua squadra scope di ultima generazione, per poter battere quegli sbruffoni dei Grifondoro. Quanto era stato al centro dell'attenzione, al centro dell'invidia di tutte le altre squadre! Neanche lo sguardo di suo padre che lo osservava eseguire il suo primo incantesimo aveva più molta importanza. Tanto quello sguardo era sempre rimasto gelido.

"Certamente Granger, per chi mi hai preso?!" Mentire, mentire sempre. Mentire giurando di proferire solo la verità (ma d'altronde cos'era la verità?). Non svelare le proprie debolezze. Secoli di casato che si tramandavano.

"Allora cambia ricordo, evidentemente non è così felice come pensi" ribatté lei, per nulla stupita da quella sua risposta, eppure convinta che l'errore di Malfoy fosse proprio quello di non pensare al ricordo giusto.
Malfoy strinse i denti e cercò di concentrarsi su un ricordo davvero felice, ma le parole di quella sciocca Griffyndor rimbalzavano nella sua testa come una pluffa impazzita.

Non è così felice come pensi. Finalmente vedeva i ricordi come erano realmente, con quel distacco che quasi li faceva appartenere ad un'altra persona. Perché Potter ci riusciva e lui no? Aveva erroneamente pensato che imparare quell'incantesimo lo avrebbe riscattato agli occhi di suo padre. Sarebbe stato uguale a Potter no? Non era questo che volevi, padre? Invece capiva chiaramente che quell'abisso tra lui e l'odiato Grifondoro non si sarebbe mai colmato. C'era una differenza sostanziale che non avrebbe mai potuto cancellarsi.
I genitori di Potter erano morti per salvarlo, i suoi erano scappati per salvarsi. Serrò la mano intorno alla bacchetta in modo così forte che le nocche sbiancarono, mentre il sangue gli affluiva soltanto al cervello, nonostante il colore del suo viso fosse ancora più pallido del solito.

"Malfoy...?! Stai bene?" Hermione lo riscosse dai suoi incubi, prendendolo leggermente per una manica della divisa. Lui guardò quella mano – unico appiglio alla realtà - come se non si rendesse conto che entrambi erano nella stessa stanza. Non rispose. Ma sentiva le lacrime appannargli la vista. Non doveva piangere, un Malfoy non piange, mai. Non sapeva cosa fare. E neanche cosa dire per liberarsi di quella ragazza fastidiosa. Nessuna parola affiorava alle sue labbra.

Il suo cervello rimaneva annebbiato. Strattonò la manica e fece per prendere la porta, ma questa volta lei fu più lesta e lo bloccò prima che potesse uscire.

"Malfoy si può sapere cosa ti prende?! Non sto qui perché mi piace starci, per cui riprendi ad eseguire l'incantesimo, prima finiamo e prima smettiamo di vederci. Se ti disgusta il fatto di starmi a sentire, sappi che la cosa è reciproca."

Stupida, stupida Griffyndor. Cosa ne capiva lei? Cosa pensava di capirne di lui, e della sua persona? Era come tutti gli altri. Malfoy. Sempre Malfoy! Non ne poteva più...

Hermione bloccava la porta con quello sguardo di sfida, che tante volte gli aveva mostrato. E mai come quella volta risultava fastidioso alla sua vista. E Draco con le pupille dilatate e quello sguardo da pazzo, lo sguardo di chi ha perso tutto, le stava così vicino da poterla sfiorare. Eppure era lontano anni luce, in un pianeta sconosciuto in cui il suo bel regno era stato distrutte da forze avverse. E lui come un principe errante vagava tra i meandri oscuri della sua mente. Non c'erano appigli, non c'erano più illusioni in cui consolarsi e anche se il suo cervello cercava di crearne, la realtà circostante sembrava accanirsi contro di esse.

“Sai cosa Granger?” Le parole stavano per uscire come un fiume in piena dalla sua bocca. Sentiva di non avere più il controllo della propria mente. Voleva solo ferirla, ferirla come era ferito lui, in quel momento. “Credi sempre di aver capito tutto, di sapere sempre tutto. Eppure, ora guardati, sei una sudicia babbana...cosa direbbero San Potter e il Re degli Straccioni se sapessero che vuoi usare la magia oscura? Se venissero a conoscenza del fatto che sei venuta a chiedere aiuto a me?” Aveva la mascella contratta in una morsa di rabbia, ma quelle parole erano uscite dalla sua bocca come il sibilo di un serpente.

Hermione deglutì, e le sue gote si arrossarono mentre replicava “IO non ti ho mai chiesto aiuto!”

Ma lui, aveva già aperto la porta ed era uscito. In quella stanza, mancava l'ossigeno.


* * *



Era noto a tutti che, in certe occasioni Ronald Weasley brillasse per la sua totale mancanza di sensibilità, e proprio quella mattina stava dando ampio sfoggio di ciò. Neville Paciock aveva appena fatto un dettagliato resoconto delle sue sfortunate vicende sentimentali con una Tassorosso del quarto anno, e il momento era poi culminato con il racconto del momento in cui Neville, nel tentativo di essere galante, aveva per sbaglio spinto la malcapitata in una pozzanghera, e la ragazza, non l'aveva proprio presa così bene. Ron a quel punto, era scoppiato in una risata convulsa – trattenuta fino ad allora, con fatica – e pure Harry, seduto di fianco a lui, si copriva la bocca nel tentativo di non ridere.

Il cipiglio di Ginny aveva assunto una piega pericolosa. “Ma finiscila Ron! Almeno lui ce l'ha una ragazza, a differenza di te!” era sbottata, con tono acido. Nel sentire quelle parole, Neville aveva sospirato affranto “Mi sa che non ce l'ho più una ragazza...” Ma nessuno gli aveva prestato attenzione. Hermione roteò gli occhi, e la sua attenzione venne catalizzata dal tavolo dei serpeverde, che quella mattina sembrava stranamente silenzioso. Draco Malfoy, ovviamente non c'era. Sicuramente era rimasto nel suo covo, come un bambino viziato che si rifiuta di mangiare, per uno stupido capriccio.

Ron assunse il colore dei suoi capelli, mentre Harry continuava a sghignazzare. “Sempre meglio di te, che cambi un ragazzo alla settimana!”

Hermione non ascoltava. A parte il fatto che non era stata lei a chiedere aiuto a Malfoy, la cosa che più gli rodeva è che lui avesse capito esattamente come si sentiva nei confronti di qualcosa che non poteva controllare. Lei che sapeva sempre tutto.

“Ah sì?!” Ginevra Weasley si era gonfiata, in un tipico atteggiamento di sua madre e Ron temette di dover dire addio alla sua giovane vita, ma invece di avventarsi contro il fratello, che già stringeva la bacchetta in fondo alla tasca, si alzò furiosa, sbattendo sul tavolo la tazza da cui stava bevendo. Ron poté tirare un sospiro di sollievo.

Lei...no, non lo capiva. Anche cercando di negarlo, era indubbio che ci fosse qualcosa di strano. Cercava di raccogliere tutte le informazioni che possedeva, e tentare di capire, ma aveva solo immagini confuse. Malfoy ubriaco. La proposta. Le lezioni, e poi ieri pomeriggio. In quel momento le sarebbe stato molto utile un pensatoio.
“Però, bel caratterino tua sorella” commentò Seamus, alzandosi. Anche Ron ed Harry fecero lo stesso, purtroppo c'era una pergamena lunga 30 centimetri ancora da scrivere, Piton quel giorno l'avrebbe sicuramente pretesa.
“Hermione?”

“Hermione!”

Lei si riscosse dai suoi pensieri e guardò Harry che l'aveva appena chiamata. “Vieni?” chiese lui. Lei parve per un attimo sorpresa “Oh. Sì, sì arrivo” disse alzandosi velocemente, e seguendo gli amici. D'altronde, l'aspettava ancora una relazione sugli usi del latte di unicorno, da presentare per il mese prossimo.

Continua...


  
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