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Autore: Mina7Z    25/07/2012    17 recensioni
“Era rimasta lì ad aspettarlo. Imbambolata e assorta nei suoi pensieri come non le capitava d tempo. E anche molto indispettita per quell’uscita mattutina nella quale proprio non l’aveva voluta coinvolgere. L’aveva provocato, sfidato, poi quasi supplicato di portarla con lui, divorata dalla curiosità di scoprire dove si stesse recando Andrè a quell’ora del mattino”.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’è chi custodisce un segreto, forse.  
C’è chi cerca di svelarlo,  quel segreto, ma la verità, spesso, ha mille facce.


“Era rimasta lì ad aspettarlo. Imbambolata e  assorta  nei suoi pensieri come non le capitava d tempo.  E anche molto indispettita per quell’uscita mattutina nella quale proprio non l’aveva voluta coinvolgere. L’aveva provocato, sfidato, poi quasi supplicato di portarla con lui, divorata dalla curiosità di scoprire dove si stesse recando Andrè a quell’ora del mattino”. 


 

In nomine patris



Nessun posto è la tua meta
 
 

 

 
 
Dove vai,  Andrè?

Scusami, non volevo svegliarti.
Svegliarmi? 
Si.
Ma non sei stato di certo  tu a svegliarmi. Piuttosto decine di merli in amore.  Sembrano impazziti in questi giorni.
Ma che dici? La stagione dell'amore?  In inverno?
Non so, ma mi hanno tenuta sveglia.
Allora forse eri già insonne per i fatti tuoi.
Forse si, ma questo non cambia. E tu? Eri insonne, tu?
No. Dormivo benissimo.
E allora perché stai sgattaiolando via da palazzo come un ladro che vuole rendersi invisibile?
Non dire assurdità.
E cosa staresti facendo qui nelle scuderie?
Sto sellando il mio cavallo.
Questo lo vedo, non sono mica cieca.
Certo.
 Per andare dove?
 A fare un giro.
Un giro dove?
In nessun posto.
Posso venire anch’io?
 No, meglio di no.
Perché no?
Perché no e basta.
Prendo il mantello e vengo anch’io, ci metto un attimo.
Fa freddo stamattina,  la campagna è immersa nella nebbia.
Non sarebbe la prima volta che sfidiamo la nebbia, no?
Vai a farti preparare una tazza di cioccolato caldo e avvolgiti in una coperta. E’ l’inizio ideale per una mattina d’inverno, non ti pare?
Solo se  vieni anche tu con me.
Ma cosa fai, i capricci?
…….No.
Non insistere, è solo una cavalcata solitaria.
Allora non posso proprio  venire con te in nessun posto?
No. E  basta.
Capisco.
Capisci.
Cosa mi nascondi?
 Niente.
Niente?
 Niente.
Capirei se tu uscissi di notte. Allora vorrebbe dire che davvero vale la pena custodire un segreto  e non ti chiederei niente. Sarebbero affari tuoi. Solamente tuoi. Ma di giorno? Di mattina, per giunta.
Già, di mattina.
Non mi dici niente?
Niente.
E vai via così?
Non starò via molto. Torno in tempo per  il nostro turno alla Reggia, non temere.
Solo una cavalcata, quindi?
Ci vediamo dopo.
Bene.  Vai  pure, allora, se proprio devi. Io resto qui. Ad aspettarti.
A dopo, Oscar.
Torna presto da nessun posto, Andrè. Accidenti a te. E ti farò preparare una tazza di cioccolata. Sempre che mi passi il broncio. Fra un po’, magari.
 




Era rimasta lì ad aspettarlo. Imbambolata e  assorta  nei suoi pensieri come non le capitava d tempo.  E anche molto indispettita per quell’uscita mattutina nella quale proprio non l’aveva voluta coinvolgere. L’aveva provocato, sfidato, poi quasi supplicato di portarla con lui, divorata dalla curiosità di scoprire dove si stesse recando Andrè a quell’ora del mattino.
Si strinse più forte nella coperta di lana che aveva sistemato con cura sulle spalle e, con la tazza di cioccolata bollente tra le mani, percorse lentamente la stanza, per poi soffermarsi  dinnanzi alla finestra, ansiosa  di vederlo ricomparire nel vialetto del palazzo.
Al diavolo, pensò, cosa mi importa poi dove si è ficcato Andrè?  Magari aveva solo voglia di farsi una cavalcata, di spingere il cavallo al galoppo per tagliare  in due la nebbia. Forse era solo la voglia di respirare a  pieni polmoni, fino a sentirli bruciare,  quando l’aria è così fredda che d’improvviso ti ricordi di essere vivo. Di provare dolore. Gioia. Brividi.
Le sembrava di vederlo, Andrè, cavalcare velocemente, mantenendosi saldo sul suo cavallo nero.
I capelli scompigliati dal vento, le mani  strette attorno alle redini,il sorriso  beffardo sulle labbra.
Gliela faccio pagare stavolta, minacciò, così impara a rispondere alle mie domande in modo evasivo. Non ne avrebbe motivo, in fondo. Non si va da un’amante di mattina,  sarebbe alquanto strano, sconveniente.  Certe cose si fanno di notte, al buio, mascherati dall’oscurità delle tenebre.
Si va dall’amante e si ama. Di notte. Non di giorno. Ecco tutto.
C’è un decoro da mantenere,  le apparenze da rispettare, un buon nome da preservare.
Certe cose, Andrè, le puoi fare di notte, considerò nervosa, appena ti vedo te lo dico. Te lo grido in faccia.  Soffiando sul tuo volto. E magari ti annuserò da vicino, facendo finta di niente, per sentire di cosa sai. Avvicinerò il mio volto al tuo per sapere se è di nebbia che profuma il tuo collo o di un aroma dolce.
Corrugò la fronte. Osservò l’immagine della donna bionda riflessa che la fissava corrucciata e inquieta, stretta nella sua stupida coperta.
Chissà quante cose mi nasconde e io che mi fidavo di lui.
Sono una stupida. Mai fidarsi  di qualcuno, ricordò ad alta voce. Guardati alle spalle, guardati dai nemici, guardati dagli amici. La vita non è un campo di battaglia, non è un duello. La vita è molto più pericolosa, ricordalo.
Un senso  di  fastidio si insinuò in lei per l’inutilità dei pensieri che quel mattino sembravano coglierla di soppiatto.
Cosa mi importa, si disse, per me può andare dove vuole, liberissimo di fare quello che vuole. Andare a donne. Cavalcare senza di me. Essere inghiottito da un muro di nebbia. Non è affare mio.
Strinse tra le mani la tazza bollente, così calda, quella cioccolata, da non riuscire a  bere più di un piccolo sorso alla volta.
Che sapore, però. Intenso e inebriante. Uno dei buoni motivi per mettere i piedi giù dal letto la mattina, anche quando era di riposo.
La tazza tremò tra le mani.
E’ arrivato. Eccolo.
Percorse piano i gradini, lentamente, uno a uno, con la tazza ancora tra le mani e la coperta sulle spalle.
Ferma, in cucina ad aspettarlo  al varco.
 




 
Tutto bene?
Benissimo
Ti sei surgelato là fuori?
 Decisamente no.
No? Piacevole quindi?
 Assolutamente. Potrei rifarlo, una di queste mattine.  Sempre che tu non abbia nulla in contrario.
Ti prenderai le febbri polmonari.
Ma no… non esagerare. La mia cioccolata?
Me ne sono scordata.
Bene.
Ma tanto non  te la sei meritato.
Dici di no?
No!
Caspita. Questa si che è una punizione crudele.
Ne vuoi un po’ della mia?
Non ne vuoi più?
Certo che la voglio ancora, ma se la vuoi tu, bevila, senza tante storie. 
Grazie, allora.
 E non sono io a essere congelata qui dentro. Senti che mani che hai. Due pezzi di ghiaccio.
Eh si.
 Potrebbero caderti le dita.
Oscar……ma che dici?
Bevila, forza, muoviti, altrimenti me la riprendo.
La rivuoi?
Non ho detto di rivolerla,  che diavolo ti prende stamattina?
A me? Ho bevuto due sorsi, non posso buttarla giù tutta, scotta dannatamente  e io ho la gola ghiacciata.
Va bene, se non ti va me la riprendo.
Ehi, ma che fai?
Ti ho detto che non te la meritavi.
 


Gli girò le spalle e lentamente si allontanò dalla stanza.
Con la tazza  stretta tra le mani.
Percorse per l’ennesima volta, quella mattina, le scale verso camera sua.
Fermandosi, di tanto in tanto, per immergere le labbra di nuovo nella cioccolata.
Di un sapore, adesso, che veniva da un  luogo oscuro, misterioso.
Quel luogo lontano  chiamato nessun posto.





 

   
 
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