Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Iam_NO_ONE    29/07/2012    1 recensioni
Piacere, mi chiamo Katy Holdems, ho appena compiuto 18 anni e tre mesi fa mi hanno diagnosticato una insufficienza epatica. A quanto pare ho ancora solo un anno di vita se non trovo un donatore idoneo.
Non lasciatevi spaventare da questo prologo e continuate a leggere!! Ne vale la pena!! (spero!! xD )
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Prologo.
Salve, mi chiamo Katy Holdems e sto per morire.
Sconvolgente, vero?
Ho solo 18 anni e mi hanno diagnosticato un’insufficienza epatica talmente grave da richiedere un trapianto di fegato. Il problema? Non si trova un donatore idoneo. Ma non è finita qui! Ho solo un anno di vita e quando sarò scaduto dovrò lasciare soli mia madre Annabelle ed il mio fratellino di sette anni Jack. Mio padre? Ci ha lasciati. Vivo a New York ma ho deciso di trasferirmi a Londra per poter assaporare un po’ di libertà e per degenerare lontano dagli occhi di chi amo di più.
Sconvolgente, vero?
Ma questo è solo l’inizio.


CAPITOLO UNO
4 Gennaio 2013


Sento la piccola mano di mio fratello stringere forte l’angolo della mia felpa mentre lentamente camminiamo verso il check-in vuoto, dopotutto chi doveva partire per le vacanze è già partito. Ma io non parto in ritardo per le feste natalizie, mi sto trasferendo e la cosa mette ansia a me quanto a mia madre per non parlare della peste che ora mi si è attaccata alla gamba.
<< Ehi piccolo… >> dico mentre goffamente cerco di piegarmi.
<< non te ne andare. >> sussurra.
<< io devo andare, lo sai. Ne abbiamo già parlato! E poi tra cinque settimane verrete a trovarmi e potrei di nuovo utilizzare il mio computer, ammettilo che è quello il motivo per cui non vuoi che parta >> provo a farlo sorridere ma non riesco.
<< no a me non importa del tuo pc… io voglio te. Voglio vederti sul davanzale della finestra quando torno da calcio, voglio cercarti nella folla all’uscita di scuola, voglio accoccolarmi sulle tue gambe mentre vediamo film squallidi e voglio poterti abbracciare in ogni momento >> devo aggrapparmi a tutte le mie forze per non cadere in ginocchio e promettergli che non me ne andrò mai.
<< il mio piccolo ometto >> rido scompigliandoli i capelli << ricordati sempre quei momenti. >> seriamente spero non li dimentichi mai perché a breve l’unica cosa che gli rimarrà di me sono i ricordi.
Sento la voce fredda di una donna annunciare che il mio volo sta per partire.
Abbraccio forte il mio fratellino e gli poso un bacio sulla fronte. Mi alzo e guardo bene la faccia di mia madre che sembra essere appassita e non riesco a sentirmi in colpa perché è stata la mia malattia a renderla così fragile, perlomeno ai miei occhi che ora sono offuscati dalle lacrime che cerco di cacciare indietro per dimostrarmi forte visto che loro ne hanno bisogno. Io oramai sono rassegnata al mio destino ma come può una mamma accettare di perdere sua figlia? E come farà Jack ad accettare di perdere la sua unica sorella? L’ho cresciuto io dopotutto. Non porto rancore a mia madre per non essere stata presente perché il suo tempo lo spendeva lavorando per portare soldi a casa e per non farci mancare nulla, cosa vera peraltro. Mi sento ancora peggio sapendo che il mio cucciolo passerà tanto tempo da solo… senza di me.
Altro annuncio.
<< Ci vediamo presto >> dico stringendo la donna più importante della mia vita.
Corro e mostro il mio passaporto con biglietto alla giovane ragazza al bancone che con un enorme sorriso mi augura un buon volo e mi ringrazia di aver scelto la sua compagnia.
“Compagnia aerea Asjdhgwre fondata per offrirvi tutti i possibili comfort nel vostro ultimo viaggio in aereo.”
Rido amaramente alla mia stessa presa in giro.
Senza accorgermene mi ritrovo già al mio posto e alla stessa velocità mi addormento, stremata.

Ci sono Jack e mamma, sono abbracciati e mi guardano sorridendo. Tutto è illuminato da una luce chiara che arriva direttamente da una grande vetrata dell’aeroporto. Sembrano felici. Spero lo siano.
Spero riusciranno a sopportare la mia morte, spero continueranno a ridere le domeniche dei pancakes, spero si ritroveranno a ricordarmi con un sorriso, spero vadano avanti aiutandosi a vicenda mentre io veglierò dall’alto. Mi mancheranno ma farò di tutto per aiutarli “dall’alto” (sempre che io sia destinata ai “piani alti”) perché meritano la felicità. Se potrò diventerò vento e scompiglierò ancora le bionde ciocche di Jack, diventerò sole e bacerò le guance di mia madre, diventerò mare e li vedrò schizzarsi a vicenda, diventerò fuoco e li vedrò arrostire marshmellow, diventerò terra e li sosterrò fino alla fine. Poi, un giorno molto lontano, ci ritroveremo e continueremo ad essere la meravigliosa famiglia che siamo sempre stati.

Apro gli occhi di colpo e dal finestrino scorgo le nuvole. Fantastico sul poterle toccare e sentire se sono davvero così morbide come si dice. Un giorno quando spiegherò a mio fratello che sono malata gli dirò di guardare le nuvole e di immaginarmi stravaccata su una di esse nella mia solita posizione da divano e gli dirò che lo guarderò e lo guiderò, dovrà solo saper ascoltare. Dovrà ascoltare me ma anche Annabelle perché deve ubbidire e non creare ulteriori problemi, ma so che si comporterà bene e in modo giusto.
Mi ricordo ancora di quella volta in cui difese un suo compagno da un bullo con sicurezza e intelligenza, come suo solito.
Mentre rammento quella storia i miei occhi si chiudono di nuovo.
<< Signorina! Signorina! Siamo arrivati! >> un’hostess precisina mi sveglia e mi ricorda che l’aereo è atterrato da un bel po’. Mi alzo e mi dirigo al recupero bagagli. Una volta arrivata sgraziatamente recupero la mia valigia e me la tiro dietro in cerca dell’entrata della metro.
In circa mezz’ora sono già davanti al palazzo che mi ospiterà nei miei ultimi mesi di vita.
Troppo macabro, eh?
Sono già davanti al palazzo che mi ospiterà in questa nuova vita!
Troppo entusiasta.
Sono già davanti al palazzo che mi ospiterà per i prossimi 365 giorni o meno.
No no… pure peggio.
Sono già davanti al mio nuovo palazzo.
Semplice ma efficace.
Entro e già mi trovo davanti ad un’ardua decisione…. ascensore o scale?
Propenderei per la prima, data la mia pigrizia, ma opto per la seconda. Meglio muoversi finché sono ancora in grado.
Dopo molti più piani di quanti mi aspettassi vedo finalmente una porta verde su cui è inciso in color oro il numero “18”. Appartamento 18. Come i miei anni… ironia della sorte? Tranquilla Sorte, non essere troppo simpatica che tanto non ho voglia di ridere.
Giro la chiave nella serratura ed entro facendo un rumore assordante nel cadere sopra ad alcuni scatoloni contenenti la mia poca roba. La casa, di proprietà di una ricca ex-compagna di liceo di mia madre che gentilmente non mi fa pagare l’affitto, è già ben arredata.
Sono nell’enorme salone che contiene un bel e grande tappeto rosso posizionato sotto un tavolinetto di vetro collocato vicino un enorme divano nero posto davanti ad un televisore ultrapiatto.
Già mi piace.
Vedo una vetrata che da su un balcone ma preferisco finire di fare il giro della casa prima di guardare fuori.
Le pareti sono piene di quadri di arte contemporanea.
Su un corridoio si aprono cinque porte: la prima a destra è una camera gigantesca che ospita un lettone matrimoniale, una scrivania in noce con annessi armadio e cassettiera dello stesso materiale – Elegante. Mi piace. -; la prima porta a sinistra è una camera delle stesse dimensioni e ammobiliata nello stesso modo dell’altra – Stesso giudizio -; la seconda porta a destra è un bagno sontuoso costituito da due lavandini, una grande vasca, una doccia, un water (ovviamente) e persino il bidè (solo in Italia ne avevo visti e mi sembra strano trovarne uno qui, dove non sono utilizzati… bah)- Interessante… Mi piace -; la seconda porta a sinistra è uno stanzino con tutto il necessario per le faccende di casa – No problem. -; infine l’ultima porta che invece è centrale, alla fine del corridoio, è una cucina maestosa completa di ogni elettrodomestico possibile ed immaginabile – Non so cucinare… Però mi piace -. Finito il tour della casa mi dirigo al balcone che avevo intravisto in precedenza e rimango sconcertata dalla magnifica vista di Londra illuminata nella notte che è arrivata con il suo passo felpato senza che io me ne rendessi conto.
Sono pronta. Sono pronta a vivere al meglio, a ridere, a sorridere, a divertirmi, a guadagnarmi da vivere, ad essere orgogliosa dei miei progressi… sono persino pronta ad affrontare la malattia.
Sono pronta.
Sono pronta.
Sono fottutamente pronta.
Di colpo mi ritrovo bagnata dalla testa ai piedi.
A questo non ero pronta.
<< Ma che cavolo hai contro di me, eh?! >> urlo guardando in alto.
<< Perdonami! >> sento.
<< Si ma uffa ce l’hai con me! >>
Dio mi odia.
No frena.
Dio mi ha appena parlato?

<< ma chi sei?! >> chiedo sconcertata.
<< piuttosto tu chi sei! Io butto sempre l’acqua di sotto e nessuno se l’è mai presa con me! >> è la voce di un ragazzo, troppo giovane per essere Dio.
<< sono arrivata poco fa! >>
<< Ah ecco! Nessuno abitava lì fino a ieri. >>
<< Si ma ora ci abito io quindi ti pregherei di evitare altre inondazioni… grazie. >>
Non è normale uno che tira l’acqua al piano di sotto… aspetta… ACQUA?!
<< COSA MI HAI TIRATO ADDOSSO?! >> mi rendo conto solo ora della situazione.
<< Acqua… >>
<< Semplice acqua? >>
<< Non esattamente… >> sento rispondere mentre lentamente stacco dei capelli non miei dal mio braccio.
<< Tu… tu.. TU! MI HAI APPENA TIRATO L’ACQUA DEI PAVIMENTI ADDOSSO! >> grido indignata.
<< Non volevo! Scusami ti prego… >> rimane in sospeso.
<< Katy. >>
<< Scusami, Katy! Non volevo! >> è evidentemente dispiaciuto.
<< D’accordo d’accordo… >> anche io lascio in sospeso la mia frase.
<< ehm… >>
<< ehm? >>
<< Frank! >>
<< D’accordo d’accordo Frank. >>
<< Sei nuova, eh? >> chiede curioso.
<< Direttamente da New York City, dude! >>
<< wow! >>
<< Tu da dove vieni? Da qui? >>
<< In realtà sono cresciuto ad Holmes Cha… >>
<< Holmes Chapel! >>
<< Conosci? >>
<< Oh certo! È nato lì uno dei miei cinque idoli! >>
<< One Direction, eh? Non si parla d’altro! Il tuo preferito? >>
<< Anche se mi fa male definirlo come “preferito”… direi proprio Harry! >>
<< Harry? Perché? >>
<< Sai… >> lentamente mi appoggio con i gomiti sul bordo del bancone << tutti noi umani ci innamoriamo almeno una volta nella vita di qualcuno che non raggiungeremo mai… ci illudiamo perché in fondo illuderci aiuta ad andare avanti oltre il male e la tristezza, il sogno della felicità ci salva dalla realtà dello sconforto. Non ti saprei direi perfettamente perché il mio principe è Harry… forse gli occhi dello stesso colore di un bel prato, i ricci vivi, il sorriso rassicurante, le fossette da bambino, la risata cristallina, la simpatia genuina, il genio, l’ingenuità che a volte si fa spazio nei suoi gesti, la voce che riesce a riscaldarti anche nei giorni freddi, la sensibilità che ti spiazza… non ti so rispondere, scusami >>
<< Credimi questa è molto più di una risposta… >>
<< Ah si è cos’è allora? >> chiedo ridendo leggermente.
<< Una dichiarazione d’amore. Una delle migliori credo. >> sembra commosso.
<< Peccato che lui non la sentirà mai… e anche se fosse non potremmo mai stare insieme. >>
<< perché mai? >>
<< Il tempo non mi è amico. La distanza non mi è amica. La fama non mi è amica. La vita non mi è amica. Non ho amici… ma ho sentito dire che sono simpatica alla morte. Insomma non sono favolosa? >> chiedo fingendo una sicurezza perché quello che ho appena detto potrebbe avermi lacerato il cuore ma non posso cadere a terra e contorcermi dal dolore, devo continuare a fissare quel lampione che ha una luce flebile ma che continua a rimanere acceso.
Mi chiedo quante storie abbia visto quel lampione… magari degli amanti segreti, una passeggiata tra fidanzati, una tana per i giochi dei bambini, un cane con dei bisogni, una guerra, una pace, un’amicizia, un addio. Io riuscirò mai a vedere qualcosa di tutto ciò? Ne avrò il tempo? Non lo so e forse non lo saprò mai.
<< Si a me sembri favolosa >> sembra una voce che viene portata dal vento e scappa subito dopo essere stata udita eppure le mie orecchie la sentono e il cervello la registra. L’ha detto. Non l’ho sognato.
<< ehm… grazie >> credo di essere arrossita.
<< prego >>
La mia pancia distrugge il momento romantico brontolando rumorosamente.
<< Ecco io… dovrei andare >> dico sbiasciando le parole per l’imbarazzo.
<< Capisco >> ride il fetente.
<< Alla prossima >> mi avvicino alla porta-finestra.
<< Alla prossima >> e me ne ritorno dentro casa.
Mi butto sul divano e mi chiedo se ho qualcosa da mangiare.
Mi rialzo a fatica e vado in cucina ma quando apro il frigo l’unica cosa che trovo è una bottiglia di latte, un po’ pochino. Prendo il portafoglio, le chiavi di casa e mi butto giù per le scale cercando di tenere a bada il mio stomaco che ogni tanto borboglia. Mi trovo incredibilmente vicino al London Eye, cosa estremamente piacevole, così decido di prendere qualcosa in uno dei bar vicini e mi siedo su una panchina. Rimango ipnotizzata dal movimento lento della ruota che non si ferma mai e mi chiedo perché una delle cabine sia rossa. Indica forse i giri? Quanti giri fa in un minuto? In un’ora? In un giorno? In un anno? Quanti giri potrò contare? E a me… quanti giri restano? Finisco la mia cena e mi stringo in un bel cappottone nero che ho comprato tempo fa in un negozio di seconda mano sebbene non faccia veramente freddo, cioè una temperatura accettabile. Dopo un po’ me ne vado ma mentre cammino verso casa gli edifici cominciano a muoversi e la strada cambia spesso direzione costringendomi ad appoggiarmi contro un muro. Lentamente arrivo al portone di casa ma mettere la chiave nella serratura è un’impresa ardua che mi fa sprecare troppo tempo.
Finalmente entro.
Vada per l’ascensore.
Premo il bottone del mio piano e aspetto di poter scendere.
Cosa mi sta facendo la malattia? Non voglio ridurmi in questo stato. No.
<< Katy? >> sento Frank alle mie spalle ma non posso girarmi perché tutta la forza che mi rimane la sto impiegando nel provare ad aprire la porta di casa.
<< Ehi… >> la mia voce è molto più che flebile.
<< Stai bene? >> è preoccupato.
<< Si si, non ti preoccupare >>
Buio.

 
Hello eveeeeeeryone!
I’m back!
Si ecco sono tornata e ho deciso di riscrivere questa storia perché non mi convinceva più tanto… perdonatemi se vi ho lasciate per tutto questo tempo! Davvero sono estremamente dispiaciuta e mi vergogno un po’ anche. Ora mi metterò d’impegno per scrivere tutto bene e cercare di aggiornare regolarmente, questo vale per tutte le mie storie.

Un bacio enorme,

NO ONE

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Iam_NO_ONE