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Autore: Mina7Z    26/07/2012    10 recensioni
“Era rimasta lì ad aspettarlo. Imbambolata e assorta nei suoi pensieri come non le capitava d tempo. E anche molto indispettita per quell’uscita mattutina nella quale proprio non l’aveva voluta coinvolgere. L’aveva provocato, sfidato, poi quasi supplicato di portarla con lui, divorata dalla curiosità di scoprire dove si stesse recando Andrè a quell’ora del mattino”.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In nomine patris 




L’imperfezione dell’ amore




Certe cose, se proprio non possono essere evitate, vanno almeno fatte con maggiore riguardo, Andrè.
Certe cose?
Si.
Io metto sempre molta attenzione nelle cose che faccio.
Forse, ma non ultimamente.
Ultimamente?
Direi di si.
Non mi sembra di avere prestato  minor attenzione al mio lavoro.
Non mi riferisco ai tuoi compiti in questa casa.
Davvero?
Di sicuro non poni attenzione a quello che fai per uscire da palazzo senza farti vedere.
Quando esco da palazzo?
Ti ho visto anche stamattina. All’alba.
All’alba?
Si. Ed è la terza volta. 
Non posso uscire da palazzo all’alba?
Si che puoi, ma voglio sapere dove vai.
Perché?
Perché cosa?
Perché lo vuoi sapere.
Perché potrei avere bisogno di te e non saprei dove trovarti. 
All’alba?
Perché qualcuno potrebbe chiedermi dove sei andato e io non saprei cosa rispondere.
Priva di parole? Tu?
Non guardarmi così, non ti sto accusando di niente. Voglio solo capire.
Ma non c’è proprio niente da capire.
Non voglio soffocarti, non fraintendere. Tu hai diritto ai tuoi spazi.
Ai miei spazi?
Alla tua libertà. Capisco che un uomo abbia…… certe esigenze.
Non vado da nessuna parte, come devo dirtelo. Ho solo bisogno di respirare, di incitare il cavallo al galoppo. Nient’altro.
E devi farlo da solo.
Si. Potresti provare anche tu a cavalcare da sola all’alba. Poi mi sapresti dire che effetto fa. Quando ti senti soffocare, quando ti manca l’aria. Quando i muri sembrano  troppo piccoli, la stanza troppo buia.
Ti senti  davvero soffocare?
A volte, si.
Capisco. Se è così io non ti chiederò più niente. Va bene?
Va bene.
Promesso.
Promesso.
Perfetto.
Perfetto.





Ma niente sembrava davvero perfetto. Imperfette le sue uscite di sera. Imperfetti i suoi sforzi per rincasare senza alcun rumore, nel cuore della notte.
E imperfetti i tentativi di lei di scoprire dove le sue cavalcate solitarie lo portassero.
Con gli occhi fissi sulle lancette del grande orologio, distesa  sul letto della sua stanza,  osservava  lo scorrere dei minuti,  ne ascoltava il battere lento  e ritmato delle ore. Non più di due da quanto lui usciva. Non meno di una. 
Imperfetta la sua irritazione per essere stata tagliata fuori dal suo segreto, dalla sua vita. E un po’ si sentiva tradita perché con lui, in fondo, e solo con lui,  aveva diviso  proprio tutto.
Aveva persino lasciato trasparire i suoi sentimenti per Fersen, senza curarsi del suo giudizio, senza temere di risultare ridicola. 
E di certo, ridicola, lo era stata davvero. Aveva detto addio a Fersen per l’ennesima volta, augurandogli tutto il bene possibile, facendo attenzione che nessuna emozione trasparisse dal suo volto  imperscrutabile e aveva consegnato impassibile  i suoi messaggi d’amore alla Regina.  
Ma ad Andrè, quegli occhi umidi non era riuscita proprio a nasconderli. Una bottiglia di vino, alcuni bicchieri di troppo, per dimenticare, per non soffrire, e le parole erano  scivolate giù, lente e dolorose,  dalla sua bocca. Come fiumi in piena da un argine infranto, in una sera d’estate  avevano trovato gli occhi sgomenti di Andrè.
Come si fa a soffocare i propri sentimenti, gli aveva chiesto con la voce lieve, sottile, tu lo sai, Andrè? Come si fa a cancellare dalla mente il suo volto, dalle orecchie la sua voce? Se sai  come si fa, dimmelo,  ti prego, perché ogni volta che penso di esserci riuscita, ogni volta che lotto contro me stessa,  inevitabilmente ricado nelle mie debolezze. E io, debole, non poso permettermi di esserlo.
Come faccio a diventare più forte,  aveva sussurrato, a dimenticare il mio cuore di donna? Tu lo sai?
Ma lui aveva socchiuso gli occhi, le labbra incurvate  in un sorriso appena accennato, ed era rimasto in silenzio. Quasi non volesse vederla, quella sofferenza, sul suo volto. O forse solo per cercare dentro di  sé la soluzione al  tormento di lei, così  tragicamente  simile al suo, in fondo.
Zitto, fino a quando le lacrime di lei avevano iniziato a rigarle lievemente  il viso nascosto dalla penombra.   E  allora lui si era fatto più vicino,  le aveva preso il volto tra le mani, asciugato quelle lacrime e le aveva sussurrato dolcemente  che un giorno avrebbe avuto dalla vita tutto ciò che il suo cuore avesse desiderato. Tutto. Lui ne era certo. Sembrava sapere sempre tutto, lui. 
E sembrava leggerle dentro, come nessun altro. Vedere le sue paure, nascoste, celate, ma esistenti,  per lui era così facile. Riconoscere sul suo volto  la malinconia di una sera d’autunno, la gioia improvvisa di una mattina di  sole.  La sua forza, la sua solitudine. Nessun segreto per lui.
E adesso? La tagliava fuori così dalla sua vita?
Sei innamorato, Andrè, si chiedeva, scoprendosi sorpresa  di immaginarlo  tra le braccia di una donna, curiosa di disegnare nella mente ogni parola, ogni gesto, ogni carezza.
Indiscreta fino disegnare nella mente  ogni curva del  corpo di lei, sinuoso, morbido, accogliente,  il suo volto, sorridente, ammiccante,  la voce, suadente, calda. Il  nome.
Un nome di donna, il suo.
Si alzò  di scatto dal letto, distratta dal leggero cigolio del cancello che si chiudeva. Un passo dopo l’altro, giù verso camera sua, per coglierlo di sorpresa con un’imboscata notturna. 
Nascosta, nell’oscurità, avvertiva i passi di lui, lievi ma decisi. Chissà che faccia farà a vedermi, pensava, per la prima volta incerta sul da farsi.
Gli ho detto che non gli avrei più chiesto niente, rammentava a se stessa, e così dovrebbe essere. Non posso rimangiarmi la parola di  ieri mattina. Non è da te, Oscar.
Perfetto. 
Aspettò che entrasse in camera sua, nascosta dall’oscurità e rimase alcuni istanti immobile e tesa a osservare la porta che si era chiusa  adagio dietro  di lui. 
Perfetto. 
Scosse la testa a lentamente  se ne  andò via.
 

 





Note:
 Grazie a tutte voi, che avete deciso di seguire, una volta ancora, le mie storie.
In nomine patris si colloca nel periodo in cui le tristi vicissitudini con il  cavaliere nero non erano ancora accadute.  Il rapporto tra i due è quindi più disteso, non ancora condizionato da tutti goi eventi futuri.
 

   
 
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