Chiedo umilmente scusa
per il ritardo, ma è almeno una settimana che tentavo di scrivere questo
capitolo... cioè, l’idea c’era, ma non mi
soddisfacevano le parole e la loro disposizione.
Dopo duro lavoro credo di
essere uscita dignitosamente da questo mio blocco dello scrittore, ma questo lo
deciderete voi...
Sono tornata ai titoli in
inglese, ma solo per questo capitolo, in italiano non suonava bene, e non avevo
la minima intenzione di cambiarlo, così mi piace troppo!!
Buona lettura e buon weekend!
I’ll be home for Christmas
(Missing Moments)
Per festeggiare insieme a coloro che l’esame l’hanno superato,
e
per consolare chi è stato ( ingiustamente ) bocciato…
6. Sleeping
arrangments.
Tonks
chiuse la porta d’ingresso dietro di sé, appoggiandovisi ed alzò lo sguardo
cercando quello di Remus, che le sorrise.
“Non
l’ha presa poi così male, vero?” gli domandò.
Avevano
deciso di aspettare a dire in giro che Remus era il padre di Selene, almeno per
dare a lui il tempo di abituarsi all’idea, ma visto il tempismo della piccola
quella mattina, si erano visti costretti a rivelarlo almeno ai genitori di lei.
Ted,
che era stato precedentemente già in parte informato,
aveva fatto immediatamente i debiti collegamenti,sfoggiando un enorme sorriso
per tutto il tempo.
Andromeda
aveva avuto bisogno di qualche spiegazione in più, per non parlare delle
numerose rassicurazioni che Remus aveva dovuto farle sulle sue intenzioni per
il futuro nei confronti di Tonks e di sua figlia.
Una volta superato lo shock di scoprire che non era affatto quel
‘disgraziato approfittatore e degenerato mascalzone’ che si era aspettata,
Andromeda aveva ripreso a respirare regolarmente dandosi una calmata ed
accettando l’invito a pranzo della figlia.
Avevano
trascorso insieme gran parte della giornata, e Andromeda aveva avuto un
atteggiamento più che cordiale nei confronti di Remus.
Tonks
aveva raccontato loro del loro riavvicinamento e della loro intenzione di
recuperare poco a poco il loro vecchio rapporto e scoprire tutte le novità che
la vita aveva loro da offrire.
A
pomeriggio inoltrato i Tonks decisero che era arrivato il momento di andarsene
e lasciarli un po’ da soli.
E
così, dopo aver fatto promettere a Remus ed alla ragazza di andare a trovarli
prestissimo, se ne erano finalmente andati.
Remus
guardò la figlia seduta sul tappeto che cercava costruire una torre con una
serie di cubi colorati e poi di nuovo Tonks.
“No,” le rispose, avvicinandosi a lei, “Direi proprio di no.”
La
prese fra le braccia e la strinse forte a sé, senza riuscire a credere di poter
finalmente essere libero di fare quello che aveva
costantemente desiderato negli ultimi quindici giorni, negli ultimi tre anni.
Passandole
un braccio attorno alla vita, la condusse verso il divano e si sedettero ad
osservare la figlia mentre giocava, partecipando di
quando in quando ai suoi giochi.
***
Più
tardi Remus si offrì di preparare la cena e, messa Selene
sul seggiolone, iniziò a disporre ordinatamente gli ingredienti per il risotto
sopra il bancone, e mise da una parte le cose per preparare le pappe di Sely.
Aprì
tutte le ante della cucina alla ricerca del barattolo del
sale, che sembrava essersi dileguato nel nulla.
“Dora!”
urlò rivolto alla ragazza nell’altra stanza. “Dove hai
messo il sale?”
Non
ricevendo risposta, sbirciò in salotto e vide che Tonks non era lì.
Assicuratosi che la bambina non fosse in grado di saltar fuori
dal seggiolone, andò a vedere che fine aveva fatto la ragazza.
Tonks
era in camera e stava cambiando le lenzuola al letto matrimoniale.
“Ah,
sei qui...” mormorò, fermandosi sulla porta ed
appoggiandosi allo stipite. “Si può sapere cosa stai facendo?”
La
ragazza alzò lo sguardo.
“Cambio
le lenzuola.” Rispose semplicemente. “Ieri sera non mi è venuto in mente di
farlo, e ho pensato che, visto che adesso dormi qui...”
Remus
arrossì leggermente, chiedendosi come un gesto tanto semplice
potesse sembrargli così intimo e privato.
“Cosa c’è?” domandò lei, notando l’espressione sul volto di
Remus.
“Niente,
è solo che...” mormorò, cercando di spiegarsi, “Sei
sicura di non volere che io dorma sul divano? Voglio dire, volevamo fare un
passo alla volta e...”
Fu
il turno di Tonks di arrossire.
“Oh,” sussurrò. “Tu hai pensato che... ma io non intendevo quello.
Sono d’accordo con te quando dici di fare le cose con
calma. Voglio solo addormentarmi sapendo che la mattina dopo ti troverò ancora
lì al mio fianco. Ti prego non te ne andare.”
Remus
l’abbracciò, dandosi dello stupido per aver anche solo pensato che lei volesse mettergli fretta ed indurlo a fare qualcosa per cui
non si sentiva ancora pronto.
“Non
vado da nessuna parte, tesoro.” Le disse, baciandole i capelli.
***
Dopo
cena rimasero un po’ in cucina a chiacchierare, ma
presto Remus, vedendo che Tonks faticava a restare sveglia, la spedì a dormire,
offrendosi volontario per mettere a letto Selene e promettendole di
raggiungerla non appena la piccola si fosse addormentata.
Certo,
non era neanche lontanamente bravo quanto Tonks nel raccontare la storia di
Cappuccetto Rosso col finale alterato, ma tutto sommato se la cavò
discretamente, e la bimba chiuse gli occhi poco prima
della fine.
Le
posò un bacio sulla fronte e le rimboccò delicatamente le coperte, mettendole
vicino il suo lupetto di peluche, in modo che lo potesse trovare se si fosse
svegliata.
Spense
la luce ed uscì, lasciando la porta della stanza socchiusa.
Quando
entrò nell’altra camera da letto, non riuscì a trattenere un sorriso.
Tonks
era profondamente addormentata in mezzo al lettone, braccia e gambe spalancate,
un piede che spuntava da sotto la pesante trapunta rossa.
Si
tolse le scarpe, disponendole ordinatamente ai piedi del letto, e si sfilò il
maglione, restando solo con i pantaloni e la camicia.
Un
giorno o l’altro avrebbe dovuto fare un salto a casa a
recuperare almeno un pigiama, non poteva dormire sempre così.
Si
sedette sul bordo del letto preoccupandosi del problema più urgente, procurarsi
uno spazio per poter dormire.
Avrebbe
potuto semplicemente prendere uno dei cuscini ed andarsene sul divano, ma Tonks ci sarebbe rimasta molto male se quando si
fosse svegliata non l’avesse trovato lì.
Così
iniziò a sollevarle il braccio e glielo appoggiò sulla pancia.
Attese
un attimo per vedere se il movimento l’avesse svegliata.
Niente.
Ripeté
il movimento con la gamba, spostandola dalla sua parte del letto.
Attese
ancora.
Niente
di nuovo.
Sollevò
il lenzuolo con un sorriso, osservando l’angolino di
letto che si era guadagnato e pregustandosi un buon sonno ristorator...
“Ouch!”
gridò, portandosi le mani al naso, dove qualcosa l’aveva colpito.
Quando
riaprì gli occhi, vide che il braccio di Tonks era tornato dov’era prima.
Con
molta delicatezza lo spostò di nuovo.
Questa
volta aspettò un po’ di più, prima di ritenersi sicuro di infilarsi sotto le
coperte.
Tirò
la coperta fin sotto il mento e chiuse gli occhi, respirando il buon profumo
delle lenzuola
pulite.
Il
sonno stava scendendo lentamente su di lui, quando all’improvviso sentì
qualcosa di caldo accarezzargli la gamba.
Spalancò
gli occhi di nuovo sveglio e vigile, riconoscendo subito dopo la mano di Tonks
che risaliva lentamente lungo la sua coscia, in una leggera ed estenuante
carezza.
“Dora,
non avevamo detto di...” disse, mettendosi di fianco,
alzando lo sguardo, quasi aspettandosi di trovare quello malizioso della
ragazza.
Ma i suoi
occhi erano chiusi.
Stava
dormendo, e probabilmente sognando. E a giudicare dal suo tocco il suo sogno
era decisamente piacevole.
Le
allontanò la mano prima di essere tentato di mandare all’aria
tutte le loro precedenti risoluzioni, e lei non protestò.
Tornò
a stendersi, dandole la schiena stavolta, giusto per precauzione. Sbadigliò vistosamente e riaggiustò le coperte, chiudendo di nuovo gli
occhi ed assaporando il dolce torpore che precede il sonno ed la meravigliosa
sensazione di starsene a letto al calduccio... calduccio?
Rabbrividì
all’improvviso e riaprì di malavoglia gli occhi.
E
ti credo che aveva freddo!
Tonks
rigirandosi gli aveva tolto tutta la sua parte di coperta, finendo
all’estremità opposta del letto, in un groviglio di lenzuola e trapunta,
lasciando lui del tutto scoperto.
Gli
ci vollero venti minuti buoni per tirarla fuori di lì senza svegliarla e
recuperare un pezzettino di coperta.
Le
ore trascorsero lentamente, e nell’arco della notte, durante la quale lui non
riuscì a chiudere occhio per più di dieci minuti consecutivi, fece in compenso
un sacco di interessanti
esperienze.
Scoprì
che russava, e piuttosto rumorosamente anche, per non parlare del momento in
cui l’aveva spaventato a morte quando all’improvviso
aveva urlato: “Non mi chiamare Ninfadora, mamma!”
Ripeté
persino l’esperienza delle mani e delle gambe ‘volanti’, che puntualmente gli
arrivavano in faccia o in altri punti più delicati su cui sorvoleremo.
Intorno
all’alba, crollò, riuscì finalmente ad addormentarsi,
una gamba che ciondolava oltre il bordo del letto e la coperta da qualche parte
in fondo ai piedi.
Aveva
poca importanza ormai l’essere coperti o meno, o
quanto spazio aveva a disposizione, tutto quello che importava era dormire.
Decise
che non si sarebbe alzato dal letto prima delle undici,
anzi mezzogiorno, meglio l’una, del resto non aveva chiuso occhio...
DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN!!
No. No no e ancora no. Non la sveglia!
Tonks
allungò pigramente un braccio verso il comodino e la mise a
tacere e poi si voltò verso di lui che si era rifugiato sotto il
cuscino.
“Buon
giorno...” biascicò lei, nel bel mezzo di un enorme
sbadiglio, accarezzandogli il braccio.
Remus
riemerse da sotto il cuscino.
“Ciao...”
disse assonnato. Perché
doveva essere così adorabile appena sveglia? Come si faceva ad essere
arrabbiati con lei quando ti guardava così?
“Va
tutto bene?” gli domandò. “Hai una faccia...”
“Tutto
bene, non ti preoccupare. Non ho dormito molto, ma è perché non sono abituato
al materasso.” Mentì, incapace di dirle
la verità. “Col tempo mi ci abituerò vedrai.”
La
ragazza spalancò improvvisamente gli occhi ed il volto le si
contrasse in una smorfia.
“Oh,
no... le gocce!” gemette.
“Quali
gocce?” domandò Remus, confuso.
“Vedi,” mormorò Tonks imbarazzata, “Di solito prima di dormire
prendo delle gocce, altrimenti tendo ad avere un sonno piuttosto agitato, ma
credo che questo tu l’abbia già scoperto da solo. Mi dispiace.” Mormorò
abbassando lo sguardo.
E
mentre gli saltava addosso e lo riempiva di baci dispiaciuta
per averlo tenuto sveglio tutta la notte, Remus pensò che se questo era il modo
con cui intendeva farsi perdonare tutte le volte che sarebbe successa una cosa
del genere, era prontissimo a rifarlo.