Tic,
Toc!
Buongiorno
Upper East Side! Non sentite la vostra
sveglia suonare? Sono
le sette e un quarto di sabato mattina!
No,
non è che la prima settimana di scuola sia volata,
è che proprio non c’è stata!
Qui nell’Upper East Side le scuole iniziano il
venerdì, in modo da poter fare
una festa subito, con la scusa dell’inizio della scuola!
E
che festa sia, gente! Stasera vi aspetto tutti al party
“Baciami sulle Labbra”
organizzato da P. e dal comitato scolastico!
Non
vedo l’ora di osservarvi tramite i miei mille occhi e
rivelare i vostri
incontri segreti e i vostri baci rubati.
A
questa sera, Upper East Side!
XOXO
Gossip
Girl
Draco
stava guardando la sua brioche farcita da minuti.
Non
aveva davvero voglia di mangiare
ma
sua madre, che era tornata solo quella mattina e non lo aveva ancora
visto dal
suo ritorno, gli aveva messo davanti quella stupida brioche straripante
di
marmellata e si era seduta davanti a lui, guardandolo fisso con i suoi
occhi
cerulei.
-Mangia,
Draco- aveva semplicemente ordinato.
E
Draco
fissava il dolce da minuti.
Narcissa
Black-non-più-Malfoy strinse gli occhi fino a creare due
fessure azzurrine.
-Finché
non mangi non ti faccio uscire.
Draco
soffiò l’aria dal naso, borbottò
qualcosa di incomprensibile e afferrò la
brioche, staccandone un morso microscopico.
-Contenta?-
ringhiò con la bocca piena.
-Devi
finirla tutta- ripeté Narcissa agitando la mano bianca -E
poi non capisco tutta
questa fretta! Saranno appena le sette e venti e tu sei già
pronto a uscire! La
scuola non inizia alle nove?
Draco
sorseggiò il succo di pompelmo.
-Voglio
andare a trovare Tristan- buttò semplicemente lì.
Narcissa
quasi si strozzò con il suo biscotto secco:
-Cosa
vuoi fare?- gridò spalancando gli occhi.
-Andare
a trovare Tristan- ripeté paziente Draco -Non lo vedo da
mesi, è mio fratello e
mi manca!
-Ma
Draco... se ti vedessero entrare lì cosa penserebbero...
-Esattamente
chi potrebbe vedermi, mamma?- sibilò Draco con rabbia.
-Lo
sai.
I paparazzi, Gossip Girl, quella gente lì.
-Mi
stai
dicendo che tu non sei mai andata
a
trovare tuo figlio perché avevi paura dei paparazzi?- Draco
si alzò in piedi,
sottolineando la sua ira.
-Lo
sai
che potrebbero rovinarci con due parole...
-Certo!
Se scoprono che tuo figlio ha tentato il suicidio
perdi il titolo di madre dell’anno, vero?
-Draco,
sai cosa intendo, loro...
-Tu e Lucius ci avete rovinati mamma! A
me e a Tristan! Se non foste stati così... egocentrici e
pieni di voi forse vi
sareste accorti che i vostri figli erano al limite!
Narcissa
rimase senza parole. Non mosse un dito mentre il figlio raccoglieva le
sue cose
con rabbia, apriva la porta e se la sbatteva alle spalle.
La
brioche rimase sul tavolo praticamente integra.
Il
Centro Ostroff non era lontano da casa di Draco.
Il
ragazzo scosse la testa quando l’autista fece cenno di
volerlo portare in auto,
abbassò gli occhiali a proteggere gli occhi vitrei e prese a
camminare
velocemente lungo la sua via.
Impiegò
meno di venti minuti per raggiungere l’edificio.
Era
un
palazzo grande e alto, di mattoncini scuri, con ampie vetrate che si
aprivano
su tutte le fiancate a spezzare l’uniformità dei
mattoni. Era circondato da un
ampio cortile verde, pieno di alberi e fontane per gli uccellini.
Una
gabbia dorata. Pensò
Draco mentre entrava spingendo le porte di vetro pesante. Una gabbia dorata ma pur sempre una gabbia.
Salì
al
ventesimo piano senza indugi e si rivolse alla donna grossa e massiccia
che sedeva
alla reception con uno dei suoi migliori sorrisi:
-Salve,
sono Draco Malfoy, sono qui per vedere mio fratello Tristan.
È stato ricoverato
tre mesi fa...
-Tristan
Malfoy, certo!- squittì lei, con una vocetta nasale che ben
poco si addiceva al
suo fisico importante -Quel caro ragazzo! Ha fatto bene a chiedere, lo
abbiamo
trasferito due giorni fa in una stanza singola, visto che il suo
compagno di
camera è stato dimesso. La accompagno.
Draco
la
seguì in quel dedalo di corridoi mordendosi le unghie, non
stava più nella
pelle dalla voglia di riabbracciare il fratello.
-Trix!-
esclamò quando finalmente gli fu davanti.
Seduto
con la schiena appoggiata su una pila di cuscini, in un letto
monumentale, un
ragazzo sui diciotto sollevò le ciglia dal libro che stava
leggendo con aria
annoiata.
Quando
il suo sguardo incontrò quello di Draco le sue labbra si
aprirono in un sorriso
meraviglioso.
-Dra!-
gridò facendo sobbalzare l’infermiera. Il
più piccolo corse verso il fratellone
e gli saltò addosso.
-Dio,
come stai?- domandò Tristan scansando definitivamente il
libro.
-Io...
meglio! Davvero! Non vedi? Sono migliorato!- rise, alzandosi in piedi e
improvvisando una sfilata per la stanza.
Tristan
rise, afferrandolo poi per un braccio per attirarlo a sé.
Insieme
erano uno spettacolo bellissimo. Così simili e
così uniti...
Fisicamente
erano come due gemelli. Quasi due gocce d’acqua.
Entrambi
dalla magrezza quasi eccessiva -sebbene Draco di più-
avevano un viso spigoloso
e particolare, mani dalle dita lunghe e occhi del colore del cielo e
del
ghiaccio.
Draco
era semplicemente un po’ più chiaro di capelli e
di carnagione, gli occhi
somiglianti a quelli di un albino, mentre Tristan aveva i ciuffi del
colore del
sole e gli occhi più profondi.
-Tu
invece come stai?- domandò Draco pensieroso, staccandosi
dall’abbraccio e
fissando il fratello.
-Bene-
annuì Tristan.
-Bene?
-Bene!
Risero,
divertiti da quello scambio di battute e felici di essere di nuovo
insieme. In
fondo erano stati costretti a stare separati per mesi...
-Dai,
andiamo!
Ti porto a colazione!- esclamò Draco, scattando in piedi e
iniziando ad aprire
cassetti a caso, tirando fuori calzini e mutande.
-Cosa?
Non serve un permesso?- mormorò Tristan inclinando la testa
ma infilando
comunque i calzini e i boxer puliti.
-Oh,
non
me ne frega niente del permesso! Falsifico la firma di papà!
Dai, dammi un
foglio...
-Non
credo proprio, ragazzi.
Entrambi
si voltarono di scatto verso la porta, due identiche espressioni di
sgomento
dipinte sui visi.
-Mamma?-
chiese Tristan sorpreso.
-Ciao,
tesoro- sorrise lei -Draco, ti avevo detto di non venire qui o sbaglio?
-E
perché non dovrebbe venire?- domandò acido
Tristan -La sua visita mi ha fatto
molto piacere!
-Dimenticavo,
tu non lo sai! Non posso venire perché i paparazzi
potrebbero vedermi e pensare male di noi! E dopo come fa
mamma a risposarsi
con quell’idiota se viene a sapere che ha due figli
problematici?- cantilenò
Draco con voce odiosa, assottigliando lo sguardo.
-Antonin
non è un idiota!- sbottò Narcissa -Draco, ti
proibisco di dire queste cose!
-Antonin?-
esplose Tristan -Antonin Dolohov?
Mamma, vuoi sposare quel... quel... maiale?
-Non
ti
ci mettere pure tu, Tristan! Antonin è una persona squisita
e incredibilmente
acculturata e...
-E
ricca
e potente. È questo che ti interessa, mamma. Da quando
Lucius se n’è andato non
puoi più permetterti di fare spesa da Tiffany o pagare sette
cuoche per il
pranzo della domenica con gli ospiti, giusto?
Narcissa
lo guardò allibita.
-Sì.
Sì,
Antonin è ricco e potente e questo non è certo
uno svantaggio, no? Potremo
tranquillamente mantenere il nostro stile di vita attuale avendo anche
un uomo
forte e solido come lui che ci sostiene. Saremo di nuovo una famiglia!
-Non
siamo una famiglia da tanto tempo- mormorò Tristan
abbassando lo sguardo.
Draco
notò la sua improvvisa tristezza e sentì un moto
di rabbia salire verso la
madre.
-Ne
parliamo dopo mamma, ok? Adesso rimango un po’ qui, se
proprio non vuoi che
Trix esca andrò io a comprare la colazione al bar di sotto.
Narcissa
respirò e annuì.
-Fai
colazione
con noi?- domandò il ragazzo più grande.
La
donna
lo guardò con aria assente, poi scosse la testa, i capelli
biondi si mossero in
un riflesso dorato lungo la sua schiena.
-No.
Ho
appuntamento con Madison Curtis per organizzare quella festa di
beneficenza a
casa dei Macmillan. Ci vediamo stasera.
Uscì
senza voltarsi indietro.
-Che
stronza- sibilò Draco, rimettendosi lungo sul letto affianco
al fratello. Era
riuscita a mettergli addosso un nervosismo incredibile.
-Che
ti
importa Draco. Noi due siamo la nostra famiglia- rise -Io ho te e tu
hai me,
ricordi?
Draco
se
lo ricordava. Quando avevano dieci e nove anni, durante una litigata
colossale
tra Lucius e Narcissa (che aveva compreso piatti rotti e crisi di
pianto), i
due fratellini si erano giurati fedeltà eterna, per essere
sempre uno la spalla
dell’altro, uno la famiglia dell’altro, uno il
punto di riferimento dell’altro.
E
poi
Tristan, a diciotto anni appena compiuti, si era tagliato le vene in
una sera
limpida e tranquilla.
Aveva
infranto la promessa.
Draco
non osava pensare a quello che sarebbe potuto succedere se Tristan non
ce
l’avesse fatta.
L’aveva
trovato lui, quella sera.
Era
riverso a terra in una pozza di sangue denso e rosso. Rossissimo.
Draco
lo
sapeva che il sangue era rosso, ovvio. Ma non aveva mai visto una
quantità di
sangue così spropositata.
Tutto
quel rosso, gli sarebbe rimasto in testa per sempre.
Tristan
era ancora cosciente quando lo aveva trovato. I suoi occhi balzavano
ancora a
destra e sinistra, come impazziti, e la sua mano destra stringeva
ancora il
coltello da cucina con cui si era tagliato.
Draco
si
era lasciato cadere a terra, e lo aveva fissato per interminabili
secondi in
cui lo aveva odiato. Lo aveva odiato davvero.
Come
aveva potuto pensare di farla finita e lasciarlo lì? Come,
dopo tutte quelle
promesse, dopo tutto quello che avevano passato? Con che coraggio?
Quel
momento di sconforto era durato poco, sostituito da uno di panico
profondo.
Quasi
senza respirare per il terrore, aveva chiamato un’ambulanza,
aveva seguito le
istruzioni del ragazzo al telefono e aveva stretto intorno ai polsi del
fratello dei lacci stretti, per limitare l’emorragia.
Aveva
anche appoggiato le sue mani sui tagli e aveva spinto forte.
Tutto
quello che aveva visto era il rosso.
I
medici
avevano dovuto sfondare la porta del loro appartamento,
perché Draco non si era
mosso dal capezzale del fratello.
Avevano
trovato un ragazzo in fin di vita e uno sull’orlo di una
crisi di nervi.
Li
avevano portati entrambi in ospedale, dove i medici avevano salvato
Tristan e
dove Draco aveva avuto un attacco di panico e aveva cercato di
strapparsi le
unghie, sotto le quali si era incrostata una striscia di sangue nero e
secco.
Dopo
pochi giorni Tristan era stato portato al Centro Ostroff e Draco era
stato catapultato
nella sua vita di tutti i giorni senza riguardo, senza una parola
gentile dai
genitori.
Non
poteva dire niente di Tristan, non poteva confidarsi con Pansy o Ron,
non
poteva andare a trovare il fratello.
Nessuno
doveva sapere.
Draco
aveva continuato con la sua esistenza -perché vita non la si
poteva chiamare
più- e aveva cercato di essere la persona di sempre, per non
insospettire
nessuno.
E
nessuno, nessuno, aveva capito che
dentro di lui si era creato un vuoto difficile da colmare, doloroso e
scuro.
Nessuno aveva capito che Draco aveva bisogno di aiuto.
Draco
aveva smesso di mangiare. Aveva iniziato a dimagrire e dimagrire e
dimagrire e
ancora nessuno si era accorto di lui.
I
suoi
genitori non si erano accorti che aveva perso più di
quindici chili in
pochissimo tempo.
Solo
quando Draco era svenuto per la terza volta in una sola mattinata ed
erano
stati chiamati dal St.Jude Lucius e Narcissa avevano capito che
dovevano fare
qualcosa.
Non
per
il figlio, certo. Per preservare il loro buon nome.
Avevano
comprato un biglietto per Boston e avevano spedito il ragazzo in una
clinica
per anoressici e bulimici, a chilometri di distanza.
Non
si
erano chiesti perché uno dei figli aveva tentato il suicidio
e l’altro era
diventato anoressico.
Non
se
lo erano chiesto e non se lo chiesero mai.
Draco
uscì dal Centro Ostroff alle otto e venti: si era informato
sugli orari degli
autobus, non potendo contare sulla madre, e sapeva che doveva prendere
quello
delle otto e venticinque, che passava poco lontano da lì.
Raggiunse
la fermata in pochi minuti, con le cuffiette nelle orecchie, e
pensò di mandare
un messaggio a Pansy, per chiederle se le andava di fare due
chiacchiere
davanti la scuola prima di entrare.
Peccato
non trovasse il telefonino.
Dannazione.
Devo averlo lasciato nei jeans.
Scosse
la testa e vide l’autobus arrivare di corsa, frenando con uno
stridio davanti
la fermata.
-Buongiorno-
disse all’autista salendo. Timbrò il biglietto e
andò a cercare un posto verso
il fondo della vettura.
Un
ragazzo alzò la testa sorpreso, al sentore della sua voce
squillante.
-C’è
Draco!- mormorò Harry Potter, chinandosi
velocemente verso Hermione. La ragazza sollevò lo sguardo e
incontrò gli occhi
celesti del ragazzo, che vagavano in cerca di un posto.
-Ciao
Hermione- sorrise. Lei arrossì, sconvolta dal fatto che Draco Malfoy si era appena ricordato il
suo nome.
-Ciao!-
esclamò anche lei, appena prima che il ragazzo trovasse
posto accanto a
un’anziana donna seduta in fondo.
-Lo
conosci?- sibilò Harry al suo orecchio, continuando a
sbirciare dietro per
osservare il biondino. Aveva appena tirato fuori l’I-pod e lo
osservava
scontento.
Harry
mise una mano in tasca e sfiorò il cellulare di Draco.
Glielo doveva dare
subito?
Aveva
sperato tanto di poterlo beccare da solo in modo da poterglielo dare in
tutta
tranquillità e magari scambiare due chiacchiere... un
autobus non era certo il
posto più romantico del mondo.
Prese
la
sua decisione. Glielo avrebbe dato quella sera al Palace, sperando di
trovarlo.
Harry
incassò la testa tra le spalle e alzò il colletto
della camicia, per evitare di
farsi riconoscere, mentre ascoltava la sorella che gli raccontava di
come aveva
conosciuto Draco, solo il giorno prima.
Quel
pomeriggio Draco uscì da scuola arrabbiato nero.
Non
solo
aveva perso il cellulare e aveva fatto tardi per colpa di quello
stupido
autobus, ma aveva di nuovo litigato con Blaise e non era riuscito a
trovare
Pansy per tutto il pranzo.
Scese
dalla sua limousine con un grosso sospiro e sbatté la
portiera dietro di sé.
Draco
si
lanciò la borsa sulla spalla destra mentre avanzava verso
l’ingresso del
Palace. Le gambe gli tremavano un po’.
L’ultima
cosa che aveva messo nello stomaco era stato un cornetto al cioccolato
che
aveva mangiato insieme a Tristan e iniziava a sentire fame. Non troppa,
però.
-Buonasera,
signor Malfoy- lo salutò il portiere. Draco sorrise ed
entrò tentennando. Ok,
forse aveva eccessivamente fame.
Si
sentì
di nuovo chiamare da una voce fastidiosa e confusa. Tutto sembrava un
po’
troppo confuso.
-Signor
Malfoy! C’è qui un signore che dice di avere
qualcosa che le appartiene.
Ci
mise
un po’ a mettere a fuoco la scena che aveva davanti: il
receptionist del Palace
sventolava il suo I-phone con un’aria stupida mentre un
ragazzo alto e magro
cercava di nascondersi dietro un paio di occhiali dalla ridicola
montatura
rotonda.
-Il
mio
cellulare!- trillò felicemente, dirigendosi verso i due
uomini -Grazie mille.
-Il
signore dice di averlo trovato lui ieri sera- concluse l’uomo
prima di girarsi
e andarsene.
-Oh
no,
io... ecco, era in terra e ho supposto che... ti avevo visto
sull’autobus e...-
Harry non riusciva a smettere di balbettare mentre Draco lo guardava
divertito.
-Certo!
Scusa! Io ti sono venuto addosso ieri sera! Mi dispiace tanto, non mi
sono reso
conto di quello che stavo facendo. Tu sei... Harry, giusto? Harry
Potter.
Harry
lo
guardò sorpreso, sentendo il cuore scoppiare nel petto per
la gioia.
-Ti
ricordi di me?- domandò mezzo sconvolto ma tremendamente
felice.
-Si,
avevamo parlato a una festa... il compleanno di Ernie Macmillan, forse?
O era
di Luna Lovegood?
-Era
il
compleanno di Luna, sì- confermò Harry, toccando
il cielo con un dito.
-Poi,
ho
conosciuto ieri tua sorella Hermione- sorrise Draco -Una ragazza molto
carina.
Harry
sentì un moto di gelosia salirgli in petto ma lo
ignorò:
-Non
sono il fratello di Hermione- borbottò appena -Il suo
cognome è Granger. Siamo
stati entrambi adottati dal mio padrino dopo l’incidente che
ha coinvolto sia i
miei che i suoi genitori.
Draco
boccheggiò:
-Oh-
soffiò -Mi dispiace io... non lo sapevo...
-Tranquillo-
rispose Harry -Eravamo piccoli e non ricordiamo quasi niente di loro.
-Oh-
ripeté Draco sentendosi leggermente fuori posto. Lui si
lamentava sempre dei
suoi genitori ma almeno li aveva. O sarebbe stato meglio non averli?
Non sapeva
cosa rispondersi.
-Ehm...
allora come è andata a scuola oggi?- chiese Harry mordendosi
la lingua un
secondo dopo aver parlato. Aveva davvero chiesto al ragazzo per cui
aveva una
cotta da tutta la vita come gli era andata a scuola?
-Niente
di che- rispose Draco tranquillo -Ma sto morendo di fame,
perché non andiamo a
mangiare qualcosa da qualche parte?
Harry
sorrise. Era un ragazzo così carino!
Lo conosceva da nemmeno quattro minuti e già lo invitava a
mangiare qualcosa
insieme. Forse si fidava un po’ troppo della gente.
Harry
stava per rispondere quando una vocetta stridula gli perforò
il cervello:
-Draco!
Finalmente! Si può sapere perché ci hai messo
così tanto a tornare a casa?
Narcissa
Malfoy si precipitò dal figlio con urgenza:
-Ho
appena parlato con Pamela, la mamma di Pansy, che mi ha detto che
stasera c’è
una festa? Perché non mi hai detto niente? Sai
già cosa metterti?
-Mamma...
-Abbiamo
pochissimo tempo, Draco, andiamo a comprare una camicia nuova, quelle
che hai
in valigia sono tutte acciaccate.
-Mamma!
-Che
c’è?!-
quasi gridò la donna, scocciata.
-Io
non
vado alla festa stasera- la seccò Draco.
Narcissa
rimase per un momento senza parole:
-Cosa?
E
perché?
Draco
non aveva voglia di dirle che non era stato invitato, che tutto non era
come
quando era partito, che Pansy lo odiava di
nuovo per chissà quale motivo e che non era
più il re delle feste dell’Upper
East Side.
-Perché
esco con lui!- trillò, fulminato da un colpo di genio
-Mamma, ti presento Harry
Potter!
-Aehm,
salve signora!- esclamò quello, sentendosi chiamare in causa.
-Harry
Potter?- ripeté scettica Narcissa.
-Sì,
ehm, ci siamo conosciuti ieri e abbiamo deciso di uscire insieme.
È molto
simpatico.
-Sei
gay, Harry?
-Mamma!-
gridò Draco mentre il povero Ragazzo Solitario arrossiva
violentemente. Che
razza di situazione.
-Ehm.
Credo di sì.
-Provi
qualcosa
per Draco?-
-Mamma,
ma che ti ha preso? Mica ci dobbiamo sposare! Vogliamo solo uscire una
sera!
-E
non
potete uscire domani?
Draco
sbuffò e scosse la testa. Narcissa roteò gli
occhi al cielo.
-Ok,
fai
come ti pare. Però se non ricominci a frequentare i giusti
ambienti e le giuste
persone non tornerai mai il Draco di prima.
-Io
non
voglio essere il Draco di prima- sussurrò il ragazzo, solo
Harry lo sentì.
Narcissa
lanciò un ultimo sguardo indagatore all’amico del
figlio, che tutto sommato era
un bel ragazzo, e scese le scale per andare a casa dei Nott.
Draco
sospirò di sollievo.
-Grazie
per avermi retto il gioco! Mi hai salvato!
-Prego.
Ma perché non vuoi andare alla festa?
-Ho
litigato con Pansy- sbottò Draco arricciando le labbra
-Cioè, in realtà non ho
capito cos’abbia contro di me, visto che ieri sera mi
sembrava ci fossimo
chiariti, ma oggi a scuola mi ha evitato... oh, non lo so.
-Mi
dispiace molto.
Il
cellulare di Harry vibrò e lui controllò lo
schermo.
-Devo
andare, mio padre ha bisogno di una mano al lavoro.
-Oh,
va
bene. Mangeremo insieme un'altra volta!- sorrise Draco.
-Certo!
Beh, allora ciao.
Il
ragazzo moro iniziò a scendere le scale che portavano
all’uscita, dandosi
mentalmente dell’idiota per essersi comportato come uno scemo
alla sua unica
occasione con Draco Malfoy.
Draco
osservò la figura del ragazzo che si allontanava.
Era
bello, alto, divertente e parlava a vanvera.
Esattamente
quello che gli serviva per passare un paio d’ore.
-Harry?-
si sentì chiamare. Si girò di nuovo e
incontrò lo sguardo radioso di Draco.
-Passi
a
prendermi alle otto?- ridacchiò Draco, esibendosi in un
meraviglioso sorriso.
Harry
boccheggiò sorpreso:
-Usciresti
a cena con qualcuno che non conosci?- domandò confuso.
Draco
sorrise.
-Non
puoi essere peggiore di quelli che conosco.
Tita’s
Corner
Ecco
il
quarto capitolo, bellissime persone di EFP!
Spero
vi
sia piaciuto! Le vite private dei protagonisti iniziano ad essere
svelate e a
intrecciarsi!
Il
prossimo aggiornamento avverrà dopo il 15 agosto,
perché fino ad allora sarò in
America!
Passerò
due settimane a Boston e... tre giorni nell’Upper East Side
di New York!
Siate
felici ed emozionati per me!
XOXO
Tita