Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: GaTTaRa PaZZa    31/07/2012    2 recensioni
Cosa sarebbe successo se Ryou e Keiichiro avessero scelto altre ragazze con il DNA compatibile a quello degli animali codice rosso? Se invece di Ichigo, Minto, Zakuro, Purin e Retasu avvesero trovato altre candidate?
Questa fiction è un adattamento delle puntate dell' anime secondo il carattere di queste altre mew mew (vedrete moltissime similitudini e citazioni, le battute a volte sono anche le stesse, a volte con varianti). Noterete che le mew mew non saranno cinque, ma ben sette. Sono ispirate alle mie amiche più intime, non potevo tralasciarle!!
Spero vi piaccia, commentate negativamente o positivamente, voglio sincerità! :)
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Finalmente abbiamo messo tutto in ordine!» sospirò Chinoko, stanca, dopo aver pulito il pavimento per due ore abbondanti.
Solitamente a quell' ora avrebbe dovuto tornare da un estenuante allenamento di danza, e invece per quel giorno era annullato: l' insegnante si era fatta male la sera prima, o qualcosa del genere.
L' accademia di balletto di Tokyo s' era presentata molto impegnativa, proprio come se l' aspettava: la mattina c' erano le lezioni, poi la pausa pranzo, fino alle tre di nuovo lezioni e dalle quattro alle sette danza in palestra. Erano obbligatori anche i corsi di danza moderna, ma li odiava: si faceva sempre male, l' insegnante non era granché brava e la musica scelta le dava il voltastomaco. Però erano sole due lezioni alla settimana.
Dopo c' era la cena, e coprifuoco alle undici: per chi abitava troppo lontano erano riservati dei dormitori, e lei, naturalmente, viveva lì. Insomma, passava la sua vita nell' Accademia.
Aveva però il weekend libero, che però doveva passare a lavorare al Caffé. Tranne la domenica pomeriggio, dove poteva oziare quanto le pareva.
Era quattordicimilanovecentosettantadue volte più faticosa la vita a Tokyo, piuttosto che a Fukuoka. Se poi si mettevano dentro anche le vicende da supereroina quali alieni, Chimeri e compagnia briscola...
«Meno male, non ne potevo più» si lamentò Yuzu, accasciandosi su una sedia.
Chinoko l' osservò. Yuzu, quella che le aveva fatto scoprire la sua vera identità. Insieme a Kanzou, che però quel giorno non c' era. Chissà, magari doveva studiare. O fare dello sport.
«Bravissime, avete fatto un ottime lavoro!» l' elogiò Keiichiro, con quel solito sorriso dolce un po' strano. Sorrideva troppo. Inquietante.
«Avete notato che ogni giorno che passa, aumentano i clienti?» osservò Shikimi, mentre mangiava dei muffin gentilmente offerti dalla casa.
«Non è poi così strano...molte riviste di cucina hanno accennato qualcosa su questo Caffé, apprezzano molti i dolci di Akasaka-san. Probabilmente è passato un qualche critico senza che lo sapessimo» rispose la nostra foca monaca, rubando qualche muffin dalle mani della coniglietta.
Mash svolazzava intorno, con quella sua solita aria tonta. «Brave ragazze, brave!» esclamò, senza nessun motivo in particolare.
Sakuranbo lo guardò storto. «Ti abbiamo chiesto qualcosa? No! Allora stai zitto e vai a renderti utile in qualche modo... potresti anche aiutarci qui al Caffé, eh!» rispose, brusca e diretta come al suo solito.
«Come se tu fossi poi così utile, Saku-nyan...» sussurrò Shikimi maliziosa, con la sua lingua biforcuta, la quale ha punzecchiato indomita parecchi palloni gonfiati.
«Ma io non posso lavorare, non è consono per una ragazza così sublime come moi!
«D' altronde è fatta di meravigliosità, non dimentichiamocelo! Sai, mi ricordi moltissimo Cuzco delle Follie dell' Imperatore... mai visto?» s' intromise Kurumi nel nulla, emergendo dall' oscurità della sua aura Non-Voglio-Che-Mi-Noti-Nessuno.
«BOOMBABY!» esclamò subito dopo la nostra biondina, con quel sorriso e sguardo da macho-man del mitico Cuzco.
Satou scoppiò a ridere, coprendosi la bocca con la manina.
«Però Chukonen ha ragione, quando combiattiamo Mash non c'è mai» commentò Yuzu tra sé, pensierosa.
«Sì, ma perché lui ha compiti diversi. Deve solo avvertirci quando ci sono Chimeri nei dintorni, e sbarazzarsi degli alieni parassiti» lo difese l' orsetta, che si era affezionata a quel pupazzo rosa. D' altronde è stato il primo a starle vicino nelle sue prime missioni...
«Sì, ma a volte prende delle cantonate!! E poi non farebbe neanche male se facesse qualcosa di più costruttivo, eh! Tipo uccidere gli alieni con occhi laser..» riprese la tigrotta accalorandosi, gesticolando come sempre.
«Magari conosce tecniche di combattimento ultrapotenti che ci tiene segrete! FUAH!» s' immaginò Shikimi mettendo le mani in posizione da karate.
«C'è una qualche prova che confermi questa teoria?» domandò la ragazza-lontra con tono scettico.
«Veramente, non ha nessun...» tentò di spiegare Keiichiro, con tono imbarazzato.
Tutte l' ignorarono alla grande. «Uuuuh magari sa trasformarsi in un super robot, tipo Transformers!» ipotizzò Shikimi tutta presa dalle sue fantasie.
«Tsk, maddove!». «Un.. un super robot, eh..? Ehm... ne dubito fortemente!». «Ma non sei stato tu a costruirlo? Non lo dovresti sapere?».
A quel punto Mash cominciò a esagitarsi come posseduto, facendo capriole in aria ed emettendo squittii preoccupanti.
«Beh, che ha? Gli è partito un circuito?» domandò Chinoko perplessa, aggrottando le sopracciglia.
In tutta risposta, Mash se la defilò via veloce come un razzo, una forza impressionante in quelle alucce fuxia.
«...che caratteraccio» borbottò Sakuranbo, scuotendo la chioma dorata.
«Parla un' altra...»

***


"Ketanou-sama... riprenditi, per favore, riprenditi..."
Kanzou era seduta su una seggiola vicino a un lettino d' ospedale, su cui era steso il bel senpai, gli occhi e la bocca chiusi, come se fosse profondamente addormentato. I fili e i cavi che però lo tenevano legato alla vita svelavano la sua vera condizione. Bastava staccare una spina, e...
La ragazza scosse la testa, come per scacciare via quel funesto pensiero. I lunghi capelli nero carbone sbatacchiarono qua e là, oscillando leggermente.
Era riuscita ad andare a trovarlo con la scusa di essere la sua fidanzata. Una balla bella e buona, che l' aveva fatta arrossire tremendamente. Ma nessuno si era impicciato, l' avevano guardata con aria comprensiva e l' avevano fatta passare.
Ed ora si ritrovava lì, ad aspettare il nulla con occhi preoccupati.
Doveva fare i compiti. Doveva andare al Caffé. Doveva studiare. Doveva andare all' allenamento. Ma non ne aveva voglia.
In quel momento, desiderava solo stare lì a vegliare su Ogokami, pur sapendo che non si sarebbe svegliato solo perché lei era lì. Però, senza ogni buonsenso, ci sperava lo stesso.
"È tutta colpa di questo stupido progetto mew! Se non fosse mai esistito, lui non sarebbe stato colpito da Sakuranbo... perché Kisshu non avrebbe attaccato... anzi no, è tutta colpa degli alieni! Se loro non fossero arrivati a scassare le balle, Keiichiro e Ryou non avrebbero inventato nulla... e io sarei ancora a scuola a sbavargli dietro, senza avergli mai parlato.." pensò, con amarezza.
Sospirando, si alzò. Anche se fosse rimasta lì tutto il giorno, non sarebbe cambiato nulla, lui non si sarebbe mai accorto della sua presenza.
E poi aveva il terrore che i suoi genitori venissero a trovarlo e vedessero Kanzou lì, nella stanza, nota stonata di un grazioso sonetto.
Ed infine, stare in quella camera bianca, con il ronzio delle macchine di sottofondo e l' odore neutro tipico di ospedale le dava una strana sensazione di inquietudine. Come se fosse in trappola.

***


Altra dimensione.
Pai era solo, a lavorare sodo con una certa macchina d' ultima tecnologia che aveva quasi creato lui stesso da solo. Un genio, un prodigio, la sua mente era praticamente perfetta.
Ma se c' era una cosa in cui era totalmente, completamente deficiente erano le emozioni, i sentimenti, e tutti gli aspetti legati al lato più speciale dell' umanità.
Non riusciva a capire i terrestri.
Quelle mew mew... quella Yuzu... non aveva la minima idea di cosa frullasse nella testa della ragazza.
L' avevano certamente punita per quel voltafaccia della volta scorsa; come aveva potuto permettersi di rivolgersi alle altre mew mew per salvare quell' umano, con un Ankh così luminoso e limpido! Il Chimero uscitone era potentissimo, implacabile! Ma quelle sette l' avevano sconfitto comunque. Impensabile, andava contro ogni logica.
Eppure Kisshu l' aveva messo in guardia. L' aveva avvertito dei loro poteri, e Pai aveva sottovalutato le sue parole, attribuendo tutte le disfatte all' imbranataggine del fratellastro.
Kanzo era una furia nera, esattamente come Kisshu diceva.
Satou era una potenza sotto sembianze angeliche, esattamente come Kisshu diceva.
Riteneva le due ragazze le più forti. Doveva tenerle d' occhio, scoprire qualche loro punto debole.
Per questo c' era Yuzu.
Ma doveva fidarsi di lei? Quella ragazza era un arco sempre teso. Bastava irritare un po' la corda, che la freccia scattava saettando. Bisognava fare la massima attenzione a come trattarla.... forse, dopo le percosse, gli schiaffi e le umiliazioni inflitte, lei avrebbe potuto trovare un modo per vendicarsi.
"Forse non avrei dovuto maltrattarla. Non posso prevedere le conseguenze, ma questo l' ho capito: è estremamente vendicativa" pensò, cauto. Non si fidava minimamente di lei.
Stava riflettendo su questo, quando si materializzò Taruto. «Ciao! Che cosa stai facendo?» gli chiese, vivace come al suo solito.
Pai non alzò nemmeno lo sguardo dallo schermo. «Sto raccogliendo altri dati sui terrestri» rispose, neutro.
Taruto fece un sorrisino scettico. «Ma scusa, Pai, chi te lo fa fare? Sono creature così infime da essere prive di qualsiasi interesse... un branco di buoni a nulla!»
«Ognuno di loro ha delle specifiche capacità individuali. Sia per fisico che intelligenza, ciascuno ha caratteristiche soltanto sue. Non sono tutti stupidi, Taruto».
Secondo me sì. Sono esseri incompleti, che li rende inferiori a noi. Le loro prestanze fisiche sono patetiche... non possono neanche volare, le loro ossa sono pesanti come piombo! Abbiamo già vinto, non c'è di che competere!»
Stavolta, il giovane uomo alzò gli occhi color temporale sul fratellino e, con voce ed espressione terribilmente seria, decretò: «No. Ora è troppo presto per dirlo».

***


Sakuranbo si catapultò in tram con un balzo felino, e mezzo secondo dopo le porte si chiusero dietro di sé. Sospirò di sollievo; ce l' aveva fatta!
Si guardò intorno in cerca di un posto, e con orrore si accorse che era tutto pieno, straripante di gente quanto dei pastelli nell' astuccio di un bambino. I posti a sedere erano occupati principalmente da anziane vecchine, le quali quasi per defizione vengono definite innocue, che se ne stavano con quel certo ghigno compiaciuto tipico dei privilegiati. Loro potevano contare sulla coscienza della brava gente che cedeva volentieri loro il posto.
La ragazza, mentre lanciava loro occhiatacce, le invidiò e le odiò contemporaneamente e si promise di non lasciare mai il suo posto ad una vecchietta. I suoi occhi verdi allora cominciarono ad esplorare i posti in piedi e notò con impazienza come fosse impressionante la quantità di mani che potesse aggrapparsi ad un palo. Diverse tonalità di colore della pelle si susseguivano quasi per tutta la sua lunghezza.
"Ma guarda che bordello che c'è dentro questo stupido tram!" pensò stizzita e, altezzosa, camminò oscillando nella direzione di un minuscolo spazio libero vicino a un palo e prontamente, prima di cadere a terra, afferrò l' unico punto non occupato da mani. Era parecchio in basso e doveva stare leggermente incurvata per rimanere con i piedi saldi.... e si sentiva immensamente idiota. "Tsé, questa plebe non fa nemmeno spazio alla superba Sakuranbo-sama, futura regina del mondo e padrona di tutto! Vedranno cosa succederà quando sarò al potere! Decapiterò tutti questi qui!" pensò, in imbarazzo.
Sentiva dietro le sue gambe delle ginocchia, e non osò girarsi a guardare. Quel contatto la infastidiva, e aveva paura di finire in braccio a quella persona alla prima brusca frenata del mezzo.
Sentì dietro di sé dei risolini, e con la coda dell' occhio si mise a sbirciare: le gambe che aveva sentito appartenevano a un ragazzo carino seduto lì, accompagnato da un amico e una ragazza castana che se la rideva.
"Beh? Che ha questa baka da sghignazzare??" si chiese stringendo le labbra dal nervosismo. Voleva solo starsene in pace, pensare ai fatti suoi e fare un tranquillo viaggio in tram. Ma perché quella tizia ghignava così?
Sakuranbo si sentì metaforicamente parlando tirare una secchiata d' acqua gelida addosso. Ora aveva capito! Essendo lei in piedi, e lui seduto, gli stava praticamente ostentando il sedere in faccia!
In quel momento -inutile dirlo- rossa d' imbarazzo si girò velocissimamente, e dato che non c'è limite alla sfiga, andò a sbattere contro la schiena di qualcuno. "Ma porrrrrca....!" imprecò mentalmente, e con orrore il tizio si girò.
La bionda trattenne il fiato a bocca aperta; diamine, quel ragazzo era un figo della madonna!
Aveva gli occhi stranamente chiari, che la guardavano perplessi, i capelli scuri e un gran bel fisico. E soprattutto, stava molto vicino a lei, quasi una spanna da viso a viso. I corpi si toccavano.
Non era molto più alto di lei, perciò, se il tipo si fosse abbassato anche solo di qualche centimentro, le sue labbra...
Qui il pensiero di Sakuranbo s' interruppe, e le guance tornarono porpora, mentre fantasie strane e inquietanti si formavano nella sua mente. "Oh DIO perché continua a guardarmi in questo modo? Praticamente non sbatte le palpebre! E la sua bocca è così vicina... non vorrà mica baciarmi? No, ma va, cosa sto pensando? Devo preparare il rotolo alla nutella per domani. C'è l' interrogazione di statistica, santo cielo che palle! E voglio farmi un bagno. Ma perché questo dannato ragazzo non si gira a guardare da qualche altra parte? No,no, ora mi bacia. Oddio, come Kisshu! Ma in quale circostanza si bacia la gente? Ormai non capisco più niente, pensavo che prima bisognasse stare insieme. Madonna che begli occhi azzurri, ma da dove verrà? Mia madre mi sgriderà di sicuro... e questo sta per baciarmi!" e in preda a questo inusuale flusso di coscienza, la mew mew combatteva contro l' istinto di urlargli dietro di smetterla di fissarla.
E poi, tutt' a un tratto, mentre il tram frenava per la prossima fermata, il bel ragazzo le diede le spalle e senza dire una parola raccolse il suo zaino da terra e si avviò verso l' uscita, proprio mentre le porte si aprivano.
E Sakuranbo ci rimase di sasso.
Ok, non aveva senso aspettarsi qualcosa da uno sconosciuto su un mezzo pubblico, ma quelle occhiate significative non significavano proprio niente?
Perplessa ed alterata, la bionda vide entrare un giovane alto almeno un metro e novanta, e disgustata notò che si dirigeva proprio verso la sua direzione. Lo spilungone afferrò il punto libero più alto dell' intero palo, mentre Sakuranbo si accorse che la sua mano era esattamente all' altezza del basso ventre dello stangone. "Oh merda, devono capitare proprio tutte a me oggi?!"
L'unica era aspettare la propria fermata in sacrosanto silenzio, non guardare assolutamente l' albero ambulante e pensare ai fatti suoi.
"Ricapitoliamo. Oggi quella scansafatiche di Kanzou non è venuta al Caffé, e quindi ho dovuto sostituirla io... che onta, per una regina come me! In ogni caso, bisogna capire perché. Studiare? Non penso, ce la facciamo tutte noi tra le pause e a casa. Sport? So che ce l' ha la sera tardi, ma forse aveva una qualche partita. Un appuntamento con qualcuno??" rifletté Sakuranbo, aggrappandosi a qualsiasi pensiero pur di ignorare la realtà che aveva davanti. "Sì, potrebbe benissimo essere uscita con delle amiche... o con un ragazzo!".
A quel punto il tram si fermò di nuovo, e il ragazzo oscillò per sbaglio in avanti... arrivando a sbattere contro la mano della bionda, che lo fissò a bocca spalancata. Ma... ma come si permetteva!!
La ragazza notò con infinito sollievo che quella era la sua fermata, e lanciando uno sguardo truce a tutti i presenti, uscì in tutta fretta dal mezzo, sibilando: Arriverà un giorno in cui la mia vendetta sarà implacabile!
Ripreso il contegno, ma senza smettere di borbottare tra sé, Sakuranbo si diresse alla libreria dall' altro lato della strada. Doveva comprare un libro per la discussione in classe di letteratura, e tanto valeva leggerlo sul serio invece di guardare le recensioni su internet. Entrò, facendo alzare lo sguardo del commesso.
Lei era una di quelle che tutti si girano a guardare. Con i capelli biondi e gli occhi verdi, non poteva passare inosservata. Tanto più che era così di natura; non era tinta, e non portava lenti a contatto. Era magrissima, con le gambe lunghe da airone. Forse troppo secca e spigolosa, ma bellissima. E stava iniziando a rendersi conto dell' effetto che faceva sulla gente.
Ignorandolo, gironzolò un po' per la libreria, in cerca di qualche titolo stuzzichevole. Avrebbe trovato da sola ciò che le serviva, non c' era bisogno di chiedere aiuto.
Si fermò nel reparto di letteratura straniera, quello che preferiva, e notò una ragazza alta e magra che, dandole le spalle, sfogliava qualcosa.
"Quelle sono le forme ed i capelli di Kurumi-chan..." pensò, e s' avvicinò con nonchalanse per guardarla di profilo.
Era proprio lei! «Ehilà, Sheru-chan!».
L' amica si girò, con un sorriso stentato. «Oh, ciao, Sakuranbo!».
«Che ci fai da queste parti? Tu non abiti qui vicino, no?»
«Sono venuta a trovare Hinata... sai, non so se te l' ho detto, ma è mia cugina» spiegò, chiudendo il libro che teneva in mano.
La bionda s' irrigidì, stupita. «Oh. No, non credo» rispose, arcigna. "Ma perché tutti devono essere cugini di tutti? Il mondo è proprio piccolo..." pensò, provando un fastidio involontario al pensiero di Hinata e Itsuki contemporaneamente.
"Itsuki non mi scrive da un sacco di tempo..."
«Sì beh, lei vive qui in zona, e prima di andare a trovarla ho fatto un salto alla libreria... prendiamo insieme questo Bocchan di Natsume Soseki? Prima che Kakogan inizi a stressarci...».
«Ok, sarebbe meglio!».
Stavano proprio per incamminarsi, quando un rumore assordante di vetri rotti le fece frenare bruscamente. Si girarono, e trovarono davanti a sé uno spettacolo orribile: decine di Chimeri non ben definiti, simili ad acari della polvere in formato magnum, con delle specie di proboscidi da formichiere e occhietti da mosca occupavano tutto un corridoio. La poca gente presente si guardava intorno schifata e impaurita, e cercava di raggiungere l' uscita in tutta fretta.
«Che cosa ci fanno qui dei Chimeri?» sussurrò Sakuranbo all' orecchio di Kurumi, che scosse la testa alzando le spalle.
Pai si materializzò con un' espressione attenta. Si trovava in un posto zeppo di libri, e questo l' affascinava non poco. «A quanto pare è una banca dati dei terrestri. Un archivio analogico... ci vorrà del tempo, ma dovrei trovare tutto ciò che mi è necessario sapere per le mie ricerche» si disse, pensieroso. «ANDATE!» ordinò alle sue creature, che gli obbidirono subitanee.
Quelle scattarono dappertutto, attaccandosi ai libri e cominciando a succhiare le pagine, sucitando ribrezzo da parte dei presenti, che se la svignarono a gambe levate.
«Questo è il momento buono, se ne sono andati via quasi tutti... Mew Mew Kurumi, metamorphosis!» esclamò, trasformandosi. Spuntarono le orecchiette, la coda liscia e il vestito bronzeo, ed ecco Mew Kurumi pronta all' attacco, con il suo lungo bastone per le bolle in mano.
«Ribbon Kurumi Maze!» disse, mentre la compagna si trasformava. Una scia di bolle multicolore sfrecciò verso un paio di Chimeri, che si dissolsero all' istante.
L' alieno si girò a guardarla, indispettito. Non si sarebbe aspettato di avere la sfiga di trovare le eroine proprio lì, in quella precisa costruzione. Voleva soltanto che i Chimeri assorbissero tutto quel sapere, per poi farlo trasferire in qualche file e studiarselo in santa pace. E invece no, quelle pesti erano lì a impedirgli pure quello. «Fuu Hyou Sen!» gridò, agitando quel suo strano ventaglio contro la ragazza-lontra. Una tempesta di ghiaccio si scagliò contro la poveretta, che la tigrotta prontamente la prese per il polso e la trascinò via. Almeno aveva sempre i suoi riflessi felini, anche se non sapeva usare la sua arma, che funzionava da sola quando ne aveva voglia. Forse era difettosa. Avrebbe dovuto parlarne con Keiichiro..
«Arigatou, Mew Sakuranbo!» ringraziò, nascosta dietro lo scaffale del reparto Hobby e Cucina.
«Figurati, salvare il mondo è il mio dovere... Per il futuro della Terra, saremo a servizio! Nyan!» esclamò, muovendo le mani come un gatto.
Mew Kurumi la fissò col suo solito sguardo intelligente, stupendosi di come potesse sdrammatizzare in ogni situazione. Non aveva il cuore in gola quando combatteva? Non si sentiva il fiato corto e la mente appannata dal puro istinto?
«Cerca di distrarre l' alieno mentre cerco di mettere insieme un attacco più potente, ok?» le chiese, alzandosi in piedi.
La rossa la guardò con aria supplice. «Ma.. ma.. devo proprio?» mugugnò, lanciando un' occhiata indietro con gli occhi color sangue.
«Vai!» sibilò, concentrandosi. Doveva far fluire tutta la sua energia nell' oggetto che impugnava, e non era semplice con tutti quei Chimeri intorno a distrarla e l' istinto di sopravvivenza che le strillava: FUGGI, DEFICIENTE!!
Mew Sakuranbo, dal canto suo, non sapeva che cosa fare per distrarre Pai. Forse correre per tutta la libreria cantando An Die Freude sarebbe stato sufficiente? Ricordò le parole che aveva detto Shikimi una volta: lei era l' elemento comico del gruppo. Prendendo un gran sospiro, la ragazza si tirò in piedi, seria.
E cominciò a cantare.
«FREUDE SCHONER GOTTERFUNKER, TOCHTER AUS ELYYYYYYSIUM, WIR BETRETEN FEUERTRUNKEN HIMMLISCHE DEIN HEILIGTUUUUUUUUUUM!» gridò, saltellando in giro come una pazza.
Immancabilmente, questo distrasse Pai. Questo distrarrebbe chiunque, in effetti.
Indeciso se essere sbigottito o irritato, l' alieno inarcò le sopracciglia, confuso. Che diavolo stava facendo quella matta? Gli umani potevano sul serio essere così tanto fuori di testa, o lei era un' eccezione? «Inseguitela!» ordinò ai Chimeri, e così, pedinata da una scia di esseri raccapriccianti, Mew Sakuranbo continuava imperterrita a saltellare alla Heidi cantando a pieni polmoni: «ALLE MENSCHEN WERDEN BRUUUUUDER, WO DEIN SANFTER FLUGEL WEEEEEILT!».
A spezzare questa scena assolutamente priva di senso, le bolle di Mew Kurumi raggiunsero l' orda di Chimeri. Un miliardo di bolle d' ogni dimensione e colore; quegli esseri non potevano competere con il veleno racchiuso all' interno.
Quelli esplosero, scoppiarono, si sciolsero tra le note stonate della rossa, che alzò le braccia in aria in modo trionfale mentre, dietro di lei, si compiva uno sterminio. Così messa terminò il suo inno, durante in quale, nell' ultima sillaba, morì l' ultimo Chimero. Mash, comparso dalla borsa di Kurumi, stava iniziando a fare piazza pulita di meduse. Alla fine aveva smesso di fare l' offeso, ed era tornando carino e coccoloso come al solito.
Pai si era già smaterializzato da un pezzo, così che nella sala erano rimaste solo le due mew mew.
Mew Kurumi batté le mani con un sorriso a fior di labbra, mentre Mew Sakuranbo s' inchinava, per poi ridere dal sollievo.
«Bhe, alla fine, SupperSakuranbo ha salvato ancora il destino dell' umanità!» si rallegrò, con finta (finta? siamo sicuri? ;D) superiorità.
La ragazza-lontra si ri-trasformò, tornando allo stato normale. «Ti prego, ti prego, ti prego, Sakuranbo, fa' in modo di essere sempre tu l' elemento di distrazione!» esclamò, ridendo. «Tra parentesi, non sapevo che sapessi il tedesco».
«Ho già rischiato la vita troppe volte, io! La prossima volta prendiamo Shikimi e le tiriamo giù il top. Voglio proprio vedere se non distrae!» rilanciò, storcendo la bocca. «E neanche io sapevo di sapere il tedesco».
«Ah... Potrebbe funzionare. Ed ora sbrighiamoci, così riusciamo a prendere il nostro libro... gratis».
Le due se ne uscirono con tutta calma da quell' inferno, con Bocchan dentro un sacchetto, e la polizia, i pompieri e compagnia cantante che arrivava verso l' edificio mezzo distrutto.
Kurumi osservò quelle luci rosse e blu, guardandole senza realmente vederle. Impresso nella sua mente c' era lo sguardo di odio e disprezzo dell' alieno, quella freddezza e quel distacco che celevano, ne era sicura, qualcosa di più nascosto e profondo, come una forte invidia per il mondo che avrebbero potuto avessero avuto più fortuna. A palpebre aperte o chiuse, lei riusciva a vedere sempre la stessa cosa: quegli occhi plumbei dalle pupille sottili che sembravano torce gelide quanto laceranti.
Gli occhi di Pai Ikisatashi.
  
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