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Autore: BrokenAngel    04/08/2012    2 recensioni
Allison e Daniel si incontrano per la prima volta in collegio, quando lei ha 12 anni e lui 15. Si confidano fra loro, e diventano molto amici. Si capiscono, e si aiutano a superare le loro paure.
Lei si sentiva molto sola senza di lui, dato che è stata abbandonata dai suoi genitori e non ha amici. Lui è l'unico su cui adesso può contare.
Dopo due settimane di amicizia sono costretti a separarsi perché Allison viene adottata.
Si rincontreranno 8 anni dopo, quando entrambi saranno ormai molto grandi. Capiranno che molte cose nelle loro vite sono cambiate, ma che si sono sempre voluti bene e che anche dopo 8 anni, nonostante tutto ciò che succederà se ne vorranno sempre. E chissà magari potranno anche sperare in qualcosa di più.. Seguite i capitoli e lo saprete!
Spero vi piaccia.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Once Again
-Prologo-








 

 
Sento i suoi passi da dietro la porta, sta salendo le scale. Il rumore dei suoi tacchi che sbattono contro il pavimento si sente dalla mia camera, perfino con la musica a tutto volume. E come se non bastasse, è pure sfacciata, non bussa quando entra e usa un tono così duro e glaciale quasi da far paura.
No, non è mia madre, e mi permetto di dire, per fortuna. Beh, tecnicamente lo è, ma io non la definisco tale, perché una madre è una persona che farebbe di tutto per te, e si prende cura di te come nessun’altro al mondo saprebbe fare meglio. E no, se ve lo state chiedendo, io non ho una madre. Certo, ne ho una biologica perché ho 18 anni e so perfettamente che i bambini non li portano le cicogne ma non so dove sia e poco mi interessa. Non so nemmeno chi sia mio padre.
Nei miei pensieri lorosono ‘le persone che mi hanno messo al mondo’ e la loro descrizione qui inizia e qui finisce.
Mentre di lei, o sì, di lei avrei molte più cose da dire, ma non mi perdo in chiacchiere inutili visto che mi sembra ovvio che ha il mio disprezzo.
Il rumore dei suoi tacchi si fa sempre più forte e apre la porta di scatto, guardandomi negli occhi. Il suo sguardo è inespressivo, ma riesco a mala pena a notarlo, visto tutto il trucco che ha intorno agli occhi. Ha un sorriso finto stampato in faccia e io le rivolgo uno sguardo carico di disprezzo, come d’abitudine.
Forse pensate che lei faccia la parte delle matrigna cattiva, ma non è così, perché non è la mia matrigna e ho imparato bene a tenerle testa e a farla infuriare per bene. Non mi fa certo spazzare in terra o cose del genere, perché per questo paga delle persone. E ne paga veramente molte, più di quante e immaginiate, per soddisfare i suoi bisogni. Se sono donne le sfrutta e se sono uomini se li porta a letto. Oh beh, tutti tranne John, visto che anche lui la disprezza e che è felicemente sposato.
E tutto senza farsi scoprire dal marito, che ovviamente la reputa una santarellina.
“Fra dieci minuti devi partire, sei pronta?”  rivolgo uno sguardo alle valige e agli zaini pieni di roba.
“Tu che dici?”
Sorride ancora.
“Smettila di fare la spiritosa, signorina. Magari il college ti farà perdere un po’ della tua ironia, non sarebbe una brutta cosa. E muoviti che tuo padre ti sta aspettando per salutarti, almeno con lui dovresti comportarti bene”
Adesso sono io a sorridere, e la guardo ancora negli occhi, con disprezzo, molto disprezzo.
“Già.. Proprio come fai tu” mi avvicino a lei“Sai, non dovresti mettere così tanto trucco, ti si rovina la tua bella pelle. Chissà magari agli uomini che ti scopi piaceresti di più al naturale” sgrana gli occhi.
“C-che cosa?” balbetta.
“Solo perché ho la musica molto alta, non vuol dire che non ti senta e beh.. se proprio lo vuoi sapere, sono felice di andare via da questa casa così mi risparmierò i tuoi concerti pomeridiani con il ragazzo che pulisce a piscina, o quello che taglia l’erba o quello che pulisce la macchina o..”
“Smettila!” ringhia.
“Oh, ma non preoccuparti, non dirò nulla al mio caro ‘papino’, non voglio spezzargli così il cuore. Chissà cosa pensava quando ti ha sposato, magari che tu sapessi cucinare o stirare o almeno mettere i panni in lavatrice e schiacciare un bottone ma forse si è sbagliato con qualcun’altra. Spero siate felici insieme.” Sorrido “o ovviamente intendo voi due e tutti gli altri amanti che ti scopi in casa sua. ” rido “ credevi davvero che non lo sapessi? Ti credi tanto furba ma in fondo sei così ingenua. Beh, ci vediamo per il Ringraziamento” 
Prendo le mie valige e la supero.
“Sai, George voleva una figlia, io una cagnolina. Era meglio se avevamo preso un cane. Ma ti avverto signorina se ti provi ad aprire bocca, te la farò pagare..”
“Non preoccuparti, non è mia intenzione rovinare il vostro matrimonio felice. E per quella cosa del cane, sai, con tutti i soldi che rubi a George, potresti sempre comprartene uno, no?” sollevo le sopracciglia ed esco dalla stanza.
Lascio le valige in cima alle scale all’autista che dopo essere sceso le mette nella bauliera. Io scendo le scale in fretta, molto più velocemente di Elizabeth, ma d’altra parte è comprensibile, io indosso un paio di converse e ne vado anche parecchio fiera.
In fondo alla rampa c’è il mio cosiddetto padre, vestito in giacca e cravatta, come sempre, pronto per andare a lavoro. A dir la verità penso di non averlo mai visto con un paio di jeans addosso, ma magari non gli renderebbero.
“Oh, la mia piccola, come stai? Sei pronta per il college?” mi accoglie in un abbraccio un po’ imbarazzante.
“Certo, non vedo l’ora.” Dico sarcastica, o almeno cerco di sembrare tale perché la verità è che mi andrebbe bene tutto tranne che questo posto. Oh, beh, l’unica cosa positiva che c’è qui è la piscina, penso. Oh, e Marie.
“O, non fare così, starai bene. Ci mancherai certo, ma devi studiare e avere una buona educazione. Torni per il Ringraziamento, ok? Chiama spesso mi raccomando.”
“Certo, papà.” Mi lascia un bacio sulla fronte e poi mi fermo a salutare Marie.
Mi sorride dolcemente e l’abbraccio.
“Non ti far abbattere dalla strega, mi raccomando” le sussurro all’orecchio.
“E tu sii forte, credo in te ricorda, e chiama il numero che ti ho dato. Ricordi l’ora?” annuisco impercettibilmente ma sono sicura che lei abbia capito.
La lascio andare e le sorrido, lei mi scocca un bacio sulla guancia e me l’accarezza dolcemente.
“Buona fortuna, miss” sorrido.
“Grazie, Marie”
Mi giro per salutare ancora mio padre con la mano e poi mi avvio in macchina.
Indosso gli occhiali dal sole e metto comoda. Prima di mettere le cuffie dell’ipod aspetto che John salga in macchina.
“E’ pronta?”
“Oh, John, mi puoi dare del ‘tu’ almeno per questa volta? Mi fai sembrare vecchia.” Ridacchia.
“Va bene. Sei pronta?”
Sorrido contenta.
“Si. Quanto ci vuole per arrivare?”
“Due ore”
Sbuffo. “Io mi faccio un sonnellino, svegliami quando siamo arrivati”
“Certo.”
Infilo le cuffie negli orecchi e mi lascio andare contro il sedile posteriore dell’auto, cercando di dormire.
Riapro gli occhi sulle note di ‘Supermassive Black Hole’ dei Muse. Questa canzone mi ha sempre messo una carica assurda.
Quando finisce la canzone mi tolgo le cuffie.
“Ehi John, quanto c’è ancora?” mi rivolge un sorriso e mi guarda dallo specchietto retrovisore.
“Siamo quasi arrivati, preparati. Manca solo qualche minuto.”
Prendo il mio costosissimo telefono dalla borsa e guardo l’ora; le 5:45.
Dopo circa 2 minuti siamo nel parcheggio; ci sono ragazzi e ragazze che sono appena arrivati con le proprie macchine, altri accompagnati dai propri genitori che si lasciano andare ad abbracci e raccomandazioni infiniti. Io mi limito a prendere le valige e ad abbracciare John, dicendomi di farmi sentire presto.
Io sorrido e mi avvio verso l’entrata, trascinando dietro di me le mie due piccole valige bianche  con le rotelle.
Il giardino davanti al college è già pieno di studenti che chiacchierano e ridono. Ognuno ha il proprio gruppo, a parte qualche solitario che è sdraiato sull’erba a leggere un libro o ad ascoltare musica. Penso che prima o poi lo farò anch’io, dev’essere molto rilassante stare lì.
Ad un certo punto inciampo in uno scalino, distratta da tutto ciò che mi circonda e vado a sbattere contro qualcuno e cadiamo a terra.
“Cazzo” borbotto e mi rialzo prendendo di nuovo le valige per terra. “Scusa, non volevo venirti addosso, ero solo.. mh, distratta.” Alzo lo sguardo sul ragazzo che si è appena alzato da terra e che mi sta guardando, con le sopracciglia aggrottate. Mi sembra familiare la sua faccia, ma lascio perdere.
Continua a non rispondere e io cerco di catturare la sua attenzione.
“Ehi? Hai qualche problema?”  scuote la testa.
“Scusa, come ti chiami?” mi chiede.
“Perché?”
“Mi ricordi una persona” scuote la testa. Ha avuto la mia stessa impressione, ma per qualche ragione ignoro la cosa e faccio finta di niente.
Aggrotto le sopracciglia.
“Beh, non ti conosco. Scusa se ti sono venuta addosso, ma ero distratta da.. tutto questo”
“Il tuo primo anno qui?”
“Già.” Sorrido e abbasso lo sguardo.
“Hai bisogno di un tour? Non so, ma non mi sembra tu conosca molte persone qua.”
“Grazie dell’offerta, se ne avrò bisogno ti farò sapere”
“Come vuoi, io sono qui.”
Lo supero e mi avvio verso la porta ma mi fermo poco prima, voltandomi ancora verso di lui.
“Comunque sono Allison, ma preferirei tu mi chiamassi Ally”
“Io sono Daniel. Sono ancora convinto di conoscerti già, e scoprirò perché” mi fa l’occhiolino e raggiunge i suoi amici sul prato.
Anch’io lo scoprirò Daniel, puoi starne certo.
   
 
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