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Autore: Moonage Daydreamer    30/07/2012    2 recensioni
Ero l'emarginata più emarginata dell'intera Liverpool: fin da quando era bambina, infatti, le altre persone mi tenevano alla larga, i miei coetanei mi escludevano dai loro giochi e persino i professori sembravano preferire avere a che fare con me il meno possibile, come se potessi, in uno scatto di follia, replicare ciò che aveva fatto mia madre.
(PRECEDENTE VERSIONE DELLA STORIA ERA Lucy in the Sky with Diamonds, ALLA QUALE SONO STATE APPORTATE ALCUNE MODIFICHE.)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Blackbird.
 



La mattina seguente fui portata da un medico. La situazione si risolse con dieci gocce di antidepressivo alla mattina e quindici prima di andare a letto, insieme ad altrettante di ipnotico.
Nonostante i timori di Elisabeth, non ebbi alcuna reazione negativa all'idea di prendere psicofarmaci.
Quando finimmo la visita non avevo per niente voglia di andare a casa.
- Possiamo fermarci a comprare dei fiori?- chiesi ad Elisabeth, ben sapendo che la donna aveva un debole per le piante e non mi avrebbe mai detto di no. 
- Sì, certo. - rispose infatti. - Come mai? -   Scrollai le spalle, evitando di risponderle. Raggiungemmo in poco tempo un fiorista, dove mi  persi fra i fiori, inebriata dal loro profumo. Riuscii a trovare, come per miracolo, dei fiori di pesco. Quando li vide, Elisabeth comprese ciò che avevo in mente di fare, tuttavia non mi fece domande.
Tornammo a casa e anche nel tragitto la conversazione rimase su argomenti piuttosto superficiali.
- Io esco. - dissi a bassa voce dopo che avemmo finito di mangiare.
- Se vuoi ti accompagno. - si offrì Elisabeth.
Le sorrisi, ma scossi la testa: - Devo farlo da sola. -
Elisabeth annuì e io la abbracciai, poi uscii di casa.
Non era una giornata bellissima, ma era calda, sebbene il vento soffiasse forte.
Camminai lentamente, godendomi la sensazione di benessere che mi dava essere all'aria aperta. Indugiai qualche secondo fuori dal cancello, respirai profondamente ed entrai nel cimitero.                           Anche se non c'ero stata che una volta soltanto, trovai subito la lapide che recava scritto il nome di mia madre.
Mi chinai e pulii la pietra da qualche foglia caduta, poi sostituii con i rametti di fiori di pesco i più tradizionali crisantemi che erano lì dal giorno del funerale.
Mi sedetti tra l'erba e appoggiai la schiena sul lato della lapide.
Un piccolo merlo si posò di fianco a me, per nulla intimorito dalla mia presenza, e mi guardò.
- Mi piacerebbe essere come te. - gli dissi - Essere in grado di lasciarmi tutto quanto alle spalle, andare via da qui e volare lontano, dovunque mi porti il vento. -                                                                     Guardai la fotografia di mia mamma; sorrideva e mi guardava con occhi verdi pieni d'amore.
Una lacrima cominciò a scivolarmi sulla guancia.
- Mi manchi, mamma...- mormorai.
Il pianto in cui scoppiai era diverso da quelli dei giorni precedenti: non piangevo perché ero terrorizzata, e quelle lacrime malinconiche, più che disperate, andavano a disinfettare le mie ferite, liberandole dalle infezioni che le avevano colpite.
Mi ero finalmente resa conto che la rabbia e l'odio verso me stessa non erano altro che delle specie di fantocci con cui cercavo di sostituire il dolore, per non accettare che se ne fosse andata per davvero.
Non piangere tesoro. Non abbiamo molto tempo e voglio vederti sorridere.
Le parole che mia mamma mi aveva detto l'ultima volta che l'avevo vista mi risuonarono nella mente e non potei evitare di sorridere malinconicamente. Da quei pochi ricordi di lei che avevo, mamma era sempre stata una donna allegra e felice di essere al mondo: lei era il sole, l'estate, il sorriso che mi consolava quando stavo male.
Riuscivo a immaginare facilmente le parole che mi avrebbe rivolto se fosse stata lì al mio fianco: guarda il lato positivo, piccola mia. Finalmente sono uscita da quella stramaledetta cella.
Il merlo continuava a guardarmi, come se riuscisse a intuire i miei pensieri. Inclinò la testa di lato, distese lentamente le ali e spiccò il volo.
- Perché è morta?- chiese una voce all'improvviso.
Trasalii e alzai lo sguardo.
Un ragazzo era inginocchiato vicino ad una lapide non distante da quella di mia madre. Era strano che non avessi notato la sua presenza poiché avevo l'impressione che fosse lì da molto. Il ragazzo posò dei fiori bianchi sulla tomba e sfiorò una fotografia con la punta delle dita. Poi si  rialzò e mi guardò con occhi verdi pieni di dolore.
Io aprii la bocca, ma non emisi nessun suono.
- Che cosa? - biascicai alla fine, non riuscendo ad articolare una frase più appropriata alla situazione.
- Ti ho chiesto per quale motivo tua madre è morta. - ripeté lui con gentilezza.
- Come fai a sapere che è mia madre?- chiesi asciugandomi le lacrime. Maledissi il mio cervello che non riusciva a formulare dei ragionamenti più complessi.
Il ragazzo sorrise appena, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni eleganti.
- In realtà non lo sapevo affatto, ma ti ho vista piangere di fianco alla sua tomba e ho fatto un'associazione di idee. -
- Per quale motivo dovrei dirti di lei? Insomma, non ti ho mai visto prima in vita mia! - replicai squadrandolo per un secondo.
Si avvicinò lentamente e si sedette accanto a me.
- E' più facile parlare di queste cose con uno sconosciuto che non con qualcuno che ti conosce da sempre, perché una persona che non hai mai incontrato non può formulare dei giudizi o dire frasi del tipo " è stato meglio così, almeno ha smesso di soffrire."- disse. Sospirò, come se cercasse di scacciare dei ricordi.
Rimasi qualche secondo a guardarlo e a riflettere, toccata dalle sue parole.
- La tua come è morta?- gli chiesi infine.
- Aveva un cancro.- rispose e sebbene avesse cercato di mantenere un tono distaccato, i suoi occhi divennero lucidi.
- Mi dispiace...-
Il ragazzo scrollò le spalle e tornò a guardarmi:- E' stato un anno fa -
Distolsi lo sguardo e respirai profondamente.
- Mia mamma era in prigione quando è morta. - sussurrai - E' scoppiata una rissa e lei si è messa in mezzo per cercare di fermarla, ma l'hanno ferita.-
Cominciai a strappare dei fili d'erba.
- Immagino quello che pensa la gente: " se lo meritava, è stata la punizione divina per aver ucciso il marito." -
- Non credo si possa arrivare a pensare una cosa del genere. Nessuno meriterebbe di morire in quel modo, nemmeno il più scellerato fra gli assassini. -
- Mia madre non era un' assassina! - ringhiai furiosa.
Mi ci volle qualche secondo per accorgermi del tono con cui gli avevo risposto, quando lui aveva soltanto cercato di essere gentile e di confortarmi. Lo guardai, mortificata. 
- Oddio, scusa; io non volevo... - mormorai, ma il ragazzo mi sorrise dolcemente.
- Non fa niente. So come ci si sente. -
Portai una mano al volto, cercando di nascondere le lacrime. Egli, tuttavia, mi abbracciò e dopo che ebbi superato i primi momenti di sorpresa, mi appoggiai contro il suo petto, noncurante del fatto che di quel ragazzo non conoscevo neanche il nome.
Quel pomeriggio gli permisi di giungere in un luogo della mia anima che forse soltanto Cyn aveva raggiunto.                                                                                                                                                               Non seppi mai di preciso quanto il ragazzo mi tenne stretta e mi consolò, tuttavia mi era parso che non avessi impiegato molto tempo a calmarmi. 
- Scusa...- dissi di nuovo, notando che gli avevo bagnato la camicia bianca. Lui si alzò e mi porse una mano per aiutarmi a tirarmi su a mia volta, poi sorrise di nuovo.                                                                     - Io sono Paul, comunque. - disse non appena mi fui alzata.
- Anna... - mi presentai a mia volta. Rimasi a dir poco meravigliata quando Paul si chinò a baciarmi la mano che ancora stringeva fra le sue.
Il ragazzo mi guardò con un'espressione allegra :- Sei tu la ragazza dell'autobus, vero?-
- Come?-
- Quella che era stata male sull'autobus per Forthlin Road a maggio, credo. -
Sgranai gli occhi, stupefatta .
Sorrisi a mia volta:- Sì, sono io, ma... -
Mi fermai; Paul mi stava fissando in un modo strano. 
- Che cosa c'è? - chiesi, messa a disagio da quell'occhiata.
Il  suo sorriso si allargò, illuminandogli il viso.
- Se sono davvero riuscito a farti sorridere, posso ritenermi orgoglioso di me stesso e affermare che la giornata non è andata sprecata. -
Rimasi in silenzio, non sapendo cosa rispondere. Il modo di fare di quel ragazzo mi spiazzava completamente. Senza dire nient'altro, Paul mi prese sottobraccio e insieme cominciammo a dirigerci verso casa. Stranamente, i suoi gesti spontanei non mi mettevano affatto in imbarazzo, al contrario tiravano fuori un'estroversione che non credevo di possedere, dandomi l'impressione di conoscere Paul da anni. Chiacchierammo allegramente fino a che arrivammo all' Allerton Park Golf Course.
- Bene, Paul, c'è qualcosa che devo sapere su di te?- chiesi mentre attraversavamo i campi da golf.
- In che senso?-
- Non so... Sei un killer seriale, un rapinatore, un comunista o Dio sa cosa?- dissi sarcastica.
- Niente di tutto questo. - rispose il ragazzo ridendo. - Sono un normalissimo quindicenne che abita nella tua stessa via. -
Finsi di guardarlo con sospetto:- Definisci "normalissimo". -
- Vediamo... Ho un fratello minore, un padre trombettista e frequento il Liverpool Institute.-
- Sul serio? Il Liverpool Institute?- ripetei. - Devi essere uno che studia molto, allora. -
- No, non direi. - replicò lui. - Bene, ora tocca a te. -
- "Sono una normalissima sedicenne che abita nella tua stessa via." - risposi facendogli il verso.
- Non mi sembra proprio...- ribatté sorridendo.
- Sono figlia unica, i miei genitori adottivi hanno vedute molto ampie e di sicuro non vado  al Liverpool Institute. -
- Che scuola frequenti?-
- Ha importanza? In qualsiasi istituto tu vada, cercano tutti di ingabbiare la tua mente, mentre pubblicamente dichiarano che la loro missione è allargare i tuoi orizzonti.-
Paul mi guardò, sorpreso.
- Oh, scusa. Ogni tanto vengo fuori con queste considerazioni filosofiche. Ci farai l'abitudine. - dissi ridendo.
- Dovresti scrivertele da qualche parte. Potranno rendersi utili, in futuro. -
- In genere lo faccio. Ma il mio ultimo quaderno è... finito, e non me ne sono ancora procurato un altro. -
Sospirai, pentendomi di aver dato quella risposta. Paul sembrò accorgersene e cambiò subito argomento:- Come mai non ci siamo mai incrociati per strada, anche se abitiamo nella stessa via? -
- Io non prendo mai l'autobus ed esco di casa molto presto per arrivare a scuola. Soffro di claustrofobia. - spiegai.
Mi fermai, poiché mi ero accorta che eravamo già in Forthlin Road. Paul sembrò sorpreso dal mio gesto.
- Perché ti sei fermata?- mi chiese.
- Perché questa è casa mia. - risposi indicandogli l'edificio di fronte a noi.
-Ah, sì, certo. - mormorò lui, improvvisamente in imbarazzo. - E' stato un piacere conoscerti. -
- Anche per me, Paul. - risposi. - Senti... a te dispiacerebbe se qualche volta facessimo un giro insieme, così, per passare un pomeriggio? -
- Certo che no! Passa quando vuoi.- Gli rivolsi il sorriso più incoraggiante che avevo, poi lo salutai.                         

Grazie alle quindici gocce di ipnotico prescrittemi passai la notte tranquillamente, anche se la mattina dopo ero un po' stordita e ci misi più del solito a svegliarmi.                                                              
Per la prima volta nella mia vita arrivai in ritardo a scuola, anche se tutto sommato non mi importò più di tanto.  Rimasi tutta la mattina "a scaldare la sedia", poiché la mia mente ritornava in continuazione al pomeriggio prima e a Paul.
Tornai a casa il più velocemente possibile e nel pomeriggio diedi una mano ad Elisabeth con le faccende domestiche, eliminando dalla mia camera tutti i rifiuti che io stessa avevo prodotto. Non ero abituata a vedere la stanza così spoglia: da quello che mi ricordavo non lo era mai stata.
Poco dopo che ebbi rimosso l'ultimo resto, Cyn venne a trovarmi e si fermò a prendere il tè con me ed Elisabeth.
- Appena finisco qui, ti porto un po'  a spasso.- disse la mia amica.
- Sembro forse il tuo cane?- replicai.
- Non eri tu quella fissata con l'aria aperta? -
- Uscire un po' ti farà bene. - aggiunse Elisabeth.
- Ti dispiace se passiamo vicino al porto?- chiesi a Cynthia .- Devo comprare un quaderno nuovo. -
- Al contrario! E' un po' che non usciamo insieme e andiamo da quelle parti. Però poi devo uscire con John...-
- Che botta di vita!- commentai sarcastica, ma lei mi ignorò.
- Alla fine com'è andata ieri? Lo hai fatto?- chiese finendo di bere il tè.
Annuii, senza perdere il buon umore:- E' andato tutto bene! Sono contenta di averlo fatto. E ho anche incontrato un ragazzo.-                                                                                                                                   Cyn scoppiò a ridere, rischiando di strozzarsi con il tè.
- C'è la possibilità che tu riesca a fare conoscenza con qualcuno in modo normale? -
Scrollai le spalle.
- E' stato molto gentile. E poi, in realtà, ci siamo visti per la prima volta su un autobus. E' abbastanza normale per i tuoi standard? -
La mia amica mi tirò una pacca sulla spalla, ma il campanello interruppe la conversazione.
- Vado io. - affermò Elisabeth.
- Salve, signora. Scusi per il disturbo. Io sto cercando Anna, è in casa?- chiese educatamente Paul dopo che la mia madre adottiva ebbe aperto la porta.                                                                                             Mi alzai immediatamente dal divano e corsi fino all'ingresso, senza neanche accorgermi che Cyn mi stava seguendo con più calma. Elisabeth si scostò dalla porta e mi sorrise, poi tornò in salotto.
- Ciao, Paul. - lo salutai appoggiandomi allo stipite della porta.
- Ehi...- disse lui lievemente in imbarazzo.
Cyn mi si affiancò.
- Sei tu il ragazzo che Anna ha conosciuto molto normalmente su un autobus? - disse rivolgendomi uno sguardo sarcastico.
Paul sollevò le sopracciglia:- Scusa? -
- Cavolate. - gli risposi. - Comunque... Paul, lei è Cyn; Cyn, lui è Paul. -
- Vedi? Questo è un modo normale per conoscere qualcuno. - disse la mia amica.
Alzai gli occhi al cielo e Paul mi rivolse uno sguardo con cui mi faceva sapere che avevo tutto il suo sostegno morale. Repressi una risata.
 - Bene, Paul, hai bisogno di qualcosa?- gli chiesi poi. Il ragazzo tornò ad essere un po' a disagio.
- No... ecco, io sono passato per chiederti se hai voglia di fare un giro, ma vedo che sei impegnata...-
- Io e Cyn dobbiamo andare a comprare una cosa, ma se vuoi ti puoi unire a noi. - dissi.
- Non ti preoccupare!- esclamò Cynthia di fronte all'indecisione di Paul - E' praticamente impossibile convincere Anna a fare shopping! -                                                                                                                 Paul sorrise:- Va bene, allora. Se non vi disturbo. -
Inizialmente Paul era un po' a disagio, poiché non conosceva Cyn e lei aveva tre anni più di lui, ma poi capì che la mia amica non era una che si facesse troppi problemi. Mentre passeggiavamo scoprii che Paul conosceva già Cyn di vista, poiché gli edifici del Liverpool Institute e della scuola d'Arte erano adiacenti e lui l'aveva vista parecchie volte fuori da scuola. Dopo che ebbi acquistato un quaderno a righe simile a uno di quelli che usavo per scuola e che non aveva niente a che vedere con un taccuino rilegato in pelle, decidemmo di fare ancora due passi per il porto.
- John! - esclamò Cyn all'improvviso, facendomi sussultare. Non mi ero accorta che a qualche metro da noi c'erano Lennon e Shotton, come al solito insieme.
Cynthia corse dal suo ragazzo, lasciando me e Paul un po' in disparte.
- Non vedevo l'ora di incontrarlo. - mormorai a denti stretti, poi mi rivolsi a Paul - Scusa solo un secondo. -
Mi voltai e mossi qualche passo nella direzione da cui stava provenendo Lennon con Cyn sottobraccio.
- Si dice in giro che hai cominciato a drogarti. - sibilò il ragazzo.
- John, per favore, non è il caso...- disse Cyn, ma Lennon le rivolse un'occhiata che la convinse a tacere.
- Stai tranquillo, Lennon. Non riuscirei neanche lontanamente ad avvicinarmi al tuo livello. - replicai.
Mi guardò con astio, accorgendosi di essere stato di nuovo messo a tacere, poi fece finta di niente.
- Andiamo, Cyn; visto che siamo già qui mi sembra inutile aspettare un'altra ora prima di vederci di nuovo. - disse.
- Non ti dispiace, vero?- mi chiese la mia amica e io scossi la testa, poi lei si avvicinò perché il suo ragazzo non la sentisse. - Gli parlo io, adesso. Ha oltrepassato il limite. -
- Non farlo. Non servirebbe a niente. - replicai. La salutai velocemente e aspettai che lei e Lennon se ne andassero, poi tornai da Paul, del quale il Teddy Boy non si era accorto.
- Mi dispiace averti piantato qui due a zero. - dissi.
- Non fa niente. Quello era John Lennon?-
- Sì, perché?-
- Un mio amico mi ha parlato di lui e del suo gruppo. - spiegò Paul - Ha detto che Lennon è piuttosto bravo. -
Scrollai le spalle:- Non l'ho mai sentito suonare, però posso dirti una cosa: persone così è meglio perderle che trovarle. -
Riprendemmo a camminare e io mi limitai a seguire Paul, fino a che giungemmo in prossimità della fermata dell'autobus.
- Dove stai andando? -
- Secondo te?- rispose lui. -Non ce la farei a tornare indietro a piedi. E' al di là di ogni mia possibilità. -
- Io non ho intenzione di salire su un autobus. - borbottai.
Paul mi guardò con una fittizia aria rassegnata.
- E va bene, questa volta te la do vinta, ma solo perché sono un gentiluomo e perché sei tu che me lo chiedi. -
- Potrei abituarmi. - replicai ridendo.
- Non ci provare.-
Mi prese per mano e si allontanò dalla fermata del'autobus. Il mio cuore era leggero come non lo era mai stato: avevo finalmente trovato una persona, oltre a Cyn, con la quale avrei potuto essere sempre me stessa.
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Dopo parecchi capitoli di tensione e depressione avevo bisogno di qualcosa di "leggero", per tirare un po' il fiato. Non che sia tutto questo granché, ma devo confessare che l'unica parte di cui davvero mi importa è, ovviamente, l'incontro con Paul e ne sono abbastanza soddisfatta.
Spero che dopotutto non sia così male.


Ruben_J: Mi sa che siamo in due, allora, ad avere bisogno di una visita dallo psicologo!
Anche a me il dialogo con Cyn piace davvero tanto.

Lonely Heart: Be', spero che sia una cosa positiva! Gli incubi sono parti che in genere mi piacciono, ma mi sono resa conto che c'era assolutamente bisogno di una pausa, quindi per un po' non credo ce ne saranno.

Mary Apple: Come ti avevo già anticipato, è arrivato qualcun altro a tirar fuori Anna dalla depressione. John ci metterà ancora qualche capitolo, anche perché in questo punto della storia Julia è ancora viva e vegeta! ( Siamo ancora nel '57)

Ringrazio tutti i lettori.


Peace n Love


 
  
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