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Autore: Averyn    27/07/2012    5 recensioni
COSA SAREBBE SUCCESSO SE HARRY POTTER AVESSE SCELTO DI MORIRE?
Harry avrebbe preso un treno, e si sarebbe ritrovato in una dimesione parallela, all'età di undici anni, con una vita e dei genitori, dei nuovi amici, delle altre abitudini.
E Neville Paciock sarebbe stato il Prescelto.
O forse no?
SECONDO EPISODIO DELLA SAGA 'CICATRICE'.
P.S lo so avevo promesso di pubblicarlo ad agosto, e di sicuro le pubblicazion saranno più lente, ma l'ho finito di scrivere in un mese e non ce l'ho fatta! buona lettura!
PS.PS. Grazie a Marty_Chick del suggerimento del titolo!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cicatrice'
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OIII ECCOMI QUAAAA!!!! INNANZITUTTO VOLEVO DIRE UN CIAO AI NUOVI ARRIVATI E RINGRAZIARE TUTTI QUELLI CHE HANNO RECENSITO (TIPO SPERANZA , MALOCCHIO E FRED TI AMO TRA I NUOVI) E ANCHE TUTI COLORO CHE HANNO MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE (13!!!!) E POI ANCHE IL MASTRO GIBBS (MARTY) E LUNADISTRUGGI, CHE ANCHE SE NON SI FA SENTIRE SEMPRE SO CHE E' Lì SILENZIOSA A LEGGERE.


Capitolo 6
 
 
LA LEGGENDA DELL’EREDE
 
 
Da quel giorno in poi, tutta la scuola fu in allerta.
Gazza, per giunta, da quando la sua gatta era stata pietrificata, aveva raddoppiato i pattugliamenti per i corridoi, come se sperasse di incontrare il colpevole.
Erano tutti molto scossi dagli eventi, soprattutto Ginny Weasley, che tutte le volte che sentiva parlare del misfatto impallidiva e, come Harry la notava, evitava il suo sguardo.
I sospetti di Neville aumentavano riguardo lei, ma Harry non si sentiva di incolparla: probabilmente era la ragazza trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato.
L’avvenimento aveva avuto ripercussioni anche su Hermione che, se aveva sempre letto molti libri, ora non riusciva a fare nient’altro. Oltretutto, Harry e Neville erano stati costretti a concordare diversi incontri in biblioteca per parlarle, ma non erano riusciti a cavarne un ragno dal buco.
Questo fino al mercoledì successivo, quando lo scoprirono.
“Si può sapere che ha in mente?” chiese Harry con un bisbiglio a Neville, che cercava con lo sguardo Hermione, persa fra gli scaffali.
“Non ne ho idea” disse Neville, “eccola che arriva!”
Era proprio lei: l’aria stressata e la montagna di libri fra le braccia. Sembrava però più irritata del solito.
“Nulla! Nulla! Non riesco a trovare Storia di Hogwarts da nessuna parte! Eppure c’è una lista d’attesa di due settimane!” si lagnò, sedendosi accanto a loro con veemenza e mettendosi le mani fra i capelli.
“Perché ti interessa tanto?” chiese subito Harry.
L’amica lo fulminò con lo sguardo. “Perché? Perché? Harry, per leggere la storia della Camera dei Segreti, no?”
“E sarebbe?” chiese Harry, che non aveva mai sentito parlare di questa storia.
“Non lo so” disse Hermione sconsolata, “non mi ricordo”.
La campanella suonò e Harry, Neville e Hermione si diressero a Storia della Magia, che si teneva con i Corvonero.
Il professor Ruf teneva delle lezioni piuttosto noiose, e di consueto capitava che Harry, così come Louise e tutti gli altri studenti del corso, cadessero in una sorta di trance dopo i primi cinque minuti.
Spesso Frank e Harry si intrattenevano a giocare a tris su una pergamena dei due; ma ci pensò Hermione, quel giorno, ad attirare l’attenzione di tutti alzando la mano.
Persino il professore la guardò, stupito.
“Sì?” fece Ruf.
“Professore, mi chiedevo se poteva raccontarci la storia della Camera dei Segreti” chiese lei timidamente.
Tutti guardarono Ruf in silenzio, cosa strana durante Storia della Magia.
“Io mi occupo di fatti, signorina Grant, non di miti e leggende!” ribatté il professore, riprendendo con la spiegazione sulla Conferenza Internazionale dei Maghi del 1289.
 Hermione lo interruppe di nuovo.
“Signorina?”
“Professore, ma i miti non si basano sempre su un fatto reale?” insisté lei.
Persino Louise, che odiava Hermione, sembrava curiosa di conoscere la storia.
Il professore, una volta accortosi che l’intera classe gli riservava un’insolita attenzione, sembrò convincersi.
“Molto bene” concesse, stizzito,  “vediamo un po’… la Camera dei Segreti….
Dunque, tutti voi sapete che i fondatori sono Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde,
che costruirono questo castello lontano dagli occhi dei babbani poiché questi temevano la magia e ci perseguitavano.
I quattro fondatori andarono alla ricerca di allievi per trasmettere loro il sapere magico, tuttavia col tempo si creò fra loro una spaccatura: infatti Salazar Serpeverde voleva essere più severo riguardante la selezione degli allievi, perché riteneva che tutte le nostre conoscenze dovessero appartenere ai soli maghi di sangue puro.
“Dopo qualche tempo, tra Grifondoro e Serpeverde venne fuori una gravissima lite e Serpeverde lasciò la scuola.
“Queste solo le fonti sicure. Ma tutta la storia è stata offuscata dal mito da due soldi della Camera dei Segreti. Stando alla leggenda, Serpeverde avrebbe costruito una stanza segreta all’oscuro degli altri fondatori.
Serpeverde sigillò la camera affinché solo il suo vero erede potesse aprirla e sprigionare gli orrori che vi erano racchiusi. Ma è pura fantasia. I professori hanno cercato questa stanza, e nessuno l’ha mai trovata.”
“E cosa c’era lì dentro, professore?” chiese Seamus Finnigan, nel silenzio assoluto.
“Un mostro” rispose Ruf. “Ma, ripeto, è solo una leggenda!”
“Ma professore” disse Hermione, “in biblioteca mi sono imbattuta in un articolo su Hogwarts, dove dicevano che una ragazza era morta per ragioni misteriose all’incirca cinquant’anni fa, proprio quando stavano accadendo fatti simili a questo nella scuola!”
“Frottole” ribatté il professore, convinto. “La Camera…”
“Ma se solo l’erede di serpeverde può aprirla è normale che non possa trovarla nessun altro, no?” disse Ron, risvegliando l’attenzione di Harry.
“Statemi bene a sentire, questa cosa non esiste” insisté Ruf “non c’è nessuna Camera dei Segreti, e nessun mostro.”
 
 
“Allora, chi credete che sia l’erede di serpeverde?” fece Frank, in modo canzonatorio, rivolto agli amici.
“Tu non ci credi?” chiese Harry, un po’ deluso dal tono di Frank.
L’amico fece spallucce. “Non lo so. È strano. Ma se non è stato l’erede di serpeverde ad aprire la camera, probabilmente si è trattato solo di un pazzo”.
“Harry!” lo chiamò Neville alle sue spalle, “Harry, vieni, ti dobbiamo parlare!”
Harry si voltò, e vide Neville e Hermione che lo aspettavano a metà del corridoio.
“Dove vai?” disse Frank, seguendo il suo sguardo.
“Da Neville” rispose in fretta l’altro, “tu vai avanti. Ti raggiungo subito” e corse dai due amici, che avevano l’aria grave.
“Secondo voi chi è l’erede di Serpeverde?” domandò loro, perché sapeva che era di questo che volevano parlare.
“Non ne sono sicura” disse Hermione, stringendo le labbra, “ma potrebbe essere Ginny Weasley.”
Il sangue di Harry si gelò. Prima ci si era messo Neville, ora anche Hermione! Perché proprio lei? Era così piccola, e innocente….
“Beh, allora perché non Malfoy? Insomma, guarda la sua famiglia, disprezza i Mezzosangue….”
Attaccò subito, infastidito.
Neville guardò da lui a Hermione, convinto, mentre la loro amica arrossiva.
“In fondo non ha tutti i torti…inoltre, sono tutti serpeverde!” convenne questo.
Hermione scosse la testa, come per levare il rossore che sembrava esserglisi incollato alle guance. “Non credo sia lui” disse, e incrociando lo sguardo  tra lo scettico e il divertito degli amici roteò gli occhi. “E non lo dico per quello” aggiunse, “ma perché è troppo stupido per fare una cosa del genere.”
Harry ci rifletté un attimo: ce l’aveva a morte con Malfoy, ma sentiva che accusarlo era un errore, come se ne avesse avuto esperienza e avesse fallito miseramente.
Non poteva correre dei rischi.
“Allora perché accusare Ginny?” chiese, debolmente.
“Perché,” fece Neville gravemente, “ha avuto dei comportamenti strani quando siamo venuti nel corridoio, quella mattina. Ed era l’unica persona che abbiamo trovato, e nel momento in cui abbiamo cominciato a farle delle domande, è scappata. E poi fa sempre facce strane quando sente parlare dell’incidente, e se la becchiamo, evita di guardarci…”
“Magari pensa che siamo noi i colpevoli!” ribattè Harry, che in qualche modo tentava di difenderla, anche se tutte le prove, si rese conto in quell’attimo, andavano proprio contro di lei. “Ed è fuggita perché era spaventata…”
Si beccò un’occhiataccia da parte di Neville e Hermione.
“Va bene, ammettiamo che è lei, per quanto si assurda questa ipotesi” si arrese, “che facciamo?”
“La teniamo d’occhio, ovvio” disse Hermione. “Cercate di starle il più vicino possibile, soprattutto alla sua famiglia. Vedete quello che c’è di strano, d’accordo?”
“E i ragni che fuggono spaventati? Non penso che Ginny spaventi i ragni…” disse Harry, dubbioso.
“Ruf ha detto che nella Camera si nasconde un mostro” ricordò loro Hermione, “magari lei lo controlla. Ci penserò io a  fare una ricerca….”
“In biblioteca” fecero in coro Harry e Neville.
“Beh, sì!” disse lei, con un sorriso.
 
 
 
Harry era molto emozionato quel sabato mattina. Finalmente avrebbe reso fiero suo padre, e se stesso. Non poteva negare di sentire un fremito fra le gambe come si avvicinava al campo di Quidditch. Avrebbe scritto a suo padre. L’avrebbe reso orgoglioso di lui!
“Immagino che non ci sia bisogno di spiegarti le regole del gioco, Potter” disse Baston, mentre entravano negli spogliatoi. “Tu padre ti avrà insegnato tutto al riguardo”.
Harry non lo guardò mentre s’infilava la maglia della squadra, una di quelle che Baston gli aveva dato e che appartenevano al Cercatore precedente, un certo Plubers, che portava il numero sei sulla schiena.
“Sì” rispose, mentre impugnava la scopa. Non poteva di certo negare di sentirsi fiero e potente con quella in mano, mentre Baston lo guardava orgoglioso.
“Mio padre voleva che giocassi in squadra, in realtà. Me l’ha sempre detto”.
Baston allargò il suo sorriso. “Tuo padre dev’essere un uomo davvero intelligente, allora!”
Harry non replicò; era chiaro che per il capitano della squadra uno sport come il Quidditch era una priorità, ma il ragazzo si chiese se rientrava anche nelle sue.
Quando Baston si preparò e lo condusse fuori dagli spogliatoi, comunque, lo seguì senza indugiare.
Avrebbe fatto come aveva sempre imparato con suo padre: avrebbe preso il boccino senza esitare, avrebbe seguito, controllato i suoi impercettibili movimenti.
Quando entrò nel campo di Quidditch rimase a bocca aperta: era incredibilmente immenso.
Harry l’aveva sempre visto dai posti delle tribune durante l’anno precedente e sapeva che aveva un perimetro di forma ellittica, dove a capo dei due lati vi erano tre cerchi attraverso i quali passava la pluffa.
Tuttavia via, vista da sotto, era tutt’altra cosa: il prato verde si estendeva da una parte all’altra per quelli che sembravano chilometri, tanto che Harry non riusciva a distinguerne la netta fine neanche indossando gli occhiali, e le tribune erano così lontane da lui che riusciva a malapena a vederle; tuttavia c’era qualcuno seduto a guardarlo.
Riconobbe le voci di molti grifondoro e….ovviamente, di qualche serpeverde, tra cui c’era anche Draco Malfoy, che gridava sopra gli altri.
Cos’era venuto a fare? A prenderlo in giro?
Cercò di ignorarlo; doveva fare del suo meglio, era questo che contava. Potevano anche esserci milioni di cloni di Draco Malfoy, non gli sarebbe importato: la cosa davvero importante era impressionare Baston.
“Sei pronto, Harry?” gli disse quest’ultimo, montando sulla scopa.
Teneva in mano una pallina dorata, estratta da un grande sacco che avevano portato con loro; e si accorse che non era il boccino, come pensava all’inizio, ma una pallina normalissima.
“Che vuoi farci, con quella?” chiese Harry, stupito. Generalmente, lui e il padre ne incantavano qualcuna da tennis e poi Harry doveva acchiapparla come fosse stato un boccino normale.
Baston gli sorrise. “Voglio testare le tue capacità. Ora lancerò questa in volo, così vedrò quanto sono pronti i tuoi riflessi e quanto sei veloce. Mi basterà sapere questo, e poi ci eserciteremo….comunque non avrai problemi, con una scopa come quella!”
Disse, indicando la Firebolt.
Harry e Baston salirono in aria sulle scope, innalzandosi sempre di più all’altezza delle tribune.
“Vai Harry!” sentì la voce di Frank. “Sei tutti noi!” disse John. “Fagli vedere chi sei, Harry!” disse Louise, incitandolo.
“Forza, Harry!” dissero un coro di voci familiari; Harry vide con la coda dell’occhio che poco distanti dal gruppo di Frank e Louise c’erano Neville, Hermione e Luna che gli sorridevano.
Harry non poté fare a meno di rispondere al sorriso.
“Puah! Non so proprio come fate a tifare per Potter! Vedrete quanto delusi rimarrete, quando scoprirete che è un incapace….io sono molto meglio! Insomma, è come tifare per Weasley!” commentò la voce sgradevole di Malfoy, e il suo piccolo gruppo di serpeverde fu l’unico a rotolarsi dalle risate.
Harry, che stava cominciando ad arrabbiarsi, decise di focalizzare la sua concentrazione su quello che doveva fare.
“Pronto, Potter?” chiese Baston e, quando Harry annuì, lanciò in aria la pallina.
Fu un attimo: quando la vide viaggiare nel canale d’aria si gettò all’inseguimento, e come un fulmine l’ebbe in mano.
Sentì degli urletti provenire dalle tribune, ma erano solo un sottofondo chiassoso.
Dentro di sé nacque l’orgoglio, supportato dal volto compiaciuto di Baston.
“Molto bene, Potter” disse questi, “ora proverò ad incantare la pallina e dovrai recuperarla come un vero boccino. Non uso quello vero, perché casomai tu non riuscissi a prenderlo, andrebbe perso”.
“Fa lo stesso per me” rispose Harry con semplicità, e Baston planò con la scopa verso il prato del campo, dove estrasse una delle tante palline che aveva con sé, per poi tornare da lui.
Baston ripeté l’incantesimo e il finto boccino cominciò a prendere il volo, veloce come un lampo; Harry dovette usare tutta la sua energia fisica per riuscire a individuarlo ma, aiutato dai suoi riflessi naturali di Cercatore e dalla sua velocissima scopa volante,  riuscì ad afferrarlo, seguito dai sussulti di tutti gli spettatori, tranne che di Malfoy, che ovviamente avrebbe voluto assistere ad una catastrofe.
Baston lo guardò raggiante come Harry tornò da lui vittorioso, mentre il cuore del ragazzo batteva forte per l’adrenalina.
Fu leggero come una piuma che seguì il capitano fino a terra, e di una cosa era sicuro: aveva ottenuto il posto in squadra.
“Era vero quello che dicevano di te, allora!” commentò compiaciuto Baston, mentre si rivestivano negli spogliatoi. “Gli allenamenti si tengono il giovedì e il venerdì, subito dopo le lezioni. Con uno come te, non possiamo di sicuro perdere!”
“Sei stato bravissimo, Harry!” gli si gettò fra le braccia Hermione, come uscì dal campo di Quidditch.
“Ben fatto, Harry” si congratulò Luna, allegra.
“Ti ringrazio” fece Harry.
Vide avvicinarsi anche il suo gruppo di amici d’infanzia, Frank, Louise, Richard e John, tutti e quattro con il sorriso stampato sulla faccia.
Quello di Louise svanì prima degli altri quando vide che Hermione aveva le braccia attorno al suo collo.
“Tu non dovresti tifare per il Corvonero?” chiese infatti, acidamente.
Hermione le rivolse uno sguardo infuocato. “Anche tu sei di Corvonero” ribatté, “e Harry è amico mio quanto tuo”.
“Peccato che tifiate tutti per un perdente” disse una voce beffarda che apparteneva, ovviamente, a quella di Malfoy; Hermione si nascose dietro la schiena di Harry, cercando di non farsi vedere.
“Che ci sei venuto a fare, qui, Malfoy?” chiese Harry, gelido.
Malfoy rise. “Curiosità” rispose quello, “e in realtà per vederti perdere…ma tanto mi toglierò questa soddisfazione alla partita di Quidditch, quando ti batterò e prenderò il boccino prima di te! Non avevo dubbi che ti selezionassero, anzi lo speravo!”
“Ma è diverso, da te” rispose Luna, serena, e tutti la guardarono attoniti, “Harry è stato scelto per il suo vero talento, invece voi vi comprate l’ammissione in squadra!”
Malfoy la guardò spaventato per un secondo, poi si ricompose.
“Stai zitta, Lunatica. Se io non ho il talento, tu non hai neanche un briciolo di cervello a posto!” e se ne andò, un po’ offeso.
Mentre rientravano nella Sala d’Ingresso, il gruppo di Harry, Neville, Frank e gli altri vide molti studenti intorno alla bacheca della scuola, intenti a leggere una pergamena affissa.
Seamus Finnigan fece loro cenno di avvicinarsi.
“Hanno fondato il Club dei Duellanti!” esclamò Seamus. “Il primo incontro è questa sera! Non mi dispiacerebbe prendere lezioni di duello…coi tempi che corrono, potrebbe tornare utile…”
“Credi davvero che il mostro nella Camera sappia duellare?” commentò Harry, ma si avvicinò incuriosito per leggere l’avviso.
“Potrebbe tornare utile comunque” disse Neville, serio, mentre si avviavano a pranzo.
“Ci andiamo?”
“Penso di sì” disse Frank, e tutti gli altri furono d’accordo (Louise non si espresse).
 
 
 
  
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