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Autore: bluebox    01/08/2012    7 recensioni
“So che è difficile da credere ora, ma parlerai con noi. Crollerai e ci dirai tutto quello che sai su John il Rosso… canterai come un uccellino.”
“No amore, non lo farò.”
Le stampò un bacio sul capo e uscì dalla sala interrogatori lasciando un alone di mistero su quanto era appena successo.
Questa è la mia prima fanfiction su The Mentalist, spero che vi piaccia, mi raccomando recensite, si accettano critiche e complimenti. Buona lettura. Emy
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Patrick Jane, Teresa Lisbon | Coppie: Jane/Lisbon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Arrivarono al CBI in meno della metà del tempo che avevano impiegato per recarsi al bosco di Sacramento. Attraversarono il grande corridoio insieme poi Lisbon iniziò a correre per raggiungere in fretta il suo ufficio e soprattutto per non farsi beccare da Minelli. Jane invece si diresse al cucinino per prepararsi un tè. Aveva un sorriso stampato in volto, prendeva tutto il necessario dalla dispensa e compiva i movimenti che ormai erano diventati meccanici senza neanche accorgersi di Rigsby e Cho che lo fissavano in maniera sospetta e bisbigliavano tra di loro. O almeno, faceva finta di non vederli perche in realtà sapeva benissimo cosa avevano tanto da sparlare. Versò il tè nella sua tazza poi la prese delicatamente con la mano destra e si voltò verso i suoi colleghi. Come dei bambini beccati a copiare il compito in classe smisero di parlottare e presero a guardare in tutte le direzioni sprofondando le mani nelle tasche e iniziando a oscillare lievemente. Jane li guardò divertito, Rigsby come al solito non riusciva a scollarsi di dosso il suo lato pseudo-infantile e cercava di essere il più indifferente possibile; mentre Cho, l’uomo ghiaccio, era tutt’altro che indifferente e non faceva altro che fissarlo sottecchi.
“Oh avanti, non fate i timidi, so benissimo di cosa stavate parlando”
“Noi? N-no no, non stavamo dicendo assolutamente niente” rispose Rigsby evasivo.
“Sicuri?”
“Si si certo” replicò
Jane li guardò di sbieco continuando a sorseggiare il suo tè. Cho lanciò un’occhiata a Rigsby poi disse:
“Pensiamo che tu e il capo sareste bene insieme”.
L’agente incominciò a tossire e tirò una gomitata al suo amico “Ma cosa dici Cho?!” esitò “ Ci stavamo solo chiedendo dove eravate finiti”
Cho scosse la testa “Non è vero, non dargli ascolto”
Jane li fissava divertito cercando di strozzare a stento una sonora risata. Non era per niente impressionato, sapeva che quel pensiero aveva attraversato già altre volte le loro menti.
“Beh apprezzo davvero le vostre opinioni, sul serio… ma voi due non avevate delle indagini da fare? La lotta contro il crimine è davvero un duro lavoro”
I due si ricomposero nella loro formalità da agenti speciali e Rigsby prese subito in mano il fascicolo che aveva poggiato sul bancone.
“Ehm… s-si si certo, la scientifica ha analizzato il coltello con cui Lorelai si è tagliata la gola, dice che sul manico sono presenti altre due impronte oltre a quelle della donna. Tuttavia non sono ancora riusciti a risalire ad un’identità poiché sono impronte parziali e molto rovinate, chi le ha passato il coltello si è guardato bene dal ripulirlo prima”
“Mmm”
Cho proseguì “Inoltre il coroner dice che sul braccio sinistro della donna c’è un evidente segno di avvelenamento”
“La firma di John!”
“Si, lo avevamo pensato anche noi, tuttavia il veleno utilizzato questa volta è a lento rilascio, se non si fosse tagliata la gola sarebbe morta entro due ore circa”
“Mmm… la fuga di Lorelai aveva uno scopo ben preciso, John le aveva affidato un compito con l’illusione che se l’avesse portato a termine non l’avrebbe uccisa… si ma quale compito? E perché darle quel coltello?
 Cho e Rigsby fissavano il consulente senza poter rispondere a quelle domande, avrebbero desiderato poterlo fare ma se lui non riusciva ad arrivare ad una soluzione, figuriamoci loro.
Jane proseguì “La scientifica sta lavorando ancora sulle impronte?”
“Si, proprio in questo momento” rispose Cho.
“Bene, quelle impronte sono tutto quello che abbiamo, se siamo fortunati ci sveleranno l’identità del complice di John infiltrato nel CBI”
Detto questo poggiò la tazza nel lavabo ed uscì dirigendosi verso il bullpen.
“Ha detto il complice di John infiltrato nel CBI?” disse Rigsby con aria sbigottita.
“Ti meravigli ancora?” rispose l’amico ed uscì dal cucinino lasciando il collega imbambolato.
 
Il CBI si stava svuotando velocemente; il piano era quasi desolato, c’erano solo loro ad indagare su John Il Rosso e qualche segretario che scartabellava pratiche e documenti di vario genere.
Jane si diresse al suo divano e una volta raggiunto si sdraiò comodamente. Aveva appena messo piede nel suo palazzo della memoria per fare un po’ di ordine su tutti quegli indizi confusi quando una voce maschile lo chiamò “Jane? Dormi sul posto di lavoro?”
Jane sobbalzò e si mise velocemente a sedere “No Minelli, stavo solo pensando. Tu che ci fai ancora qui?”
“Sono un capo ricordi? Ho anch’io del lavoro da svolgere”
“Ah non lo hai scaricato già tutto a Lisbon?”
Minelli gli rivolse un’occhiataccia e Jane rispose con quel suo sorrisetto sfrontato.
“È davvero un peccato” esitò “la morte di quella ragazza… non sarebbe andata molto lontano, l’avremmo ripresa e a quel punto avrebbe sicuramente parlato”
“Gia… è un peccato. Ma fortunatamente non sono così lontano da John come lui crede”
“A si?”
“Si, ho una pista che deve essere solo confermata”
“Addirittura? E quale?”
Jane si guardò intorno quasi furtivo “Quando sarò sicuro te la dirò con molto piacere” sorrise.
“Non sei proprio cambiato eh?”
“È difficile cambiare quando si è ossessionati da qualcosa”
Minelli sollevò gli occhi al cielo giusto quel tanto da non farsi vedere dal consulente “A volte le ossessioni non portano a niente di buono Jane”
Sorrise e se ne andò lasciando l’uomo con i suoi demoni. Sprofondò tra i comodi cuscini e reclinò un po’ la testa all’indietro. -Qual è il tuo piano John? Che cosa vuoi ancora da me?- Il suono del cellulare lo distrasse dai suoi pensieri, si alzò a fatica e andò a rovistare nella tasca della giacca che aveva lasciato sulla scrivania di Grace. Era un messaggio, sul display esterno lampeggiava la scritta “Sconosciuto”. Aprì lo sportellino e lesse il testo:
 
“Vuoi accettare il mio regalo? 6501 Golden River Boulevard. Tic tac Patrick, tic tac. :) 
 
“Lisbon! Lisbon!” si alzò di corsa continuando ad urlare. Irruppe nell’ufficio e mise nelle mani della donna il cellulare. “È John!”
Lesse di fretta il testo poi guardò l’uomo preoccupata “Potrebbe essere una trappola Jane…”
“Ma potrebbe anche non esserlo. Lisbon la vita di quella bambina è in pericolo!”
Nel frattempo i loro colleghi erano apparsi dietro le spalle del consulente con delle espressioni inquiete “Capo abbiamo sentito delle urla, cosa è successo?” chiese Van Pelt.
“John si è messo in contatto con Jane, dice che la bambina è al 6501 del Golden River Boulevard”
Rigsby la interruppe “È un casolare abbandonato, abbiamo effettuato una retata due anni fa. Era il nascondiglio dei Black Villan, una gang spacciatrice di meta, quella struttura adesso è vuota”
“C’era da aspettarselo… Rigsby, Cho e Van Pelt andate con Jane, portate giubbotti antiproiettile e armi in abbondanza. Purtroppo non c’è più nessuno che può aiutarvi con l’operazione ma dobbiamo farla adesso, il tempo stringe”
“Va bene capo” risposero all’unisono e andarono a prepararsi in fretta.
“Tu non vieni con noi?”
“No Jane, non posso proprio. Devo… ”
“Lavorare, si, lo so”
Lisbon annuì con la testa. Jane sorrise mestamente e fece per uscire quando sentì la voce della donna richiamarlo.
“Jane?” Si voltò e la guardò negli occhi smeraldini.
“Mi raccomando fai attenzione” esitò deglutendo frettolosamente “se ti succedesse qualcosa io… ”
“Non preoccuparti Teresa” uscì mentre la donna lo vedeva svanire attraverso le veneziane socchiuse.
 
Uscirono dall’edificio portando con sé valigette e fodere di armi, le riposero nel bagagliaio del SUV e partirono in fretta. Le luci dei lampioni e delle auto rischiaravano l’oscurità. Quella sera la luna si nascondeva dietro delle immense nuvole, vi era solo qualche stella che risplendeva solitaria nel suo pezzetto di cielo. Era sceso un leggero venticello che muoveva qua e là gli alberi e spazzava lontano delle cartacce al suolo. Il rumore frusciante dei pedoni e dello sciame di veicoli sembrava quasi un fiume in piena che scorreva nel suo letto.
Il SUV si muoveva velocemente nella corsia, superava gli ostacoli di scatto e lasciava dietro di sé una nuvola di fumo. Rigsby non era solito guidare ma quella volta era toccata a lui in quanto era l’unico a conoscere bene la strada da percorrere, non avevano certo il tempo per programmare il navigatore satellitare quindi si erano piu che accontentati. Van Pelt e Cho caricavano con cura le loro armi, mentre Jane sembrava fissare un punto indefinito davanti a sé. Non una parola era volata da quando avevano lasciato il CBI, il silenzio era molto piu eloquente di mille parole.
Abbandonarono la strada asfaltata e s’immisero in una stradina di campagna buia e decisamente inquietante. Il veicolo si fermò sotto un casolare immerso tra le sterpaglie.
“Ecco il capanno, siamo arrivati” sentenziò Rigsby.
 Sembrava una casa stregata; le finestre erano rotte e grossi pezzi di vetro si stagliavano al suolo, il tetto era quasi inesistente, rimanevano solo qualche tegola rotta e ampi spazi aperti al cielo. La porta era scardinata e penzolava producendo un’agghiacciante cigolio che faceva rizzare i capelli.
Jane uscì di corsa dal SUV ed entrò lasciando indietro i suoi colleghi.
“Jane! Jane torna qui!” cercò di bisbigliare Van Pelt ma ogni richiamo fu inutile. Seguirono il consulente con le armi puntate e le torce che illuminavano a malapena l’ambiente. Ispezionarono ogni stanza al pian terreno senza trovare nulla, solo carta da parati bruciacchiata e cumuli di polvere.
“Ma qui non c’è niente” esclamò Cho
“Già… ehi dove è finito Jane?” rispose Rigsby guardandosi intorno.
Abbassarono le armi rimanendo sempre pronti a fare fuoco e scrutarono invano l’ambiente. Le luci flebili che danzavano qua e là nei lunghi corridoi non rivelavano la sagoma del consulente.
“Jane? Jane dove sei?” urlarono più che poterono.
“Ragazzi venite al piano di sopra” Van Pelt si stava sporgendo dal pianerottolo della scala e faceva segno ai due uomini di seguirla. Jane era lì, immobile, fissava la parete dinanzi a sé. Si avvicinarono e presero a scrutare anch’essi il muro.
“Ha cambiato stile per caso?” asserì Cho.
Quello che stavano guardando era l’ennesimo smile di John, solo che questa volta la sua bocca era rovesciata in un’espressione truce e al lato del disegno vi era la scritta: “Trovato niente Patrick?”
“Che cosa significa?” chiese Rigsby.
“Mi ha fregato…” sentenziò il consulente continuando a fissare il disegno e portandosi un dito alla bocca.
Si guardarono tutti con aria interrogativa, non riuscivano proprio a capire “Beh non è la prima volta, ma perché farci venire qui?” replicò Van Pelt guardando i suoi colleghi quasi per cercare supporto.
“John vuole chiaramente qualcosa in cambio da me, e questa ne è la prova” indicò lo smile.
“Una prova di cosa?”
“Oh Grace, ma non capisci? Ha scritto “Trovato niente Patrick?” Mi sta mandando un chiaro messaggio, fino a quando non prenderà ciò che desidera da me non libererà la bambina”
“Si ma cosa vuole da te?” lo incalzò Cho.
Jane abbassò il capo “Questo… non lo so”
Proprio in quel momento il cellulare di Rigsby iniziò a suonare interrompendo il clima di apprensione che si era creato. Estrasse l’apparecchio e prima di rispondere si rivolse ai suoi colleghi “È la scientifica”
Aprì lo sportellino “Rigsby… si è una nostra prova… cosa? Ne siete sicuri?” deglutì “Va bene, grazie”. Ripose con cura il cellulare in tasca e prese a guardare con un’espressione poco convinta i suoi amici.
“Allora?” lo esortò Van Pelt
“Dicono che le impronte… appartengano a Minelli”
Al solo udire quel nome Jane alzò il capo “No non è possibile… no… Minelli non potrebbe mai essere un complice di John!” Sembrava così convinto a sentirlo ma dentro di sé non lo era per niente. Era la prima volta che le sue osservazioni razionali e ben congegnate sembravano essersi congelate nella sua mente. Non poteva proprio essere Minelli, era impossibile. Probabilmente se qualcuno gli avesse chiesto di chi si fidasse oltre Lisbon avrebbe sicuramente detto il suo nome. Questo era quello che s’imponeva di pensare però, la verità era che non ne era più sicuro adesso.
“No, no, no” continuava a ripetere quella parola come uno squilibrato in manicomio. I suoi amici lo fissavano con disappunto. Insomma erano agenti, il loro lavoro era di vagliare tutte le piste in modo coerente e non di farsi prendere dalle loro opinioni. Per quanto ne sapevano Minelli poteva essere un sospettato come chiunque altro, e poi avevano anche il riscontro della scientifica. Ma Jane non era un agente, ragionava con la sua testa da consulente “paranormale” presa da crisi d’identità.
Cho fu il primo ad interrompere Jane “Beh questo spiegherebbe il motivo del suo ritorno al CBI”
“È stato il capo procuratore a chiederglielo” rispose puntando il dito verso il volto dell’uomo.
“Già, è una scusa allora” replicò con freddezza l’agente.
“Jane, sappiamo che la tua sicurezza deriva dalle tue “capacità”, ma forse hai abbassato la guardia con Minelli, insomma chi non lo farebbe?” Rigsby cercava di far riflettere il consulente ma in compenso ottenne una risposta scortese “Stai insinuando che non sappia fare più il mio lavoro?”
“No n-no, dico solo che forse…”
“Invece si, quello che rimane delle mie “capacità” mi sta dicendo questo!”
“Ehi ma che accidenti ti prende?!”
Van Pelt si pose in mezzo allargando le braccia tra i due “Insomma ragazzi basta! Questo è quello che vuole John, metterci uno contro l’altro, non permettiamoglielo!” Jane abbassò il capo e annuì impercettibilmente “Scusatemi… io… voglio solo che John il Rosso sparisca dalla mia vita… ”
Van Pelt riprese a parlare “Ok, ora va meglio… ” Si bloccò d’improvviso rimanendo a bocca spalancata.
“Un momento… ” guardò in volto Jane con un’espressione sorpresa. Avrebbe sicuramente urlato il suo solito “Eureka!” ma di certo quella non era la situazione adatta.
“L’agente che faceva la guardia a Lorelai mi ha detto che l’ultimo a farle visita prima che scappasse è stato proprio Minelli!”
“Ecco dove ha preso il coltello” ribadì Cho.
Jane non rispose, si limitò a distogliere lo sguardo e fissare il vuoto. Lo faceva tutte le volte che qualcuno raggiungeva la soluzione prima di lui, quindi tanto bastò ai suoi colleghi per capire che avevano ragione. Era chiaro adesso, benché stentasse a crederci ancora, Minelli era il complice di John il Rosso. Tuttavia una domanda rimaneva ancora non risposta, cosa voleva John in cambio della bambina?
Van Pelt e Rigsby si spostarono in un cantone a discutere sul da farsi.
“Possiamo andarlo a prendere subito, era ancora lì quando ce ne siamo andati”
“Ma Grace, al CBI non c’è più nessuno che ci possa aiutare! Insomma c’è Lisbon ma non è come avere un’intera squadra d’assalto”
Improvvisamente quelle parole arrivarono agli orecchi di Jane e tutto sembrò maledettamente chiaro.
“LISBON! È Lisbon che vuole!!”
“C-cosa?” chiese Van Pelt
“Ecco perché Minelli le ha dato tutte quei documenti da compilare! Sapeva del piano di John e che noi saremmo venuti qui, in questo modo l’ha costretta a rimanere da sola! Dobbiamo tornare subito al CBI!” iniziò a correre giù per le scale producendo un gran frastuono che rimbombò sulle vecchie assi in legno del pavimento. I tre lo seguirono senza farsi troppe domande limitandosi a guardarsi l’un l’altro con apprensione.
Si misero in macchina e partirono lasciando un’enorme nuvola di polvere dietro di sé. Gli agenti scrutavano con ansia il consulente. Vedeva le loro bocce muoversi ma senza produrre alcun rumore.
“Jane… Jane stai bene?”
“No che non sta bene, non vedi che espressione ha?”
“Avanti lasciatelo respirare, così lo soffocate… Van Pelt non puoi andare un po’ più veloce?”
“Ci sto provando”
Li fissava scuotendo la testa come per rianimare il suo udito, ma nulla di concreto riusciva ad arrivare ai suoi orecchi, solo frasi sconnesse alternate da un forte fischio che si era prepotentemente insinuato nella sua testa. Aveva chiaramente un calo di zuccheri, respirava compulsivamente e neppure la sirena riusciva a coprire il suono che producevano le sue narici.
Jane cercò di stringere fermamente il cellulare ma le sue mani tremavano senza che potesse controllarle. Provò a scorrere il più velocemente possibile i numeri in rubrica. La foto di una piccola donna sorridente apparve sul display. Premette il tasto di chiamata. Aspettò dei secondi infernali sperando di sentire da un momento all’altro la voce di Lisbon. Tre, quattro, cinque squilli e improvvisamente nel bel mezzo di quello sterile silenzio tutto quello che sentì fu solo un suono meccanico:
 “Il numero da lei chiamato non è al momento raggiungibile”


Ecco il quarto capitolo :) Questa storia si sta avvicinando lentamente alla fine, credo che ci saranno ancora altri due o forse tre capitoli (sono ancora indecisa XD) Mi scuso per aver postato dopo un bel pò di tempo, ma ero impegnata e non ho avuto molto tempo per aggiornare. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e come sempre ringrazio chi ha recensito quelli precedenti o chi ha anche solo letto. Baci, Emy :) 
  
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