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Autore: imber    03/08/2012    12 recensioni
[Missing Moments: Catching Fire]
“Peeta?”, domando. Il mio dito scorre sul suo torace. Quante altre volte ho posato le mani sul suo petto senza accorgermi di quello che vi era sotto? Senza sentire il suo battito, in sincronia col mio. Il suo respiro caldo sulla pelle, che mi solletica il braccio.
Alzo gli occhi per guardarlo. Non sono sorpresa nel costatare che lui mi stava già fissando.
“Sì?”, domanda in un sussurro.
“Se nessuno ci obbligasse a mettere in scena questa storia, tu mi ameresti comunque?”, chiedo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Confondere la realtà
 

 
 
 
Quando riapro gli occhi, è primo pomeriggio. La mia testa è posata sul braccio di Peeta. Non ricordo di averlo sentito arrivare, stanotte. Mi giro, facendo attenzione a non disturbarlo, ma lui è già sveglio.
“Niente incubi”, dice.
“Cosa?”, chiedo.
“Non hai avuto incubi, stanotte”, risponde.
Ha ragione. Per la prima volta da secoli, ho dormito tutta la notte. “Però ho fatto un brutto sogno”, dico, ripensandoci. “Seguivo una ghiandaia imitatrice nei boschi. A lungo. In realtà era Rue. Cioè, quando ha cantato aveva la sua voce.”
“Dove ti ha portato?”, chiede Peeta, allontanandomi i capelli dalla fronte.
“Non lo so. Non siamo arrivate da nessuna parte”, replico. “Però mi sentivo felice.”
“Be’, dormivi come se fossi felice”, mi informa.
“Peeta, com’è che non capisco mai quando tu hai un incubo?”, chiedo.
“Non lo so. Non credo di agitarmi o urlare o roba simile. Mi sveglio soltanto, paralizzato dalla paura.”
“Dovresti svegliarmi”, dico, pensando che in una brutta nottata posso interrompere il suo sonno anche due o tre volte. E che per calmarmi ci vuole un bel po’.
“Non è necessario. Nei miei incubi di solito ho paura di perdere te”, confessa. “E sto bene quando mi accorgo che ci sei.”
Ahi. Con che disinvoltura Peeta fa discorsi come questi. È come ricevere un pugno nello stomaco. Lui sta solo rispondendo con sincerità alla mia domanda. Non mi fa pressione perché replichi a tono, perché gli faccia una dichiarazione d’amore. Però mi sento comunque malissimo, come se l’avessi usato in un qualche modo orribile. L’ho fatto? Non lo so. Ma per la prima volta sento che è sbagliato che si trovi qui, nel mio letto. Il che è curioso, visto che ormai siamo ufficialmente fidanzati.
“Sarà peggio quando saremo a casa e tornerò a dormire da solo”, dice.
È vero, siamo quasi a casa.
 
Appoggio il capo sul petto di Peeta, lasciandomi trasportare per un attimo dal dolce movimento del treno in corsa. Mi chiedo se sono pronta ad affrontare tutto ciò. Se tornando a casa riuscirò a guardare mia madre, Prim, e soprattutto Gale negli occhi, consapevole del fatto che per mantenere le nostre famiglie in vita dovrò mettere in scena il più credibile spettacolo di sempre.
Dovrò usare Peeta, il suo amore per me, fare in modo che nessuno dubiti della nostra relazione.
So che anche lui è al corrente di tutto questo, e sembra accettarlo comunque. Mi chiedo solo se si stancherà mai di essere presente per me. Di restare al mio fianco.
 
“Peeta?”, domando. Il mio dito scorre sul suo torace. Quante altre volte ho posato le mani sul suo petto senza accorgermi di quello che vi era sotto? Senza sentire il suo battito, in sincronia col mio. Il suo respiro caldo sulla pelle, che mi solletica il braccio.
Alzo gli occhi per guardarlo. Non sono sorpresa nel costatare che lui mi stava già fissando.
“Sì?”, domanda in un sussurro.
“Se nessuno ci obbligasse a mettere in scena questa storia, tu mi ameresti comunque?”, chiedo.
 
È una domanda retorica, entrambi lo sappiamo. Ma ho bisogno di sentirlo dire da lui ancora una volta. Perché quello che sento non è mai facile da capire. Perché vorrei potergli dare ciò che lui merita, una persona che lo ami allo stesso modo in cui lui ama me. Perché non si merita tutto il dolore che persino ora sono certa di infliggergli, né quello che proverà quando capirà che per noi non ci sarà un futuro.
 
“Sai bene che lo farei”, risponde. I suoi occhi azzurri soppesano i miei, a lungo. Li sondano in cerca di una risposta a quella strana domanda.
“E se fingendo che questo sia vero, che quello che proviamo l’uno per l’altra sia reale per il resto dei nostri giorni, scomparisse tutto ciò che di vero ci sia mai stato tra di noi?”, domando esitante.
Sa bene a cosa mi riferisco. A quel giorno di pioggia di molti anni prima, quando per la prima volta capì di tenere a me. Alla notte in cui, sui carri della sfilata prima che gli Hunger Games iniziassero, mi chiese di tenergli stretta la mano. A quei giorni di tempesta nascosti nella cavità del sottobosco, giorni in cui ho condiviso con lui più di quanto abbia mai condiviso con qualcun altro in vita mia.
 
“Non accadrà mai, Katniss”, risponde lui sicuro.
“Ma se restando insieme così a lungo perdessimo la cognizione di ciò che è reale, e ciò che non lo è?”, insisto io.
Credo che Peeta abbia intuito ciò che intendo. Quello che volevo dire in realtà è ma se restando insieme così a lungo finissi col fraintendere quello che provo per te, adesso, e quello che dovrei provare in quanto tua fidanzata?
 
Per la prima volta mi ferisce l’idea di perderlo. Di lasciare che gli anni si portino via i sentimenti che provo ora per lui, o che lui prova per me. E poi, cosa provo veramente in questo istante?
Lo amo?
Non certo nel modo in cui lui ama me. Ma ad eccezione della mia famiglia, credo di non essere mai stata legata ad una persona in maniera così stretta come ora mi sento con lui.
E quando lo guardo di nuovo, mi sorride. È un sorriso che infonde sicurezza.
 
“Katniss, tu non mi perderai mai”, dice. È come se mi avesse letto nel pensiero.
“Ho solo paura di confondere la realtà con la necessità”, ammetto.
Peeta si china, prendendomi il mento tra il pollice e l’indice. Mi guarda negli occhi prima di posare le labbra sulle mie. Dura un istante.
“Questo è reale?”, domanda lui all’improvviso.
Sgrano gli occhi. La verità di quella domanda mi colpisce. “Sì”, dico infine.
 
Peeta si china nuovamente su di me, ma questa volta il bacio è diverso, non è dolce e discreto come sempre. Indugia un istante sulle mie labbra prima di avvolgermi la lingua con la sua. Insinuo le mani tra i suoi capelli biondi. Sono morbidi. Lascio che Peeta mi afferri per la vita e mi circondi con le sue braccia prima di rispondere al bacio. È strano sentirlo così vicino, fisicamente. Lo strano calore che si sprigiona dai nostri corpi avvinghiati. Le lingue di fuoco che mi esplodono in bocca quando lui mi bacia un’altra volta, con passione.
 
E credo di volerne ancora quando si stacca da quel bacio, perché lo guardo con occhi imploranti. Arrossisco quando lui inarca un sopracciglio, leggermente confuso in volto, i capelli spettinati. Vorrei darmi un contegno, dirgli che mi dispiace. Perché forse lo sto illudendo. Ma magari no. Dopotutto, sono io quella che vorrebbe saltargli addosso in quel momento. Non la ragazza innamorata che fingo di interpretare.
Non so se dovrei metterlo al corrente di questa novità. 
 
Ma poi lo sguardo cade sulle sue labbra soffici, e pulsanti a causa del trasporto del bacio. Sul vago rossore sulle sue gote, e nei suoi occhi chiari che mi fissano cercando di capire se io stia ancora impersonando una parte o voglia davvero quello che gli sto chiedendo. E all’improvviso tutto si fa così limpido.
 
“Che c’è?”, chiede lui in un timido sorriso.
“Niente, è solo che tutto mi sembra molto più semplice ora”, dico. “Tu rendi semplici le cose.”
“Tu invece continui a confondermi, Katniss”, ammette imbarazzato. Ma leggo comunque nei suoi occhi quanto sia compiaciuto di quella mia affermazione.
Dopo un breve momento di silenzio Peeta mi accarezza la schiena, percorrendo il profilo della spina dorsale con il pollice. La mia testa è nascosta nell’incavo della sua spalla. Non so bene cosa dovrei fare, se sia il caso di dirgli che non mi sono mai sentita così al sicuro fra le braccia di qualcuno.
Che vorrei continuare ad averlo tutto per me, sebbene io sappia benissimo che niente o nessuno potrà mai strapparmelo via. A meno che quel qualcuno non sia io.
 
“Katniss”, Peeta si allontana leggermente dall’abbraccio, ma solo per potermi guardare meglio negli occhi. “C’è una cosa che voglio che tu sappia.”
“Peeta...”, cerco di bloccarlo, perché so cosa sta per dirmi. E so anche quanto mi sentirò spregevole e indegna di averlo al mio fianco, dopo. 
“No, lasciami parlare. So di essermi già scusato per aver preteso da te un qualcosa che d’altro canto tu non mi avevi mai dato motivo di sperare. So di essere stato stupido, per aver pensato che tu davvero potessi ricambiare quello che io provo nei tuoi confronti.”
“Peeta, non devi...”, abbasso gli occhi, piena di vergogna.
“Ma quello che non sai è che non importa quanto tempo saremo costretti a passare insieme, da qui alla fine delle nostre vite. Io ti amerò comunque, anche quando tu sarai stanca di me.”
Mi chiedo se potrò mai davvero essere stanca delle sue attenzioni, delle sue carezze. Delle sue parole. 
“Non importa se standomi così vicina non vorrai più avere niente a che fare con me. Quando ne avrai bisogno, io ci sarò. Sempre.”
 
Peeta è così sicuro di quello che sta dicendo. Perché non vuole accettare il fatto che se anche io lo amassi, non potrei farlo?
“Perché mi stai dicendo questo?”, sussurro io.
“Perché voglio che tu sappia che potrai sempre contare su di me. Io non ti lascio.”
 Non ho mai fatto nulla per meritarmi il suo amore, eppure lui mi ama lo stesso. Forse tutto questo sta accadendo troppo in fretta. Non sono pronta ad accettare l’idea di amarlo, per quanto io disperatamente lo voglia.  
“Non posso concedermi il lusso di pensare a te. A noi. Proprio non posso”, dico.
“Katniss, so quali sono le tue priorità. La tua famiglia viene prima di ogni altra cosa. Non pretendo che tu abbandoni tutto per me. Non sarebbe giusto.”
“Ma non sarebbe nemmeno giusto dirti che non provo niente quando ti ho accanto! O che quando ti ho baciato per l’ennesima volta, quel giorno nella grotta agli Hunger Games, non ho sentito qualcosa smuoversi... proprio qui”, indico stupidamente il mio stomaco prima di poter bloccare il flusso di parole che quasi ho urlato in faccia a Peeta.
Lui non sembra arrabbiato. Io invece sono confusa.
 
Stranamente non dice niente. Non c’è ne bisogno. Entrambi abbiamo capito quello che stavo pateticamente cercando di nascondere a tutti. Ed è bizzarro, perché tecnicamente il mondo intero da per scontato che io sia follemente innamorata di lui. Io ero la sola a mettere in discussione questa certezza.
“Katniss, non devi per forza trovare un nome a quello che senti di provare... per me.”
Quest’ultimo tentativo di Peeta di dimostrarmi quanto ciecamente possa fidarmi di lui mi fa andare su tutte le furie. La sua dolcezza mi irrita, perché non riesce a capire?
 
Lo bacio con forza, posando le mani sulle sue spalle. Lo slancio di quel gesto ci getta entrambi a terra, le mie gambe allacciate dietro alla sua schiena.
Sento Peeta soffocare un risolino in un gemito quando tento di trasferire tutta la rabbia e la confusione in quel bacio, e per sbaglio finisco col mordergli il labbro. Il sapore del sangue mi entra in bocca.
“Scusa”, dico infine staccandomi da lui. Sono quasi certa che in quel momento i capelli arruffati e le guance color porpora non mi diano un aspetto particolarmente accattivante.
 
Peeta sorride. I suoi occhi si accendono quando incontrano i miei.
“Dovrei farti arrabbiare più spesso, se questo è il risultato”, dice semplicemente. E la sua risata vince tutte le mie barriere. Rotolo a terra accanto a lui, ridendo a mia volta. Prende la mia mano destra con la sua mano sinistra, e la porta sul petto.
Si volta a guardarmi. “Ti amo”, dice.
 
Forse questo è il momento giusto per interpretare quello che sento di provare per lui. Forse è ora che lui intuisca la verità, che gliela dimostri.
Peeta. Il mio compagno, il mio nemico. No. Io sono la principale nemica di me stessa. Lui è la persona che mi spinge a mettere in crisi tutte le mie certezze. Lui è ciò che mi rende diversa, migliore. È la persona che mai potrà ferirmi, in nessun modo. 
Ecco perché quando mi volto a guardarlo, non ho paura nel dirgli “Ti amo anch’io”. 
  
 

  
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