Hmm,
mi permettete di dedicare questa storiella all’attuale
presidente degli Stati
Uniti d’America? XD
UN
OVETTO KINDER E LA TRISTEZZA SE NE VA
Debbie
faceva avanti e indietro dalla cucina al
salotto ormai da tutta la mattina, fischiettando e muovendosi al ritmo
della
musica dei Beatles che già da ore usciva dallo stereo.
Era da giorni che si preparava per quel pranzo in famiglia, a
metà settimana
aveva già fatto la spesa e da due settimane ormai sfogliava
vari libri di
cucina per preparare un pasto memorabile. Insomma, capitava raramente
che tutta
la famiglia e gli amici si riunissero per mangiare e parlare tutti
insieme
appassionatamente.
E così lei ci metteva anima e corpo perché tutto
fosse speciale e
indimenticabile.
Dallo
stereo partì improvvisamente una delle canzoni
più energiche del gruppo che ha fatto sognare gli anni
settanta, Rock and Roll
music e Debbie poggiò i suoi succulenti manicaretti sul
tavolo di legno che lei
e Carl avevano comprato un po’ di tempo fa proprio per queste
occasioni.
“Sei
sicura che non vuoi una mano, Debbie?” le
chiese Melanie, seduta sul divano insieme a Linz e al padrone di casa
che
intratteneva le loro ospiti, le prime ad essere arrivate.
“Oh
no, tesoro, stai pure lì e rilassati”. Le
rispose la donna con il suo solito sorriso cordiale e allegro. Se la
cavava
ancora perfettamente a portare i piatti in tavola da sola,
d’altronde era
quello che faceva da anni al Diner e che non aveva ancora smesso di
fare.
Inoltre, loro erano le ospiti e non era educato e nemmeno giusto farle
scomodare troppo.
Melanie
sorseggiò il suo vino, mentre Linz mostrava
alla piccola Jenny come colorare senza uscire dai bordi. Accanto a
loro, Gus
giocava con i soldatini e i supereroi giocattolo che una volta erano di
Michael
e che Debbie non aveva mai pensato di buttare via.
“Allora,
Mel, mi stavi raccontando di quel caso che
segui”. Fece Carl, rivolto alla donna seduta di fronte a lui.
Melanie
si entusiasmava sempre tanto quando parlava
dei casi che seguiva in tribunale e dei clienti che doveva difendere e
con Carl
lo faceva sempre con piacere, forse perché lui la ascoltava
interessato. Ma
d’altronde, lei era un avvocato lui un poliziotto, qualche
sintonia ci doveva
pur essere.
In
quel momento la porta d’ingresso si aprì facendo
entrare Ben, Michael e Hunter, un po’ accaldati per il sole
che picchiava
quella mattina in cielo.
“Papà!”
esclamò Jenny, alzando le braccia per farsi
prendere in braccio dal padre.
“Ciao,
piccola”. La salutò Michael con un sorriso,
accontentandola e stringendola forte.
“Come
state, ragazzi?” chiese Debbie, finendo di
condire l’insalata.
“Non
ci lamentiamo, per ora”. Le rispose Ben,
mettendo un braccio attorno alle spalle del compagno che aveva ancora
in
braccio la bambina. Avevano entrambi raggiunto la quarantina, ma si
tenevano
piuttosto in forma, soprattutto Ben che non aveva perso neanche un
chilo dei
muscoli che aveva, mentre Michael non era cambiato molto da quando
aveva trent’anni.
“Certo
che non si lamentano. Non fanno che scopare
dalla mattina alla sera”. Aggiunse Hunter col suo solito
sarcasmo. Nemmeno lui
era cambiato tanto, o meglio, il suo carattere non era cambiato
affatto, ma
l’aspetto stava pian piano mutando da quello di un
adolescente a quello di un
giovane uomo, con i lineamenti più forti e marcati e il
mento più evidente e
anche il fisico stava sviluppando caratteri più mascolini.
“Ehi,
sta’ attento a come parli! Ci sono dei bambini
qui!” lo sgridò Debbie, poggiando sul tavolo un
piatto colmo di patate al
forno.
Hunter
per tutta risposta scosse le spalle e allungò
una mano per prendere una patata, ma la nonna gli diede uno schiaffo
sulla mano
e lo guardò male.
“Non
si mangia finché non arrivano tutti gli
ospiti”.
Ben
si unì alla conversazione tra Mel e Carl e
Michael fece accomodare Jenny accanto a Linz.
Bussarono
alla porta e il commissario Horvath si
precipitò ad aprire accogliendo con un caloroso sorriso
Emmett e Ted che
sembravano star discutendo di un argomento piuttosto interessante.
“Bene,
sembra che ormai ci siamo quasi tutti”. Commentò
Mel, alzandosi dal divano per andare a sedersi a tavola.
Tutti
ovviamente si accorsero che mancavano i due
ospiti d’onore, visto che si facevano sempre attendere per
non essere mai
puntuali. Justin e Brian erano sempre gli ultimi ad arrivare, di
qualsiasi cosa
si trattasse, in particolare ai pranzi come quello.
Non
dovettero, però, aspettare molto: Brian e Justin
si presentarono in tutto il loro splendore, uno con i jeans scuri e la camicia mezza
sbottonata e l’altro con una
maglietta piuttosto attillata e i pantaloni fino al ginocchio. Si
trattavano
bene, d’altronde non avevano problemi economici, Brian con la
sua azienda
pubblicitaria poteva ancora permettersi cose di marca e pure Justin che
si
stava facendo largo nel mondo dell’arte.
Brian, però, aveva ancora qualche crisi per
l’età che avanzava e aveva già
iniziato a strapparsi un paio di capelli bianchi. Ma finché
non gli fosse
toccato ricorrere alla tinta, gli andava bene.
Così
si misero a tavola, colma delle più deliziose
prelibatezze preparate da Debbie con anche l’aiuto del
marito. Si erano sposati
un paio di anni fa, nonostante la donna volesse essere solidale nei
confronti
del figlio ed erano ancora follemente innamorati e a letto facevano
ancora
faville.
I
discorsi che si fecero a tavola furono dei più
svariati: si parlò di lavoro, di vestiti, di moda, dei
giocatori di football
pieni di muscoli, ma soprattutto, si parlò di sesso. Come
sempre.
Ted chiacchierava del suo lavoro come contabile nell’azienda
di Brian e della
sua relazione con Blake che quel giorno non era potuto venire per colpa
di un
altro impegno, Michael raccontò delle nuove idee che aveva
in mente per Furore,
Hunter li metteva al corrente di quello che faceva al college e dei
vari gossip
sui suoi compagni e Brian e Justin si inserivano ogni tanto con qualche
battutina sconcia o a doppio senso.
“Questo
pollo è veramente ottimo, Debbie”. Disse ad
un certo punto Linz, per sviare il discorso dal sesso.
“Oh
grazie, tesoro”.
“Sì,
Linz ha ragione”. Aggiunse Emmett, pulendosi le
mani nel tovagliolo per servirsi da bere. “Anche mia zia Lula
faceva dei pranzi
squisiti. Tutta la famiglia si riuniva una volta al mese a casa sua,
attorno a
un grande tavolo in sala da pranzo, solo che non eravamo
così tanti,
ovviamente. Ogni tanto però capitava di rivedere qualche
vecchio parente ormai
dimenticato. Lei faceva sempre da mangiare per un esercito, temendo
comunque
che fosse troppo poco. Alla fine ci portavamo sempre gli avanzi a casa
e con
quelli vivevamo per altre due settimane”.
Alcuni
dei presenti risero divertiti. Emmett e i
suoi aneddoti su zia Lula ormai erano diventati parte della routine. Ad
alcuni
sarebbe pure piaciuto conoscerla, questa zia Lula.
“Ma
pensate che con l’elezione di questo nuovo
presidente, cambieranno le cose?” chiese ad un certo punto
Linz che, come al
solito, preferiva parlare di cose pratiche e un po’
più serie. “Intendo, per
noi. Pensate che avremo più diritti?”
“Non
saprei”. Le rispose Ben. “Anche il fatto che
sia stato eletto un presidente nero afroamericano è di per
sé una novità.
Obama, comunque, è molto diverso dal precedente e sono
sicuro che porterà delle
novità, anche positive”.
“Già.
Credo abbia più buonsenso. Vuole pure
finanziare l’aborto parziale, nonostante le critiche della
chiesa cattolica”.
Aggiunse Mel con nonchalance.
“Vedremo.
Quello che è certo è che porterà un
po’ di
aria nuova in questo paese. E ce n’è proprio
bisogno”. Concluse Debbie,
servendosi dell’altro polpettone.
Gli
unici che non erano seduti a tavola erano Gus e
Jenny Rebecca. Subito dopo aver mangiato, si erano alzati da tavola ed
erano
andati a giocare, completamente disinteressati ai discorsi degli
adulti, com’era
giusto che due bambini lo fossero.
Gus,
all’improvviso, mise giù i suoi soldatini e si
fermò a guardare la sorellina che stava disegnando.
“Che
cosa disegni?” le chiese, con l’innocenza di un
bambino di nove anni.
La
bambina, allora, si avvicinò a lui
e gli fece vedere un disegno piuttosto
bambinesco, con degli omini fatti di cerchi per le teste e lineette per
il
corpo e altre forme geometriche per rappresentare il paesaggio.
Sembrava aver
ereditato la passione di Linz per l’arte, nonostante non
fosse stata lei a
concepirla.
“Questa
qui è mamma Linz”. Disse, indicando una
figura coi capelli biondi. “Questa è mamma Mel,
questo è papà e questo è lo zio
Ben”.
Gus
rimase un attimo a guardare il disegno, come
assorto, poi prese dei pennarelli e disegnò anche lui una
figura, scrivendoci sopra
il nome Brian.
“Questo
è il mio papà, invece”.
Jenny
si girò a guardare il fratellino e gli fece un
sorriso, prima di continuare a colorare. Le mancavano ancora il sole e
il tetto
della casa.
“Jenny,
ti va di uscire fuori a giocare?” le chiese
allora Gus che forse si stava un po’ annoiando.
“No,
non mi va. Preferisco stare qui”.
Il
bambino, allora, provò a mettersi tranquillo,
seduto per terra appoggiato al divano, sfogliando un fumetto che aveva
trovato
lì.
Dopo
cinque minuti, però, Jenny gli domandò:
“Gus,
ma secondo te noi siamo una famiglia strana?”
Gus
la guardò con la stessa espressione che assumeva
Brian quando non sapeva cosa rispondere, probabilmente chiedendosi
perché gli
stesse facendo quella domanda.
“Perché?”
“Perché
il mio amico Josh ha detto che noi siamo una
famiglia strana. Che abbiamo due mamme e due papà diversi e
che tutti i
bambini, però, devono avere una mamma e un papà
che si amano e sono sposati”.
Spiegò lei, scostandosi i capelli scuri che le erano caduti
sugli occhi.
“Noi
non siamo una famiglia strana. Perché dobbiamo
avere una sola mamma e un solo papà? E’ meglio
averne due e poi anche le nostre
mamme si amano e i nostri papà sono amici. E poi abbiamo lo
zio Ben e lo zio
Justin. E loro ci vogliono bene lo stesso. E se Josh ti dice questo
allora non
è tuo amico”. Aveva usato un tono un po’
duro nel risponderle, duro ma sincero,
come lo sono tutti i bambini.
La
sorellina si sentì immediatamente più rincuorata
e così decise di tornare al suo disegno, le manine
già tutte sporche di colori.
Gus
all’improvviso si alzò e andò da Linz
per
chiederle qualcosa. Quando tornò, porse alla sorellina un
ovetto Kinder.
“Tieni,
è per te”.
Jenny
lo prese, ma non lo mangiò subito.
“Josh
mi ha anche chiesto se anche io sono lesbica
come le nostre mamme”.
“Uffa,
Jenny! Non devi ascoltare quello che ti dice
Josh. Tu non sei lesbica e anche se lo sei non è
importante”. Il bambino
cominciò ad aprire il suo ovetto, un po’ stufo
delle paranoie di sua sorella.
“Però, io spero che tu non lo sei
perché da grande ti voglio sposare”.
Jenny,
allora, gli sorrise e cominciò anche lei a
mangiare il suo dolcetto, improvvisamente dimentica di tutti quei
discorsi.
Gus
forse non si rendeva conto che cosa le aveva
appena detto, era solo un bambino per poter sapere bene il significato
di
matrimonio o omosessualità. Forse dava anche poca importanza
alla cosa o forse
non ingigantiva la questione come invece facevano tutti, proprio
perché era
solo un bambino e i bambini non vedevano problemi da nessuna parte,
magari
anche perché non ce n’erano ed erano solo gli
adulti a trovarli dappertutto e
ad imporsi delle regole.
Magari
non sapeva nemmeno bene che cos’era l’amore,
l’amore di quel tipo, almeno. Ma voleva bene a sua sorella,
avevano un rapporto
speciale, non litigavano quasi mai e condividevano sempre tutto.
E se due donne o due uomini potevano sposarsi perché non
anche due fratelli?
***
MILLY’S
SPACE…
Buonsalve!!!!
Milly è venuta a
tormentarvi anche qui, muahahahahaha!!!
Non so se mi conoscete, probabilmente no visto che è la
prima volta che scrivo
in questa sezione, ma se invece avete già letto qualche mia
bellissima opera
(Pulcino che muove le rotelle nella mia testa: che modesta. Milly:
zitto tu
u.u) allora sapete già di quali cose maligne, sadiche e
brutali io sia capace
^^.
Ehehe, ok, in questa piccola oneshotina in realtà non
c’è niente di maligno,
anzi, io la trovo tenera (non la trovate tenera anche voi?),
però, un giorno,
parlando con la mia amica mi è venuta in mente e siccome
sono una superfan di
Queer as Folk (sebbene l’abbia scoperto solo da poco) ho
deciso che anche voi
altri dovevate leggerla e badate bene che non sarà
l’ultima ^^. Quindi, sentirete
ancora parlare di Millyray. Muahahahah!!!! *risata malefica*.
Ok,
passiamo a qualche commentuccio.
Allora: non ho idea di quali tipi di pranzi cucinasse zia Lula, forse
non
cucinava affatto (anche se ne dubito), però una citazione
sulla mitica zia di
Emmett ci stava. Ah, quanto stimo quella donna ^^ e anche suo nipote
è
veramente fantastico xD e a proposito di Zia Lula: io e la mia amica
abbiamo
creato una pagina su FB in suo onore dedicata a Queer as Folk. Ci
piacerebbe
tantissimo che ci deste un’occhiata. http://www.facebook.com/ZiaLula
Seconda
cosa: sono passati
cinque anni dall’ultima serie che hanno fatto, quindi la
storia è ambientata
nel 2010 anche perché Obama è appena arrivato al
potere (viva Obama!!! xD), ma
premetto che di politica non m’intendo molto, ho dovuto
guardare un po’ su
Wikipedia anche perché non mi ricordavo quando fosse stato
eletto xD
Però non so esattamente quanti anni possano avere Gus e
Jenny, quindi,
perdonatemi magari certi errori tecnici. Eh, non si può
sempre sapere tutto.
Inoltre, so che in America gli ovetti Kinder sono illegali, anche se
non sono
sicura che lo siano ancora, comunque ho deciso di concedermi una
licenza
poetica. Spero non vi dispiaccia ^^.
Bene, detto
questo, lasciatemi un piccolo angolino per la reklaaaaameee!!! Allora,
se vi
siete innamorati di me (ne dubito, ma sperare non nuoce ^^) potete dare
un’occhiatina alle altre mie ficcy, nella sezione di Harry
Potter, in quella di
Twilight e tra le Originali (una fic di cui vado molto fiera,
Pervesness &
Blood, sempre genere yaoi) e inoltre, su FB ho creato una pagina
dedicata alle
mie ficcy, Millys’ Space: http://www.facebook.com/MillysSpace (un bel Mi piace non mi dispiacerebbe ^^).
Ok, credo di
avere finito di rompervi ^^.
Spero di ricevere tanti bei commentini, anche brutti eh, non fatevi
problemi
^^.
Bacioni,
M.
P.S. la
storia l’ho scritta sulle note della musica dei Beatles, in
particolare Rock
and Roll musica… potete ascoltarla mentre leggete ^^