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Autore: Pwhore    30/07/2012    6 recensioni
«Tu ci sei mai entrato, qui dentro?»
Scuote la testa. «Mai»
«Beh, c'è sempre una prima volta» dico, girando la maniglia e aprendo la porta.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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the hole (save me from my foolishness) «Andy! Andy, tesoro, hai visite!» mi chiama mamma dal piano di sotto, affacciandosi appena sulle scale. Le urlo che sto scendendo, m'infilo un paio di scarpe, mi sistemo velocemente i capelli e salto giù dal letto, acchiappando la borsa a tracolla e un blocco da disegno. Corro giù per la tromba delle scale due gradini per volta e atterro con un tonfo sonoro, mi alliscio i pantaloni e mi dirigo verso la sala da pranzo, dove la trovo a conversare amorevolmente con Ashley. Quasi fatica a rendersi conto della mia presenza, tanto è presa dalla loro chiacchierata, e quando la porto coi piedi per terra con un colpo di tosse lei arrossisce e cerca di nasconderlo con una risata. Si alza dalla poltrona, sorride al mio amico, che io saluto con un veloce gesto della mano, e mi si avvicina per sistemarmi il ciuffo.
«Ma dove vorrai andare così, dico io» esclama tra se e se, ma a volume abbastanza alto da potersi aspettare una risposta da Ashley. Il ragazzo si limita a ridere sotto i baffi e a farmi da sostegno morale mentre me la scrollo di dosso.
«Smettila, mamma» sbuffo, levandole le mani dai miei capelli.
«Sto bene così, non preoccuparti» aggiungo, scuotendo la testa per scompigliarmi di nuovo. Lei storce la bocca.
«Ma così sembri una femminuccia!» obietta, poi realizza cos'ha detto e si copre le labbra sgranando gli occhi.
«Oh, scusami tanto tesoro, non volevo» comincia, ma ribatto sbattendomi la porta alle spalle.
Non che mi abbia ferito veramente, ma la sua predilezione per Ashley è fin troppo imbarazzante da sostenere, soprattutto con lui nei paraggi. Voglio dire, parlarmene bene quando lui non c'è è un conto, ma riempirlo di complimenti dal vivo.. Be', anche no.
«Ehy Ash, qual è il programma di oggi?» gli domando, trotterellando al suo fianco.
E' una vera fortuna che non mi rinfacci le stranezze e le moine che gli riserva mia madre. Fossi in lui, morirei d'imbarazzo.
«Hmm, danno un nuovo film giù al cinema, non so se l'hai visto. A me non ispira particolarmente però» m'informa.
«Hai riparato la moto di tuo cugino?» mi chiede poi, illuminandosi. Scuoto la testa.
«Non so nemmeno da dove cominciare» ammetto. Si rabbuia per un secondo, poi scrolla le spalle.
«Fa niente, dai. Potremmo andare a fare un giro al bosco» propone quindi.
«Oggi c'è la cena di classe, ci staremo tutta la sera. Ora ci staranno di sicuro quelli più grandi» gli ricordo.
«Ah, è vero. Che ne dici di andare alla vecchia casa abbandonata allora?»
Ecco, finalmente una bella proposta. La vecchia casa abbandonata è una villetta a due piani costruita qualche decennio fa e fatta quasi interamente in legno, come si usava allora, e a volte i ragazzi ci vanno a passare le serate e a raccontarsi storie di paura, visto che come ambientazione è perfetta. Io e Ashley ci siamo stati migliaia di volte, ma non perde mai il suo fascino.
«Ho portato il blocco, potresti scrivere qualcosa» gli dico con un sorriso. Sorride, ma abbassa lo sguardo.
«Nah, è imbarazzante» mormora, prendendo a calci un sassolino.
«Voglio dire, mica sono così bravo. Dovresti tenerlo tutto per i tuoi disegni, piuttosto».
Eccolo che ricomincia. Scrive da dio e poi vuole che riempia il mio quaderno di scarabocchi e stronzate varie. Ovvio, no?
«Non se ne parla, deve avere anche qualcosa di tuo» insisto.
«Vedremo» mi liquida, scrollando nuovamente le spalle. Sa che così non posso più rompergli, è subdolo. Gli dò una spinta.
«Va bene, va bene, d'accordo, scrivo! - acconsente, alzando le mani. - Però ora sta buono, ho bisogno di conservare la mia spaventosa bellezza per tutte le mie ammiratrici»
«Ma quali ammiratrici, Ash?» rido.
«Touché» ribatte, e mi passa il braccio attorno al collo, strofinandomi il pugno in testa.
Mi piace quando lo fa. Mi fa sentir bene, perché è l'unico che me lo fa con amore e senza volermi far male.
«Ma vedrai che fra qualche anno ne sarò pieno, Biersack» mi dice quindi, alzando gli occhi al cielo.
«Cosa te lo fa pensare?»
«Non lo so esattamente. Diciamo che me lo sento, ecco».
Sorrido. Ashley non ha mai il morale a terra, ed è una cosa che adoro. Posso sempre star sicuro con lui.
«Una fan ce l'hai già, comunque» lo rassicuro.
«Guarda che tua madre non conta» ride.
«Ohh, che so ste discriminazioni?» ribatto, spingendolo.
«A cuccia, Andy. E' un po' troppo grande per me» dice, con la faccia di uno che c'ha anche pensato.
«Vuol dire che ti farò io da fangirl» butto lì dopo un po' con una risata, e lui mi guarda.
«Sei serio?» mi chiede.
«Massì dai, perché no? Voglio dire, che ci vuole? Basta farti un complimento ogni tanto che tu ti monti la testa, dopodiché fai tutto da solo» lo sfotto. Stavolta è lui a spingermi.
«Non si spingono le fangirl» lo punzecchio.
«Va' via, va'» si arrende, poi alza lo sguardo al cielo e fa un sospiro esasperato.
«E comunque non hai bisogno di ammiratrici» obietto.
«Perché no?»
«Perché sennò non ti servirei più a niente».
Si volta e mi guarda, aggrotta la fronte per qualche secondo poi scuote la testa.
«Vieni qua» mi ordina. Mi avvicino, lui apre le braccia e mi stringe.
«Avrò sempre bisogno di te, Andy. Sempre.»
Mi bacia la fronte e a me fa uno strano effetto. Rabbrividisco appena, ma rimango comunque spiazzato.
«Dai, andiamo ora. Abbiamo ancora mezzo chilometro da fare prima che faccia buio» mi sorride, lasciandomi libero. Annuisco e riprendo a camminare al suo fianco, in silenzio. Nessuno di noi parla, ma non è perché siamo a disagio, ma perché non abbiamo più bisogno delle parole e non c'è bisogno di aggiungere nient'altro. A me va bene così, e a lui pure.
Dopo un po' raggiungiamo la casa e il vento rompe il silenzio, facendo roteare una vecchia girandola arrugginita incastrata in un vaso più in alto, verso le finestre. Ashley si fa avanti e spinge il cancello con delicatezza, in modo da ridurre il suo cigolio fastidioso il più possibile, poi mi fa cenno di seguirlo.
Il giardino della casa è grande e un po' inselvatichito, visto che nessuno si prende la briga di curarlo da tanti, tanti anni, ma ogni tanto i ragazzi del vicinato sfoltiscono un po' l'erba e tolgono di mezzo qualche pianta per fare falò, quindi riusciamo facilmente a trovare un posto in cui sederci senza prima graffiarci tutte le gambe. Mi lascio cadere accanto al mio amico e tiro fuori due panini dalla borsa, insieme a una bottiglia d'acqua, delle penne e il mio blocchetto da disegno. Ashley prende un sandwich e ne scarta distrattamente l'involucro, cominciando a giocherellarci, poi mangia e si guarda un attimo intorno, mentre io agguanto una matita e apro il blocco alla ricerca di una pagina ancora utilizzabile.
«Sta cominciando a rannuvolarsi» commenta Ashley dopo un po', indicando il cielo.
«Ah, merda - esclamo, - non ho portato un ombrello!»
Il vento torna a farsi sentire, facendoci ondeggiare dolcemente i capelli all'indietro.
«Ma scialla, vedrai che passerà subito e non avremo neanche bisogno dell'ombrello» minimizza lui con un gesto della mano.
«Ci scommetto quel che vuoi.»

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«Fortuna che non abbiamo scommesso» lo sfotto, sistemandomi la borsa sulla testa.
«Okay, ammetto di aver toppato alla grande,» commenta, «ma ora che facciamo?»
«Non è che abbiamo molte scelte» constato.
«Tu ci sei mai entrato, qui dentro?»
Scuote la testa.
«Mai»
«Beh, c'è sempre una prima volta» dico, girando la maniglia e aprendo la porta.
«Non credo sia una buona idea» obietta lui, lanciando un'occhiata dubbiosa verso l'interno.
«Ne hai una migliore?» domando.
«Aspettiamo che spiova un po' e andiamo alla pineta» propone.
«E dove aspettiamo, Ash?»
«Qua sotto, c'è un tettuccio, no?»
«E se comincia a piovere forte? Ci bagneremo tutti»
«Potrebbe crollarci il pavimento sotto i piedi, Andy» esclama.
«Potrebbe crollarci addosso il tettuccio, Ash»
«Non è la stessa cosa, non fare il coglione» ribatte.
«Oh, andiamo, che vuoi che succeda?»
«Una marea di cose, e tutte orribili»
«Ma non fare il catastrofico e vieni, ti mostrerò che non c'è niente da temere» replico, entrando nella stanza.
«Andy, non andare avanti» mormora. Riesco a cogliere della preoccupazione nella sua voce.
«Maddai Ash, non ti preoccupare, figurati se siamo i primi a entrarci da quando è stata abbandonata!»
«E che ne sai? Rimani fuori, dài» continua.
«Cos'è, hai paura?» rido.
«Semplicemente non voglio che ti ammazzi in qualche modo»
Il suo tono di voce è un po' più duro, ma non vuole reagire alla provocazione.
Ahh, il buon vecchio Ashley, si preoccupa così tanto per me.. Forse anche più di mia madre.
«Grazie Ash, ma stavolta puoi star tranquillo, andrà tutto bene» sorrido.
«Io non mi fiderei» ribatte, guardandosi un attimo alle spalle. Non si è neanche avvicinato alla porta.
Sospiro e alzo le mani in segno di rassegnazione.
«Va bene, vuol dire che tu ti bagnerai e io no» concludo, allontanandomi un altro po'. Lo vedo esitare e guardarsi intorno, ma allo stesso tempo mi segue con gli occhi e cerca d'intravedere il pavimento nella penombra.
«Andy» mi chiama. Rispondo con un 'mhm' e lui mi prega di tornare di là.
«Andiamo Ashley, non fare la femminuccia! Ti basta già il nome, da ragazza» sbotto, seccato.
Lui smette di rispondere e incassa il colpo, abbassando gli occhi. Riesco a sentire fin da qua che c'è rimasto male.
Mi rendo conto di essere stato stronzo e lascio stare il vaso che ho adocchiato prima, tornando verso l'entrata per scusarmi.
«Ash?» mormoro, avvicinandomi un altro po'.
«Ehi bello, scusa» aggiungo, abbozzando un sorriso colpevole. Spero non mi tenga il muso.
«Andy, guarda dove metti i piedi!» esclama d'un tratto, alzando gli occhi.
«Eh?» bofonchio, corrugando le sopracciglia. Abbasso lo sguardo giusto in tempo per vedermi inciampare su un libro dalle pagine mezze sgualcite e cado di schiena, aggrappandomi con la mano alla ringhiera della scala. Mi tiro su e mi massaggio un attimo il sedere, dolorante, sotto gli occhi terrorizzati di Ashley. Non riesco a non sorridere nel vederlo così.
«Va bene, va bene, ho capito. Arrivo» mi arrendo, alzando le mani. Raccolgo il libro da terra e lo poso sul terzo gradino, poi taglio un pezzo di strada e passo dal mezzo della stanza, lanciando ogni tanto qualche occhiata ai quadri sulle pareti.
Quasi non sento il pavimento che mi cede sotto i piedi.
Questione di secondi e mi ritrovo appeso al bordo di un buco enorme, grande quanto basta per inghiottirmi e permettermi di entrarci tutto senza sforzi. C'è un odore asfissiante di polvere e muffa e sento i calcinacci cadere quando sposto le dita.
Non riesco a vederlo da questa posizione, ma so che Ashley è ancora più spaventato di me. Probabilmente è cadaverico.
Guardo un attimo di sotto e riesco a scorgere un guizzo veloce nell'oscurità.
«Ratti» sussurro, cercando di vederne altri. Non so perché, ma mi attirano terribilmente in questo frangente.
Sento Ash che mi chiama e mi urla qualcosa, ma non riesco a sentirlo. O meglio, l'ho sentito, ma mi sono dimenticato quello che mi ha appena detto. C'è il vuoto nella mia testa, è così assurdo che mi viene da ridere. Così rido. Rido, rido e rido ancora.
Scommetto che Ashley mi sta prendendo per pazzo, ma è così difficile non ridere.
Voglio dire, guarda in che situazione mi sono cacciato, mi ricordo il titolo del libro di matematica di quinta ma non quello che mi ha appena urlato a pieni polmoni il mio migliore amico. E si tratta di secondi, mica ore! Dio, quanto sono coglione.
Mi tiro un po' su, cominciano a sudarmi le mani.
Me ne scivola una e sento una fitta lancinante alla spalla, così sono costretto a tornare alla realtà.
Sgrano gli occhi, mi guardo attorno, guardo sotto di me. Guardo il muro, i quadri, l'entrata. Guardo Ashley.
Ashley?
Improvvisamente non è più lì.
Ehi Ash, dove sei finito?
Ash?
Ehi?
Amico?
Non sono sicuro di averlo chiamato. A pensarci bene, non sono nemmeno sicuro che ci sia mai stato.
Cerco di tirarmi su, ma una mano continua a slittarmi verso il baratro e la spalla mi fa male. Se solo ci fosse un appiglio per i piedi potrei spingermi verso l'alto e uscire facilmente; ma nelle braccia non ho quasi forza. O meglio, ce l'ho, ce l'ho eccome, ma non abbastanza da sollevare il mio corpo intero.
Avrei dovuto fare più ginnastica, in effetti.
Scorgo un altro guizzo, stavolta più vicino, e sobbalzo. Non mi piacciono i topi. Non così vicini.
Provo un'altra volta a tirarmi su e mi sembra di guadagnare un centimetro buono. Bene. E' pur sempre un inizio.
Sento qualcosa che mi sfiora e urlo. Urlo con tutte le mie forze. Urlo, urlo, urlo.
«Statti un attimo zitto!» mi ammonisce una voce. Alzo lo sguardo.
E' Ashley.
Mi ha preso la spalla sana. Credo stia cercando di tirarmi su, ma è evidente che peso troppo per il suo corpicino scheletrico.
Mi spingo anch'io e lui chiude le dita attorno a un mobile lì accanto per darsi più forza.
Vorrei lasciare il bordo e aggrapparmi solamente a lui, ma ho paura che così facendo trascinerei pure lui nel buco, così rimango attaccato al pavimento e mi limito a spingere il più possibile. Se riuscissi a mettere i gomiti sul parquet la maggior parte del lavoro sarebbe fatto, ma non so se ci possa riuscire. Dopotutto, lui ha pochi muscoli più di me.
Mi chiama di nuovo e io lo guardo. Mi dice di lasciare il bordo, ma così sprofonderemmo entrambi e saremmo fritti.
Scuoto forte la testa e lo sento respirare sonoramente per lo sforzo.
Mi dice ti prego, è l'unica soluzione possibile. Dico okay, e mi aggrappo al suo braccio.
Geme per il mio peso, ma tra me e lui riusciamo a tirarmi su un altro po' e finalmente trovo un appoggio decente.
Con uno scatto del bacino tiro fuori i gomiti dal buco, e da lì il petto e le gambe.
Sono fuori.
Sono fuori.
Sono finalmente fuori.
Mi lascio cadere completamente addosso ad Ashley, che si alza in piedi e mi porta in giardino.
Siamo sdraiati sull'erba, ora.
E' bagnata, sento l'umidità passarmi attraverso i vestiti e impregnarmi le ossa, e in un certo senso ne sono felice.
Strizzo gli occhi e una gocciolina di pioggia mi cade sul naso per poi corrermi fino al collo, placidamente.
Mi giro verso Ashley e lo guardo rilassarsi, in silenzio.
E' riverso sulla schiena e ha gli occhi chiusi, quindi non può vedermi senza che lo sappia anche io.
Il suo respiro è irregolare ma si sta stabilizzando, per fortuna. Trema ancora, e un brivido di paura mi accappona la pelle.
Mi avvicino al suo corpo gracile e lo stringo il più forte possibile, fino a farmi male. Contraccambia la stretta dopo un attimo d'esitazione e il nostro terrore si fonde, scomparendo però quando sentiamo ognuno il battito cardiaco dell'altro.
Il suo cuore batte così veloce, così veloce. Forse batte anche il mio.
Mi prende il viso tra le mani, grandi e calde, e mi guarda, gli occhi appannati dalle lacrime.
Mi sento un groppo alla gola e cerco di mandarlo giù, ma la vista del suo volto mi destabilizza completamente.
Si morde un labbro, esita, mi guarda ancora con quella sua aria terrorizzata e addolorata.
Si sporge in avanti, mi bacia.
Le sue labbra bruciano contro le mie, ma hanno un sapore tutto loro, così buono e piacevole che mi lasciano di stucco.
Lo sento piangere, si stacca da me, mi affonda la faccia nel petto e mi stringe. Mi stringe e piange.
«Non lo fare mai più... Non.. non mi lasciare... Non mi lasciare m-mai...»
Singhiozza contro la mia spalla e trema. Dio, come trema. Non voglio che tremi. Voglio che sorrida.
Lo abbraccio il più forte possibile, gli accarezzo la schiena e gli passo una mano tra i capelli.
Sorridi.
Sorridi.
Dio, Ashley, sorridi.
E invece no, piange. Piange e trema, e i suoi battiti aumentano di velocità. Mi viene quasi da piangere, così lo bacio.
Lo stacco da me, gli prendo la faccia tra le mani con decisione e lo bacio. Ma un bacio vero, con la lingua, non uno timido e azzardato come il suo. Lo bacio fino a rubargli tutta l'aria, e lui smette di tremare.
Gli batte forte il cuore, ma non trema.
Tolgo le mie labbra dalle sue, lascio che le nostre fronti rimangano attaccate e lo guardo.
E' spaesato, disorientato, ma sembra felice. Bene. Io lo voglio felice. L'Ashley che conosco io è sempre felice.
«A-andy» mormora. Abbassa lo sguardo, lo rialza e lo riabbassa.
«I-io.. ecco..» prende un respiro profondo e raduna le forze. So cosa vuole dirmi ma non voglio intromettermi.
«Sono felice che tu sia vivo» sussurra infine, deglutendo e distogliendo gli occhi.
Non ce l'ha fatta fino in fondo, ma va bene lo stesso. Quello che dovevo sapere me l'ha detto il suo sguardo.
«Mi piaci anche tu, Ashley» sorrido. Sussulta. Si volta di scatto, sgrana gli occhi e mi guarda. Ma io continuo a sorridere.
«N-no, ecco, io..» riprende, arrossendo.
E' carino quando arrossisce. Significa che gl'importa parecchio.
«Oh, al diavolo» sbotta dopo un po', increspando le labbra. Sorride sotto i baffi, mi guarda ed è felice.
«Ti amo, Andy»
Non so, anche se me lo aspettavo mi ha comunque preso di sorpresa.
Sorrido, m'inumidisco le labbra e respiro profondamente.
«Avrei dovuto darti retta» ammetto, guardando la casa con la coda dell'occhio.
«Avrei dovuto essere meno femminuccia» ribatte lui, ridendo con il viso.
«Sei bello quando ridi» sorrido. Mi vien voglia di ridere nel vederlo arrossire di nuovo, così lo faccio. 
E' bello essere vivi. Non sarei stato contento, là sotto. Probabilmente cadendo mi sarei spaccato la schiena, per essere ottimisti, o rotto il cranio, se vogliamo essere realisti oltre che pessimisti. Ma penso che il peggio sarebbe stato rimanere paralizzati: allora sì che sarei stato triste di essere sopravvissuto alla caduta. Molto più che depresso, credo. Dev'essere una brutta vita.
«Grazie per avermi salvato». Lo dico con voce soffice e sorridendo. Ashley si volta e scrolla le spalle.
«Se fossi morto, sarei morto con te» ribatte.
Mi fa piacere sentirglielo dire. Significa che gl'importa. A me importa.
Gli sorrido di nuovo e lui fa lo stesso. Rimaniamo a guardarci per quello che a me sembra un sacco di tempo, poi il mio cellulare squilla e me lo tolgo di tasca. E' mia madre. Mi alzo, porto il cellulare all'orecchio e rispondo.
«Andy?» gracchia. Non mi piace la sua voce al telefono. E' troppo diversa, acuta. Non è la sua.
«Sì?» rispondo.
«Come va? Vi state divertendo?»
Guardo la casa, lo squarcio nel pavimento, poi Ashley che si tortura le labbra.
«Aha» annuisco.
«Ahh, mi fa piacere - la sento sorridere e sorrido anch'io. - Senti, mi hanno appena detto che la cena di classe è stata annullata, quindi vedete un po' voi cosa volete fare. Io devo comunque uscire e sarò di ritorno verso l'una, se tutto va bene. In ogni caso, la cena è in frigo e bho, niente, se vuoi invita pure Ashley a dormire, lo spazio e il letto ce li hai. Vedete un po' voi»
«D'accordo ma'. Grazie»
«Prego e buona serata»
«Buon lavoro, ma'»
Riattacco e m'infilo il cellulare in tasca, soprappensiero. Ash è seduto a gambe incrociate davanti a me e sta giocherellando con un filo d'erba, quindi rimango in piedi finché non mi nota e si concentra sul mio viso.
«Che dice?» chiede, aggrottando le sopracciglia.
Scrollo le spalle, mi siedo sulle sue ginocchia e mi appoggio al suo petto.
«Che la nostra prima sera da fidanzati la passiamo a casa da soli»
Okay, lo ammetto, mi sono messo qui per vedere la sua reazione, e ne sono più che soddisfatto.
Ha sussultato ed è impallidito, sono certo che ha subito pensato al peggio. Ahh, la gioventù d'oggi, così perversa e così precoce.
Mi viene da ridere ma mi trattengo. Non sarebbe carino nei suoi confronti, soprattutto perché ha cercato di nasconderlo.
«Ash?»
«Sì?» risponde.
«Non ho alcuna intenzione di scoparti stasera, non ti preoccupare». Rido, ma ha sussultato di nuovo. Povero ragazzo.
Ha capito che rido per le sue reazioni e arrossisce, finendo col ridere pure lui.
Mi sporgo in avanti e lo bacio mentre ride. E' più allegro, così. Credo volesse sobbalzare in primo momento, ma se l'è impedito. Mi sa che lo sto riempiendo di paranoie, poveraccio. Sorrido e lo bacio di nuovo, accarezzandogli la guancia.
Si dice che ciò che non uccide rafforza, e con Ash al mio fianco mi sento più che forte.
Chi lo sa, forse lo sono davvero. Non saprei. Quello che è sicuro è che devo ringraziare la mia assoluta mancanza di razionalità e di senno: se non fosse per lei, sarei fradicio e single. E soprattutto non avrei capito una mazza dei miei sentimenti.
Tutto sommato, mi pare che le cose positive battano il bilancio di quelle negative, quindi posso essere tranquillamente felice.
Mi stacco da Ashley e lo guardo negli occhi.
Sì, posso essere felice.
D'altronde, il ragazzo più bello del mondo è mio.



Nota dell'autrice: Storia smielata e assurda quanto vi pare, sono d'accordo, ma vorrei chiarire una cosa.
Quando Andy cade e rimane appeso al bordo del pavimento, la sua reazione da pazzo squinternato non è messa lì tanto per. Quando è successo a me, mi sono comportata nello stesso modo e non riuscivo a smettere di ridere. Avrei potuto morire in quello stesso momento, ma non riuscivo proprio a smettere di ridere. Quindi sì, può sembrare un modo di reagire assurdo e surreale, ma succede. La mente umana è strana owò
   
 
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