Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: xLumos    30/07/2012    6 recensioni
Avevo sedici anni quel ventitré Dicembre duemilaundici, precisamente sedici anni e duecentonovantaquattro giorni, o se preferite nove mesi e ventiquattro giorni, e … si, se avete fatto i conti avrete capito che sono nata il ventinove febbraio. Ma guarda un po’. Il millenovecentonovantacinque doveva proprio essere un anno bisestile oh. [...] comunque mi chiamo Elizabeth McCall. E questa merda è la mia adolescenza.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8.Sometimes i feel so alone, i just don't know


«Esci fuori di qui!» sentii urlare dal piano di sotto.
Scesi velocemente le scale, e la scena fu piuttosto ambigua. Mi si presentò Hyrin che teneva in mano un cucchiaio di legno in mano e lo puntava minacciosamente verso Bieber che in tutta risposta era parecchio perplesso.
Simon che mi stava seguendo fino ad un secondo prima si fermò sulle scale senza dire nulla.
Io mi diressi verso la ragazza e le feci posare l’arnese.
«Emh.. Justin Hyrin, Hyrin Justin.»
Lui esitando le tese la mano. «Piacere di conoscerti»
Lei guardò schifata la mano del ragazzo.
Capendo la situazione alzai gli occhi la cielo e intervenni.
«Dio santo Hy! Non rompere il cazzo e stringigli sta mano» Lei imprecando a bassa voce qualcosa che somigliava moltissimo ad un «Guarda a che livelli devo abbassarmi ora.» gli strinse la mano.
La ignorai.
Mi girai verso Simon che intanto aveva sceso le scale.
«Ah, lui è Simon.»
Justin si irrigidì per un secondo, e Simon non sembrava avesse intenzione di tendergli la mano.
Il biondo spostò lo sguardo su di me.
«Ero venuto a vedere se eri morta qui dentro o cosa, non uscivi più.» sorrise
«Ma dato che sei in buone mani …» Continuò diffidentemente «Ti lascio.»
Si avvicinò per baciarmi la guancia, io lo allontanai e sentenziai «Vengo con te.»
Salutai calorosamente – si fa per dire – i miei amici e uscì da quell’ambiente infernale.
«cos’è successo con Hyrin?»
«È una pazza. Ha iniziato ad invocare Freddie Mercury,Elvis Presley, urlando “Vi prego, prendetevelo e tornate giù, prendete colui che non è degnoooo!”»
Mi misi una mano sulla fronte.
«Porca vacca, è peggiorata. È l’effetto post scopata perdonala. »
«Figurati, ci sono abituato.» Disse girando la chiave della macchina.
«Com’è andata?» continuò
«Così.»
«Del tipo che lei ha fatto prima l’addolorata poi ti ha raccontato tutti i particolari della loro scopata?»
«Del tipo.» sentenziai.
 
«Certo che quel Simon ha proprio la faccia da cazzo.»
«Dai.» Lo intimai.
«Ma dai cosa?!»in risposta sbuffai.
«Comunque ero entrato per dirti una cosa. Mi … ha chiamato scooter.» sospirò «Devo ripartire.»
Risi istericamente «Justin, il primo aprile è passato.» sapevo che non era uno scherzo.
Intanto Justin parcheggiò la macchina, poi si girò verso di me
«Beth dai, ti prometto che ti tornerò a trovare, tanto non abiti in culonia, se non sto qui sono la Los Angeles.» rimasi ancora in silenzio. «ma fammi una promessa: devi dire a simon che ti piace, in ogni caso.» Justin mi diede un bacio sulla guancia.
Scesi dalla macchina in silenzio, senza nemmeno salutarlo, non poteva andare via anche lui.

 it feels like i've been down this road before

I giorni successivi furono uno schifo, avevo l’impressione di non farcela più.
Il primo giorno di scuola dopo le vacanze tornai a casa strusciando i piedi pesantemente e mi buttai sul divano esausta.
Il campanello vibrò e inizialmente pensai di lasciarlo suonare, ma la mia parte ragionevole mi suggerì di andare ad aprire; quindi mi alzai e mi trascinai fino alla porta notando con mia grande sorpresa la figura di Simon che mi sorrideva felice.
Al contrario io feci un espressione di ovvio fastidio.
«Vuoi lasciarmi qui sulla porta?»
«In realtà non ho intenzione di farti entrare.»
«cosa?» in realtà non sono sicura che avesse detto “cosa”, insomma, avrebbe anche potuto dire “coccodè” dato che gli chiusi la porta in faccia alla prima sillaba.
Continuò a bussare per i seguenti quindici minuti quindi fui costretta a riaprire la porta e urlargli
«Che cazzo ti suoni?»
«Sono venuto qui per parlarti.»
«Sai per parlare c’è bisogno di qualcuno che ti ascolti, e beh, non sarò io a farlo.»
«Pensavo che con quell’abbraccio a casa mia avremmo risolto tutto.»
«Da quando in qua i cuori spezzati si aggiustano con gli abbracci?»
Rimase in silenzio e colsi l’occasione per dirgli
«Ora scorta il tuo sedere verso il portone, voglio stare da sola ok? Ciao»
Chiusi delicatamente la porta e mi ributtai sul divano.
Aprì la finestra e accesi una sigaretta guardando il fumo espandersi per la camera.
La quiete di un pomeriggio invernale qualunque venne offuscata dai selvaggi rumori di una macchina che inchiodava sotto casa mia. Bastò una Range Rover per far illuminare i miei occhi, e un’occhiata ai tipi che scesero dalla macchina per far spegnere quel luccichio di speranza.
L’uomo, sulla quarantina, aveva l’aria leggermente incazzata ma cercava di sopportare le grida della donna che camminava al suo fianco.
Non troppo alta, capelli lisci e castani, chiamata da tutti Lauren, Lauren Ross sposata con l’uomo al suo fianco Dean McCall.
La lite tra i due, che continuava imperterrita a condurre la donna, arrivò fino alla porta di casa mia, bussando violentemente.
Io aprì senza fare storie e mi spostai per lasciarli litigare in cucina, non sentì granchè di quello che dissero, solo una frase arrivò nitida al mio orecchio.
«Senti Lauren, smettila di urlare mi hai tradito e stop, credo che divorziare sia la miglior cosa»
Ma lei urlando rispose una cosa del tipo “Voi uomini siete tutti uguali” quindi afferrò le chiavi della macchina e sbatté violentemente la porta.
L’uomo sospirò e si sedette accanto a me sul divano.
«Mi fai fare un tiro?»
«Accenditene una tu.»
Quello che non avevo neanche il coraggio di chiamare Padre allungò la mano e prese una sigaretta dal mio pacchetto.
«Da quando fumi?»
«Un paio d’anni.»
«Come mai?» Ribattè lui.
«No sai, i traumi psicologici che mi avete causato tu e quella che è appena uscita non si possono curare con qualcosa di razionale.»
«Mi dis..»
«NON DIRLO OK? NON TE LO VOGLIO SENTIR DIRE. ORMAI ALLA TUA ETA’ DOVRESTI SAPERLO CHE NON SI DICONO LE BUGIE.»
Urlai alzandomi di scatto dal divano e frantumando la parte di sigaretta che mi era rimasta in mano.
E senza dire altro me ne andai in cucina borbottando.
«Non bastava Justin, pure loro ci si dovevano mettere in mezzo.»
Mio padre mi seguì in cucina.
«Chi è Justin? Il tipo nella foto in salotto?»
«Se proprio vuoi saperlo è l’unico a cui interessa se sono viva e sono morta.»
«non c’era un certo Simon?»
«COSA?»
«Sai… quando stavamo qui durante la notte ti venivo ad osservare … sei così carina quando dormi. Comunque nel sonno dicevi continuamente questo nome “Simon, Simon, Simon.»
Diventai un peperone, e allo stesso tempo mi si sciolse il cuore, è possibile che l’uomo che avevo sempre pensato mi odiasse sembrava interessarsi al fatto che ero sangue del suo sangue?
Rimasi in silenzio.
«Sei innamorata di lui, non è così?»
Sospirai «Vado in biblioteca a studiare.»
E sbattendo la porta uscii di casa. 

so lonley and cold




MI VERGOGNO.
è passato davvero TROPPO TEMPO e perciò ho pensato un sacco di volte di abbandonare questa FF... ma perchè mai smettere di darvi fastidio?;)
Spero qualche anima pia leggerà.. :) 
addio:)) 
   
 
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