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Autore: Lucy_lionheart    30/07/2012    2 recensioni
1.Di tutte le cose che si era aspettato per San Valentino, un regalo da parte di Gilbert era veramente, veramente, l’ultima.
Raccolta di one-shot su generi, temi e nelle versioni più svariate, AU! e non, yaoi, etero e yuri.
Tutto ciò che accomuna queste piccole storie, pezzetti disordinati di vita, sono i loro protagonisti: Toris Laurinaitis e Gilbert Beilschmidt.
Spero vi piaccia la PruLiet, perché queste storie sono tutte per loro. ♥
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Lituania/Toris Lorinaitis, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avvertimenti: AU!, Song!Fic,  Richiesta.
Raiting: Giallo/Arancione
Personaggi: Toris Laurinaitis, Gilbert Beilschmidt, Feliks Łukasiewicz, Radu Haltricht ( AU!Romania) + Au!Nordici.




7. Rockstar!
.







“ To: Toris
Text:  Usciamo, stasera?  ;) “

“ To: Gilbert.
Text:  Mi spiace, Gilbert, non posso. Ho un impegno! Ti chiamo dopo. “



Un veloce scambio di messaggi, uno digitato davanti ad una noiosa telenovela e l’altro sotto il banco dell’università.
 Gilbert storse le labbra in una smorfia, buttando il cellulare lontano da lui; non aveva voglia di sentirlo, non dopo che il lituano gli aveva tirato l’ennesimo bidone!
“ E’ la stessa storia di ogni sabato.”
Pensò, dando un morso secco alla patatina che teneva tra le labbra. Gilbert e Toris si conoscevano da quando erano bambini, ma aveva iniziato a considerarsi in modo ben diverso da circa cinque mesi, periodo nella quale il tedesco aveva prima corteggiato e poi direttamente sedotto l’altro.  
In tutti quei giorni, però, non gli era mai stato concesso un solo sabato sera: dalle otto e mezzo all’una di notte il lituano era irreperibile, così come il martedì, nell’orario 16:30-18:15 e, alle volte, pure il giovedì, sempre nella precedente fascia.
Per quei due orari pomeridiani Toris si giustificava dicendo che o studiava o stava dando ripetizioni a qualche ragazzo del liceo, ma il sabato sera restava avvolto nel mistero e Gilbert non poteva farci nulla per il semplice motivo che loro due non erano fidanzati.
“Uscivano” e avrebbero continuato così finché uno dei due non avrebbe fatto la fantomatica proposta. Fino al momento in cui Toris non avrebbe battuto la sua insicurezza e Gilbert il suo orgoglio da uomo “che non deve chiedere nulla”  la loro relazione sarebbe rimasta in un chiaro-scuro che permetteva a Toris di sparire non solo per quattro o cinque ore, ma anche per il resto dei giorni a seguire –questo se il lituano fosse stato in grado di farlo, s’intende.
Capiamoci bene, anche Gilbert avrebbe potuto tranquillamente prendere e uscire senza dire nulla… se solo avesse avuto qualcuno con cui farlo. Antonio il sabato –e il resto dei giorni- era installato dentro casa del suo ormai storico ragazzo, l’italiano con l’insulto facile, e Francis, invece, vedeva bene di passare quel giorno assieme a colei o colui che avrebbe poi occupato l’altro posto del suo  letto a due piazze.
Al decimo borbottio, lasciato uscir fuori insieme ad un adorabile vocalizzo creato dalla lattina di birra appena svuotata, il cordless suonò.  Gli occhi rossi vorticarono: non era il numero di Toris.
Seppur tentato di lasciar perdere, la mano libera dalla sopracitata lattina afferrò il telefono, portandoselo all’orecchio; la voce che sentì fu una delle ultime che avrebbe voluto udire.

« Toris? »
« No, biondina, sono Gilbert. Sai com’è, è il numero di casa mia. »

Rispose acidamente; cosa volesse Feliks –alias “la biondina”- da Toris non gli interessava. O forse sì.

« Ma come! Non è nemmeno qui!? »
« No, non c’è. »
« Pensavo che avesse il telefono spento perché era impegnato a far roba con te. »
« E secondo te io avrei risposto? »

La prospettiva di una mancata serata di divertimenti fece ancor più ribollire il sangue tedesco; ma, sfortunatamente, Feliks non aveva finito.

« Allora dev’essere già al Blue. »

Gilbert scattò seduto: dov’è che era, Toris?!

« Il locale in periferia?! »

Il silenzio di Feliks dall’altra parte della cornetta fu interrotto da un paio di “Emh”. Oh, a quanto pareva aveva detto qualcosa che non doveva.

« Ma che ne so! Chi ti ha chiesto niente! Cioè, non t’interessa! »
« Ci siamo fregati, eh?  »
« Io non ho detto niente! Sai che c’è, in qualunque posto sia, spero che ti stia mettendo delle corna grandi come quelle di un alce! »
« Ma fottiti, Barbie! »
« Fottiti tu, Candeggin- »

Gilbert spense la chiamata prima che Feliks potesse concludere l’insulto, con un sorriso dipinto sulle labbra.
“Le corna come quelle di un alce”, eh?
Se così fosse stato, quella sera Gilbert l’avrebbe scoperto.









                                                                                                *

Un solo occhio rosseggiante esaminò il volto di Toris; l’altro era coperto da un ciuffo biondo che venne rimosso con un semplice sbuffo. Il sorriso di Radu si allargò di due centimetri, mostrando dei canini stranamente appuntiti, pronti a mordere .

« Avanti, Toris, non fare il timido. »
« Radu, no… Ho detto che non voglio! »
« Ma non c’è nulla di cui vergognarsi, è una cosa naturale! Lo fanno tutti, no? »
« Allontanati, per favore… »

Un lungo sospiro uscì dalle labbra del lituano, rosso in viso.

« … E molla quella lima! Ti ho già ripetuto che non voglio modellarmi i canini! »

Il rumeno sbuffò, visibilmente contrariato, posando l’oggetto da manicure sul tavolo del camerino.

« Ti dico che renderebbe l’immagine degli Iron Wolves ancora più figa! Sai quante ragazze ci morirebbero! Ma no, non collaborate! Né tu, né gli altri! »
« Radu, se non vogliamo, non vogliamo. »

Disse un altro ciuffo biondo con aria distaccata, mentre premeva le dita su un  basso elettrico dal colore della notte. Il rumeno gli si avvicinò, passandogli un braccio sulle spalle e ottenendo, in tutta risposta, una raggelante occhiata color indaco.

« E io che speravo in te e nel tuo sangue norvegese da Black Metal, Andreas.  »
« Caschi male. »
« Uffa. E l’altro nordico metallaro che dice? »

“L’altro nordico metallaro” era un terzo biondo, il più basso nella stanza, con grandi occhi viola, le guance un po’ arrossate che risaltavano sulla pelle chiara e due bacchette tenete strette nella mano sinistra; alla domanda rise piano, per poi scuotere la testa.

« No, no, non li voglio. E poi sono il tuo segno di riconoscimento, ormai, Radu! »
« Mhn. A questo non avevo pensato! Forse hai ragione. »

Occhi viola tirò un mezzo sospiro di sollievo e ricambiò lo sguardo riconoscente di Toris, che ora lo affiancava.

« Pensavo, » iniziò « certo che Berwald  è stato gentile a chiamarci per questa sera! Altrimenti non avremmo avuto dove andare! »
« Se, se,  gentile! ». Rise, Radu.  « Gli riempiamo il locale fino all’orlo! E poi fin quando ci sarai tu, Tino, lui sarà sempre gentile. A proposito, vedi di sbattere un po’ di più quegli occhioni viola quando gli passi vicino, sia mai che ci paghi anche più del previsto! »
« E-Eh!? Ma io non c’entro nulla, non facciamo storie strane! »
« Radu, smettila di prendere in giro Tino. »

Toris lo rimproverò con lo stesso tono di voce che avrebbe potuto avere una madre; peccato che Radu fosse solo il suo compagno di banco alla facoltà di psicologia, nonché la persona grazie alla quale ora era dentro il camerino di uno dei locali più affollati di tutta Berlino.
A venire in soccorso del lituano fu immediatamente Andreas, che, facendosi notare da tutti, alzò il dito  verso l’orologio da muro.

« Manca poco. Dobbiamo cambiarci. »
« Giusto, i costumi!». Radu saltò in piedi, nuovamente carico d’energia. « Non vi siete dimenticati nulla, vero? »
« No, nulla. »

Rispose Toris, che prima di partire aveva controllato almeno una decina di volte il contenuto della sacca. Il rumeno lo raggiunse in pochi passi, girandogli le spalle e spingendolo verso il suo sacco così velocemente che Toris barcollò e si salvò dal pavimento solo per miracolo.  
Che ci si poteva fare, Radu era un tipo impulsivo; sotto questo aspetto somigliava un po’ a Gilbert.  Già, Gilbert…

« … vedrai! »
« E-Eh? Scusa, ero sovrappensiero, puoi ripetere? »
« Dicevo: vestito in quel modo farai morire un mucchio di lupacchiotte, stasera! »
« Ma quale morire e morire…! »

Borbottò, aprendo la sua sacca da ginnastica e concedendosi uno sguardo al cellulare, che avrebbe nuovamente spento, dopo: zero chiamate, quattordici minuti all’inizio. Trattenne a malapena un sospiro; pazienza.

« Ragazzi, dobbiamo muoverci…!  Tra poco siamo fuori! »









« Tra poco sono dentro. »

Gilbert ghignò, lanciando un ultimo sguardo al buttafuori, un biondo con i capelli sparati e l’aria da finto tonto che ora gli dava le spalle.
 Arrivato davanti al locale, un altro tipo –un nanetto con i capelli bianchi- gli aveva chiesto nome e cognome, che ovviamente non comparivano in nessuna lista; fingere di essere qualcun altro ( “Aaha! Scherzavo! Dai, come fai a non riconoscermi, vengo tutti i sabato!”) non aveva fatto altro che peggiorare le cose quanto bastava per venir preso per il cappuccio della felpa e lanciato via dal sopracitato gigante.
Per questo adesso si trovava nel vicolo al lato del locale, nascosto tra un sacco dell’immondizia e la porta del retro.
Tre, due, uno… via!
L’albino scattò, le mani girarono il pomello e Gilbert richiuse la porta dietro di sé. Era dentro!
Un paio di ragazze uscite dai bagni, proprio accanto a lui, lo guardarono stranite, mentre gongolava per la magnifica riuscita del suo “piano”.

« Ma si è infiltrato? »
« Dev’essere proprio un fan… »
« Beh, sono una fan anch’io, ma ho pagato il biglietto e pure il backstage! »
« Avanti, Cla, se non li avessi trovati non lo avresti fatto pure tu! E poi vai a sapere, magari è un discografico.. »
« Dici? »
« Può essere… insomma, i discografici sono tipi strani. Suvvia, non vorrai mica cacciarlo e rischiare di vedere i suoi occhi blu farsi tristi! »

Chiunque in Germania poteva avere gli occhi blu –pure quelli del buttafuori  erano così-, ma bastarono quelle due paroline a far scattare Gilbert. Aveva origliato ed era furbo abbastanza per sapere come agire.

« Signorine. » Le interruppe, usando il tono più affascinante che sapeva fare. « Vi va di mantenere un segreto? ♥ »

Le due si lanciarono uno sguardo e annuirono, curiose. Gilbert ghignò.

« Sono uno dei discografici che lavora per la nuova Casa… è un po’ fuori Berlino. »
« E come si chiama? »
« … “Prachtvolle”. »
« Mai sentita. »

Commentò la tipa a sinistra, in tutta franchezza. Gilbert le sorrise con fare da donnaiolo e continuò nella sua recita.

« Oh, ne sentirai presto parlare, dolcezza. Mi hanno detto che qui c’è qualcosa che mi potrebbe interessare.»

Quella alla sua destra brillò.

« E’ venuto a sentire gli Iron Wolves?! »
« … Può darsi. Ditemi un po’, siete delle fan? »
« Eccome! Li seguiamo dal primo concerto, cinque mesi fa! »

Cinque mesi fa. Esattamente quando Toris gli aveva negato il primo sabato sera.

« Potete dirmi di loro? Sono bravi? »
« Cavolo se lo sono! Ogni sabato hanno un ingaggio! »
« Non capisco perché non siano ancora sotto contratto! »
« Sì! La mia amica ha ragione, ancora niente contratti. Ma se lo meritano! Siamo tutte qui per vederli! »
« Sinceramente, noi siamo qui soprattutto per il cantante…! Ha presente Jared Leto? Stessa voce! »
« Vero, vero. Infatti fanno sempre qualche cover dei 30 Seconds to Mars! »

Uno strano dubbio iniziò a far formicolare nel cervello di Gilbert: che fosse…
Nah. Lui era troppo timido per certe cose…! All’inizio parlava appena, figuriamoci se…
I suoi pensieri vennero interrotti da un boato: l’intera sala, distante loro un corridoio, aveva urlato, coprendo quasi l’attacco di una chitarra elettrica, ma non quello di una voce.


«“ What if I wanted to break?
Laugh it all off in your face.
What would you do…?
What if I fell to the floor?
Couldn’t take all this anymore?
What would you do, do, do?” »

« Oddio, hanno iniziato! »

Urlò una delle ragazze con la quale aveva parlato finora, prima di scappare via insieme alla sua amica.

« Si sbrighi o se li perderà! »

Spinto da quelle parole, dalla curiosità, dalla strana sensazione che aveva e, soprattutto, da quella voce che per quanto simile a quella di un famosissimo cantante, gli sembrava molto familiare, pure Gilbert scattò, entrando nella sala proprio mentre la batteria caricava sul rullante e dava l’attacco del ritornello.

« “Come! Break me down!
Bury me, Bury me,
I’m finished with you!” »

Era lì: Toris era lì.
Stava in mezzo al palco, col microfono stretto tra le due mani guantate e il vestito elegantemente di nero e bianco –vesti che avevano, con qualche differenza, anche il chitarrista, il bassista e il batterista- , proprio come i 30 Seconds To Mars  nel video della canzone che cantava alla perfezione.
L’aveva osservato mentre studiava con decisione la psicologia e divorava le pagine di libri che lui avrebbe messo anni a leggere in un solo giorno. Ma la passione che ora, mentre cantava, lo illuminava, gliel’aveva vista in volto sono mentre facevano l’amore.
… E a quanto pare non era l’unico ad apprezzare la cosa.

« Vilkaaaaaaas! ♥ »

Le ragazze che aveva accanto gli ruppero quasi un timpano; “Vilkas”? “Lupo” in… lituano! Abbastanza ovvio di chi fosse lo pseudonimo.
Provò più di una punta di gelosia per quella folla quasi interamente femminile che si accalcava e tendeva le mani verso il suo –aspetta, era un possessivo?- Toris, e desiderò staccargli la bocca tutte le volte che la usò per sorridere loro, dalle prime file alle ultime. Poi da quelle labbra uscì nuovamente la sua voce e Gilbert fu zittito dall’accartocciarsi del suo stomaco, alla quale portò una mano.
Che… che roba era quella!? Era decisamente poco magnifico!

«“ What if I wanted to fight?
Beg for the rest of my life?
What would you do?

You said you wanted more,
What are you waiting for,
I’m not running from you! “»

Fu strano come quegli ultimi tre versi prima del successivo ritornello e la piega afflitta che prese il volto di Toris (una cosa totalmente spontanea che provocò svariati gridolini e l’azarsi di più macchine fotografiche) si conficcarono come una freccia nel cuore del tedesco.
Forse era solo l’ennesima pillola dell’egocentrismo tedesco, ma gli paré bene di capire che lo “You” in questione era lui, che, nonostante si facesse vivo ogni giorno e gli avesse dichiarato sia verbalmente che fisicamente i suoi sentimenti per lui, ancora non aveva chiesto nulla.
Sì, c’era proprio da domandarsi che stesse aspettando a farlo, effettivamente.
Toris staccò il microfono, corse fino al limite del palco, piegò la schiena come in un inchino e continuò a cantare, portandosi una mano al cuore e lasciando fare le fan, che cercavano di afferrarlo. In certi casi Radu gli aveva consigliato di prendere una di quelle mani e tirare sul palco la propietaria, ma il lituano aveva sempre lasciato tale compito a lui, che impersonava bene il ruolo del “bello e pericoloso”.
Poi c’era Andreas, quello cupo come le note del suo basso e misterioso, e Tino, dolce e allo stesso tempo forte, caratteristica che era ben evidenziata dal suo colpire deciso alla batteria.
Invece per le ragazze che cercavano di catturarlo ogni qualvolta si avviciniva, chiamatesi “lupacchiotte”, il moro era l’incarnazione di un cavaliere moderno, del gentleman- per questo erano impazzite al vederlo vestito di quell’eleganza retrò.
Cantò forse il pezzo più amato di tutta “The Kill” con la stessa passione che trasmetteva l’originale e l’urlo finale, lanciato a occhi chiusi e mentre quasi s’inginocchiava, lasciò tutti senza fiato.
Gilbert compreso.
Diciamocelo: non era solo che quella folla di adolescenti era nel periodo degli ormoni alle stelle… Era proprio Toris che, con quel fare da dominatore gentile del palcoscenico, si faceva desiderare a controllare –o anche farsi sottomettere, nel migliore dei casi- in ben’altri luoghi.
Ecco le ultime strofe, accompagnate dal più totale dei silenzi: Toris le recitò mentre metteva di nuovo il microfono sull’asta nera, facendo scivolare le mani dolcemente attorno ad essa e dando la parvenza di star abbracciando dolcemente  e malinconicamente qualcuno, sentimenti suggeriti anche dallo sguardo basso, sulla destra.
Sotto di lui una linea di chitarra e null’altro.

« “ What if  I wanted to break?
What if I, What if I…
Bury me, Bury me...“
»


La musica si fermò, il pubblico esplose; Gilbert esplose.  Nemmeno si rese conto di aver lanciato un urlo e alzato le mani insieme a tutti gli altri!
Toris, invece, si limitò a sorridere con quella dolcezza che lo faceva morire e dire un “Grazie” con la voce che usava tutti i giorni.
Il concerto continuò per altre due ore, in cui gli Iron Wolves eseguirono sia cover, sia originali e Toris fu capace di trasmettere svariate sensazioni a Gilbert: l’euforia, mentre correva per il palco in “Closer to the Edge” con un gran sorriso stampato in faccia; provocazione nel sentirlo pronunciare, cercando di non pensare al significato, molto probabilmente, certe strofe di “Welcome to the Jungle”.
Gelosia di nuovo, quando, in “ A little less conversation”, posseduto momentaneamente da Elvis Presley, si tolse la giacca dalla lunga coda di rondine e la lanciò al suo pubblico- la realtà era che tutto quel muoversi gli aveva fatto venire un caldo bestiale, ma Gilbert che ne sapeva?
Poi, negli ultimi minuti precedenti l’una, ora in cui il locale chiudeva, ci fu una cosa “condotta” dal chitarrista e che chiamò “L’angolo delle domande”.

« E allora! Questa settimana la domanda sorteggiata verrà posta, come sapete, al nostro Vilkas! Contente?»

Il come veniva ignorata la parte maschile del pubblico fece intendere a Gilbert parecchie cose.
Vide Toris sorridere al sollevarsi delle grida d’approvazione.
Drakul, questo era il nome usato dal ragazzo alla chitarra, tutto allegro, volse il cartellino che gli era stato consegnato poco prima e lesse, impossessandosi del microfono di Toris.

« “ C’è qualcuno a cui dedicheresti una canzone d’amore? Parlacene! E-“, aspetta, ma sono due domande! Oh, vabeh, lascerò correre… dicevo: “E se sì, quale?”.
Vilkas, dicci un po’! »

Il rossore che si espanse sulle guance di Vilkas-barra-Toris fu già una risposta. Ma Gilbert voleva sentire il resto.

« Beh… Sì, c’è. »

“Crepate, groupies.”
Si disse, il tedesco, un sorriso enorme come trofeo di vittoria.

« Anche se… Se non è tutto ufficiale, ecco.»

“ … Crepa, me stesso.”
Fu l’ovvio pensiero successivo partorito da quella testolina bianca e punzecchiando dalle tipe vicino a lui che si chiedevano chi fosse tanto stupido da farlo tormentare così.
Toris continuò:

« Però una canzone c’è. »

Detto ciò si allontanò dal microfono, sparendo nelle quinte e riapparendo con in mano una scatolina che fece saltare il cuore di Gilbert: l’albino non l’aveva mai visto cantare, era vero, ma da piccolo l’aveva preso in giro milioni di volte, quando scivolava in bicicletta per le strade insieme a quella stessa custodia.
 Uno strumento da femmine, il violino!
La voglia di deriderlo era salita tanto da decidere di spiarlo durante una lezione, un giorno, ridendo sguaiatamente degli errori che sicuramente avrebbe fatto; ma il piccolo Toris, in quell’occasione, lo ammutolì.
Non era un difficile e intricato brano classico come quelli che era solito procurare l’intransigente maestro di musica, bensì una canzone moderna, famosa, dove il violino sostituitva la linea melodica principale.
La stessa che stava suonando in quel momento e che, dopo il secondo ritornello, fece unire il pubblico in una sola voce.


“Lying close to you, feeling your heart beating,
And I'm wondering what you're dreaming,
Wondering if it's me you're seeing,
Then I kiss your eyes
And thank God we're together,
I just want to stay with you in this moment forever,
Forever and ever,
 
Don't want to close my eyes,
I don't want to fall asleep,
Cause I'd miss you baby,
And I don't want to miss a thing,
Cause even when I dream of you
The sweetest dream will never do,
I'd still miss you baby
And I don't want to miss a thing! “


Nessuno si  cimentò negli urli finali di Steven Tyler e Toris smise di suonare, beccandosi  gli applausi che, maledizione, meritava dal primo all’ultimo battere di mani.
Poi quattro si misero in fila, si presentarono una seconda volta, ringraziarono il pubblico urlando e le luci del palco si spensero.








« Siamo. Stati. FIGHISSIMI! »

Radu urlò, arrivato nei camerini, togliendosi la giacca e sventolandola in segno di vittoria; Toris e Tino, dietro di lui, ridevano e pure Andreas, solitamente sempre serio, aveva stampato in faccia un sorriso soddisfatto.

« Abbiamo spaccato! »
« Oh, cazzo se abbiamo spaccato, Tino! Stasera con quella batteria sembravi un leone! “Leijona”, appunto! E tu, Golem! Le ragazze ti urlavano dall’ultima fila! … Ma tu! Tu! »

L’indice, che ancora stringeva il plettro, si puntò versu Toris, che intanto aveva versato per tutti e quattro un bicchiere di cola (dovevano guidare, nessuno avrebbe toccato un goccio!)

« Boom! Ho sentito un mucchio di ovaie che esplodevano, quando hai suonato il violino!»
« E-E falla finita con certi commenti, Radu!»

Fece, arrossendo, Toris, sia per l’esagerazione, sia perché, effettivamente, la persona per la quale aveva suonato non aveva nessun paio di ovaie da far saltare in aria. E poi non era lì.
Quando avrebbe trovato il coraggio di dirgli di tutto quello? Mai, se gli proponevano di cantare la canzone che gli aveva dedicato da anche più di cinque mesi.
… Restava però il fatto che morisse dalla voglia di vederlo dopo ogni sacrosanto concerto.

« Siamo stati fenomenali, è vero. Ma adesso andiamo a casa, per favore? Sono stanco morto! »
« E tu pensi di uscire da qui facilmente? Io, Tino e Andreas ce la possiamo fare, ma tu… »
« Come sarebbe a dire, Radu? Cos’ho che non va…! »
« Niente, per l’appunto. Preparati a subire l’orda delle lupacchiotte pronte e dare il “crack” ala tua relazione non ufficiale.»

Toris lanciò uno sguardo sconfortato al rumeno e balbetto un qualcosa; fu allora che Tino, con un sorriso gentile e speranzoso, gli mise la mano sulla spalla.

« Non ti preoccupare, Toris!.» Iniziò, contento. «Berwald ha fatto mettere delle transenne tra noi e le fan! Non sono tanto alte, ma pazienza!»
« … G-Grazie, Tino.»

Cercò di usare un tono riconoscente, seppur la risposta non lo rincuorasse molto. Ma dovevano uscire, in un modo o nell’altro!
A farsi strada per primo fu Radu, seguito da Tino, Andreas e infine da Toris, che neanche dopo due passi si ritrovò davanti agli occhi più fogli e macchine fotografiche.

« Vilkas! Vilkas, una foto!! »
« L’autografo! »
« Lo puoi dedicare “a Flavie”? »
« Non ho il foglio, ma scrivi qui, sulla maglietta! »

Allarmato, stava per dire a quest’ultima che non c’era affatto bisogno che se la togliesse, ma una seconda voce lo sorprese:

« Hanno scavalcato la transenna! »

Gli occhi azzurri di Toris si spostarono, il cuore gli si fermo; non sentiva nemmeno più le ragazze urlare, erano sparite. L’unica cosa che visualizzava era un ghigno e uno sguardo infuocato che conosceva bene.

« … G-Gilbert! »
« Una rockstar mi rivolge la parola? Oh, wow. »

Toris, sbloccatosi dall’imbarazzo che gli aveva seccato la gola, fece appena in tempo a far segno a Mathias, il buttafuori del locale, di non farci caso.

« E’-E’ con me! »
« Per il primo sabato in cinque mesi, direi. »

Il lituano lo guardò, anzi, tutti lo guardarono: non pareva per nulla arrabbiato, ma il sorriso smezzato che aveva sul volto faceva capire a Toris che qualcosa gli frullava nella mente.
Qualcosa tipo avvicinarsi e passargli un braccio attorno alla vita, stringendoselo addosso davanti a chiunque ne avesse visione.
Adesso non era solo il viso di Toris a imporporarsi per la sorpresa , ma anche quello dei fan. Radu si morse le labbra per non ridere della situazione in cui il castano, tanto timido, si era cacciato. Oh, quello sì che avrebbe fatto fare gossip sull’ultimo concerto!

« Potevi dirmelo. »
« Io… »
« Sì, lo so, ti vergognavi.»

Conscio di essere al centro dell’attenzione e, soprattutto, sotto gli occhi di Toris, Gilbert gli sfilò la rosa bianca che teneva nel taschino del costume (la giacca gli era stata ridata intorno alla nona canzone) e se la portò alle narici, fingendo di annusarla.

« Posso immaginare a chi era dedicata quella canzone, vero? »

Toris non disse nulla, ma il rossore del suo viso parlava per mille; quella era un’ottima risposta sia per Gilbert sia per le fan, prese dalla situazione come se fosse l’ultimo episodio di un telefilm.
E allora mandiamo in scena il momento clou.

« Mi ami, Toris? »
« … Lo sai. »
« Quanto? »

Una parte di Toris, imbarazzato come mai, avrebbe voluto allontanarlo con una testata, mentre l’altra, invece, era completamente schiava del tono melenso con la quale chiedeva quelle cose e dell’incantesimo dei suoi occhi, tanto vicini dopo che l’albino aveva posato la fronte sulla sua.
Maledetto.

« “Tanto” non è ammesso. Puoi non dire un numero. Basati pure su qualcos’altro. ♥ »

Toris prese un lungo sospiro e lo sguardo si  spostò verso il basso; il paragone  era tanto ovvio quanto imbarazzante.

« … Quanto la musica. »

Gilbert avvertì in tutta chiarezza il suo ego gonfiarsi come un palloncino; aveva sperato in qualcosa di sensazionale, ma quello era il meglio del meglio!
Sorrise, questa volta, senza ghignare, e fece finta di non sentire i mugolii –commossi o disperati?- che si sollevavano intorno a loro.

« Dopo che mi hai detto questo davanti a tutti, immagino che non avrai problemi se il sabato sera vengo qui con te e dopo usciamo, mh? »
« … Ti rendi conto di che ore sono? »
« Di notte si possono fare parecchie cose. »

Pem, colpo speciale ad alto raggio!
Era finita lì? No, per niente.  Toris, però, lo scoprì solo quando aprì le labbra per controbattere e il tedesco vide bene di premervi sopra con le sue.
Quel bacio sarebbe durato tutto il tempo che voleva.
… E anche quello necessario perché qualcuna di quelle Echelon facesse loro delle foto –avrebbe potuto caricarle sul suo blog, così.
Quando le loro bocche si separarono, Toris gli lanciò uno sguardo contraddittorio misto di rimprovero e, allo stesso tempo, felicità trattenuta e fiorita nel rossore del viso.
Adorava quella faccia, perché sapeva che non l’avrebbe potuta fare a nessun’altra di quelle fan; solo lui poteva mettere gli ingredienti necessari e poi godere della sua vista.

« .. Non hai niente da chiedermi, Gilbert? »
« Sì che ce l’ho. E da cinque mesi. »


















_______________________________________________________________________________________________________________***


CHIEDO PERDONOOO, CHIEDO PERDONOOOO.
Sparisco e quando ritorno? PEM, dieci pagine di one-shot! Faccio seriamente schifo, lol.
Questa mi era stata richiesta da YanYan, che mi ha inviato la parola "Rockstar"... forse è un po' diversa da quello che immaginavi...!
Nel caso le richieste siano fatte con una parola, come in questo caso, sarà quella il titolo della canzone!
Su questo lungo capitolo ho una paio di cose da dire:

1- Dopo che ruoli da parecchio un personaggio, ti viene da dare esso una voce: nel mio caso, Toris ha quella di Jared Leto. ♥
2- SI', OK, SONO UNA FISSATA CON I 30STM. ;V; -Infatti "The Kill" l'ho scritta a memoria, lol
3- Le "Echelon" sono le fan di questa meravigliosa band.
4- "Prachtvolle" significa "Magnifico" in tedesco. ( "IT'S THE FANTASY" cit.)
5-  Ci sono delle scene che ho tagliato: nella prima, Gilbert diceva a Toris che anche lui poteva cantargli qualcosa e il lituano rifiutava. Al che, impuzzolitosi, l'albino cheideva se stesse insinuando che era stonato e lui rispondeva: "Puoi sempre provare con il rap...!"
Nell'altra, invece, Gilbert non si risparmiava un battutaccia  in cui insinuava che gli scream di Toris dovevano essere più potenti e che c'avrebbe pensato lui a farlo "esercitare", appena arrivati a casa. x°

Ripeto, le richieste sono sempre aperte! Se volete dirmi qualcosa, sparate!
Spero che ci siano recensioni e quant'altro e di non aver partorito 'na schifezza...!

Baci!

Valkyrie.


   
 
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