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Autore: xUnbroken    31/07/2012    1 recensioni
Cosa succede quando Scott, Derek e il suo branco hanno a che fare con un nuovo lupo più forte e con caratteristiche di natura diversa?
Fan-fiction con le vicende della nuova serie di Teen Wolf (SPOILER PER CHI NON HA VISTO LE PUNTATE) più l'aggiunta di un nuovo personaggio e una serie di intrecci amorosi inaspettati.
Genere: Fluff, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Nel frattempo i cacciatori erano già venuti a conoscenza della notizia e si erano presentati da Derek, speranzosi che non fosse lui e il suo branco la causa di quell’omicidio.
“Derek.” Lo chiamò Chris Argent. Derek uscì fuori dalla vecchia metropolitana. “Sei stato tu?”
“A fare cosa?” chiese lui perplesso.
Chris sospirò. “I genitori di Jane Davis, la ragazza di Isaac. Sono stati uccisi. La polizia non sa ancora cos’è successo, ma abbiamo visto com’erano ridotti, e lo sportello dell’auto è stato letteralmente tranciato via.”
“Cosa? I genitori di Jane sono stati uccisi?” replicò lui sconvolto.
Chris esitò e lo guardò bieco. “Il tuo branco è qui?” gli chiese.
Lo sguardo di Derek vagò, quasi incapace di rispondere. “Si, sono tutti qui.” Farfugliò poi.
“Cosa pensi che sia stato?” gli chiese Chris Argent, come se cercasse conferma di ciò che sapevano già.
“Lo sappiamo entrambi.”
“Papà, la porto a casa nostra.” Informò Stiles.
“No, non puoi. Dobbiamo farle delle domande.”
“Non mi sembra proprio nelle condizioni di rispondere ad un interrogatorio, papà.” Rispose autoritario lui, lasciando con gli occhi spalancati lo Sceriffo.
“Va bene. Sei sicuro che a casa nostra vada bene?”
“Si, ci penso io.” La strinse di nuovo a sé e la portò verso l’auto. Non riusciva a smettere di piangere e Stiles non osava dire nulla. Sapeva come ci si sentiva a perdere qualcuno.
Quando arrivarono a casa era così esausta che dovette trascinarla nella sua stanza con la forza. Si tolse la giacca a fatica e Stiles la infilò sotto le coperte. La osservò mentre era con gli occhi chiusi, cercando di frenare le lacrime. “Mi dispiace.” Le sussurrò, e questo la fece scoppiare a piangere ancora. Fece per andarsene, ma la sua voce strozzata lo fermò. “Stiles…” disse con un filo di voce. Lui si voltò. “Resta con me.” biascicò. Isaac non c’era e adesso era compito suo fare in modo che lei fosse al sicuro. Che si sentisse al sicuro. Che non fosse da sola.
Si infilò sotto le coperte con lei e l’abbracciò. Jane si strinse accanto a lui, in cerca di quel tocco che la faceva sentire al sicuro. Ma le lacrime non la lasciarono dormire. Stiles era preoccupato per lei e fingeva di dormire mentre lei continuava a piangere silenziosa sul suo cuscino.
Al mattino dopo non voleva vedere nessuno. Si diresse alla stazione di polizia insieme a Stiles, che saltò la scuola per lei, e lo Sceriffo.
“Te la senti di rispondere a qualche domanda?” le chiese gentilmente lo Sceriffo.
Jane annuì, consapevole che probabilmente avrebbe avuto bisogno di più di qualche minuto per formulare una frase di senso compiuto.
“Vengo anch’io.” Disse Stiles, cercando di entrare nella stanza insieme a loro. Suo padre lo bloccò sul ciglio della porta.
“No, non puoi.”
“Papà… lei ha bisogno di me.”
“Posso farcela, tranquillo.” Disse lei. Entrarono nello stanzino e lo Sceriffo la fece accomodare su una sedia scomoda di fronte a lui.
“Jane... non sappiamo ancora cosa dirà il medico legale ma… dobbiamo farti queste domande per prassi. C’era qualcuno con cui i tuoi genitori erano in conflitto? Magari al lavoro o tra gli amici.”
Jane sospirò. “Non lo so… non credo. Onestamente… non li vedevo molto spesso e non parlavamo mai di loro. Le uniche volte parlavamo di me, dei miei voti, della mia vita.”
“Pensi che qualcuno nel vicinato nutrisse del rancore nei loro confronti per qualcosa?”
“No. Non penso. Non hanno mai avuto discussioni con nessuno.”
“Ok. I tuoi genitori erano entrambi medici. Magari avevano a che fare con qualche paziente strano? Li hai mai visti o sentiti parlare di qualcosa di strano?”
“No, mai.” Rispose decisa.
Lo Sceriffo la guardò e annuì. “Ok, puoi andare. Grazie per la collaborazione.” Le disse con un mezzo sorriso accompagnandola da Stiles.
Jane non disse nulla, non aveva molta voglia di parlare, finché non le vennero i dubbi.
“Com’è stato l’incidente?” gli chiese senza guardarlo, fissando la strada davanti a sé.
“Cosa?” rispose sconvolto Stiles. Non aveva la minima intenzione di raccontare i particolari terribili di quell’assassinio. “Non credo tu voglia saperlo davvero.”
“Si invece. Dimmelo.” Cercò di sembrare il meno sconvolta possibile. Cercò di sembrare calma, ferma.
Stiles sospirò, sapendo che non poteva nasconderle la verità. Doveva sapere. “L’auto… è stata fermata con la forza davanti. Lo sportello del guidatore tranciato via e il parabrezza a pezzi, come hai visto. Gli è stato letteralmente strappato via il cuore dal petto con la forza. Nessun umano sarebbe in grado di fare una cosa del genere.”
Jane gli rivolse uno sguardo, in attesa che anche Stiles la guardasse. Poi si voltò di nuovo verso la strada. “Pensi che sia stato Jackson?” le chiese. Jane esitò prima di rispondere, come se stesse valutando la situazione.
“Voglio una lista dettagliata delle caratteristiche della Kanima. Punti deboli. Tutte. Nessuna esclusa. E anche il rapporto con il padrone.”
“Che hai intenzione di fare?”
“Niente. Per ora. Ma devo conoscere il mio avversario.”
“Whoa. Non avrai mica intenzione di batterti con Jackson?”
“No. Non posso senza l’aiuto del branco perché non potrei trasformarmi. Ma ha per forza altri punti deboli, a parte l’acqua e gli specchi.”
“Ok, ok.” disse Stiles, vedendola così determinata.
Poco dopo la guardò. “Stai bene?”
“Onestamente… non lo so.”
Quando arrivarono a casa si infilò dentro di corsa, prima che qualcuno tentasse di fermarla. Non voleva parlare con nessuno. Specie dei suoi genitori. Le mancava Isaac anche se non lo ammetteva, e adesso stava da Stiles. Probabilmente avrebbe peggiorato la situazione, ma è l’unica persona umana di cui si fida davvero.
Nel frattempo Derek era al rifugio nella vecchia metropolitana in disuso. Erica si era svegliata e stavano prendendo un caffè quando Isaac li raggiunse.
“Ehi, dobbiamo parlare.” Si affrettò a dire Derek. Isaac indietreggiò e Derek lo seguì. “Hai saputo dei genitori di Jane?” gli chiese.
Isaac abbassò lo sguardo. “Si.”
“Ok senti. Ci sono delle cose che devi sapere. Ma devi ascoltarmi attentamente senza interrompermi.” Isaac annuì. “Non è stata colpa sua il bacio con Stiles. E’ stata colpa mia. E’ vero, ho baciato Stiles e lui voleva solo capirci qualcosa e ha chiesto a Jane di baciarlo, ma si è subito pentito. Quindi se c’è qualcuno con cui devi prendertela, sono io. Sono stato io a scatenare tutto. Per quanto riguarda Jane, bè… non puoi lasciarla.”
“Troppo tardi.”
“No, dico sul serio. Non puoi. Pensi di averla lasciata ma non è così. C’è… una cosa riguardante la sua natura che… non ti abbiamo detto.”
Isaac alzò lo sguardo perplesso. “Ecco… tu pensi di averla lasciata, ma non è così. Sei stato tu a far scatenare la sua natura e ora siete connessi. Lei è sempre stata sola e l’unico legame che cercava l’ha trovato con te. Qualsiasi cosa tu faccia non sarai mai lontano da lei. Riuscirai a percepirla dentro perché avete condiviso tutto insieme, e anche perché sei stato tu a farla trasformare. L’unico modo per spezzare il legame è che entrambi non vi amiate più. Ma non basterà dirvelo. Dovrete sentire che non vi amate più.”
“Quindi… tu mi stai dicendo che sono legato a lei finché non smetterò di amarla e lei non smetterà di amare me?”
Derek alzò lo sguardo. “Tu la ami?”
Isaac abbassò lo sguardo, impreparato a dare una risposta ad una domanda del genere. Ma l’amava davvero. Non avrebbe mai voluto lasciarla. E il solo pensiero di saperla sola e disperata lo faceva stare male. Il solo pensiero che lei avesse tanto bisogno di lui non riusciva a capirlo. Poteva un legame essere davvero tanto forte?
“Non lo so.”
“Non dovresti almeno provare a parlarle?”
“Non voglio parlarle. Non ora.”
“Ma non c’è un tempo stabilito, Isaac. Lei ha bisogno di te e non sai quanto reggerà prima che crolli. Ok, è con Stiles ma non è lui che vuole.”
“Mi ha mentito, mi ha nascosto una cosa così importante.”
“Perché non era importante! Pensi che se avesse contato qualcosa non te l’avrebbe detto?”
“Ho i miei dubbi.”
“Senti, fai come ti pare. Quello che dovevo dirti te l’ho detto. Oggi ci sarà il funerale dei suoi genitori. Hai intenzione di venirci?”
“Non lo so. Ho bisogno di restarmene un po’ per conto mio. Tu ci andrai?”
“Penso di si.”
“Sarà pieno di cacciatori. E’ amica di Allison.”
“E allora? Non ho fatto niente di male. Ci vado per lei. E’ pur sempre un membro del branco.”
Jane non era di molte parole neanche in situazioni diverse, ma non lo era particolarmente neanche dopo un trauma. Faceva fatica a smettere di piangere mentre si preparava. Si diressero al cimitero con Stiles, lo Sceriffo era di servizio. Poco dopo li raggiunse Scott e in lontananza vide arrivare Allison con i suoi familiari. Si lasciò abbracciare e li ringraziò per essere lì con lei. Cercava con lo sguardo Isaac, ma non lo vedeva e non lo sentiva nei paraggi. Poco dopo arrivò anche Derek con Erica e Boyd, che si beccarono uno sguardo davvero brutto dagli Argent, ma Derek li ignorò e strinse la piccola Jane tra le sue braccia. Jane era felice che fosse lì anche lui, benché non se lo aspettasse, ma era felice. Anche Erica, che non nutriva particolare affetto per lei, sembrava realmente dispiaciuta. Voleva chiedere loro di Isaac, ma non sembrava il momento. Anche se per lei era ciò che contava di più in quel momento. Per tutto il funerale non fece altro che piangere tra le braccia di Stiles. Voleva soltanto che finisse in fretta per poter tornare a casa. Ma qual era la sua casa adesso? Cosa avrebbe fatto da sola in quel quartiere che detestava solo per il vicino pervertito? Cosa avrebbe fatto in quella casa che ricordava tutto di loro? Che senso avrebbe avuto vivere in quella casa troppo piena di ricordi? Isaac, i suoi genitori. Isaac.  Ma non era il momento di pensarci.
Isaac non si era fatto vivo e lei sarebbe dovuta andare a scuola il giorno dopo, con o senza le lacrime. Non poteva saltare altri giorni di scuola.
Stiles e lo Sceriffo rispettavano il suo silenzio, sapevano che non parlava molto. Ma Stiles sapeva che aveva bisogno di distrarsi. Ogni tanto lo Sceriffo accennava a qualcosa e Jane rispondeva educatamente. Ma aveva quel vuoto incolmabile dentro. E non era completamente per i suoi genitori. Le mancavano, ma mai quanto Isaac. Era a lui che era davvero legata ed era a lui che adesso doveva pensare. Al presente, a ciò che aveva. Ma non lo aveva più ormai.
“Jane, puoi fermarti qui tutto il tempo che vuoi, senza problemi.” Le disse lo Sceriffo.
“Grazie.” Rispose lei accennando un sorriso.
“Sai, mio padre quando ti ha detto che potevi fermarti, non lo faceva per compassione.” Le disse Stiles quando furono da soli.
“Lo so, altrimenti non l’avrei semplicemente ringraziato. Odio la gente che mi sta addosso per compassione. Se me l’avesse detto per compassione avrei aggiunto che avrei trovato un nuovo posto dove stare.”
“Bene. Perché se venissi a stare con noi, sarebbe fantastico.” Le propose poi, e vide sbucare la faccia dello Sceriffo dalla porta con un sorriso. Non riuscì a non sorridere imbarazzata e lusingata.
“Beh, pensavamo che… visto che non hai parenti e sei minorenne… potrei parlare col giudice e fare in modo che sia io a prendere la tua custodia. E poi tu e Stiles siete legatissimi e mi farebbe enormemente piacere averti legittimamente come figlia.” Le disse lo Sceriffo.
Jane rise felice. “Oh mio dio. Siete sicuri di quello che state facendo?”
“Al cento per cento!” rispose Stiles sorridendo.
“Sempre che tu non voglia restare nella tua casa.” Aggiunse lo Sceriffo.
“Uhm… onestamente non mi va molto di restare lì da sola.” Rispose abbassando lo sguardo. Non voleva approfittarsi della situazione. Realmente non voleva rimanere da sola in quella casa.
“Perfetto. Allora domani andrò a parlare col giudice e mi farò dare i documenti per la custodia.” Le disse e la baciò sulla fronte. “Benvenuta a casa, Jane.”
Stiles l’abbracciò felice e lei non riusciva a smettere di ridere adesso. Forse era sbagliato in quel momento, ma non le importava. Era felice, anche se le mancava da morire Isaac, e questo sarebbe stato un ulteriore problema.
Al mattino dopo lei e Stiles si diressero a scuola, sotto gli occhi di tutti. Jane era parecchio a disagio, ma cercò di farci caso il meno possibile. Isaac non aveva intenzione di parlarle e tutti la guardavano compassionevoli.
All’ora di pranzo si scontrò con Jackson, che voleva per il momento evitare.
“Ehi, ho saputo dei tuoi genitori, mi dispiace tanto.” Le disse, poco capace a fingere. “Non è la cosa migliore del mondo avere dei lupi come amici, vero?”
Jane lo guardò infuriata e irritata, come se stesse per saltargli addosso.
“Potresti anche ringraziare.” La incitò lui.
“Non ho nulla di cui ringraziarti.”
“Si invece. Ringraziami per essere venuto qui a parlare con una sfigata come te!”
Si alzò, e nonostante fosse più bassa di Jackson non aveva paura di lui. Gli sarebbe volentieri saltata con gli artigli alla gola se avesse potuto, incurante di tutti gli altri. Gli sguardi di Scott, Stiles, Allison, Isaac, Erica e Boyd erano puntati su loro due. Le partì uno schiaffo, dritto sulla faccia di Jackson che sembrò rimbombarle nel cervello.
“Davis! Whittemore! Stiles!” li richiamò il signor Harris. “Che cosa vogliamo fare?” urlò. “Passare il resto dell’anno scolastico in punizione? Ci vediamo dopo pranzo in biblioteca.”
Perfetto. Punizione anche per Stiles che si era alzato per tentare di fermare Jane.
Dopo pranzo si ritrovarono in biblioteca a dover sistemare i libri negli scaffali, e il signor Harris li aveva anche mollati.
“Perché diavolo gli hai tirato uno schiaffo? Sei impazzita?”
“No. Mi ha provocato e non potendo infilargli gli artigli nella gola mi sono dovuta accontentare di uno schiaffo.” Rispose prontamente lei.
“Vuoi farti uccidere?”
“No. Sarò io a uccidere lui. Non ricorda nulla. Non ricorda di aver ucciso i miei genitori!” disse infuriata lei.
Stiles la guardò sconvolta. Jackson si era trasformato, ed era sopra di lei, pronto ad attaccare.
Lei capì e iniziarono a correre per la scuola, sotto gli occhi delle telecamere, ma lui era più veloce. Non avevano nessun vantaggio. Appena prima di varcare la soglia della porta per uscire Jackson la morse, e cadde a terra con un tonfo.
“Jane, Jane. Oh mio dio. Jane! Oddio che faccio?” Stiles era totalmente in preda al panico.
La portò in macchina e chiamò Derek che si precipitò da loro.
“Sta morendo? Sto avendo un flashback.” Disse Stiles.
“Si. È’ umana, dobbiamo farla trasformare o non guarirà.” Derek la costrinse a guardarlo e i suoi occhi divennero rossi per un breve periodo di tempo. Quando Stiles vide gli occhi di Jane colorarsi di un leggero dorato screziato di rosso si allontanò. “Vattene Stiles.” Gli ordinò Derek. Poi chiamò Erica che riuscì a trattenere Jane che urlava di dolore. Isaac era nascosto lì dentro da qualche parte. Jane lo sentiva. Sentiva il suo cuore battere.
Un dolore lancinante le percorse la schiena quando Derek fece pressione per rompere le ossa e accelerare il processo di guarigione mentre stringeva sul braccio infetto, facendo colare il veleno.
Jane svenne e si risvegliò a casa di Stiles poche ore dopo cena, trasformata. Aveva ancora il braccio indolenzito, ma il veleno era stato completamente espulso.
“Ehi, sei sveglia.” Disse Stiles, con della pizza in un piatto. “Come ti senti?”
“Non bene. Il braccio mi fa ancora male. Pizza!” fece eccitata, e ne prese un pezzo.
Si voltò e vide Derek. “Oh Cristo Santo. Mi hai fatto venire un colpo.” Gli disse prima di addentare la sua pizza.
“Scusami.” Bisbigliò lui. Lo Sceriffo era andato a dormire e Derek era rimasto perché potesse essere trasformata durante il processo di guarigione o non avrebbe funzionato.
Tornò umana perché il suo corpo era guarito e addentò la sua pizza.
“Bene, io vado.” Disse Derek e uscì dalla finestra. Accanto al letto c’erano degli scatoloni con la roba di Jane. I ragazzi avevano preso tutte le cose a casa sua e le avevano portate lì. Erano chiusi ma lei non aveva la forza di aprirli. Mangiò e se ne tornò a dormire.
Al mattino dopo prima di andare a scuola aprì uno degli scatoloni e notò una foto di lei e i suoi genitori del suo ultimo compleanno. Le lacrime sgorgarono sul suo volto, inconsapevoli e incontrollate. Ma doveva asciugarle subito se voleva andare a scuola.
Erano passati tre giorni e Isaac non si era ancora fatto vivo. Quando pensava ai suoi genitori di colpo la ferita si allargava anche ad Isaac.
  
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