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Autore: mortuaary    30/07/2012    2 recensioni
- Come si può soffrire e gioire dello stesso istante ?
La realtà in cui vive Katelynn si frantuma davanti ai suoi occhi senza che lei possa reagire. A sua insaputa, ciò che più desidera, l’attende dietro l’angolo.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Ore 11:00, stanza da letto di Irina.
Girandomi sull’altro lato del cuscino, involontariamente mi sveglio. Cerco di realizzare dove mi trovo e individuare un’ora ipotetica della giornata.
- Ok, ci sono. – Penso tra me e me, con la testa tutt’altro che in sintonia.
 
I recenti cambiamenti hanno causato un notevole sbalzo all’equilibrio non solo alla mia realtà, ma anche del mio cervello. Mi sento nervosa –non unico sintomo del mio periodo mensile – e costantemente sull’orlo del precipizio. Per una volta nella mia vita non è tutto programmato: non che la ritenga un’alterazione negativa, ma proprio per questo motivo non ho la minima cognizione di come comportarmi. Ho la possibilità di decidere io stessa, scrivere con le mie mani la mia storia, e non ho la minima intenzione di lasciarmi sfuggire l’occasione.
 
Mi tiro su a sedere incrociando le gambe, allungo le braccia verso l’alto stiracchiando le ossa e lascio sfuggire uno sbadiglio; non dormivo così comodamente da troppo tempo. Ora che lo noto, il letto è vuoto.
Concedendomi ancora altri minuti di riflessione prima di scendere, ne approfitto per una rigenerante doccia calda all’interno dell’immenso bagno in camera della mia amica. Una volta vestita, apro la porta chiedendomi dove avesse dormito Tom e –soprattutto- in quale modo avrei dovuto comportarmi con lui dopo il nostro bacio.
 
-         Buongiorno, signorina Kate. La trovo in gran forma e bellissima, come sempre. – L’anziana domestica della villa mi accoglie in fondo alle scale con un sorrisone. Rivederla mi riporta indietro negli anni: era la nostra tata quando eravamo piccole e non è mai cambiata, sembra non invecchiare mai.
-         La ringrazio, miss Inna. – Le poso una mano sulla spalla, dopodiché mi avvio verso la sala da pranzo da cui provengono diverse voci.
 
Con passo incerto –ancora in preda ai pensieri sulla sera precedente- entro nella sala ed occupo il mio posto abituale, salutando i ragazzi ed Irina seduta a capotavola.
 
-         Pensavo non ti svegliassi più. Dimenticavo che sei una dormigliona. –
-         Senti chi parla. – Guardo fugacemente la mia amica, le sarebbe bastato il mio sguardo come risposta.
 
Sposto i miei occhi su Tom e, in contemporanea, ci rivolgiamo un sorriso prima di abbassarli nuovamente sul tavolo. Georg sta intanto discutendo in tedesco con Bill, mentre Gustav sembra fingere che gli interessi il dialogo ma resta muto in disparte.
 
-         Non vi sembra maleducato parlare in una lingua che gli altri non comprendono? – Li riprende dunque Tom, con fare molto disinvolto.
-         Chiedo scusa, madame. – Georg ci scambia un’occhiata rapida, prima di ricomporsi sulla sedia. Qualsiasi fosse l’argomento, lo ha considerevolmente irritato.
-         Ebbene, cosa gradisci per colazione? – Rivolgendomi un sorriso affettuoso, Irina fa cenno al cameriere di avvicinarsi per prendere nota.
-         Non ho molta fame, a dir la verità. – Mi sento un tantino maleducata.
-         Nemmeno se ti proponessi una fetta della tua torta preferita, crema pasticcera e fragole, sfornata stamattina solo per te dalla pasticceria Cinderella? Se dicessi a Kalisa che l’hai rifiutata si offenderà moltissimo. –
-         No, a quella delizia non mi posso negare. – Ammetto, euforica.
 
Proprio questi dettagli han reso il mio “ritorno alle origini” straordinariamente fantastico. Solo ora mi rendo conto di quanto mi sia costato abbandonare tutto per stare accanto a Nate, e a quanti sacrifici abbia dovuto sottostare per il mio lavoro.
 
-         Tanto non ingrasseresti neanche se divorassi l’intera pasticceria. Sei esattamente come mio fratello, huh. – Tom, seduto scomposto su una sedia del tutto non idonea al suo stile, mi fissava mentre portavo una porzione di torta alla bocca.
 
Aver gli occhi puntati addosso mentre mangio mi ha sempre recato imbarazzo, a maggior ragione se quegli occhi ora erano i suoi. Bill, d’altro canto, risponde alla provocazione tirandogli un buffetto in fronte e rendendo così la situazione un po’ più dilettevole.
 
-         Bene, vi conviene affrettarvi se non volete perdere l’aereo. – Annuncia d’un tratto Irina, mentre i miei occhi rimangono saldi sulle fragole della torta.
-         Quale aereo? – Replico, fingendo che il pronome plurale con il quale ha diretto la domanda non mi riguardi. In effetti non so se sia così.
-         Quello con cui verrai in Germania con noi. – Comunica Bill, forse con una punta eccessiva di entusiasmo che, tuttavia, gli concedo. E’ adorabile.
-          State scherzando? – Appoggio la forchetta al piattino, cercando di mantenere la testa salda al collo e non avere reazioni che –agli occhi dei ragazzi- mi avrebbe fatta passare per una psicopatica cronica.
 
La Germaniaè una terra che mi ha sempre affascinato; ricca di storia, cultura e persone che il più delle volte sono sopravvalutate a causa del passato. Rinuncerei a viaggiare nell’intero universo per un solo giorno in essa, ed il pensiero che mi ci recherò in loro compagnia mi fa perdere la ragione. Il mio lavoro mi ha permesso di sfilare ovunque, conoscere molto più di quello che una donna normale scoprirebbe durante l’arco intero della sua vita e di questo vado molto fiera: mai però mi era capitato di poter essere ingaggiata per un lavoro in questo stato.
 
-         Ah, inoltre mi ha chiamato tua madre stamattina, dice di aver trovato il tuo cellulare spento. Voleva avvertirti che il tuo manager l’aveva a sua volta contattata per dirle che avrai una sfilata a Colonia il prossimo mercoledì e di farti viva con lui. – La disinvoltura a queste parole mi lascia ancor più basita.
-         Non ci posso credere. – Sdrammatizzo, non voglio correre il rischio di annebbiare questo momento con le mie paranoie inutili.
-         Non sei felice? – Mi domanda Gustav, leggermente perplesso.
-         Certo che lo sono. Datemi solo del tempo per abituarmi: ho avuto tutto quello che volevo in meno di un giorno. – Scoppio in una risatina nervosa, che tutti e cinque però accolgono caldamente.
-         A proposito, come ti senti oggi? – Interrompe Irina, ora con tono più serio.
-         E me lo chiedi? – Rispondo incredulamente.
 
So esattamente che non si riferiva a questo, bensì a che reazione avrei avuto rispetto tutte queste variazioni nel corso dei giorni: da mia migliore amica quale è, sa bene che mi è difficile distogliermi dalla normalità senza impazzire poco a poco.
 
-         Sto bene, sul serio. La ferita guarirà, così come questa voragine che ho nel petto. Gli eventi delle ultime ore hanno fatto sì che già cicatrizzasse molto. –
 
Con tono alquanto sincero, emetto queste parole che ora, al di fuori della mia mente, assumono più il valore di vera e propria sentenza.
I presenti esalano un sonoro sospiro di sollievo, me inclusa.
 

 
Eccomi a guardare grosse nuvole grigie dal più lussuoso jet su cui sia mai salita.
Sembrano quasi immensi pezzi di cotone che si sfilacciano per poi unirsi nuovamente, dando vita a questo ciclo infinito di forme e speranze.
Mi mancava poter eseguire gesti così semplici, fingendo di essere una ragazza normale con una vita normale, che faceva appunto cose normali come alzare gli occhi al cielo e fissare la nuvola più alta, per costruirci sopra le fondamenta di quel che diventerà il castello in cui vivrà. L’unica lacuna di questo astratto paradiso era il temporale: per quanto lo amassi, desideravo non ammirarlo a chilometri d’altezza.
 
-         Tra poco atterreremo a destinazione. Siete pregati di allacciare le cinture. –
Annuncia la cortesissima hostess del jet privato, mentre svogliatamente obbediamo ai comandi.
 
Al mio fianco, Tom ronfa indisturbatamente: è tenero a tal punto che non ho il coraggio di svegliarlo, così procedo ad allacciargli al suo posto la cintura.
 
Flughafen Hamburg Airport, Germania.
In men che non si dica ci ritroviamo nuovamente a terra. Non appena scesi, accarezzo incurantemente l’asfalto umido dell’aeroporto e spontaneamente le mie labbra disegnano un sorriso smagliante sul mio volto. Sono dannatamente felice.
 
Una mano mi aiuta a sollevarsi, mentre la sua gemella si posa sui miei fianchi attirandomi verso il corpo del proprietario: eravamo così vicini da comporre la stessa nuvola di vapore acqueo. Sussurro qualcosa come “non qui” ma non sono totalmente sicura che questo gesto sia passato inosservato agli occhi altrui.
 
-         Devo ancora capire in quale modo siete riusciti a far recapitare tutte le mie cose dal mio appartamento precedente al vostro. – Affermo, senza nascondere il mio stupore ai gemelli.
-         Devi sapere che ci siamo messi d’impegno tutti e quattro, oltre alla tua amica ed ovviamente ai tuoi genitori. – Risponde fiero Gustav; un gesto così adorabile che, se non fosse per la stretta di Tom, gli salterei in braccio. Ora.
-         Ed Irina ha dato inizio a tutto, ovviamente. L’idea di farti vivere con noi per un po’ è sua, sostiene che ti aiuteremo a guarire. – Replica Bill, mentre ci dirigiamo scortati verso l’enorme Lancia dai vetri oscurati che ci aspetta.
-         Son sicuro che ne escogiteranno di modi.. per farti guarire. – Sussurra maliziosamente Georg, mettendomi inconsciamente in imbarazzo.
 
La risatina altrettanto maliziosa che ne segue non mi aiuta a ricompormi.
Guardo, con occhi rapiti il panorama che si cela dietro quei vetri così scuri: un branco di rondini migra, in fila perfetta, verso un punto fisso. Le luci degli edifici scorrono in base alla velocità del veicolo, suscitando forme dai diversi colori mentre i fari stessi delle automobili si rincorrono, centimetro per centimetro su un asfalto ancora affamato di pioggia. Il cielo, tuttavia, sembra resistere ancora per un po’.
 
Giungiamo a destinazione.
Una casa che, se non conoscessi già per via di alcune foto sparse in internet, oserei definire quasi fiabesca: dallo stile barocco, come molte delle costruzioni nord-europee, ma simultaneamente contemporaneo. Esattamente come piace a me.
 
-         Non fare complimenti e fai come se fossi a casa tua. – Propone Bill, incoraggiandomi ad entrare.
 
La sua voce suona così melodiosa e squillante, un mix del tutto irresistibile che mi fa ringraziare ancor più chiunque ha permesso che tutto questo avvenisse.
 
-         Del resto lo è. – Conclude Tom, mentre i ragazzi lo aiutano a portare le mie valigie all’interno. Non appena terminano, Tom mi si avvicina con fare che non saprei etichettare in altro modo se non “pericoloso”. Indietreggio.
-         Dove scappi? Tanto il giro della casa dovrai pur farlo. E quale vista migliore se non.. – s’interrompe, prendendomi accuratamente in braccio – da un metro da terra? Dovresti ammirare molto i dettagli dei.. – intanto comincia a salire le scale, allontanandoci dai ragazzi – lampadari.. Bill si è impegnato molto affinché.. – mi porta abbastanza lontano da non dover più concludere la frase, se non con un bacio.
 
Ho il sangue al cervello. Sento persino il fracasso delle vene collocate sulle tempie.
 
-         Mi mancavi. – Annuncia, infine, a pochi centimetri dal mio collo, mentre ci ritroviamo sdraiati sul letto della stanza più profumata e luminosa che avessi mai visto in una giornata invernale.
-         Anche tu.  Ma vediamo di non farci scoprire, non ora quantomeno. –
-         Tanto lo sanno già. A Georg e Gustav non ho smesso di parlare di te neanche un attimo e Bill.. beh, come potrai immaginare, non riesco a nascondergli nulla. Non gli ho detto niente eppure ci è arrivato da solo, sostenendo che da quando ti ho vista ho “una luce diversa negli occhi”.- Replica, sorridente.
-         Ed è vero?- Cerco di non farmi incantare dai suoi occhi e rimanere vivente.
-         Beh, con te mi sento bene. E’ come se ti avessi cercato da tutta una vita, pur non sapendo di farlo. E’ come se conoscessi tutto di te, proprio perché eri ciò che sognavo di incontrare. –
-         Se ti dicessi che per me è lo stesso, non mi crederesti.- Abbasso lo sguardo.
-         E perché mai non dovrei farlo?-
-         Tom, ragiona: quante possibilità ci sono che una fan tra milioni riesca ad incontrare il suo idolo, parlarci, trascorrere del tempo con lui e addirittura starci insieme in questo modo?- Le parole mi escono automatiche.
 
Nel frattempo, il mio cervello associa questo momento a tutti quelli passati da ragazzina “fanatica” con la sola differenza che la mia vita è sempre stata incentrata sui riflettori. Non avevo una cameretta piena di poster, due genitori disposti a portarti a un concerto, un computer con cui rimanere aggiornata ed una tv su cui aspettare video musicali. Io avevo i vestiti e le passerelle, avevo le telecamere, avevo i flash ed i set fotografici: quella era la mia vita, quello era il mio lavoro.
 
-         Nel tuo caso la cerchia si restringe. Tu non sei come tutte le altre. –
-         Questo lo so, ma non ti nascondo che avrei voluto esserlo, molte volte.-
-         Non c’è niente di meglio del successo per dimenticare il prezzo che hai pagato per averlo. Questo ricordatelo. – Espone, guardandomi fissa negli occhi.
-         La conosco quella citazione.- Sorrido.
-         Hai una famiglia che ti vuole bene. Hai amici ed ora ne hai anche di nuovi, ammesso che tu riesca a sopportare la loquacità di Bill, la mancanza di tatto di Georg e i discorsi retorici con Gustav, e poi, hai me. Se lo vorrai.-
 
A queste parole sento umidificarsi gli occhi, come se lacrime represse da troppo tempo ora stessero cercando di riaffiorare. Con tutte le forze rimaste in corpo le respingo, non voglio rovinare questo momento mettendomi a piangere.
 
Attiro per il collo il viso di Tom al mio, il più vicino possibile per fare in modo che i suoi occhi riflettessero la sua anima ed i miei la mia. Fuoco nel fuoco, ghiaccio nel ghiaccio, prima di scambiarci l’ultimo bacio e tornare alla realtà.
 
-         Sarà meglio tornare dal loquace Bill, prima che la sua loquacità lo faccia parlare troppo.- Commento, scherzosa.
 
Mano nella mano ci dirigiamo verso la rampa di scale da cui siamo saliti, lasciandocela non appena i ragazzi alzano lo sguardo verso di noi.

   
 
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