Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Luce14    26/07/2012    1 recensioni
"Devi amare per poter suonare." L. Armstrong.
Lei è Amelia, ha sedici anni ed è cresciuta in un orfanotrofio.
E' cresciuta nel mistero, ignara delle sue origini.
Non è mai stata amata da nessuno.
Ma qualcosa sta per cambiare: Viene trasferita in un collegio a Torino, per poter coltivare la sua passione più grande, ovvero la musica.
Lei ha la musica nel sangue, il pianoforte è il suo migliore amico.
Lei trova l'amore. E' un amore freddo, graffiante, incosciente.
Lei troverà la chiave che apre i cassetti dei suoi ricordi ignari.
Lei è Amelia, e ritroverà la forza di rialzarsi dopo una caduta che le ha causato ferite profonde nell'anima.
**
Angolo autrice: Salve a tutti, sono Luce14 e questa è la mia seconda storia orignale. Spero che l'apprezziate, perchè io l'ho scritta con il cuore, per tutti voi.
Un grande abbraccio a chi mi leggerà, seguirà e soprattutto recensirà. Accetto critiche perchè penso che siano molto costruttive.
Saluti e buona lettura! :)
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Scolastico
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Prologo
 

“Questo sarà il tuo ultimo trasferimento.” Mi annunciò fiera e perentoria Suor Caterina. “Hai vinto la borsa di studio. Vai a Torino.”
Quelle parole non mi avevano scalfita nemmeno un po’.
“Quando partirò?” Chiesi con finto interesse.
“La prossima settimana.” Mi rispose cauta, la direttrice.
“Va bene” Dissi e mi allontanai assente da quel gruppo di ragazze, che eccitate, parlottavano tra di loro.
Forse parlavano del mio imminente trasferimento.
Forse non m’importava.
Non avevo legato con nessuno negli ultimi dodici anni passati all’orfanotrofio di Santa Maria Ausiliatrice a Trento.
A pensarci bene, non avevo mai legato con nessuno, perché nessuno aveva mai voluto legare con me. Se dovevo partire, sarei partita. Non avevo nulla da perdere …
Mi avviai verso la mensa ormai gremita di studenti per l’imminente fine delle lezioni. Presi un vassoio, un piatto di pasta, una bottiglietta ed una mela e mi sedetti nel mio solito posticino isolato vicino alle finestre, dove non voleva sedersi mai nessuno. Non c’era neanche da immaginarsi il perché.
Frotte di ragazzini parlavano concitati, guardandomi di sottecchi, per poi girarsi e continuare a ridere come se non li avessi visti. Ed infatti era così: avevo smesso tanto tempo fa di preoccuparmi di ciò che pensavano gli altri.
Mangiai velocemente e dopo pranzo mi rifugiai nella mia stanza per poter finalmente pensare in tranquillità. Anche se angusto e minuscolo quello spazio mi era sempre andato bene, non mi ero lamentata. D’altronde, per quelli come me che non avevano nulla, se non loro stessi, questo bastava. Ragazzi come me, sono quelli che dalla vita non avranno mai nulla.
Perché eravamo soli, non avevamo nessuno. Era già tanto se potevamo respirare, in questo mondo di ricchi cinici e bastardi.
Ma io un modo per scappare l’avevo trovato, senza averlo mai nemmeno cercato.
Un misero letto,un armadio e un comodino erano la mia unica compagnia nelle ore di noia nell’orfanotrofio. I bagni erano in comune e per quanto non lo sopportassi, avevo dovuto abituarmici.  Infastidita, presi a rovistare tra le mie uniformi e i pochi vestiti che possedevo, per cercare qualcosa di consono da indossare per la partenza. Ero frustrata per non aver trovato nulla all’infuori di un abitino leggero, che proprio non potevo indossare a causa del freddo.
Optai per una gonna a balze nera ed un maglioncino accollato bianco. Semplici, ma potevano andare bene. Li rimisi con cura nell’armadio ed uscii cauta dalla mia camera per rifugiarmi nell’aula di musica, come facevo da sempre, nei momenti di libertà, ed essendo venerdì, non avevo proprio nulla da fare.
Spalancai la porta e vi entrai: adoravo quell’odore stantio tipico dei vecchi spartiti musicali e quel dolce silenzio che avvolgeva l’area ovest dell’istituto. Chiusi la porta e guardai fuori dalle vetrate, nel parco, ormai illuminato dai raggi di sole pomeridiani, le ragazze, ovvero le mie compagne di scuola, stavano giocando con la corda e a lanciarsi la palla.
Spesso le scoprivo a parlare di argomenti molto più tabù e privati, che in un certo senso avevano destato il mio interesse. Cose che delle giovani donne dovrebbero sapere ma delle ragazze di un orfanotrofio cristiano ed esclusivamente femminile, no. Almeno così la pensavano tutti gli insegnanti.
Mi sedetti estasiata sulla seggiola ed alzai il copri- tasti di legno scuro del pianoforte: che soave rumore per un antico pianoforte! Sfiorai delicatamente i tasti, uno ad uno, aprii gli occhi ed, incantata da tanta bellezza, iniziai a suonare.






   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Luce14