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Autore: shesfede    26/07/2012    9 recensioni
«Cosa sei?» chiesi di nuovo, sempre più spaventata.
«Lo sai» si rassegnò a rispondere.
Indietreggiai di nuovo, fino a scontrare una colonna che tagliava il corridoio. Scostai i capelli, impreparata e sconvolta per quello.
«Non può essere» mormorai, guardando il vuoto.
«Non può essere» dissi di nuovo, questa volta guardando lui.
I suoi occhi erano spenti, vitrei, quasi invisibili. Completamente diversi da come ero abituata a vederli. Un altro brivido mi percorse la schiena, facendomi raggelare il sangue.
«Se solo mi lasciassi spiegare…» provò ad avvicinarsi, ma lo scansai ancora prima che mi fosse vicino.
«Dillo» gli ordinai. Lui mi guardò, supplicandomi con gli occhi di non farlo.
«Dillo. Voglio che sia tu a dirmelo» non mi lasciai incantare, non più, e glielo chiesi di nuovo.
Lui inspirò, per poi buttare fuori l’aria assunta. «Sono un vampiro, Juliet.»
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter nine.
 

1864
«Emily, posso farti una domanda?» Poggiai il libro che avevo ormai terminato di leggere sul tavolo dello studio e aspettai che lei mi rispondesse.
«Certo, mi dica» rispose col suo solito tono educato e rispettoso. Rimuginai qualche istante sulla domanda, prima di decidermi a porla.
«Tu credi nell’esistenza dei vampiri?» La risposta sarebbe dovuta essere negativa, ma la sua reazione immediata mi fece ricredere. Spalancò gli occhi e serrò la mascella di fronte a quella mia domanda inaspettata e sicuramente inusuale.
«Perché me lo state chiedendo?» evitò di rispondere, cercando di apparire calma e tranquilla quando non era affatto così. Forse aveva capito che avevo origliato la conversazione che aveva avuto con lo stalliere e gli altri in cucina.
«L’altro giorno ho letto un libro di leggende e citava l’argomento» mentii, sperando che lei mi credesse.
«Libri di questo genere si trovano solo nella sezione proibita della libreria» affermò, guardandomi sconcertata. Spalancai la bocca di fronte a quanto aveva detto.
«Sezione proibita? Abbiamo dei libri segreti a palazzo?» L’idea mi eccitava parecchio. Non ero mai stata a conoscenza di una sezione del genere e mai l’avevo vista, nonostante in passato avessi trascorso le mie giornate in quella libreria.
«Si dimentichi quello che ho detto, per favore. I vampiri sono solo creature inventate dall’immaginario collettivo per manifestare le proprie paure a mio parere» rispose infine, cercando di riporre la mia attenzione nuovamente sull’argomento vampiri e non più sulla sezione proibita, come lei l’aveva definita. Il suo sguardo preoccupato e assente mi fece capire che forse avrei fatto meglio ad assecondare la sua richiesta e a lasciar perdere almeno per il momento.  
«Oggi è una bella giornata» cambiai argomento, alzandomi e andando ad affacciarmi alla grande finestra. Il sole filtrava dal vetro, illuminando l’intera stanza.
«La primavera è finalmente arrivata» rispose, sorridendomi. Smettendo di farle domande l’avevo sicuramente tranquillizzata. «A proposito di primavera» sembrò ricordarsi di qualcosa. Mi voltai verso di lei, aspettando che continuasse. «Queste dovrebbero essere vostre.» Strette nella sua mano tendeva verso di me le maschere che la sera del ballo io e Harry avevamo abbandonato nel corridoio fuori dal salone da ballo noncuranti delle conseguenze che ci sarebbero potute essere se qualcuno, come ad esempio mio padre, le avesse viste.
«Oh grazie Emily» dissi, raccogliendo le maschere dalle sue mani. «Per fortuna le hai trovate tu» mi lasciai andare ad un sospiro di sollievo.
«Proprio di questo le volevo parlare signorina Juliet.» Alzai lo sguardo verso di lei, corrucciando la fronte. Era agitata, non l’avevo mai vista così.
«Cosa succede Emily?» le feci segno di accomodarsi di nuovo e mi sedetti di fronte a lei per ascoltare il tuo discorso. Da quando avevamo iniziato a parlare non sembrava trovare pace. Ogni conversazione iniziata andava a finire in un modo che nessuna le due avrebbe previsto e questa non era affatto una cosa piacevole.
«Emily ti prego, così mi fai soltanto preoccupare.» Strinsi la sua mano, infondendole coraggio.
«Ecco, io volevo parlare di quel ragazzo con cui vi vedete» iniziò titubante. La guardai annuendo. Fino a qui mi sembrava tutto normale.
«Harry» dissi il suo nome e lei annuì.
«Forse potrà suonarvi strano signorina, ma io vorrei che voi prestaste molta attenzione quando siete con lui.» Puntò i suoi occhi dentro i miei e abbozzò un sorriso. Si aspettava una risposta, ma io non sapevo davvero cosa dire.
«State tranquilla, non dovete temere la reazione di mio padre. Siamo molto attenti e…»
«Non ho paura di vostro padre, signorina» mi bloccò quando ebbi appena iniziato a parlare. Feci una smorfia che manifestò la mia sorpresa ma soprattutto la mia confusione.
«Emily io non capisco.» La donna mi guardò, scuotendo la testa debolmente.
«Siate prudente, ho paura che lui vi possa fare del male.»
«Lui chi? Harry forse?» le domandai, alzando leggermente il tono di voce per l’assurdità della cosa. Come poteva Emily pensare che l’unica persona capace di farmi sentire bene in quel momento potesse farmi del male?
«Vi prego signorina, ascoltatemi io…» provò ancora a dire qualcosa, ma l’arrivo di mia madre la interruppe bruscamente.
«Emily, sei qui» la chiamò all’ordine.
«Si signora duchessa?» rispose lei.
«Avrei bisogno del tuo aiuto per sbrigare alcune faccende» disse mia madre. «Juliet, mia cara, ti dispiace se viene con me?» domandò poi alla sottoscritta.
«Certo che no madre, io avevo giusto in mente di andare a riposare in camera mia» acconsentii, anche perché non avevo più voglia della compagnia di Emily. Quel discorso fatto su Harry mi aveva infastidito più di quanto avesse fatto il suo tacere alla mia domanda. «Sicuramente questa sera salterò la cena, non mi sento bene» aggiunsi prima che Emily e mia madre lasciassero la stanza.
«D’accordo, allora vai pure in camera tua, darò ordine ai domestici di non disturbarti» rispose mia madre, sorridendomi dolcemente. Io annuii, aspettando che se ne andassero per seguirle fuori ad quella stanza.
Come detto, andai in camera mia, ma, invece che dormire, aspettai che il pomeriggio trascorresse e che il sole tramontasse per uscire nuovamente. L’idea di una sezione proibita della libreria viaggiava ancora nella mia testa e non voleva uscire. Perciò, anche se con gli abiti da notte e una vestaglia addosso, mi addentrai nella libreria.
Camminavo lungo quei corridoi con passo esperto e deciso tanto gli conoscevo bene. Passavo ogni scaffale domandandomi dove questa sezione segreta potesse mai nascondersi. Dopo aver vagato senza meta per qualche ora, mi appoggiai ad uno scaffale stanca e sfinita.
«Forse neanche esiste quello che sto cercando» mugugnai, poggiando le mani sui libri alle mie spalle, tastandone lo spessore. Uno in particolare, sottile ma dalla copertina rigida, attirò la mia attenzione. Mi voltai per prenderlo, ma quando lo tolsi dallo scaffale mi accorsi che erano semplicemente dei fogli vecchi e gialli rilegati tra di loro. Un libro vuoto, ecco cos’era.
Un rumore poi, pesante e forte, echeggiò nella stanza. Mi affiancai allo scaffale e, con mio grande stupore, una porta si era aperta sul retro. «Come è possibile?» domandai a me stessa, mentre tentavo di infilarmi nel poco spazio che esisteva tra lo scaffale e il muro. Per mia fortuna ero sempre stata una ragazza minuta, per questo mi fu facile introdurmi in quella stanza segreta.
Un odore di chiuso e marciò mi investì subito, facendomi quasi pentire di essere entrata. Tastai il muro affianco al mio, fino a trovare una fonte di luce. L’accesi e quello che si presentò davanti ai miei occhi fu una stanza molto piccola, persino più di quelle riservate alla servitù. Ci sarebbe stata dentro una, massimo due persone alla volta. Due sole librerie erano presenti all’intero, ma traboccavano di libri. Una scrivania di un legno misero stava al centro, con una sedia fatta dello stesso legno. Una candela spenta e quasi consumata del tutto sul tavolo probabilmente per aiutare la lettura.
«La sezione proibita, eccola» esclamai estasiata. Passai a rassegna ogni singolo libro di entrambi gli scaffali, ammirandone la qualità della carta e l’ottima rilegatura. Erano libri dai titoli strani, o meglio insoliti. Parlavano di sortilegi, stregoneria, figure mitologiche e tante altre stranezze. Poi lo trovai, il libro che stavo cercando. Così, seduta su quella vecchia sedia, poggiata ad un tavolo instabile e illuminata solo da una fioca luce lessi quello che mi avrebbe portato a conoscenza di un qualcosa troppo grande per me, un qualcosa a cui non ero pronta, ma dal quale probabilmente non sarei mai riuscita a scappare. Qualcosa che avrebbe segnato il mio destino, qualcosa che mi avrebbe cambiato radicalmente la mia vita a partire dal preciso istante in cui io avrei voltato l’ultima pagina e richiuso il libro.
 
2012
È sconvolgente come una sola notte possa segnare radicalmente la tua vita… due volte. La prima volta avvenne nel 1864, quando a soli diciassette anni morii per poi rinascere come un vampiro. La seconda volta fu la notte dove, a causa di un fottuto scherzo del destino, persi per sempre il mio migliore amico.
«Bevi questa, ti farà rilassare.» Alzai il viso e vidi Harry porgermi una tazza fumante.
«Cos’è?» domandai titubante. Dopo i tranquillanti che avevano fatto prendere a Liam per riportarlo a casa avevo paura a bere o mangiare qualsiasi cosa mi offrissero. Non sapevo come Jenn fosse in possesso di quei farmaci, ma sicuramente non era una cosa che mi interessava al momento, anche perché lei non c’era. Aveva riportato Liam a casa insieme a Niall e poi erano rimasti a fare la guardia fuori da casa sua nel caso in cui si sarebbe svegliato (cosa comunque molto improbabile).
«Della semplice cioccolata calda» mi disse, porgendomi nuovamente la tazza. La presi tra le mani e l’avvicinai al naso per annusarne il contenuto. «Non ho intenzione di sedarti, puoi stare tranquilla» commentò, intuendo quale fosse la mia preoccupazione. Poggiai le labbra sul bordo della tazze e bevvi un piccolo sorso per accertarmene del tutto. La cioccolata era realmente cioccolata alla fine.
«Come ti senti? Anzi no, lascia stare, non rispondere» disse tutto di fila, come se subito dopo avermi chiesto come stessi si fosse reso conto di quanto stupida potesse essere la sua domanda.
«Vediamo» risposi comunque perché stare in silenzio mi faceva pensare e pensare mi induceva a stare male. «Per evitare che il mio migliore amico vampiro uccidesse il mio ex fidanzato umano l’ho spinto con violenza lontano da lui, facendolo catapultare su un vecchio tavolo in legno e conficcandoli così, senza neanche volerlo, quello che ha rappresentato un paletto nel cuore» riassunsi gli eventi della serata cercando di farmeli scivolare il più possibile di dosso, anche se con scarsi risultati. «Tutto sommato direi che sto bene» sentenziai alla fine. «Ah no giusto, sto comunque una merda perché lui prima di morire ha tenuto a precisare che la sua morte non è stata dovuta a me quando invece è chiaro come la luce del giorno che la responsabile di tutto questo sono soltanto io.» Sorrisi falsamente, bevendo un altro sorso di cioccolata.
«Mi dispiace per Zayn» disse debolmente Harry. Mi voltai verso di lui, aspettando che aggiungesse altro. «Insomma, non lo conoscevo ma a quanto ho capito ti è stato molto vicino in questi anni.»
Annuii, poggiando la tazza ancora piena sul tavolino di fronte a noi. «È stato come un fratello, l’unico ad esserci per me mentre il mondo mi lasciava da sola.» Per quanto mi sforzassi a non pensarci, ogni singolo ricordo che condividevo con Zayn mi si ripresentò alla mente anche se io cercavo di trattenerli.
«Sono sicuro che lui non vorrebbe vederti così.» Abbassai lo sguardo sulla mia gamba quando sentii la mano di Harry strofinarmi la coscia. Nel suo piccolo stava cercando di consolarmi.
«Grazie» pronunciai piano «per essere rimasto con me.» Feci scivolare la mia mano sotto la sua finendo col stringerla. La sua presa mi faceva sempre sentire protetta, al riparo.
«Sono tornato per restare.» Mi avvolse con le sue forti e muscolose braccia, stringendomi a sé. Le sue braccia erano il mio rifugio.
«Cosa hai intenzione di fare? Con Liam intendo» mi chiese, dopo un attimo di esitazione.
Rimasi in silenzio mordendomi il labbro pensierosa. Dopo la perdita di Zayn non avevo più pensato a Liam e al fatto che adesso fosse a conoscenza della mia, della nostra, vera natura. Pensai a me e a come reagii io quando ebbi scoperto di Harry. Ero disorientata, terrorizzata, come persa nel buio. Poi pensai a Niall e a come invece l’avesse presa bene lui. Era riuscito a non farsi scoppiare quella bomba tra le mani grazie all’amore che provava per Jenn. Ma adesso non si trattava né di me, né di Niall. Era Liam a doversela vedere con quella bomba e io non volevo per nessuna ragione al mondo che gli esplodesse tra le mani.
«Fai che si dimentichi tutto, a partire da questa notte fino al giorno in cui mi ha conosciuto» pronunciai infine quella che fu la mia sentenza.
Harry mi guardò come in disaccordo, corrucciando la fronte. «Sei sicura? Magari potrei fare in modo che non ricordi soltanto questa notte, mentre tutto il resto…»
«No, Harry» lo interruppi bruscamente, alzandomi dal divano sul quale eravamo seduti e avvicinandomi alla finestra del salotto di casa mia. La città era avvolta dalla notte, mancavano ancora un paio di ore prima dell’alba. «Voglio che si dimentichi di me, voglio che il mio volto per lui non riporti a galla nessun ricordo, voglio scomparire per sempre dalla sua vita e da quella di tutti coloro che mi hanno conosciuto.»
«D’accordo, se è questo che vuoi lo farò.» Mi voltai verso di lui, che adesso si trovava a un passo da me. Non lo avevo sentito alzarsi per raggiungermi, ma ero comunque felice che lo avesse fatto.
«Però non soffrirai sapendo che la persona che ami non si ricorderà mai più di te?» Abbassò lo sguardo verso la punta delle sue converse, evitando così il mio. Con due dita sotto il mento gli feci rialzare il viso, obbligandolo a guardarmi. Solitamente ero io quella che distoglieva lo sguardo perché incapace di sostenere il suo e quella situazione era abbastanza insolita e divertente in un certo senso per me.
«Pensavo che ormai l’avessi capito che l’unico di cui io sia mai stata innamorata sei tu.» Le parole uscirono da sole dalla mia bocca. Non fu neanche necessario pensare a cosa dire perché la frase giusta si era fatta spazio tra le altre inesatte da sola.
Il sorriso meraviglioso che mi riservò subito dopo mi fece capire che finalmente lo aveva capito. Mi cinse i fianchi con le mani, attirandomi a sé fino a quando i nostri petti non si scontrarono. Con la stessa velocità la mano sinistra abbandonò il mio fianco, poggiandosi sulla mia guancia. Mi accarezzò il viso con un tocco quasi impercettibile per quanto fu delicato. L’altra mano intanto era finita sul limite della mia schiena, poco al di sopra del sedere. La usava per tenermi stretta a sé per non lasciarmi andare. Le mie mani, che erano poggiate sul suo petto, salirono verso le sue spalle, fino a rincontrarsi dietro il suo collo. Mi alzai leggermente sulle punte per far si che i nostri nasi si potessero toccare. Il suo respiro era lento e regolare, così come il mio. Non c’era bisogno che lo facessimo, ma ormai era un’abitudine respirare. Profumava di menta e fresco, un odore che mi inebriò subito le narici per quanto era buono. Con le dita intrecciai i ricci che si trovavano alla base del collo, mentre mi avvicinavo ancora di più a lui fino ad arrivare a sfiorargli le labbra.
Annullò la ormai misera distanza tra di noi con un bacio dal sapore di fragola, lo stesso che la sua bocca aveva durante il nostro primo bacio. La sua lingua si intrecciava alla mia ormai esperta e pronta. Continuammo a baciarci ininterrottamente, felici almeno quella volta di non avere la necessità di riprendere fiato. Quell’abitudine improvvisamente sembrò di una inutilità quasi assurda. Fece scivolare entrambi le mani sul mio sedere, agitando una leggere pressione per sollecitarmi a sollevarmi da terra. Feci come mi chiese e, con il suo aiuto, riuscii ad intrecciare le gambe attorno al suo bacino. Mi teneva stretta a sé, mentre continuava a baciarmi desideroso e passionale.
Dal salotto alla mia camera il tragitto fu breve. Come durante quell’equinozio di primavera del lontano 1864 i nostri corpi si unirono tra loro, diventando uno solo. Le nostre emozioni si fusero in un tutt’uno, scatenando un tornado inarrestabile.
E, con Harry insieme a me, improvvisamente iniziai a credere che forse sarei di nuovo potuta essere felice. Non più da sola, non più persa nel buio. Semplicemente felice.


here i am:

scusate il ritardo, mi sono distratta e ho dimenticato di postare lol
allora, siamo quasi alla fine..
spero che il capitoli vi sia piaciuto e... niente, non so bene cosa dirvi lol
mi dispiace se non ho avvisato tutte, ma non sono a casa e non ho con me i nick di chi segue la storia :/
grazie a tutte, un bacio

   
 
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