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Autore: Loveless    11/02/2007    1 recensioni
Così uguali e così diversi.
Un sogno misterioso li unisce.
Ma un sogno può bastare a riempire le divergenze ed i vuoti di due Angeli?
[Aggiunti i capitoli 7 e 8. Capitoli 4 e 5 in riscrittura.]
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Fuuma Monou, Seishiro Sakurazuka
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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CAPITOLO 0.2
Colui che dipinge i ciliegi



Erano ormai le tre di notte quando Seishiro Sakurazuka varcò la soglia del suo appartamento vicino al parco Ueno. Il familiare odore di ciliegio e di fumo lo accolse con una zaffata che gli fece storcere leggermente il naso, ma il Sakurazukamori non se ne preoccupò eccessivamente. Solo dopo essere entrato ed essersi chiuso alle spalle la porta, Seishiro si accorse di non essersi levato il guanto intriso di sangue, che in quel momento gocciolava senza sosta sul parquet di legno traslucido.
Soffocò una mezza imprecazione fra i denti, prima di rivoltarsi il guanto destro e metterlo nella tasca dell’impermeabile. Si ricordava sempre di compiere quel gesto prima di arrivare a casa, ma quella notte se l’era dimenticato. Maledizione, avrebbe dovuto pulire dal sangue quei pochi passi che separavano il suo appartamento dall’ascensore ed anche il pavimento di casa sua! I motivi erano due: o stava invecchiando e perdendo colpi o si stancava troppo per un lavoretto facile facile ed il cervello gli andava in tilt. In entrambi i casi, era davvero desolante.
Si concesse un minuto per esplorare casa sua e controllare che nessuno vi fosse entrato.
No, nessun intruso. Perfetto. Da qualche tempo il Kamui della Terra aveva preso l’irritante abitudine di usare il suo appartamento per i propri comodi, e non era la prima volta che il Sakurazukamori lo sorprendeva stravaccato sulla poltrona o, ancora peggio!, sul suo letto a fare la maratona con le partite di basket.
Quella sera, no. L’assassino non sapeva se esserne sollevato o meno, perché se da una parte quelle improvvisate gli davano fastidio, dall’altra lo divertivano. Finivano sempre per stuzzicarsi a vicenda, e quelle lotte verbali lo appagavano molto di più che un lavoro compiuto bene. Fin dall’inizio, tra lui e il Kamui della Terra era in vigore una sorta di patto silenzioso: si provocavano, si studiavano reciprocamente, ben consapevoli del potere dell’altro, e si sopportavano senza troppa fatica. Un paio di volte Seishiro si era sorpreso a fissare un po’ troppo attentamente il corpo di ragazzino trasformato precocemente in quello di un adulto del Kamui oscuro ed altrettante volte aveva beccato l’altro a fissarlo con espressione famelica negli occhi.
Ci aveva riflettuto sopra, il Sakurazukamori, ed era giunto alla conclusione che quell’equilibrio era troppo fragile: il Kamui della Terra era più forte, più ironico, più impaziente ed infantile; lui era più temprato, più incline a mantenere il sangue freddo, più maturo. Erano per natura due caratteri abituati a fare da padroni, custodi delle proprie vite e burattinai di quelle degli altri: che sarebbe successo se uno dei due avesse tentato di sopraffare l’altro?
Era un rischio, provare. Ma il miraggio di quel rischio non toglieva nulla al fascino degli occhi magnetici e dorati del Kamui oscuro. E così si andava avanti, in qualche maniera, aspettando che le cose precipitassero verso il baratro.
Una volta svolto il suo controllo di routine ed aver appeso l’impermeabile, Seishiro si armò di pazienza e si mise a fare la brava donnina di casa, rifacendo all’indietro il percorso fatto e pulendo coscienziosamente le macchie di sangue.
Sullo specchio dell’ascensore, però, Seishiro si accorse che anche il colletto della camicia era intriso di sangue della sua ultima vittima. La cosa gli dispiacque, anche perché era nuova di negozio, con quello che gli era costata, poi…
Va beh, non sarebbe stato un problema. Era abituato a trattare con le macchie di sangue più ostinate, mandarle via non avrebbe richiesto molto sforzo.
Il Sakurazukamori si allentò lentamente il nodo della cravatta e se la sfilò dal collo, una volta rientrato, e si diresse al bagno, dove iniziò a programmare la lavatrice per fare il suo dannato lavoro. Di solito faceva a mano: quelle diavolerie elettroniche non lo convincevano per niente (il pensiero di avere in casa un Beast in miniatura gli faceva venire il nervoso), ma a volte bisognava ricorrere a loro. Ed in quel momento non aveva nessuna voglia di mettersi con la saponetta a togliere le macchie…
Aveva appena finito di sbottonare la camicia quando sentì un rumore di picchiettio sul vetro, come se qualcuno stesse bussando alla porta-finestra del balcone della cucina.
All’assassino vennero meno tutte le forze in quel momento. Una sola persona poteva venire, a quell’ora di notte, senza temere di finire sotto le radici del Sakura, a far compagnia agli altri cadaveri.
Kamui.
Seishiro avviò con una pressione brusca del dito il macchinario, che cominciò la sua lenta ed inesorabile centrifuga, e chiuse dietro di sé la porta del bagno. Il rumore della lavatrice si sentiva appena, attutito dalla barriera della porta.
Appollaiato con perfetto equilibrio sulla sbarra di ferro del balcone di casa sua, appoggiato solo con le punte dei piedi alla ringhiera e le mani appoggiate sulle ginocchia, Kamui gli lanciò uno sguardo divertito e gli fece ciao ciao con la mano.
Se uno sguardo avesse potuto uccidere, il Kamui della Terra sarebbe rimasto carbonizzato di certo. Ma siccome non era onnipotente e non poteva guardare dietro delle lenti a specchio, lo sguardo che Seishiro gli lanciò non dovette rappresentare un pericolo eccessivo per lui.
L’assassino indicò col pollice la porta dell’appartamento dietro di sé, in un esplicito invito ad entrare da altre parti che non fossero le finestre. L’altro alzò gli occhi al cielo (Cosa mi tocca fare! gli si leggeva in faccia) e, con un piccolo salto, si lasciò cadere all’indietro.
Tempo due minuti e se lo sarebbe trovato tra i piedi.
Seishiro fece una breve visitina alla camera da letto e ripescò una camicia pulita. Si rigirò in mano gli occhiali scuri che ancora indossava, indeciso se metterli via o meno, ma alla fine decise di appoggiarli sul comodino. Il Sakurazukamori lisciò distrattamente il lenzuolo, come se a Kamui potesse importare la condizione del SUO letto.
- Non è un po’ tardi per scroccare una cena? – chiese ad un sorridente e rilassato Kamui in attesa sullo zerbino di casa sua.
- Mi sottovaluti, Sakurazuka! Non vengono ad infastidirti solo per le cene, hai anche un’antenna satellitare che è la fine del mondo!
Il Sakurazukamori assottigliò gli occhi, notando sui jeans e sul braccio destro del ragazzo diverse macchie di sangue non del tutto rappreso, indice che Kamui si era dato alla pazza gioia mentre lui era stato via.
- Chi te l’ha fatto, quello?
Kamui sembrò sorpreso dall’osservazione, come se si accorgesse per la prima volta della ferita che gli disegnava una perfetta ed obliqua linea scarlatta sul nero della maglietta e sul candido della pelle lasciata scoperta, sulla spalla destra.
- Toh, neanche me ne sono accorto. Ecco cos’era quel pizzicorino che mi dava fastidio, poco fa…
Rinunciando per il momento al conflitto, l’assassino si fece da parte per lasciar passare il ragazzo e permettergli di entrare nell’appartamento.
Aveva ancora addosso quell’alone di magia che il padrone di casa conosceva fin troppo bene.
- Hai appena avuto rogne con Subaru? – chiese Seishiro.
- Confronto amichevole, - commentò Kamui, - Non ho voluto fargli troppo male, so quanto ti diverti a strapazzare il tuo giocattolino preferito.
- L’ultima volta che hai detto così gli hai strappato l’occhio, - replicò il Sakurazukamori, che ancora non aveva perdonato Kamui di aver messo le mani sulla sua preda, anche se era consapevole che avrebbe potuto fare di peggio, - L’hai reso cieco, stavolta?
- Per chi mi hai preso, Sakurazuka? Io non infierisco sui cadaveri viventi.
Tra una frecciatina e l’altra, erano arrivati in cucina, che faceva contemporaneamente anche da soggiorno all’appartamento di Seishiro.
Facevano bella vista di loro, nell’angolo destro, una poltrona di pelle nera ed un divano immacolato. Al centro, un tavolo di legno traslucido con tre sedie alte, da piano bar. Addossati alla parete, nell’ordine, un frigorifero, un lavabo in metallo, l’angolo cottura ed un armadietto per i liquori.
Kamui prese subito posto sulla sua poltrona preferita, sedendosi con le gambe sul bracciolo e le mani intrecciate dietro la nuca.
- Beh, visto che sono qua potresti anche offrirmi qualcosa, non credi?
L’assassino lo fissò accigliato per qualche secondo, prima di andare verso l’armadietto e tirarne fuori una bottiglia a caso. Personalmente non aveva idea di come fosse finita lì, l’etichetta non la conosceva nemmeno, ma diede per scontato che, se l’aveva tenuta lì, un motivo ci doveva essere stato.
Versò due dita per sé ed altrettante per Kamui, che nel frattempo si era messo a studiare i suoi movimenti con la stessa impazienza e voracità di un leone che ha appena puntato la sua preda ed aspetta il momento buono per balzarle addosso. Gli occhi dorati e le movenze ricordavano proprio quelle di un felino predatore. La curiosa similitudine fece ribollire il sangue a Seishiro, ma si mantenne impassibile e gli passò il bicchiere.
Il giovane capo dei Draghi della Terra ne ingollò un sorso, agrottò le sopracciglia, ne bevve un altro pò.
- Che c’è?
- E’ sherry.
L’uomo, che non aveva ancora bevuto, portò il liquido alle labbra.
- Cazzo.
Ci fu qualche momento di stallo, dove i due si limitarono a vuotare il contenuto dei loro bicchieri in silenzio, poi fu il Sakurazukamori a rompere il momento di relativa tranquillità.
- Sei stato tu a causare quel disastro aereo all’aereoporto?
- Credevo fossi lontano da Tokyo a lavorare, Sakurazuka.
- Li leggo, i giornali.
- Sono rimasto deluso. Mi aspettavo più morti, per un paio di aerei che si scontrano.
- Non hai contato i feriti che muoiono all’ospedale.
Kamui si battè una mano sulla fronte, facendo sparire l’espressione abbattuta che si era dipinta sul suo volto di adolescente cresciuto troppo in fretta.
- Ah, è vero.
- La prossima volta vai ai quartieri residenziali. Lì si pesca meglio.
- Domattina ci andrò a fare un giretto.
Doveva essere l’effetto dello sherry, più lo beveva più sentiva com’era alcolico, Seishiro aveva le labbra così sciroppate da sentirsi in bocca un sapore zuccherato quasi nauseante.
- Da quant’è che non dormi, Sakurazuka?
L’assassino lo guardò vagamente sorpreso, non gli pareva di avere segnate in faccia le lunghissime ore passate insonni a lavorare.
- Un paio di giorni.
Kamui si raddrizzò improvvisamente sulla poltrona e si appoggiò il bicchiere vuoto ai piedi, fissandolo il compagno intensamente. Seishiro ricambiò in modo fermo lo sguardo, anche se sentiva che la domanda dell’altro aveva un significato più profondo di quello attribuito ad un semplice quesito.
- Perché questa domanda, Kamui? Ti preoccupi per me, forse?
L’aveva detta apposta, e l’effetto desiderato si fece vedere. Kamui si mise a ridere e si alzò.
- Io? Credevo che bastasse il tuo Subaru-kun a preoccuparsi per te…
Il Sakurazukamori pescò una sigaretta dalla tasca e continuò a tenere la mano impegnata nella ricerca dell’accendino, prima di ricordarsi che l’aveva lasciato nell’impermeabile.
Una piccola fiamma si accese davanti ai suoi occhi.
- Grazie.
Kamui ripose il proprio strumento nella tasca dei jeans, rispondendo al ringraziamento con un cenno del capo. Mentre compiva quel gesto, le dita del ragazzo sfiorarono quelle di Seishiro ed il cuore del custode del Sakura saltò un paio di battiti. Kamui non diede segno di essersene accorto.
- In verità mi interessa un tuo sogno.
L’assassino inarcò un sopracciglio, mentre aspirava una boccata e la lasciava disperdere nell’aria pesante dell’appartamento.
- Un sogno.
- Un sogno.
- I sogni li lascio agli altri. Per me tengo gli incubi.
- Devi dirmi in che film l’hai presa, questa frasona ad effetto, magari ne trovo una buona per le mie entrate. Sai, dire ogni volta “Sono il Kamui oscuro” oppure “Non conosco solo i tuoi desideri” rischia di annoiare…
- L’autocommiserazione non ti si addice, Kamui.
- Non si addice a quale parte di me?
- Kamui…
- Però al Sumeragi si addice eccome, basta vedere come si piange addosso perché tu…
- Basta nominarlo, in casa mia.
- Non ti ho mica chiesto i particolari dei sogni erotici che fai su di lui.
- Kamui, stai tirando troppo la corda, - ringhiò Seishiro, già da un pezzo al limite dell’umana sopportazione. L’altro replicò con un altro sorriso più ampio ed una scrollata di spalle, prima di prendere in mano il bicchiere vuoto dalla mano del compagno ed il proprio.
- Non preoccuparti per questi, Sei-chan, li metto io a posto.
L’assassino osservò come il ragazzo, dopo una breve sciacquata nel lavabo, li rimetteva al loro posto, muovendosi come fosse lui il padrone di casa e non l’ospite. I commenti del Kamui oscuro gli avevano fatto ribollire il sangue, che ancora faticava a tornare a scorrere normalmente nelle vene, soprattutto per la sicurezza con cui faceva le sue frecciatine su lui e Subaru, come se fossero una regolare coppia di innamorati. Per il cielo, qualcuno doveva insegnare a quel tipetto un po’ di regole basilari dell’educazione sociale!
- La partita! Accipicchia, mi ero dimenticato della finale… Scusa Sei-chan, ma non me la devo perdere!
Tutto rapidissimo: il tempo di battersi la mano ancora umida sulla fronte, sfrecciare fuori dalla cucina e fiondarsi in camera sua. Seishiro sentì la tensione allentarsi, una volta che Kamui fu uscito, e riuscì a rendersi conto che aveva masticato fino a quel momento la sua sigaretta.
Aveva un sapore orribile.
Kamui, che bambino! Irriverente, ironico, malizioso, irresponsabile, a volte anche freddo e calcolatore, una miscela letale per chiunque… Ma se lo poteva permettere.
Si poteva permettere tutto. Anche il pericolo di far arrabbiare l’assassino più pericoloso di tutto il Giappone.
Il Sakurazukamori decise di farsi una doccia per schiarirsi le idee e prendere posizione per le prossime ore. Kamui aveva deciso di parcheggiarsi lì, e lui non era ancora arrivato al punto di sbatterlo fuori di casa a calci. In fondo, perché non voleva.
Tanto valeva mettere le cose in chiaro con se stesso.
Quando uscì dalla cabina smerigliata della doccia, l’assassino aveva già in mente tutto: come, quando e cosa.
Kamui, in camera sua, si stava letteralmente divorando con gli occhi le immagini che passavano sullo schermo con la voracità di un bambino. Alzò gli occhi sentendolo entrare, sorrise appena nel vedere il compagno strofinarsi energicamente un asciugamano sui capelli bagnati, camicia aperta sul torace e pantaloni infilati un po’ alla buona e tornò alla sua partita di basket.
Seishiro si sporse appena, cercando di capire cosa ci fosse di tanto interessante nel seguire dieci tizi che si passavano una palla, ma rinunciò.
Una volta finito con i capelli, si sedette sulla sua sponda di letto e tirò su le gambe, cominciando anche lui a seguire il gioco, anche se il suo sguardo vagava spesso dallo schermo alla schiena del Kamui della Terra. Dai brevi motti d’esultanza del ragazzo, l’assassino era riuscito a capire quale fosse la squadra amata dal compagno, ed interiormente tifava per quella avversaria.
Era una gara. A chi cedeva prima alla tensione.
Una gara del genere, il Sakurazukamori non l’avrebbe mai persa.
Dopo un periodo di tempo indefinito, durante il quale Seishiro si era messo a fissare con insistenza il riflesso bluastro della luce notturna sulle ciocche di capelli ingelatinati del diciassettenne sdraiato di fronte a lui, tutto ebbe fine.
- Sei-chan, che ne dici di spararci uno di quei filmoni horror del sabato sera? – chiese Kamui, telecomando in mano, mentre sul suo volto si leggeva l’euforia per la vittoria appena conquistata della sua squadra. Il Sakurazukamori non potè fare a mano di ricambiare il sorriso.
- E spariamocene uno.
Dopo un breve telezapping, Kamui si impiantò su un film che parlava di rapinatori, ostaggi, vampiri ed una notte infinita. Come sempre, si entusiasmò per la follia non troppo celata di uno dei protagonisti, ridacchiò a voce bassa per le battute e si passò la lingua sulle labbra alla vista del sangue. Erano in quei momenti che si leggeva la parte più nera dell’anima sfaccettata del Kamui oscuro, ed era di quella che Seishiro, inconsciamente, aveva timore e rispetto.
Però il ragazzo crollò prima della fine del film, con la testa appoggiata all’avambraccio piegato ad angolo retto sotto al collo, la mano ancora un po’ incrostata di sangue a stringersi la maglietta e le gambe vicine al petto.
Un predatore. Un felino che dorme. Che non ha paura di essere attaccato, perché lui è il re.
Ed i suoi sogni sono sempre pieni di sangue…
Kamui aprì gli occhi di colpo non appena iniziarono a scorrere i titoli di coda, e guardò dispiaciuto, ed ancora un po’ assonnato, lo schermo nero a scritte bianche.
- Sono morti tutti?
- No. Lui e la ragazza si sono salvati.
- Uhm, peccato. Avrei voluto vedere la fine.
- Diciamo che avresti voluto vedere un bagno di sangue.
- Sono così trasparente?
Seishiro non si era mosso, per tutta la durata del sonno del ragazzo, ed aveva gettato solo qualche occhiata distratta al film, guardando ben altro.
E quel ragazzino sapeva, santo cielo! Quegli occhi dorati svelavano tutto…
E gli dicevano “Guarda che so che pensi in questo momento…”
- Uhm… Sakurazuka, che ore sono?
- Le quattro, - rispose l’assassino, dopo un breve sguardo all’orologio da polso appoggiato sul comodino di fianco a lui.
- Sul serio?
Kamui sbadigliò, stirando tutto il suo corpo sul letto e sgranchendosi le membra intorpidite dal sonno, richiamando ovviamente tutta l’attenzione del compagno su quel gesto così innocente e, insieme, così provocante.
- Accidenti, riesco a malapena a muovermi… Lo sherry stende davvero, - mormorò il ragazzo, raggomitolandosi di nuovo e chiudendo gli occhi, - Sakurazuka, svegliami alle dieci…
- Ah no!
Kamui sembrò sorpreso quando Seishiro lo scosse bruscamente sulla spalla ma non reagì.
- Che c’è?
- Se devi dormire in casa mia, c’è il divano nell’altra stanza. Le coperte e il cuscino le trovi nell’armadio a muro.
Il ragazzo non sembrò dare peso alle parole dell’assassino fino a quando quello non lo tirò in piedi di forza e lo portò di peso sul divano della cucina-soggiorno.
- Sai che penso, Sei-chan? – chiese sorridendo il ragazzo quando il padrone di casa gli buttò tra le braccia un cuscino pulito e delle lenzuola, - Penso che tu abbia paura a dormire nella stessa stanza con me.
- Ecco, tieniti pure la tua ipotesi, non m’importa.
- Hai paura che attenti alla tua decisione di mantenerti casto e puro per il Sumeragi…
- Buonanotte Kamui, - ringhiò il Sakurazukamori, facendo dietrofront e tornandosene in camera sua. Non pensò che voltare le spalle al compagno potesse essere l’ultimo errore che faceva, ma per sua fortuna non successe nulla.
Era chiaro che Kamui stava giocando spudoratamente con lui! E si divertiva come un pazzo, ovviamente.
Seishiro si spogliò e si mise a letto, rimuginando sulla sua poca mancanza di autocontrollo. Così non faceva che peggiorare la situazione, dov’era finito il suo sangue freddo di killer?
Dopo pochi minuti, Kamui lo richiamò. Il Sakurazukamori si presentò alla porta già più calmo di pochissimo tempo prima. L’altro Drago della Terra era già sotto le coperte, e nemmeno si era preso la briga di mettere a posto i vestiti, buttati così com’erano sul pavimento.
Solo i suoi capelli spettinati ed i suoi occhi dorati spuntavano dal bianco delle lenzuola.
- Sì?
- Buona notte, Sei-chan… E sogni d’oro.
Stronzo.

  
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