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Autore: Sahara__    02/08/2012    9 recensioni
Pensavo fossimo incompatibili. Tu ed io. Ma il tempo mi ha permesso di capire quanto mi sbagliassi. Altrimenti ora non sarei qui,accanto a te, stringendoti la mano fredda, osservando il tuo viso pallido e cereo, stanco e sonnolente, mentre mi osservi con quella dolce incertezza, timida e fragile, un qualcosa di così segreto che hai voluto mostrare, chissà per quale ragione, alla tua metà incompatibile.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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Spazio autrice : Ed ecco che a tempo di record posto subito il nuovo capitolo! :D Volevo avvisarvi che domenica 5 parto per Vieste, e tornerò il 12 agosto, quindi preparatevi ad aspettare un bel pò prima che aggiorni nuovamente la ff!
Un'ultima cosa e poi vi lascio stare..!
Nel testo, troverete una parte scritta in grassetto-corsivo, ricordatevi che quella non fa parte del racconto di Hermione, perchè lei non è presente in quella scena, è solo un introduzione per darvi un quadro un pò più chiaro della storia.. :)
Bene, vi ho rubato fin troppo tempo
Vi auguro una piacevole lettura
Sahara 











                                                                         
CAPITOLO 10. 
                                                      
LA SCRITTA SUL MURO









Rideva.
Rideva sfregandosi le mani, con un gesto di compiacimento per ciò che aveva fatto.
“Oh, ne vedremo delle belle, si, si.” Si ripeteva quasi maniacale, mentre curava ogni dettaglio del suo piano perfetto.
“E’ altamente rischioso, non riesco a credere di quanto tu sia irresponsabile.” Una ragazza corpulenta e massiccia chiamata Millicent, guardava contrariata la figura china sul pavimento accanto a lei.
Quest’ultima stava estraendo del materiale da una cassa di legno, scatolame di latta dalle diverse forme sporco qua e là da macchie di colore.
“Se risaliscono al colpevole..”
“Non succederà.” La zittì la figura, con una voce affaticata nel estrarre dalla cassa quel materiale che aveva intenzione di usare, e che, ascoltando il tono con cui parlava, si poteva dedurre che pesasse sufficientemente.
“Che colore credi sia più indicato??” Domandò con noncuranza.
“Non mettermi in mezzo a questa storia!!” Rispose imbronciata Millicent, con le mani conserte.
“Rosso. Rosso come il sangue.” Proseguì la voce, rimirando soddisfatta la scatola circolare che teneva sulle gambe.
“Per dare un tocco di teatralità alla scena.” 
Millicent si mordicchiò le unghie già rovinate della mano sinistra, nervosa.
“E se… E se lei… Risalisse a te? Se per caso scoprisse che la lettera è opera tua??”
La figura sbuffò del comportamento pessimista dell’amica “ho curato il piano nei minimi dettagli. Non preoccuparti. Nessuno saprà mai chi è stato. E la colpa ricadrà tutta su di lei.”
Millicent, che fino a pochi secondi fa si trovava dietro quella persona vendicativa, si accucciò di fianco a lei, e la fissò interrogativa “perché fai tutto questo? Per gelosia, per invidia.. Forse??”
La figura si sistemò una ciocca di capelli scuri che le era calata davanti gli occhi, e rispose un cipiglio ferita “ma proprio non riesci a capire? Non comprendi perché lo faccio?”
Millicent scosse la testa confusa.
La persona seduta di fianco a lei sospirò sofferente “lei mi ha portato via l’unica cosa che aveva dato un senso alla mia vita. L’unica persona che mi faceva battere il cuore. L’unica per me. L’unica che mi dava una ragione per vivere..”
Millicent parve particolarmente commossa da quella dichiarazione così toccante, infatti gli occhi le si inumidirono, le prese la mano e la strinse forte, come se volesse rassicurarla.
“Non avrei mai pensato.. Si insomma.. Non pensavo che per te lui significasse così tanto..”
La figura accanto a lei rise amaramente. “Vi siete fatti tutti un’idea sbagliata di me. I nemici, e adesso anche gli amici..” Sospirò, guardando tristemente lo scatolame di latta nella cassa di legno chiaro. “IO non provo sentimenti, IO sono solo stupidamente superficiale, IO non ho un cuore.. Questa è l’idea che vi siete fatti, e che forse io ho incoraggiato a farvi credere. Ma la verità è un'altra. C’è che io amo quel ragazzo più della mia stessa vita, c’è che una sporca Mezzosangue qualsiasi  non me lo porterà via, perché io combatterò, farò fuoco e fiamme affinché lui ritorni da me. E mi vendicherò di lei..”
Millicent sembrava scossa, ma deglutì, cercando di riprendere un minimo di lucidità.
Un profumo delicato di incenso si confondeva nell’aria della camera, che si mescolava sempre di più alla luce verdognola che filtrava dall’unica finestra a vetri. Era una luce particolare, come tante scaglie di smeraldo che rilucevano sul pavimento dalla stoffa verde scuro, sulle pesanti tende dello stesso colore, sui cuscini dai ricami argentati, e sul magnifico stemma che troneggiava la stanza, che raffigurava un nobile ed elegante serpente, simbolo dell’ambizione e della purezza.
“Non voglio il tuo aiuto, se è questo che vuoi sentirti dire.”
La figura china sullo scatolame macchiato di colore ruppe quel sofferente ma allo stesso tempo rilassante silenzio. “Ma ti chiedo solo di coprirmi. E di non dire niente. Fallo in nome della nostra amicizia. O in nome dell’amore che lega me a lui..”
Sul viso teso della corpulenta ragazza fiorì un sorriso sincero.
Si guardarono per qualche secondo, con uno sguardo puro, leale, uno sguardo complice.
“Certo. Ma.. Posso dirti solo una cosa??”
Assunse un tono piatto e per niente confortante, tanto che la persona seduta di fianco a lei ebbe il timore che avesse d’improvviso cambiato idea.
“Dimmi..” Riuscì a balbettare.
Millicent rivolse uno sguardo alle scatole circolari disseminate nella cassa e sul pavimento, e, indicandone una in particolare esclamò “usa il rosso. Fa molta più ‘scena’.”






 

L’avrebbero preso come un gesto di vigliaccheria, anche se era quello più giusto.
Insomma, per quale motivo avrei dovuto lanciarmi in qualcosa di ignoto, in cui ci poteva essere di mezzo chiunque? Cosa mi aspettava? Cosa avrei visto? Con chi avrei parlato??
Rimanere nella mia camera a divorare un buon libro sembrava la scelta più saggia, eppure la più stupida..
Vigliaccheria..
Solo per la prudenza la gente ti giudica vigliacca?
Prudenza. Ecco.
Per prudenza non sarei andata.
La lettera anonima, l’incontro alle dieci di sera.. Pareva tutto così altamente sospetto.
E così, mentre la Umbridge ci faceva leggere un noioso capitolo sulla difesa dalle maledizioni oscure (lei era dell’idea che la teoria sarebbe stata molto più utile della pratica, anche se noi continuavamo a dirle che, dato l’imminente ritorno del Signore Oscuro, con la teoria non avremmo ottenuto niente) la mia mente vagava altrove.
Irrequieti, i miei occhi fissavano la borsa appesa allo schienale della sedia, dove, ripiegata nel mezzo di un libro, c’era quel messaggio tanto ignoto quanto interessante.
Possibile che qualcuno volesse parlare con me? E perché non si era firmato? Forse era qualcuno con cui avevo litigato, qualcuno che voleva farmela pagare per qualcosa.. Firmarsi non avrebbe avuto molto senso.
Poi rimasi folgorata. Sulla sinistra, due file davanti a me, una ragazza con setosi capelli scuri legati in una treccia impeccabile, posizione eretta e sguardo assorto nella spiegazione mentre prendeva appunti con una penna d’aquila di un bianco neve, mi illuminò le idee..
E se fosse lei? Pansy Parkinson?
Di motivi per aver spedito la lettera ne aveva. Ne aveva eccome.
Furiosa con me perché mi riteneva responsabile della pausa di riflessione tra lei e Draco, bramosa di vendetta.. E quale sarebbe stata la vendetta..? Mi avrebbe picchiato come aveva sostenuto Blaise quella mattina durante Cura delle Creature Magiche??
No, non poteva. Sarebbe finita nei guai fino al collo.
E, ad essere sincera, seppur aggressiva e scortese, Pansy aveva la delicatezza di una farfalla,  difficilmente l’avevo vista alzare mani su qualcuno.
E allora.. Cosa avrebbe fatto?? Mi avrebbe ridicolizzato davanti a tutti con qualche trucchetto meschino? E poi perché proprio nei sotterranei..?
E, cosa più importante, ero così sicura che fosse stata lei a mandarmi quella lettera?
I miei occhi castani percorsero l’aula in cerca di spiegazioni.
E se fosse stato… No, non era possibile.
Draco Malfoy, sulla mia destra, sembrava particolarmente catturato dalla lezione, anche se non prendeva appunti. I suoi magnifici e sfavillanti occhi ghiacciati sembravano stanchi, mentre con una mano reggeva le pesante testa che non ne voleva sapere di starsene diritta e composta.
Forse era lui.. Forse lui aveva scritto quel messaggio… Stranamente, l’idea mi fece uno strano effetto. Quasi piacere. Ma allo stesso tempo mi intimorì.
Al 70 % sarebbe stato arrabbiato come Pansy. Forse mi avrebbe rimproverato per ciò che era successo con la sua ragazza.
Forse no.
Forse voleva solo spiegazioni. Voleva capire cosa stesse succedendo tra di noi. Perché era evidente che le cose iniziavano a mutare…
Il nostro improvviso avvicinamento, (non eravamo ancora vicini, ma erano finite le litigate furiose con la bacchetta impugnata nella mano) la sua pausa con Pansy, il progetto della Cooman.. E.. Ah già, quel sogno maledetto che non riuscivo ancora a togliermi dalla testa.
“Forse è lui.” Mi dissi cercando di convincere me stessa.
La calligrafia non poteva aiutarmi, non ricordavo quella di Draco e non avevo mai visto quella di Pansy.. Ma non aveva importanza.
Al diavolo la vigliaccheria.
Al diavolo la prudenza.
Sarei andata e avrei scoperto chi diamine mi cercava e perché.



Quando venne l’ultima ora delle lezioni pomeridiane, tirai su un respiro di sollievo, nonostante odiassi pozioni con tutta me stessa.
Un’insignificante e monotona ora e sarei stata libera per il resto della giornata.
Passare nel corridoio dei sotterranei mi provocò una sensazione di disagio.
Avevo detto di si.
Avevo accettato una sfida con me stessa.
Quella sera, mi sarei ritrovata esattamente in quel luogo, nel punto dove ora mi ero fermata per aspettare Harry e Ron, curiosa e timorosa di ciò e di chi soprattutto, mi attendeva.
Ma le dieci sarebbero venute tra molte ore, quindi non aveva senso preoccuparsi, dovevo  godermi gli ultimi rimasugli della giornata, anche se questo implicava mescolare miscele fetide e tagliuzzare erbette in un’aula sotterranea con un professore  sempre pronto a rimproverare chiunque (e a togliere punti su punti ai Grifondoro).
La pozione che dovevamo preparare quel giorno era un distillato ai veleni comuni, e, malgrado la stanchezza e la noia di quel compito, raccolsi tutti gli ingredienti e mi misi all’opera.
La preparazione fu abbastanza complessa, tanto che pochi di noi ci riuscirono.. Ron prese un pessimo voto come di consueto, Harry se la cavò con una sufficienza striminzita, la Parkinson prese un buon voto, mentre Draco.. Beh, neanche lui riuscì nell’intento.
A lezione finita, raccogliemmo le nostre cose, pulimmo i banchi dal macello che avevamo fatto e, uno ad uno uscimmo.
Harry e Ron erano in corridoio, stavano parlando con Ginny, che li aveva appena raggiunti da una lezione di incantesimi, e aspettavano impazienti che mi decidessi a lasciare l’aula.
Gli unici rimasti nella classe eravamo io, Malfoy e la Parkinson che ghignava assieme ad una sua compagna Serpeverde, Millicent Bulstrode, mentre mi guardava di soppiatto.
Quando uscirono, chiusero rumorosamente la porta, facendo calare l’aula nel silenzio più totale.
Sfregavo l’ampolla di vetro che avevo usato per travasare la pozione con uno strofinaccio, stavo facendo tardi, ma non volevo lasciare tutto il materiale sporco e in disordine come avevano fatto alcuni.
“Draco.” Piton, rimasto anche lui in classe, chiamò il giovane dalla cattedra, che, con il borsone in spalla, stava già varcando l’uscita.
Fu costretto a fare dietro marcia e a raggiungere l’uomo, che lo guardava con uno sguardo freddo, caratteristica della sua personalità.
L’uomo si schiarì la voce, e disse “non ti ho visto preparato oggi, e la cosa mi sconforta. Domani abbiamo l’esercitazione comune, e vorrei che stessi più attento.”
Draco annuì. “Si, mi scusi professore..”
Piton continuò “quest’anno avete i G.U.F.O, non potete fallire, è un anno decisivo in cui voi deciderete la vostra via, il vostro percorso da seguire.”
Strofinavo l’ampolla nonostante brillasse. Ma non potevo farne a meno. Ero incuriosita e attratta da quella conversazione in maniera particolare.
“Per questo, vorrei che ti esercitassi in pozioni quest’oggi. Troverai l’aula accessibile dopo cena.”
“Ma signore, il coprifuoco..” Replicò il ragazzo.
Piton scosse la testa tranquillo “sono il tuo professore, nonché il direttore della tua casa, hai il mio permesso.” Fissò il ragazzo intensamente, con uno sguardo che evocava protezione, poi, si arrestò di colpo, fissò un punto oltre la spalla del giovane, ed i suoi occhi mi trafissero.
“Granger! Cosa diamine ci fai ancora qui??”
“Oh, beh.. Stavo finendo di rimettere.. A posto..” Balbettai. “Ora vado.”
E detto questo, presi la mia roba e lasciai l’aula, seguita a ruota da Draco.
Harry e Ron mi aspettavano all’imbocco delle scale, e, quando mi videro esclamarono divertiti “sempre in ritardo tu, eh!”
“Stavo finendo di riordinare, cosa che tu non hai fatto.” Risposi accigliata verso Ron.
Lui con una scollata di spalle esclamò “e dopo quel votaccio che mi ha messo secondo te mi prendevo anche la briga di sistemare??”
Ridemmo all’unisono, mentre ci avviavamo alla Sala Comune dei Grifondoro, pronti per qualche ora di svago e libertà che mi fece dimenticare l’appuntamento di quella sera.



Guardai il mio orologio da polso.
Le dieci meno dieci.
La Sala Comune di Grifondoro iniziava a svuotarsi di studenti, che, sonnolenti, si recavano debolmente verso i propri dormitori.
Una parodia di luna spiccava tra le frastagliate nuvole grigie, in un cielo di un denso nero rilassante.
Le ultime fiamme di un fuoco prossimo alla morte riscaldavano di quel poco che bastava l’angolo in cui due ragazzi, le occhiaie violacee sotto gli occhi castani, terminavano il loro compito di Erbologia.
Fiamme intense, che ondeggiavano con una tranquilla violenza tra i ciocchi di legno che uno ad uno si sgretolavano in cenere.
E la Sala pareva immersa in una dimensione di pace, serenità, un angolo di mondo sognante, con  il nero del cielo che faceva un nitido e spiccante contrasto con il rosso sensuale dei tendaggi dell’interno, rosso caldo e morbido, come un bicchiere di cristallo inondato di vino.
E l’aria si impregnava degli ultimi suoni di quella notte, voci sommesse in un angolo della Sala, passi deboli e stanchi ai piani di sopra.
Grifondoro andava poco a poco spegnendosi della sua vitalità giornaliera, ed imboccava l’imminente via del mondo dei sogni.
Nonostante quell’interno del castello fosse riscaldato, rabbrividii sotto il maglioncino grigio, tanto che fui costretta ad avvolgermi la sciarpa attorno al collo.
Quando tutti gli studenti ebbero lasciato la Sala Comune, mi recai davanti al ritratto della Signora Grassa, che mi fece passare senza troppi intrattenimenti.
Il coprifuoco era scattato alle nove e mezza, ma, stranamente, non me ne facevo una grande preoccupazione.
Quella dannata lettera mi faceva anche trasgredire le regole!
Indossare il Mantello dell’Invisibilità sarebbe stata di sicuro una scelta più saggia e protettiva, ma, avevo deciso di tenere questa faccenda per me, senza bisogno di chiedere favori ad Harry, e di rubarglielo proprio non era il caso.
Le scale di pietra, i corridoi illuminati dalle fiaccole appese al muro, tutto giaceva in un silenzio inquietante.
I nobili maghi dormivano beati nei loro quadri ad olio, russando rumorosamente.
Camminai velocemente per paura di imbattermi in qualcuno di poco gradito, come Pix, Miss Purr, o peggio.. Gazza.
Scesi le scale quasi di corsa, senza badare incoscientemente ai rumori che i miei passi lasciavano impressi sulla pietra per una frazione di secondo, e mi ritrovai nel lungo corridoio dei sotterranei.
Le fiaccole erano spente, soltanto una illuminava debolmente ed in maniera spettrale il buio corridoio e si trovava sul fondo.
Camminai lentamente, guardandomi intorno, con la paura che mi mozzava il fiato.
Era ancora più inquietante trovarsi lì di sera tardi.
Il mio orologio segnò le dieci precise, ma nessuna traccia da parte di colui (o colei) che avrei dovuto incontrare.
Camminai a vuoto per un pezzo di corridoio, con una strana angoscia che mi montava dentro.
Non dovevo essere spaventata. Eppure lo ero.
Avevo la bacchetta. Se era qualcuno che voleva aggredirmi.. Potevo difendermi..
La porta dell’aula di pozioni era socchiusa, ed uno spiraglio di luce mi colpì, assieme al tintinnare di qualche ampolla o provetta di vetro.
La persona era lì dentro.
Deglutii, mentre l’idea di darmela a gambe balenò istantanea nella mia mente.
La mia mano toccò la maniglia.
Potevo fuggire, nessuno si sarebbe accorto di niente..
La mia mano la abbassò..
Forse none era ancora troppo tardi.
La porta si aprì, e sgranai gli occhi incredula.
Draco era lì dentro, che preparava una pozione di un blu intenso, sulla cattedra.
Per un attimo ricordai la conversazione di tra Piton e Malfoy, sul fatto che il professore gli aveva concesso di utilizzare l’aula per esercitarsi.. Ma.. Coincidenza, proprio all’ora in cui avrei dovuto incontrarmi con la persona misteriosa??
“Cosa ci fai qui??” Mi domandò, battendomi sul tempo.
“E tu??” Chiesi, senza badare alla prima domanda.
“Mi preparo per l’esercitazione di domani.” Rispose, versando una boccetta che conteneva un liquido argenteo nel calderone in peltro.
“A quest’ora??” Chiesi, cercando di estirpargli delle informazioni.
“Esatto. Ti crea qualche problema?” Domandò acido.
Lo guardai perplessa, confusa, delusa. Parlava come se non sapesse a cosa alludevo. Come se non sapesse niente..
“Senti, tagliamo corto. Cosa vuoi da me?” Chiesi, senza rendermi conto dell’assurdità che era venuta fuori dalla mia bocca.
Lui mi guardò perplesso, sbalordito, come se avesse a che fare con una matta psicopatica, che il quel momento, era proprio come mi sentivo.
“Ma hai bevuto, Granger?? Sei tu che sei venuta qui da me, e mi chiedi pure cosa voglio da te??”
In un attimo il mondo mi crollò addosso.
“Aspetta… Quindi non sei tu? Non mi hai mai inviato nessuna lettera??” Facevo fatica a pronunciare quelle parole, che si colmarono di un inaspettata tristezza a cui non sapevo dare spiegazione.
“Non so di cosa parli.” Rispose lui, concentrato più sulla pozione che su di me.
“Ho ricevuto una lettera, che mi diceva di recarmi qui alle dieci. Era anonima..”
“Brava, e tu ci vieni pure??” Mi rimproverò, anche se il tono della sua voce equivaleva più ad una presa in giro.
Riflettei su che stupidaggine avevo appena commesso.
Era una lettera anonima.. Ma cosa mi era preso?? Infrangere il coprifuoco per venire ad un appuntamento con una persona misteriosa.. Non era da me.
Mi vergognavo di me stessa.
E del mio comportamento da incosciente.
Mentre pensavo a tutto ciò, mi resi conto che Draco aveva finito di preparare la sua pozione, questa volta riuscita alla grande, e stava riordinando il materiale usato.
“E poi, mi spieghi che motivo avrei di inviarti una lettera anonima??” Mi domandò, pulendo le ampolle di vetro, che ripose una ad una nei rispettivi contenitori foderati di velluto.
Mi strinsi nelle spalle.
“Non so.. Ho pensato che potessi essere arrabbiato..”
“Per cosa?”
“Per la tua pausa di riflessione con la Parkinson.. Lei cel’ha a morte con me per questo, e pensavo che forse…”
Mi guardò per un istante, i suoi occhi fissi sui miei, prima di scoppiare in una fragorosa risata.
Rise così tanto che si toccò la pancia dolorante e si asciugò una lacrima che stava per rigargli la guancia.
“Sei ridicola!” Esclamò.
Lo guardai accigliata, offesa, con una rabbia che mi montava dentro solo a sentire la sua fastidiosa risata.
“Come ti viene in mente una cosa del genere??”
“Pansy era furiosa con me, pensavo lo fossi anche tu!!” Risposi “cosa c’è di strano in questo??”
“Pansy pensa e dice tante di quelle stupidaggini.. E vede tradimenti in ogni dove! Sul serio, mi domando come ha potuto pensare che la tradissi con una come te!”
Quella semplice esclamazione mi colpì dritto al cuore.


                                                                                                Una come te...


Un dolore caldo e intenso che scorreva nelle mie vene, un dolore invisibile, eppure dall’effetto letale..
“Mi dispiace.” Disse lui, perdendo quel tono giocoso di cui si era impadronito qualche minuto prima. “Che tu sia venuta fin quaggiù per niente. Ma io non ti ho spedito nulla. Adesso andiamo su, non vorrei incontrare un professore che ci chiedesse cosa ci facciamo in giro per il castello a tarda ora.”
Un debole sorriso, e mi precedette sulla porta.
Io lo seguii, ma andai a sbattere sulla sua schiena, perché il ragazzo si era arrestato di colpo nel corridoio, e guardava fisso il muro dinanzi a sé.
Tutte le fiaccole ora erano accese ed illuminavano una scritta che dominava la parete di pietra, parole rosse, che mi augurai si trattasse solo di semplice vernice, e non di sangue..



 Sporchi luridi bastardi!! Il Signore Oscuro è tornato, svegliatevi! Temete il suo ritorno nemici del Mago più Potente di tutto il mondo magico! Lui sta tornando..
 




I miei occhi lessero senza sosta quelle parole, irrequieti, frenetici.
“Ma.. Cos’è???” Domandai, senza voce.
Draco si voltò verso di me, con gli occhi sbarrati dalla paura e dalla confusione “sei stata tu??”
Lo guardai incredula.
“Che cosa??? Ovvio che no!!”
“E allora chi??”
Rimanemmo con il fiato sospeso, fissando intimoriti la scritta sul muro, quando ecco che udimmo dei passi in lontananza.
Ci guardammo non sapendo cosa fare.
Per un istante l’idea di nasconderci dentro l’aula di pozioni si impadronì di me, ma ormai era troppo tardi.
La McGrannit, che indossava una vestaglia verde scozzese, la Umbridge e il professor Silente erano giunti a pochi passi da noi.
Ci guardarono intensamente, con sguardi differenti ma che esprimevano tutti lo stesso concetto.
La McGrannitt ci fissava con occhi sgranati, incredula, sbalordita.
la Umbridge di rimando con un’espressione di evidente soddisfazione, simile a quella di Gazza quando stanava dei teppistelli pronti nell’atto di fare qualcosa di sbagliato.
Silente, nonostante la solita espressione di innata serenità, aveva uno sguardo inquieto, anch’esso confuso.
Lessero sottovoce la scritta sul muro, con le labbra che tremavano debolmente, e la McGrannitt, sotto shock, ci puntò gli occhi addosso.
“Cos’è questa cosa??”
“Professoressa, possiamo spiegare..” Cercai di dire io, ma la McGrannitt era sconvolta.
Scosse la testa, e disse “nell’ufficio di Albus. Tutti e due.”
Draco mi guardò, aveva uno sguardo strano, intimorito ma anche furioso da ciò che era successo.
Io tremavo incontrollata.
Sapevo che non dovevo fidarmi.
Dovevo rimanere nel mio letto sotto le coperte.
Ed invece no, mi ero cacciata in questo pasticcio da cui difficilmente ne sarei uscita.
Mi incamminai assieme al ragazzo per il corridoio spettrale, volgendo un ultimo sguardo alla scritta che dominava il freddo muro di pietra.









Note :
Bene, spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto, mi piacerebbe andarmene sapendo che avete apprezzato il mio lavoro (a cui lavoro da stamattina ^_^) 
Anche se penso che ormai sia evidente, mi piacerebbe sapere la vostra opinione su chi abbia mandato la lettera ad Hermione e scritto quelle parole sul muro :)
E cosa succederà poi?
Hermione Draco finiranno nei guai oppure la passeranno liscia?
E si scoprirà il vero colpevole della vicenda?
Grazie per aver letto questo capitolo 
Alla prossima

Sahara

 

  

   
 
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