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Autore: None to Blame    01/08/2012    1 recensioni
Marthiblea si sveglia alla luce dei tre soli di Vrowaste, un pacifico pianeta i cui abitanti sono rimasti affascinati dalle usanze della Terra e hanno deciso di omologarsi ad essa.
Contemporaneamente, il terrestre Alphonse apre gli occhi nella consapevolezza di essere ancora in ritardo.
Le loro vite saranno sconvolte da una guerra inaspettata. Le Alte Teste della Terra hanno, infatti, dichiarato guerra a Vrowaste per ragioni ignote.
Genere: Demenziale, Guerra, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Nonsense | Avvertimenti: Violenza
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Un paio di stivali infangati si muovevano lungo un corridoio asettico.
Attaccate agli stivali, stavano un paio di gambe fasciate in calzoni militari, probabilmente appartenenti ad un soldato. Gli stivali, le gambe e, nel complesso, il soldato anonimo si bloccarono davanti ad un altro paio di stivali.

« Identificati! »

« Soldato semplice Lexington, Divisione R. Sono qui per parlare con il Comandante. »

« Il Comandante al momento è in riunione. »

« E dai, Jamie! Fammi passare! »

Un po’ più in alto, sul volto butterato del Soldato Guardia si dipinse un’espressione spazientita.

« Michelle, se è ancora uno dei tuoi soliti dubbi.. »

« Certo che lo è! Ma questa volta è importante. »

Michelle Lexington fece ondeggiare i capelli mentre inclinava la testa, gli occhi azzurri che risaltavano sull’ebano della pelle.

« Ti preeeeego! Altrimenti inizierò a chiamarti per cognome, soldato Mayer. »

Jamie la guardò sospettoso. Poi, sospirò rassegnato e si diresse al pannello di apertura della porta. Digitò il codice e fece segno alla ragazza di seguirlo.

Attraversarono le porte blindate per ritrovarsi in un altro corridoio asettico – che aveva, tuttavia, qualcosa di diverso, si aveva la sensazione di essere costantemente osservati e controllati.

Il corridoio pian piano si allargava morbidamente, fino a sfociare nel vasto Primo Ufficio.

« Guardia »

I due, che stavano procedendo celermente, si arrestarono come colpiti da un pugno sentendo quel richiamo.
La voce proveniva da un’inconsistente figura adagiata su una grossa e grigia poltrona girevole.
Il Comandante aveva lo sguardo che scorreva su alcuni documenti che reggeva fra le mani, ma dava l’impressione di avere sotto controllo l’intera realtà circostante.

Jamie deglutì, mettendosi sull’attenti.

« Comandante, chiedo.. »

« Lo so, il soldato semplice Lexington vuole espormi l’ennesimo dubbio. Puoi andare, Mayer. »

Michelle rivolse un’occhiata di scusa a Jamie e restò sull’attenti, nell’attesa che il Comandante parlasse.
Questi aprì bocca non appena udì il portello d’entrata chiudersi.

« Riposo, soldato. Spero che questa volta la questione non riguardi i calzini scomparsi che pensavi potessero essere usati per non so quale diavoleria. »

« Beh, i calzini continuano a sparire dalle lavatrici, perciò penso che qualcuno stia ancora lavorando al progetto di Rete Bubbonica.. Ma non è di questo che voglio parlare. »

Il Comandante ripose i documenti sulla scrivania alla sua destra e si alzò.
Il suo aspetto ricordava vagamente un lampione cittadino – alto, grigio e allampanato, ma, al contempo, anche piuttosto imponente.

« Dimmi pure. »

« Non mi fido degli Elicotteri. »

« Non devi più chiamarli così. »

« Non m’interessa come si chiamano, Elicotteri o Hestikatsi. Il punto è che non mi fido. Sono così.. »

« Senza di loro, non avremmo nemmeno iniziato questa guerra. »

« Appunto! C’è davvero il bisogno di combattere contro un altro pianeta – pacifico, per di più? E noi ai Gradi Inferiori nemmeno sappiamo cosa c’è dietro.. »

« E’ necessario che nessuno lo sappia a parte i membri del Grosso Consiglio. Ma queste sono cose che riguardano l’Esercito. Perché non ti fidi di loro? »

« Ci guardano male, lì in dormitorio. E poi non sono esseri umani, perché devono dormire con noi? Hanno assunto temporaneamente un aspetto simile al nostro, ma sono.. Beh, quando vanno in bagno, riempiono la tazza di olio di motore vecchio e puzzolente. Fa ribrezzo! »

« E’ solo questo? »

Michelle tacque per un attimo, per poi proseguire con tono greve.

« Sono alieni che fanno l’interesse dei terrestri. C’è qualcosa dietro. »

« Me lo sono chiesto spesso anche io. Quell’Elicottero – come si chiama? – Krotyop ci ha venduto un’informazione preziosissima e armi di ogni genere per qualche ettolitro di olio da motore. O sono tizi dai desideri semplici.. »

« .. oppure no. »

Il Comandante si studiò le mani e sospirò.

« Oppure si vedrà. Ora vai, Lexington. È ora dell’esercitazione. »

Michelle si strinse nelle spalle, senza fare il saluto militare. Fece per andarsene ma, ricordandosi all’improvviso di qualcosa, si voltò.

« E i calzini? »
 
 
 

**
 
 

 
Era notte inoltrata nella città di Hoherniif e, a parte il romantico bagliore del satellite Meira, nemmeno una luce illuminava le strade.
Su tutte le case, aleggiava un’atmosfera di tensione e paura.

Sul retro di un’abitazione particolarmente insignificante, due ragazzini, tenendosi per mano, stavano stesi con lo sguardo perso nella monotona infinitudine del cielo stellato.

« Thi »

« Mmh? »

« Cosa ti metteranno a fare? »

« Mi hanno assegnata al Reparto Manutenzione Armi. »

Seguì un attimo di silenzio.

« Quindi seguirai la Truppa sul campo di battaglia? »

« No, le Donne Arruolate ne staranno ben lontane. »

« Ma se ti avessero messa nelle officine in città, saresti stata al sicuro. O magari anche al Reparto Sanità. »

Thible si girò sul fianco appoggiandosi sul gomito e fissò l’amico.

« Rok, non c’è pericolo per noi DA. Tu, piuttosto, alla Prova d’Attitudine vedi di non capitare nelle Linee d’Assalto. Fatti assegnare alla retroguardia o che so io.. »

Rok abbassò le palpebre.

« A me piacerebbe pilotare. »

« Gli psicocaccia? »

« Sì. Una volta sono salito su uno dei caccia insieme a papà. Non credo nel destino e roba simile, ma mi sono sentito bene, come se quello fosse il mio posto, dove dovrò essere, dove dovrò morire. »

« Taci, per favore. I piloti sono i primi a crepare. »

Si stese di nuovo e contemplò la Meira.

« Rok, ti ricordi di quando mi chiamavi Pterofalco? »

L’amico ridacchiò.

« Come vuoi che me ne scordi? Sembra ieri.. »

« Che ne dici se mi presentassi alla Prova d’Attitudine come cecchino? »

Roknij fece un rumore simile ad un tubo di scarico otturato – o semplicemente si strozzò con la saliva.

« SEI IMPAZZITA? »

Thible scattò a sedere allarmata.

« Ssh! Fa’ silenzio! Vuoi farci passare un guaio?? »

« Tu mi hai convinto a infrangere il coprifuoco. E – NO – tu non vai a nessuna Prova. Niente cecchino. I terrestri ti faranno fuori in un minuto! »

« Grazie per l’alta considerazione che hai delle mie capacità. »

« Contro un missile, un cecchino che mai potrà fare? »

Nel cortile desolato tornò per qualche secondo il silenzio.
I due, ritenendo di aver giocato un po’ troppo con la fortuna, decisero di tornare ognuno nella propria dimora.
Thible sospirò.

« E’ triste. »

« La Guerra? Beh, direi che è solo molto incasinata. »

« No, il fatto che dobbiamo ritenere nemico un popolo che abbiamo sempre ammirato ed emulato. »

Rok le diede una fraterna pacca sulla spalla.

« Ti abituerai all’idea, sta’ tranquilla. »

La ragazza restò ad osservare l’amico che si allontanava, mentre un’opprimente senso di angoscia tornava a pesarle sul petto.
 
 
  
 
**
 
 
 

Mentre Marthiblea si lasciava vincere dalla paura della Guerra, Alphonse si contorceva nella tensione pre-compito di filosofia.

Tutta la famiglia Jackson era riunita attorno ad una ricca zuppiera di spaghetti al pesto.
Con “tutta la famiglia” si intendono Alphonse, suo fratello Mark e Jessica Fletcher alla televisione.

Mark Jackson, simile ad un grosso e soffice panda coi capelli rossi, divorava un enorme piatto di pasta godendosi la lettura di un Corto Maltese.
Alphonse, più smilzo e spigoloso, guardava con occhi vacui l’allegra signora del Maine alle prese con un bel cadavere insanguinato, mentre giocherellava nervosamente con uno spaghetto.

Alle loro spalle, una porta si aprì e comparve una donna dall’aspetto incredibilmente stanco e provato.
A giudicare dall’abbigliamento e da un badge che portava il suo nome – Rebecca – e quello di un famoso night club – (Not So) Holy Night – non doveva avere un lavoro di cui andasse fiera.

« Che c’è da mangiare? »

Aveva la voce roca dei gran fumatori.
Mark le rivolse un largo sorriso.

« Ciao, mamma. C’è il pesto, ti prendo un piatto. »

Non finì nemmeno la frase, che Rebecca si fiondò sulla zuppiera, mangiandone il contenuto con la posata da portata.
Alphonse, i quali nervi erano già provati dall’imminente compito di filosofia, parve irritarsi ancor di più alla comparsa della madre.
Si alzò di scatto, strusciando la sedia sul pavimento, e si fiondò in camera sua, sotto lo sguardo di disapprovazione del fratello.

Una volta arrivato nella sua stanza, contemplò svariate opzioni – ripetere Leibniz, spararsi un po’ di heavy metal prima di dormire, leggere un fumetto.
Scelse quest’ultima.

Si buttò sul letto, afferrando un Batman a caso – accorgendosi, poi, che era uno di quelli di Mark – e si inoltrò nell’universo di Gotham City, alle prese con Poison Ivy.

Nulla lo distrasse per un’ora, né un rumore molesto proveniente dalla camera del fratello, né una lontana ambulanza a sirene spiegate, né il ladro vestito da Sherlock Holmes che rapiva il gatto dei vicini.

Alle dieci, decise che si era fatta ora di dormire.

Per chissà quale motivo, scelse di alzarsi e restituire il fumetto al fratello piuttosto che riporlo sul comodino.

A piedi nudi, quindi, e con una faccia bisognosa di sonno, aprì la porta della camera di Mark.

All’inizio, diede la colpa alla stanchezza.
Poi, ad un’eventuale indigestione.
Solo al terzo battito di ciglia – e dopo un’occhiata all’espressione colpevole e nervosa del fratello – si convinse che il fatto che ci fosse un ragazzo vestito da soldato, con tanto di pistola nella fondina, appollaiato sul davanzale della finestra non fosse un’allucinazione. 

Il fumetto di Batman gli scivolò dalle dita e si abbatté sul pavimento con un rumore da drammatico sottofondo ad una scena ricca di suspance.

« E tu chi diavolo sei? »









NdA

Fatemi sapere se vi sta piacendo o se mi devo prendere a sprangate in fronte! 
Alla prossima!
   
 
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