Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: GaTTaRa PaZZa    02/01/2012    0 recensioni
Cosa sarebbe successo se Ryou e Keiichiro avessero scelto altre ragazze con il DNA compatibile a quello degli animali codice rosso? Se invece di Ichigo, Minto, Zakuro, Purin e Retasu avvesero trovato altre candidate?
Questa fiction è un adattamento delle puntate dell' anime secondo il carattere di queste altre mew mew (vedrete moltissime similitudini e citazioni, le battute a volte sono anche le stesse, a volte con varianti). Noterete che le mew mew non saranno cinque, ma ben sette. Sono ispirate alle mie amiche più intime, non potevo tralasciarle!!
Spero vi piaccia, commentate negativamente o positivamente, voglio sincerità! :)
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Kisshu era pensieroso.
Si ritrovava in un quartiere poco trafficato, non sapeva quale, a occhio sembrava quello industriale ma non gliene fregava niente: almeno poteva starsene in pace seduto su un tetto senza che nessuna vecchietta si allarmasse o lo spiasse dalla finestra per controllare se si drogasse o no. Dritto davanti a sé stava una misera grata a mo’ di recinzione; sì, come se una inferriata di acciaio scadente servisse sopra uno stupido tetto. Potevano sembrare parecchio babbei, i terrestri.
Subito dopo la batosta ricevuta dalle mew mew si era materializzato nell’ altra dimensione, e aveva avuto un colloquio con Deep Blue.
Era furente: non aveva potuto sopportare l’ ennesima sconfitta, e gli aveva fatto una cazziata.
“Non ci siamo Kisshu, hai fallito anche questa volta” aveva detto, con aria scostante e stizzita. Avrebbe voluto lanciargli un sasso addosso: peccato che a una sfera luccicante non facesse niente e che, soprattutto, non c’ erano sassi in quella dimensione verde oscura.
Avrebbe voluto gridare che allora avrebbe dovuto alzare le chiappe e cercare di uccidere le ragazze con le sue forze, invece di sfruttarlo in quel modo, e tanti saluti. Ma non lo fece, trattenendo a stento l’ irritazione.
“È successo qualcosa che non potevo assolutamente prevedere, come avrei potuto immaginare che…” aveva tentato di rispondere. Voleva spiegare il disarmante e impensato potere di mew Sakuranbo, quel raggio fatale capace di uccidere chi lo fissa troppo a lungo, una capacità che la tigrotta non aveva mai manifestato prima di allora, ma la voce acida di Deep Blue l’ interruppe con ostinazione. “Non dire altro, non ne posso più delle tue patetiche scuse. Ho già messo a punto una soluzione alternativa”.
E ancora non sapeva quale cavolo fosse la soluzione alternativa. Cosa poteva fare una sfera stroboscopica bianca se non aveva nemmeno delle braccia e delle gambe? Come riusciva a fare qualcosa senza un aiutante, o meglio, un servo?
Perché non era altro che uno schiavo lui, lo sapeva benissimo. Servitore di cosa, poi? Che cosa era Deep Blue? Sembrava quasi l’ ultimo stadio di un dio dimenticato da tutti, nella sua ultima fase prima di scomparire nel nulla. Sì, perché un dio esiste finché c’ è qualcuno a credere in lui. E nel suo pianeta tutti avevano ormai smesso di prestare fede in una divinità tanto crudele, che aveva reso invivibile le terre e impossibile la vita. Ed ora si era trasformata in uno spirito piccolo e impotente, alimentata da pochissimi devoti. Kisshu non sapeva neanche se ne faceva parte; ok, sapeva ch’ esisteva, ma perché doveva crederci ? Era come idolatrare una candela. Sapeva che c’era, ma perché venerarla? Che senso aveva? Deep Blue era anche peggio di una candela... un fermacarte a forma di pastorella: totalmente inutile e incapace ad aiutare i problemi della gente.
«Che cosa stai facendo tutto solo sul tetto?» domandò una vocetta acuta e curiosa, da ragazzino.
Quella voce… sembrava quella di… eppure non poteva essere, che ci faceva sulla Terra? Doveva essere un bambino venuto a giocare su… un tetto?! No, non aveva senso.
Perplesso, si voltò, inarcando le sopracciglia. Non c’ era nessuno. Che cavolo, era diventato pure pazzo ora? Aspettò qualche segno di vita prima di rispondere.
«Sei davvero patetico… come hai potuto farti mettere in ridicolo da un branco di essere umani?» aggiunse, beffarda ed impertinente. Subito dopo, un ragazzetto dai capelli castani legati in due codine alte ai lati della testa, il corpo magrissimo coperto da dei pantaloncini a sbuffo blu e una maglietta rossa praticamente inesistente sul petto comparve su un grandissimo camino circolare tipico di una fabbrica. La carnagione era nivea, e le orecchie lunghe e appuntite risaltavano sul viso stupendo da elfo. Gli occhi erano grandi, di un bell’ arancione ambrato.
Di fianco a lui c’ era un altro alieno, alto, magro ma più sviluppato degli altri due. Spalle larghe, fisico slanciato. Doveva avere almeno due o tre anni in più di Kisshu. I suoi corti capelli erano d’ inchiostro nella notte buia, e gli occhi sottili da felino pure. Aveva uno sguardo terribilmente apatico. Non stupido, tutt’ altro, brillava d’ intelligenza, ma era proprio impassibile. Sul profilo del viso maturo c’ era una ciocca intrecciata in uno spesso nastro grigio-verde.
Il ragazzo dai capelli verdi era a dir poco sbalordito: «Taruto? Pai? Che ci fate qui?» chiese, visibilmente stupido ma anche innervosito. Doveva averli mandati Deep Blue, perché riteneva che fosse troppo idiota per farcela da solo con la sola compagnia di una terrestre. Questo l’ infastidì; se gli avesse concesso più tempo, ce l’ avrebbe fatta di sicuro…
«Oh stai tranquillo, ora che si siamo qui noi riusciremo a togliere di mezzo quella squadra di guastafeste in men che non si dica!» esclamò Taruto allegramente, con un sorriso entusiasta.
Illuso, credeva davvero che ce l’ avrebbero fatta in così poco tempo? Kisshu gli lanciò uno sguardo sarcastico; lo credeva veramente così fesso da non riuscire a uccidere sette ragazze, se loro non fossero state così imprevedibilmente forti? «Sei un ingenuo. Ti sfido ad eliminarle tutto solo, senza l’ aiuto dei tuoi fratelloni. Voglio proprio vedere se ci riesci!».
Il piccolo aggrottò le sopracciglia, offeso. «Credi che sia così inetto da non farcela?!»
«Potrei farti la stessa domanda, pivellino»
«Già iniziate a litigare, voi due?». Quella voce fredda e tagliente, da uomo, era di Pai. Sembrava leggermente infastidito, il che significava che fosse altamente infastidito.
Gli altri tacquero.
«Così va meglio… Ora, vorrei andare a raccogliere alcuni dati sul comportamento delle terrestri. Potresti anticiparmi qualche informazione rilevante?» domandò serio il moro, rivolgendosi a Kisshu. Sembrava un robot, solo con una parlata vagamente meno meccanica.
«Non so cosa vuoi sapere. Se vuoi scoprirne di più sulle mew mew, basta che chiedi a Yuzu» rispose l’ altro indifferente. Sempre che riuscisse a trovarla… chissà perché, di notte non riusciva mai a rintracciarla. Tranne in quel giorno chiamato “domenica”, in cui dormiva tutto il pomeriggio fino alla mattina dopo.
La faccia di Pai sembrò stendersi in un lieve disgusto, il che presumibilmente significava che era disgustato davvero. «Non ho intenzione di intraprendere un’ interazione sociale, seppur per lavoro, con una nemica» affermò, cinico.
Taruto sembrava divertirsi. «Eddai Pai, Deep Blue ci aveva avvisato che una di loro si era schierata dalla nostra parte, tanto vale tenersela buona finché non la leviamo di mezzo» gli suggerì in tono cordiale, solare come al suo solito.
«Non possiamo fare affidabilità su un’ avversaria. Mi chiedo come tu abbia potuto collaborare con lei, Kisshu». L’ acidità di Pai non agitava più nessuno da tempo; lui si comportava sempre così.
«E io mi domando come tu non riesca a vedere l’ utilità di una rivale nel gruppo. Sa tutto, è una fonte d’ informazioni importantissima» gli fece notare Kisshu, orgoglioso di Yuzu come una mamma ad un incontro genitori-docenti.
Taruto annuì con convinzione, perfettamente d’ accordo.
Pai ci pensò su per qualche secondo, anche se ovviamente non lo diede a vedere. Rimase impassibile come una statua. «D’accordo. Bisogna eseguire gli ordini di Deep Blue fin da subito. Come posso rintracciare la terrestre?» chiese, con enorme distacco. Sembrava che si stesse offrendo con grande rammarico a pulire il bagno di un autogrill.
«Non puoi rintracciare la terrestre ora. Adesso seguitemi, voglio farvi vedere la nostra nuova casa» annunciò con un sorrisetto, mentre il viso un po’ tondo di Taruto si accese di interesse.
Kisshu si sollevò da terra per chissà quale legge fisica, e gli altri due lo imitarono.
«Nuova casa? Come hai fatto a trovarne una disponibile?» s’ informò il piccolo mentre, aumentando la velocità, volò vicino a Kisshu.
«Oh, i proprietari sembravano così felici di offrirmela…» rispose sogghignando l’ alieno con i capelli color foresta. Di fianco a lui, Pai alzò gli occhi al cielo. Probabilmente lui avrebbe ideato un piano migliore per impossessarsi dell’ abitazione senza destare sospetti, ma Kisshu era a favore del ‘Si Fa Prima Ad Ammazzare Tutti Piuttosto Che Arrovellarsi In Piani Inutili E Troppo Complicati’.
Taruto capì al volo, e rispose con un sorrisetto complice. Dopo poco calò il silenzio più profondo, e ovviamente fu lui a interromperlo con una frase gioiosa e spensierata: «Scommetto che sarà divertente la permanenza sulla Terra».
Illuso!

***


Yuzu era da poco tempo riuscita ad affittarsi un appartamento super economico con i soldi ricavati dai numerosi concerti.
Era microscopico, all’ ultimo piano di un edificio malandato e traballante. Le rate erano mensili, e temeva di non riuscire a rimanerci nemmeno per una sessantina di giorni.
Le tubature facevano un rumore mostruoso, l’ acqua bisognava farla scorrere per cinque minuti prima che diventasse trasparente e resisteva a forza di toast e cibo in scatola in offerta.
Il letto fungeva da divano in salotto, o qualcosa di simile a un soggiorno, e dava sul tavolo dove mangiava. Niente tv ovviamente, niente radio. Niente di niente se non l’ essenziale.
Eppure, era felicissima di essersi sbarazzata della sua disastrosa famiglia. Faceva male solo a pensarci, a quell’ ambiente deprimente e tetro, sempre squillante di urla, litigi, bestemmie.
Quel mini appartamento, a confronto, era il paradiso.
Poteva invitare chi le pareva per la notte. Bere birra di scarsa qualità in pace. Starsene tranquilla tutto il giorno. Era così bello che di certo non sarebbe durato.
Un altro mese, e sarebbe rimasta nuovamente appiedata.
Era mercoledì mattina e lei, rincoglionita di sonno, mangiava latte e cereali in mutande e reggiseno, indecisa se prepararsi del caffè istantaneo oppure no. Da una parte, doveva trovare il modo per non addormentarsi in classe, e dall’ altra il caffè mattutino le dava sempre un senso di nausea.
Alla fine, fiduciosa delle proprie capacità, decise che poteva stare sveglia anche senza l’ aiuto della caffeina. Prese la ciotola sporca di latte e aprì il rubinetto, aspettando che quella fogna marrone si trasformasse in acqua.
Fischiettando, prese la spugna dal lavabo e iniziò a pulire. Diede uno sguardo alla stanza: per terra c’ erano il vestito della sera prima e la propria biancheria intima (niente di troppo lingerie-oso, non poteva permettersi quel genere di cose) e si sentì totalmente felice riguardo il fatto che nessuno le avrebbe ordinato di mettere a posto quel casino. Mentre con un sorriso sistemava la ciotola su una mensola scrausa, un fruscio di vestiti catturò la sua attenzione.
Si girò, e rimase sbalordita da quel che vide.
C’ erano tre alieni dentro casa sua. Due dei quali non aveva mai visto in vita sua, e di cui non sapeva neppure dell’ esistenza.
Boccheggiando, cercò di formulare una domanda, ma mentre riordinava i pensieri li fissò in faccia. Tutti avevano un colore più sul rosa scuro che sul bianco e si guardavano intorno con il classico modo di fare di chi vorrebbe trovarsi in tutt’ altro posto in tutt’ altro momento.
Ingenuamente si chiese il perché…. E poi si rese conto di essere in mutande. Alzò gli occhi al cielo con un sorrisetto arrogante. «Andiamo, mai vista una ragazza?» chiese, sarcastica, e notò che la sua stessa voce non era sfottente e sagace come al solito, ma piuttosto nervosa.
Prima di sentire alcuna risposta, decise che era meglio aggiungere qualcos’altro: «Kisshu, questo me lo devi spiegare».
L’ interpellato si girò per guardarla in faccia, ma quelle guance rosee non accennavano a schiarirsi. «Ah -ehm. Volevo farti sapere che d’ ora in avanti faranno parte della missione anche i miei fratelli Pai e Taruto» disse, indicando in ordine di elencazione gli altri due, misteriosamente silenziosi.
«Ah. Ok. Beh, ciao. Ehm. Perché non vi sedete?» domandò, ormai contaminata dall’ imbarazzo generale. Voleva andare a mettersi la divisa scolastica, ma era poggiata sullo schienale del letto-divano, e il suo istinto volpesco le consigliava di tenersi alla larga da quelli là.
Kisshu si sedette e gambe incrociate, quello che si chiamava Pai preferì poggiarsi al muro con la schiena e quello piccolo e carino si sistemò sul letto.
Sospirando, si avvicinò al letto e furtivamente afferrò la gonna e la casacca. La sua divisa era completamente, totalmente nera, ad eccezione dei bottoni argentati.
Così, mentre quello alto guardava con insistenza per terra (oh, forse avrebbe dovuto anche mettere nel sacchetto delle robe da lavare le mutande sul tappeto), Kisshu si sdraiava con apparente disinvoltura e Taruto giocherellava con il fiocchetto della sua maglietta, la ragazza si vestì più in fretta che poté.
Recuperata un po’ di dignità, si sedette sul tappeto arancione che le aveva regalato la zia e con nonchalance buttò gli abiti usati sotto il letto. «Allora, cosa volevate di preciso?» chiese, sistemandosi i capelli alla bell’ e meglio.
«Siamo venuti qua per esporti il nuovo piano, e Pai voleva farti qualche domanda» spiegò Kisshu, e sembrava un sacco un mediatore.
Yuzu scoccò un’ occhiata a Pai; non sembrava un tipo da fare domande, era così zitto. Lui comunque non ricambiò affatto l’ occhiata e rimase a braccia incrociate a guardare il pavimento. Dio, cosa c’ era di così interessante su quel preciso punto per terra lo sapeva solo lui.
«Ok, aggiornami sulle nuove fusioni. Ah, non ho fatto neanche l’ ospite per bene… volete qualcosa da mangiare? Vi avverto, ho solo cereali, latte, caffè istantaneo, mais in scatola e forse della birra» li avvisò, cercando di trattare quei tre misteriosi, interessanti e strani fratelli come avrebbe trattato chiunque altro.
Taruto sembrò interessarsi: «Cos’è la birra? E il… caffè istantaneo?» domandò con vocetta acuta, curioso. Aveva degli occhioni giganteschi, dello stesso arancione che aveva lei da trasformata. Era proprio kawai.
Yuzu cercò di non stranirsi: «Sono delle bevande. La prima è alcolica, non credo proprio di potertela offrire» spiegò, trattenendosi dallo scoppiare a ridere. Era assurdo non conoscere la birra.
«Cosa vuol dire alcolica?» insistette, inclinando la testa leggermente di lato. Ommioddio, le era venuto l’ istinto di mettersi ad abbracciarlo. Sembrava un peluche meno peloso.
«Oh, come posso spiegartelo… l’ alcool è una sostanza che… insomma, dà un po’ alla testa. Se ne bevi poco, ti fa allegro e leggero, se ne bevi tanto… prima ti senti senza pudore, ti si svuota la mente, sei carico di adrenalina e diventi anche immensamente ingenuo. Dopo passi ore in bagno a vomitare, perché troppo alcool fa male al fegato» riassunse, e sentì degli occhi in più scrutarla. Aveva catturato l’ attenzione della statua di gesso.
Ma lei l’ ignorò e guardò Kisshu; faceva tutto il saputello, ma la mew mew dubitava che conoscesse quello che stava dicendo.
«Ma che senso ha assumere questa sostanza, se è nociva per il funzionamento del proprio sistema?». Questo tono profondo ma non troppo era nuovo; si girò a osservare Pai, e notò per la prima volta quegli occhi grigi come il piombo. Era la versione maschile di Yuki Nagato dell’ anime Haruhi Suzumiya no Yuutsu, o cosa?!
«Serve a non farti pensare. A farti dimenticare per un attimo tutti i problemi, tutti i pensieri che ti appesantiscono il cervello. Ti regala l’ autostima, la felicità, la spensieratezza per qualche ora» spiegò, scrutandolo con diffidenza e attenzione.
Di nuovo calò il silenzio. Yuzu, sospirando, si chiese cosa imponeva il bon ton alieno; magari si aspettavano che facesse qualcosa, ma non aveva idea di cosa. «Beh, raccontatemi del piano»
Kisshu scosse la testa. «Non qui. Vieni, ti portiamo alla nostra base».
Così, spinta dalla curiosità, si aggrappò al braccio del verdino e immediatamente si smaterializzarono.
Nel punto in cui erano scomparsi, lo spazio ondeggiò.

***


«Ok, fatemi capire, forse non ho inteso bene… la “vostra base” sarebbe questa casetta piuttosto caratteristica sperduta in un bosco?». Yuzu si stava guardando intorno con un sopracciglio alzato e uno sguardo perplesso. Si sarebbe aspettata di trovarsi un altro pianeta, in un qualche posto lucido e pieno di macchinari alieni complessi da film di fantascienza; invece, eccoli nel salotto di un qualche sconosciuto con un bellissimo acquario di pesci tropicali. Fantastico.
«Oh, l’ altra base non possiamo mica fartela vedere! È riservata!» commentò Taruto altezzoso, dandosi aria d’ importanza.
«Ah, ma allora ce n’ è un’ altra!» esclamò la ragazza già più interessata, facendo un sorriso sornione.
Taruto la guardò interdetto, le orecchie a punta basse. Ecco, non avrebbe dovuto dirlo.
«Sì, ma tu, terrestre, devi starne fuori». Questo era naturalmente Pai: la mew mew l’ aveva già inquadrato. Freddo, distaccato, glaciale, uno di quei super cattivi da film senza sentimenti. Stranamente però non si trovava a disagio; era così prevedibile e scontato che sicuramente non sarebbe uscito dagli schemi di qualche assurdo piano congegnato alla perfezione, che solo una mente lucida e geniale poteva creare. Ok, faceva un po’ di inquietudine, ma bisognava ricordarsi che anche lui era un comune mortale… forse.
«D’accordo, alieno lo apostrofò scocciata, usando lo stesso tono usato da lui in precedenza. Sentì uno sguardo infuocato perforarle il viso, ma non ricambiò l’ occhiataccia. Non le sembrava il caso di iniziare una rissa con un alleato.
«Ehm, allora, volevo chiederti se conoscessi qualcuno con una forza vitale molto forte…» l’ interruppe Kisshu, sistemato comodamente su uno dei divani ad L beige dall’ aria costosa.
«Senti vecchio, io non so cosa voglia dire. Il mio ruolo qui è solo d’ informatrice, e ci posso pure mettere qualche potere sovrannaturale di mezzo, ma individuare la luminosità di un... Ankh… quello è il tuo mestiere» rispose, sedendosi sul tappeto persiano. Ma di chi cavolo era quella casa?
«Dev’ essere qualcuno con un’ anima pura» insistette, ma non con troppa voglia. Sembrava desiderasse solo rimanere svaccato su quel divano.
Yuzu scoppiò a ridere, destando la confusione degli altri tre. «Anima pura? Mi spiace, non conosco proprio nessuno con questa qualità. La gente con cui mi sento non ha proprio questo requisito, purtroppo» disse freddamente, con un’ ironia tagliente che quasi spaventava.
Taruto alzò il faccino tondo e l’ inchiodò con quegli occhi decisi color tramonto, di un’ intensità notevole per un ragazzino così piccolo. Chissà quanti anni aveva…
Sembrava volerle dire qualcosa, qualcosa d’ importanza capitale, ma non lo fece. Stette buono e in silenzio trasmettendo quella domanda muta con lo sguardo. Santo cielo, era proprio tenero!
«Hai ragione. Sulla Terra sono tutti marci dentro» concordò Kisshu con uno sbuffo.
«Vorrei dirti che hai torto… ma non è così, no» sospirò la rossa scuotendo la testa rassegnata.
«Strano sentirlo dire da te» commentò Pai in tono impassibile. Forse voleva essere sarcastico, ma non gli riusciva granché bene. Era troppo apatico.
«E perché? Io sono realista. L’ umanità è nata malvagia, e deve sparire. Non ha fatto altro che male, dal primo istante in cui ha scoperto che un ciottolo appuntito può uccidere». Ecco. Com’ era cruda e pragmatica, quella ragazza.
Il piccoletto strabuzzò gli occhi, incapace di concepire che qualcuno potesse insultarsi da solo.
Kisshu invece era ormai abituato alla filosofia di Yuzu, e non ci faceva troppo caso, nonostante non finisse mai di stupirlo.
Pai, invece, sembrava quasi affascinato da quella mentalità. Doveva esserle successo qualcosa di tremendo, se la pensava in quel modo. «Perciò è per questo che sei nostra alleata?» domandò scettico.
Yuzu si girò con un sospiro e un’ occhiata truce. «E perché, altrimenti? Mi credi davvero così codarda? Loro sono sette, voi tre. Secondo la logica dovrei essere dalla loro parte» gli fece notare, una leggera nota irritata nel tono altrimenti paziente.
«Tsk, figuriamoci! Noi siamo mille volte più forti!» s’ intromise Taruto tutto orgoglioso, gonfiando il petto con fare fiero.
«Peace ☮, fratello, non è una competizione. E comunque fidati, le mew mew sono potenti. Altrimenti perché il signorino avrebbe chiesto il vostro aiuto?»
«Ehi, non ho chiesto il loro aiuto, me li ha affibbiati Deep Blue…» brontolò Kisshu offeso, interrotto subito dal fratellino: «Dovresti ringraziarci! Deep Blue ci ha chiamati perché sei un incapace e dobbiamo starti dietro…».
«Ringraziare addirittura? Neanche per sogno! Se quell’ irriconoscente mi avesse dato più tempo…»
«Non osare chiamare Deep Blue ''irriconoscente''!»
A quel punto cominciarono a sgridarsi nella loro lingua natia, e la ragazza non poté far altro che sogghignare alla vista di quegli strani personaggi battibeccare in quel linguaggio così misterioso ed interessante. Sarebbero stati benissimo dentro un libro.
"Ancora quel nome. Deep Blue. Il loro leader... Kisshu non me ne parla molto, chissà come mai... bah, non sono fatti miei" pensò Yuzu, un po' curiosa. Chissà perché lo chiamava in inglese anziché in giapponese. Forse era una sorta di nome in codice... mah.
Così, mentre i tre si confrontavano in un libero ed aperto scambio di opinioni, la mew mew si diresse in cucina a cercare qualcosa. Magari c’ era qualche cosina da mangiare…

***


Ketanou era all' ospedale, ed in coma.
Questo era il pensiero fisso di Kanzou; continuavano a tormentarla i ricordi del giorno precedente. Lei e le altre che lo trascinavano in infermeria già ritrasformate, le infermiere incredule che volevano una spiegazione, e Chinoko che stava per dire la verità quando Satou l' aveva interrotta raccontando che aveva avuto un mancamento...
E così, da un lettino dell' infermeria scolastica era stato spostato a quello di un ospedale. E non si era ancora ripreso.
Eppure non era nemmeno colpa di Kisshu; era stata Sakuranbo con il suo attacco a sorpresa, che probabilmente non sapeva nemmeno di avere, a farlo star male. E il peggio era che non poteva nemmeno prendersela con lei, dato che non poteva assolutamente preverderlo.
Così Kanzou passava le ore di biologia, a preoccuparsi per un ragazzo che conosceva a malapena ma a cui si era affezionata. E si diceva anche su da sola per la pateticità della situazione.
Sperava almeno di ricevere un po' di conforto dalle altre; Sakuranbo evitava semplicemente di parlare, forse perché in preda a sensi di colpa, Yuzu se ne sbatteva alla grande rincuorandola con il fatto che se lui moriva, lei era libera dal sentimento che provava -e accompagnava queste frasi con un qualche stralcio di una canzone-, Shiawase sembrava isterica come una donna in menopausa e continuava a domandarsi cosa potesse essere successo, Satou non era una granché esperta di consolazione e il massimo che poteva fare era un "dai,su" e soprattutto, come al solito, incazzarsi. La mew mew aveva capito che l' orsetta poteva sembrare molto tenera ed innocente, finché non capivi che era capace di innervosirsi per qualsiasi cosa. In questo caso si alterava perché non sapeva cosa dire e perché, per istinto di conservazione, era della politica del "meglio lui che me".
Sheru-san faceva di tutto per sembrare empatica, anche se si vedeva lontano un miglio che stava recitando, Shikimi era altrettanto insofferente ma almeno faceva del suo meglio per starle vicino, mentre Kuroi era ancora troppo riservata per esprimere un parere.
Sbuffò sonoramente, nella depressione più nera, quando sentì vibrarle la tasca dei pantaloni neri. Tirò fuori il cellulare: Ma smettila di preoccuparti, fra un paio di giorni il pero si riprenderà e potrai ricominciare a idolatrarlo. Esageri dicendo che è in coma... shaaake what ya mama gave ya!
Chissà se stava facendo l' ottimista sul serio o era una semplice frase di convenienza.. e poi cosa cavolo voleva dire shake what ya mama gave ya?!
La ragazza non si prese nemmeno la briga di rispondere e si infilò di nuovo il telefonino in tasca. Sospirò. Povero Ketanou-sama.
Quando avrebbe rivisto il suo bel viso da modello? Proprio ora doveva essere ricoverato, quando si erano presentati e parlati per la prima volta... Com' era crudele il destino. Fottutamente sadico. Chissà come se la stava ridendo in quel momento... ma, c'è, non aveva niente di meglio da fare che prendere in giro una povera ragazza innocente? Doveva avere una vita terribilmente triste se si divertiva a rovinare le vite degli altri.
Ma sì, forse avevano ragione le ragazze. Forse fra poco sarebbe passato tutto, con un buon riposo e le medicine giuste.... certo, c' era quel forse davanti che complicava assai le cose. E le incrinava, le storceva e le sfuocava.
Sospirò più forte, destando l' attenzione di qualche compagno. Non si sentiva affatto in grado di ascoltare la prof, voleva solo accasciarsi sul banco lasciando che il dolore, l' incertezza e lo stress l' affogassero da dentro.
... doveva fare qualche allenamento in più. Ma dove lo ricavava il tempo? Era sempre al caffé, e il resto del tempo le serviva per studiare. Sigh. Le mancava la sensazione di fatica che solo lo sport le poteva dire. Fatica, ma non stanchezza. Così inebriante da essere piacevole.
Poggiò la testa sul libro, nascondendosi dietro la schiena di una compagna. Voleva andare a trovare Ketanou all' ospedale. E l' avrebbe fatto. Quel giorno stesso. Avrebbe saltato il turno al Caffé... per lui.

***


Il Bonzo riteneva di avere il mestiere più bello del mondo: aveva INFINITI volumetti manga, gadget di tutti i tipi, magliette degli anime più famosi, disegni drappeggiati per tutte le pareti e milioni di fangirl che lo idolatravano non-stop.
Ad esempio, ricordava perfettamente una ragazza alta, bionda, con gli occhi verdi e una forte ossessione per HOST CLUB. Ogni volta che entrava nel negozio, si avvicinava al bancone e diceva: «Ciao Bonzo! E' arrivato il nuovo numero di host club??» spalancando gli occhi in maniera abbastanza inquietante, tale che, una volta, le avesse pure fatto notare che gli metteva paura.
Nonostante questo, si era affezionato a questa strana ragazza molto espansiva e originale; erano pure amici su Facebook, e le aveva pure promesso che le avrebbe scritto, quando si sarebbe impossessato delle ultime copie. E puntualmente gliene metteva una da parte.
E lei gli aveva pure riferito che "sei un grandissimo uomo, Bonzo!", anche se per un istante credeva che dicesse "ti amo, Bonzo!". Effettivamente non sarebbe stato male uscire con lei, era una gran bella ragazza, con una personalità proprio da manga, ma lei era minorenne e lui aveva 31 anni... e uno stuolo di donne ai suoi piedi. Quasi pensò di farsi un harem... beh, sempre meglio di uscire con una sedicenne che confessava di amarlo.
In quel momento, il Bonzo, che se ne stava dietro al bancone a giochicchiare al computer come ogni Bonzo sfaticato che si rispetti, sentì un rumore strano e intravide una luce provenire dall' entrata, seminascosta dagli enormi scaffali ricoperti di manga. "Dovrei andare a vedere...? Naaah, sto quasi per diventare un Mago Eccelsius quattordicesimo livello!!" pensò, lanciando un' occhiata ansiosa allo schermo del pc.
Quello strano fatto si ripeté, e stavolta gli toccò allungare il collo per guardare: «Ehi, tutto bene laggiù?» chiese con la sua voce amichevole e disponibile.
«Kisshu, secondo me non è il caso...» sussurrò in risposta una vocina infantile, da bambino.
«Ma sta zitto, va! So quel che faccio!» contestò un altro, con voce da ragazzo.
«Kisshu, Taruto ha ragione» ribatté un altro ancora, con voce più profonda, da uomo.
«No, sono io che ho ragione!! Kisshu, brutto idiota, non osare sfiorare il bonzo con le tue manacce!» sibilò una voce perentoria, da ragazza.
Il Bonzo si sentì sbiancare. Stavano parlando di lui in modo decisamente spiacevole. Scese dalla sua sedia girevole dietro al bancone e si diresse verso il gruppetto: «Se avete qualche problema con me potreste anche... oddio!». Davanti a lui c' erano una ragazza coi capelli corti e rossi che guardava ferocemente un ragazzo coi capelli verdi e le orecchie da elfo, accompagnato da altri due strani amici sempre con le orecchie a punta e la pelle di porcellana. «Ehm, se siete qui per un raduno cosplay, siete un po' in anticipo...» commentò, venendo fulminato da quattro paia di occhi: gialli, arancioni, grigi e nocciola.
«Bonzo, scappa!» strillò la femmina, prendendosi una gomitata sulla pancia da quello con i capelli verdi.
Il Bonzo, dal canto suo,non riusciva a capire se quei pazzi fossero degli sfegatati fan di un manga che non conosceva e stessero inscenando un episodio loro particolarmente caro, o se avessero preso qualche strano acido illegale.
Quello con i capelli neri si alzò in piedi, e lo guardò con freddezza per qualche secondo, mentre quei due di sotto si accapigliavano menandosi di brutto. Poi, con rapidità incredibile, gli tirò un calcio alle ginocchia che lo fece cadere a terra.
Sorpreso e spaventato, il Bonzo cercò di avvicinarsi al bancone per acchiappare il telefono e chiamare la polizia, ma a un ordine quale «Taruto, fermalo» si ritrovò il ragazzino attaccato alla schiena che continuava a tirargli pugni velocissimi e pesanti (tipo goku quand' era bambino in Dragonball xD) e nonostante facesse di tutto per levarselo di dosso, quello gli si era incollato.
«Noooo, noooo! Lasciatelo stare! Perché proprio lui?? Io volevo solo mostrarvi una fumetteriaaaaaa!» piagnucolò la ragazza, bloccata sotto quello verde che le teneva fermi i polsi e le ginocchia.
«La sua forza vitale è luminosa e potente. Se tu fossi realmente dalla nostra parte, non t' importerebbe della vita di un insulso umano» sibilò quello alto, allungando il braccio verso il Bonzo con il palmo aperto.
«Ehiehiehi ottima interpretazione dell' anime...ehm, beh, quello, ma ora potete anche lasciarmi andare!» sbottò quello con tono disperato.
Ma prima che potesse fare altro, l' uomo si sentì mancare i sensi, uno svenimento che però portava via con sé anche tutta la paura e le emozioni che provava in quel momento, come se non potesse più provare sentimenti... chiuse gli occhi, e non li riaprì.
Pai teneva in mano l' Ankh che aveva appena estratto a quello strano terrestre pieno di oggettini di ferro in giro per la faccia -noi li chiamiamo piercing- e la barbetta, e si stupì della forte e misteriosa luce giallo vivo emanata dal cristallo.
Quasi abbagliava, e quando sbatteva le palpebre poteva ancora percepire la luce sfuocata a forma di croce informe.
«Bonzo, Bonzo...» singhiozzò la ragazza disperata, anche se non sembrava poi così sconvolta. Sembrava un bambino a cui un bulletto ha fatto un dispetto. Non piangeva né aveva gli occhi lucidi, però aveva un' espressione ferita.
«Stai zitta!» l' interruppero i tre contemporaneamente, e lei tacque, socchiudendo gli occhi irritata.
Pai tirò fuori l' alieno parassita, e Taruto lo guardò con grande interesse. «Fusione!» ordinò, e quello afferrò l' Ankh con quei tentacolini da medusa, inglobandolo dentro di sé.
Il parassita emise un fortissimo bagliore, e si ingigantì a dismisura, prendendo una forma ancora non troppo chiara. Tutti i presenti erano curiosi di vedere cosa sarebbe successo, che cosa sarebbe diventato... Kisshu liberò Yuzu, e lei ne approfittò per tirargli un pugno in testa insultandolo, mentre la metamorfosi del Chimero si completava: un gigantesco drago con le scaglie verdi e le corna simili a quelle di un cervo occupava tutto il negozio, con le zampette ad artiglio che sbucavano dai posto più impensati. 14mualx Non aveva niente che ricordasse il Bonzo, se non i piercing sul labbro e sul naso e sulle orecchie.
«Uh, e ora come lo fate uscire da qua senza distruggere il negozio?» domandò la mew mew con una vocina impotente, scoccando al dragone un' occhiata perplessa. Per ora era molto pacifico, anche se stipato nella stanza come delle cipolline sottaceto in un barattolo.
Nessuno si prese la briga di risponderle: «Vai e attacca quanti più umani possibili!» gl' impose Taruto con voce entusiasta, e quell' imponente lucertolone distrusse il soffitto con una testata mentre i tre alieni sparivano con lui fuori dalla fumetteria, lasciando da sola la rossa che si riparava la testa dalle macerie che cadevano come fiocchi di neve dall' alto.
«Maledetti...!» biascicò tossendo. La polvere che scendeva giù come nebbia la riempiva il naso e la bocca.
Alla fine riuscì ad uscire, e lo spettacolo che le si parò davanti la spiazzò completamente. Il dragone stava facendo fuori tutti quelli che gli capitavano sotto tiro, mostrandosi terribilmente potente. Il Bonzo doveva avere un gran bel caratterino, per avere un simile mostro dentro di sé.
«Adesso chiamo le mew mew a guastar loro la festa. Se lo meritano, sti stronzi, hanno fatto del male al mio fumettista di fiducia!!» biascicò sottovoce Yuzu, prendendo dalla tasca dei pantaloni il cellulare: Venite subito da Banzai: Chimero. Inviò il messaggio alle sei compari, mentre nel frattempo, badando bene di non farsi vedere, si trasformò.
«Ok ragazzi miei, avete fatto molto male a prendervela con il Bonzo!» sbottò la volpetta fulminando con gli occhi i tre alieni, che svolazzavano pacifici attorno al feroce Chimero.
«Non vorrai mica combattere da sola contro di noi?» le chiese retorico Kisshu, lanciandole uno sguardo scettico e di sufficienza che la fece imbestialire.
«Occhio per occhio, dente per dente! Tu mi hai ritorto contro un disgustoso ragno gigante, io ti faccio fuori il dragone!» rispose con una linguaccia, e subito si scagliò contro il Chimero: la gente stramazzava al suolo impotente, strillando, urlando, chiamando le forze di polizia che a loro volta venivano brutalmente ferite dal drago. Eppure non era questo che la sconvolgeva: l' irritava più che altro la mancanza di aspettativa che quei tre spocchiosi avevano per lei, e aveva deciso di rompere loro le uova nel paniere più per ripicca che per compassione per il Bonzo o per le persone morenti.
«Ribbon Yuzu Pain!» esclamò, e dall' attizzatoio eruppero lunghe fiammate, che destarono l' attenzione del bestione. Si girò, e la fissò con quegli occhi rosso vivo. Dopodiché emise dalla bocca una fiammata enorme, grossa almeno otto volte quella della mew mew, che la schivò per un pelo.
«Oh maledizione, mi si è bruciacchiata la coda..!» mugugnò, prendendosela tra le mani. Il rumore della folla però la distrasse: «Le mew mew! Sono arrivate le mew mew!»
E infatti le vide arrivare correndo una ad una, una macchia di colori in lontananza.
«Per il futuro della Terra, saremo a servizio! Pyon!» squittì mew Shikimi con un sorriso a bocca aperta, battendo i piedi in stile Tamburino di Bambie.
«Non è così che me l' ero inventata! Alla fine va un "Nyaan!" e devi muovere le braccia così!» si lamentò un secondo dopo mew Sakuranbo, mostrandole il gesto puccioso da gatto.
Ovviamente arrivarono frotte di persone idiote a riprendere il tutto, anziché darsela a gambe come avrebbero dovuto fare.
«Ragazze! Vi sembra il caso?! Lì c'è un Chimero!» abbaiò Satou nervosa, indicando il dragone, che stava per l' appunto distruggendo un negozio di ferramenta, creando un clangore assordante.
«A vederle così, sembrano proprio... tante!» commentò la vocetta di Taruto.
Sei ragazze alzarono la testa, e notarono, oltre al solito Kisshu, due nuovi alieni.
«Oh, beh, merda!» esclamò mew Chinoko. "Se uno solo ci dà così tanto da fare, con altri due come caspita faremo?!" pensò, lanciando un' occhiata di sbieco al Chimero, implacabile.
«E voi chi siete?» domandò mew Kurumi socchiudendo gli occhi, la voce scontrosa.
«Io sono Taruto, e lui e Pai! E da questo momento in poi, vedrete che sarà difficile batterci!» rispose il piccoletto con aria di sfida.
«Ma se sei un bocchione! Avrai sì e no l' età di quella scema di mia sorella...». Questa era sempre la nostra foca monaca.
Kisshu scoppiò a ridere, gustandosi il dialogo. «Hai ragione, è un bambino ed è pure molto immaturo, ma non sottovalutarlo!» le consigliò.
Pai ancora non aveva aperto bocca, e probabilmente si stava vergognando come un ladro dei due fratelli, che conversavano con le nemiche come se fossero tutti amici d' infanzia.
«Possiamo rimandare a dopo questa conversazione e distruggere quel Chimero?» l' interruppe mew Kanzou, scocciata.
«Sì, come dire, c'è gente che muore...»
«Giussssto! Andiamo!» e così dicendo, mew Shikimi, seguita dalle altre, trotterellò incontro al rettilone.
Quello le fissò per un secondo, e poi s' avventò su di loro con furia omicida.
Dopo un coro di strilla, le sette schivarono la codata con salti degni da scoiattolo volante, e mew Satou cercò di isolarsi dal resto del gruppo, che invece rimaneva saldo e compatto.
"Se riesco a nascondermi dal Chimero e suonare in pace, posso immobilizzarlo nel ghiaccio.." ragionò, appiattendosi contro un muro. Si affacciò di poco per vedere la situazione: la macchia nera sfrecciava in alto, vicino al muso del Chimero, circondato da frammenti di luce indistinti. Sotto, invece, una cosa arancione continuava a lanciare fuoco, una grigia sorreggeva a fatica una padella gigantesca che scagliava ripetutamente contro il corpo squamoso del mostro, una marrone era seminascosta da un ammasso di bolle, una bordeaux se ne stava impalata di fianco a una celeste.
«Ribbon Satou Snowflake!» enunciò, e così apparve il bellissimo flauto di ghiaccio tutto elaborato. Se lo portò alla bocca, e cominciò a intonare un paio di note, quando Kisshu le apparve davanti, strappandole lo strumento dalle mani.
«Niente da fare, dolcezza» le disse con un ghigno, e l' orsetta fece appena in tempo a riprendersi dallo stupore che lui stava già per smaterializzarsi.
«Un momento!» grugnì, afferrandolo per la maglietta e tirandolo giù alla sua altezza. «Ridammelo!» ordinò, fulminandolo con gli occhi color del vetro.
«Lasciami andare» sibilò l' altro in risposta, stringendo con forza il flauto.
«No. Perché me l' hai preso? Come hai fatto a vedermi? Non dovresti essere lì a combattere contro le altre?».
«Ho notato che te la stavi squagliando, allora sono venuto ad indagare. Le loro armi sono inutili, solo tu saresti capace di sconfiggere quel Chimero».
Mew Satou usò la mano libera per tirargli un pugno sulla pancia, ma lui l' intercettò con l' altra mano libera. Si guardarono senza dire una parola.
«Mi spiace far del male a una signorina, ma... OUCH!!». Mentre parlava, la ragazza gli aveva assestato una ginocchiata al basso ventre, facendogli così cadere il flauto, che afferrò prima che lui potesse fare altrettanto.
Mentre lui cercava di riprendersi, lei corse via incontro al Chimero più velocemente possibile. "Dovrei provare a suonarlo mentre corro, ma è impossibile!" pensò, stringendo i denti.
Sentiva che fra pochi secondi Kisshu le sarebbe apparso di nuovo vicino, e vedeva che le altre erano troppo impegnate per aiutarla.
Mew Chinoko era riuscita ad assestare una bella padellata sul muso del drago, che sembrava vagamente stordito, Mew Kanzou lottava nel cielo con quello che si chiamava Pai, Mew Sakuranbo e Mew Shikimi se la prendevano con il bambino, mentre Mew Kurumi e Mew Yuzu tentavano inutilmente di scalfire il Chimero.
«QUALCUNO DISTRAGGA KISSHU!» urlò alla fine, diretta più o meno a nessuno in particolare.
Proprio mentre lo dicevo, lui le comparve alle spalle, stringendola da dietro con forza, bloccandole le braccia sotto le sue. «Stai ferma e dammi quel flauto, se non vuoi che ti strozzi!».
Mew Satou stava per rispondergli, quando Kisshu cacciò un urlo e la lasciò libera, mentre nel frattempo si sentì la vocina delusa della coniglietta dire: «Ops, ho perso di vista il mio tappo!».
L’ orsetta rise e la ringraziò di cuore mentre mew Yuzu veniva a darle man forte. «Se Kisshu ha bisogno di prendersele di santa ragione, gliele do’ io!» esclamò, sogghignando, ma con la coda dell’ occhio controllò mew Kurumi, che doveva tenere a bada da sola il Chimero. «Ribbon Yuzu Pain!» enunciò, e l’ alieno si smaterializzò via un nanosecondo prima di finire bruciato vivo.
«Ma dico, sei scema?! Non devi colpirmi sul serio!» le sibilò all’ orecchio senza farsi notare.
«Lascia stare mew Satou» gli sussurrò in risposta, tirandogli calcio che evitò con maestria.
«Da che parte stai?»
«Dalla mia. Perciò voglio che il Bonzo torni in sé…» mentre rispondeva, guardò in alto: pericolosamente vicini alle fauci del dragone c’ erano Kanzou e Pai che si menavano di brutto. Lui perdeva sangue da qualche parte indefinita, e lei sembrava reduce da un fulmine in testa.
«Ti terrò d’ occhio… ma, a proposito… dov’è quella bianca?» si chiese, guardandosi intorno. Ma tutti erano presi dalle proprie lotte.
Una melodia cupa e trionfale, molto simile alla Morte del Cigno, provenne da una qualche viuzza dei dintorni. L’ alieno dai capelli verdi si bloccò di colpo, imprecando nella sua lingua, ma gli altri due continuavano a combattere senza farsi problemi, ignorando le incitazioni del fratello a smetterla e dargli una mano a trovare mew Satou.
Mew Sakuranbo e Mew Chinoko erano tutte attorcigliate ad una pianta che Taruto aveva fatto apparire dal terreno con le sue magiche Bolas rosse, mew Shikimi cercava di tagliarla con delle forbici da giardinaggio prese da chissà dove, mew Kurumi stava cercando di accecare il Chimero con la punta del suo bastone e mew Kanzou sembrava ormai sottomessa a Pai, quando la melodia raggiunse l’ apice della tensione.
La pianta di Taruto si ricoprì di brina e divenne marrone, per poi cadere a terra prima di vita, assorbita con avidità dal terreno.
«No! Come è potuto succedere?!?!» si lamentò, cercando di sfuggire volando alla tigrotta che lo inseguiva con i Tonfa maledicendolo in gergo piuttosto volgare.
«Ve l’ avevo detto! È colpa di questa stupida canzone!» ribatté prontamente Kisshu, che cercava la mew mew dall’ alto. Niente. Dove si era nascosta? Non riusciva nemmeno a capire da dove provenisse quel suono: le note si formavano direttamente nel cervello, senza passare per le orecchie.
«Almeno il Chimero sta bene…». Le ultime parole famose.
Il drago aveva assunto una certa tonalità azzurrina, e si era bloccato completamente. E poi, mentre la melodia terminava con l’ ultima nota leggera e dolce, il ghiaccio prese il posto delle squame, e via via entrava sotto la pelle, attraverso tutto il corpo fino a raggiungere il cuore, dove era racchiuso l’ Ankh del Bonzo.
Quando l’ ultimo millimetro si ghiacciò, il Chimero esplose il milioni di sottilissima polvere di ghiaccio, e quella poca gente rimasta a guardare/filmare la scena esultò dalla gioia.
Mew Chinoko prese al volo l’ Ankh, con un sorrisone. «Wow. Non avrei mai creduto che fossi capace di prenderlo!».
«Ragazzi, non c’è più niente da fare qui. Andiamocene» ordinò Kisshu, e gli altri due si materializzarono vicino a lui. «La prossima volta ti terrò tutta per me, principessa!» ammiccò a mew Kanzou, ormai abituata. «Peccato! Avevo trovato qualcuno con cui mi diverto di più!» rispose, per prenderlo in giro. Pai era più bravo di lui nella lotta, ma forse perché era fisicamente più portato.
«Pai! Non avrai intenzione di rubare la ragazza a Kisshu!» s’ intromise mew Shikimi maliziosa. Come poteva comportarsi così con i nemici mortali, nessuno lo sapeva.
Lui la uccise con lo sguardo nero d’ odio. «Andiamo» ribadì, e sparirono senza dire una parola in più.
E poi il nostro gruppetto fu assalito dai giornalisti, anche se mew Chinoko era riuscita a scappare e a riportare l’ Ankh al legittimo proprietario, nascosto sotto i detriti e le macerie che un tempo fu il suo negozio.
«Tu… tu mi hai salvata!» sussurrò, soffocandola in un abbraccio polveroso.
«Ehm, beh veramente non sono stata solo io… fuori ci sono tutte le mew mew, se vuoi ringraziarle…» borbottò, guardandole. Mew Shikimi si stava mettendo in posa per un servizio fotografico, sotto lo sguardo sbalordito delle altre.
«Creerò un manga su di voi, paladine della giustizia!» promise il Bonzo, aiutato dalla ragazza ad uscire dalle rovine. «Si chiamerà Tokyo Mew Mew!» proseguì, preso dalle sue fantasie. Gli occhi gli brillavano, speranzosi.
«Ehm… certo, buona fortuna…» gli augurò, e si allontanò salutandolo con la mano coperta da un grazioso guanto grigio-viola, unendosi al gruppetto. Ora c’ era mew Sakuranbo sotto i riflettori.
E mew Satou, che era uscita allo scoperto dal suo nascondiglio, osservava la scena dall’ alto di un tetto, un sorriso sulle labbra. Questo era diventato il suo compito, questo le era stato chiesto. Proteggere il mondo. Sembrava sempre più assurdo ogni volta che se lo ripeteva, e continuava a mettere in dubbio la realtà in cui viveva.
Magari faceva parte di un sogno, di una sceneggiatura di un regista. Magari era soltanto un personaggio di un libro… o di una fan fiction.

GRAZIE A TUTTI I LETTORI PER ESSERE ARRIVATI FIN QUI, PER AVER ASPETTATO CON PAZIENZA OGNI CAPITOLO… VI ATTENDO AL PROSSIMO!!

  
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