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Autore: rolly too    04/08/2012    5 recensioni
Kidd ha tirato troppo la corda, e il suo migliore amico si è trasformato nel nemico più pericoloso con cui abbia mai avuto a che fare. Perché Killer è forte, determinato, e soprattutto è stanco di lui e del suo comportamento. Davanti a una minaccia tanto grande e tanto dolorosa, nemmeno il Capitano Kidd sa più che cosa fare, e forse nemmeno il suo storico nemico e amante può aiutarlo, e anzi, potrebbe anche essere in pericolo.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Killer | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Penguin aprì la porta dell'infermeria di botto, pronto a prendere Trafalgar e a fargli rimpiangere d'essersi alzato dal letto, ma Shachi lo precedette.
«Sei impazzito?» berciò guardando il capitano. «Se stai cercando di ucciderti, basta dirlo!»
Law si voltò lentamente verso di loro, in silenzio.
A Penguin mancò il fiato. Pallido come non l'aveva mai visto, con gli occhi opachi e le mani e le braccia che tremavano, tirò un breve sospiro e quel piccolo movimento sembrò costargli un dolore atroce.
«Perché sei venuto fin qui?» gli domandò avvicinandoglisi.
«Dovevo parlare con lui.» mormorò l'altro.
Penguin rimase in silenzio, teso, e nemmeno Shachi osò parlare. Che cosa diamine aveva voluto dirgli? Conoscendolo, probabilmente l'aveva minacciato, gli aveva dato un ultimatum, cose di quel genere. Non gli veniva in mente nessun altro motivo per cui Law avrebbe voluto parlare con Killer, e l'idea non gli piaceva.
«Devi tornare a letto, comunque.» disse Shachi. «Sei in condizioni pietose.»
«Era importante.»
«Sei un pazzo!» esclamò Penguin. «Non potevi aspettare?»
«No.»
«Adesso ti riportiamo a letto, e vedi di non provare più ad alzarti.»
«No, non posso.»
Penguin tentennò. Stava davvero cercando di uccidersi, quell'idiota? Quand'era stato che era diventato tanto irresponsabile?
«Perché no?» sospirò. Cercare di ragionare con Law era un'impresa impossibile. Tanto valeva assecondarlo, fintanto che fosse possibile, e poi portarlo di nuovo nella sua stanza con la forza, se necessario.
«Perché non mi ha risposto.»
«Non ti ha...?»
«Non mi ha risposto.» ripeté Law. «Gli ho fatto una proposta. Ma non mi ha detto se accetta o no.»
Penguin guardò Killer. Era stanco, sfibrato. Non occorreva impegnarsi molto per capirlo. I suoi occhi erano spenti, lo sguardo perso nel vuoto. Forse non si era nemmeno accorto di ciò che era accaduto fino a quel momento. Chissà se aveva sentito ciò che Law gli aveva detto.
Gli si strinse lo stomaco a vederlo così.
«Qualunque cosa tu gli abbia detto, dagli tempo di pensarci. E adesso torna a letto.» tentò. Killer non poteva ragionare, in quelle condizioni, e Law aveva bisogno di riposare.
«Non c'è tempo per pensarci.» Ma Law non stava già più parlando con lui. Si era voltato verso Killer, e attendeva.
Penguin sospirò, mentre Shachi si limitò a lanciargli un'occhiataccia, sperando solo che tutto quel casino si risolvesse in fretta. Anche perché c'era Kidd che sbraitava, incombendo sul loro sottomarino, appena qualche metro più su, in superficie.
Sarebbe stato molto pericoloso se li avesse tirati su un'altra volta. Law non era in grado di combattere – non era nemmeno in grado di restare in piedi – e loro non erano all'altezza di Kidd. L'obiettivo dell'altro capitano era Killer, ma non poteva permettergli di ucciderlo, anche se capiva le sue motivazioni. Lui stesso non riusciva a perdonare a Killer quell'atto di vigliaccheria, quella pugnalata alle spalle. Perché uccidere i propri compagni? Perché macchiarsi di una colpa simile? Non era da lui.
«Allora?» incalzò Law, lo sguardo stanco fisso su Killer.
L'altro rimase in silenzio.
«Capitano, lascialo in pace.» mormorò Penguin. Non poteva vedere Killer così. «Dagli tempo di pensarci.»
«Voglio una risposta adesso.»
«Adesso ti riportiamo a letto.» intervenne Shachi. «E poi, quando Killer ci darà una risposta, te lo veniamo a dire.»
«No, io...»
«Ascolta Shachi, capitano.» lo interruppe Penguin.
Ignorò l'occhiata furente che gli lanciò Law e insieme all'amico gli si avvicinò. Fecero finta di non sentire le sue proteste e le sue imprecazioni, insieme lo afferrarono sotto le braccia e lo costrinsero ad alzarsi, sostenendo tutto il suo peso, stando attenti a non farlo cadere e a non fargli fare movimenti troppo bruschi.
«Voglio una risposta.» ripeté ancora, cercando di divincolarsi, ma in quelle condizioni non aveva forza nemmeno per allentare la loro presa di poco. Penguin gli strinse di più il braccio e anche Shachi sembrò fare lo stesso, perché Law ringhiò qualcosa sul fargliela pagare e sul vendicarsi, e per tutta risposta Penguin, invece che prenderlo sul serio, gli soffiò in faccia.
«Sì, certo, capitano. Nelle condizioni in cui sei è già tanto se riesci a parlare, vorrei proprio vederti a farcela pagare. E adesso smettila di agitarti.»
Law non rispose, ma sembrò calmarsi. Penguin non aveva idea di cosa gli passasse per la testa e non era nemmeno certo di volerlo sapere, quello di cui era certo era che doveva capire cosa fosse successo tra Killer e il capitano e non poteva farlo se aveva Law e Shachi tra i piedi.
«Io devo fare delle cose.» disse. Aiutò Shachi a sostenere meglio il peso di Law, che ancora protestava, nonostante avesse smesso di dibattersi, e attese che i due uscissero lentamente dalla stanza.
Quando fu certo che si fossero allontanati sospirò, e passandosi una mano sulla fronte afferrò il cappello, lo tolse e lo gettò ai piedi del letto di Killer.
Ban era corso a chiamarli poco prima, spiegando loro che il capitano aveva insistito per essere portato nella stanza di Killer, e dato che tardava a finire forse era il caso che andassero a controllare.
Chissà cosa gli aveva detto. Comunque fosse, Penguin aveva l'impressione di essere arrivato tardi.
Killer sembrava essere in un mondo a parte, insensibile a ciò che accadeva accanto a lui.
«Non me l'hai detto.» disse, monocorde. Non ci voleva molto a capire di cosa stesse parlando.
«Di Wire?»
«Già.»
«Non lo sapevo nemmeno io. È stato Kidd a dircelo, prima. Abbiamo dovuto occuparci di Law, e quando sono venuto a parlarti dormivi, non ho voluto svegliarti.»
In realtà era rimasto ore a osservarlo, invece che andare ad aiutare nelle cure per Law, solo per trovare la forza di non odiarlo per ciò che aveva fatto. Non ci era riuscito.
«Avresti dovuto.»
«Forse sì, ma nelle condizioni in cui sei hai bisogno di dormire. E non volevo agitarti.»
Seguì un lungo silenzio. Dal momento che Killer non sembrava intenzionato a parlare di nuovo, proseguì:
«Che cosa ti ha detto Law?»
«Vuole fare un patto.»
«Sì, lo so. Ma che cosa vuole?»
«Non ho capito.»
«Non hai capito il patto?»
«Cosa gli importa. Non ho capito cosa gli importa.»
«Ah.» Penguin rimase per un po' in silenzio a riflettere. Killer si stava comportando in modo strano, ed era comprensibile, ma almeno parlava. Poco e con voce priva di intonazione, ma parlava. Questo significava che ascoltava e comprendeva. Il suo cervello non si era bloccato alla morte di Wire, se stava cercando di capire quello che accadeva.
Cercò di sentirsi sollevato a quel pensiero, ma non ci riuscì. Come poteva, sapendo ciò che Killer aveva fatto? Uccidere un compagno era la colpa più grave di cui ci si potesse macchiare, e non riusciva a perdonarlo. Capiva Kidd, che lo voleva morto. Lo capiva davvero.
«Cosa ti ha chiesto?» domandò di nuovo.
Stare accanto a Killer dopo quello che era successo era difficile. Sentiva la sua presenza come una minaccia, come una nube scura sopra al mare. Era una sensazione opprimente. Avrebbe voluto ucciderlo per ciò che aveva fatto. Come si poteva macchiarsi di una colpa simile?
Allo stesso tempo desiderava, però, abbracciarlo, dirgli che andava tutto bene, che gli voleva bene lo stesso, anche se si era comportato in quel modo assurdo. Avrebbe voluto dirgli che poteva contare su di lui, che le cose non sarebbero cambiate e lui sarebbe rimasto sempre al suo fianco. Però non ci riusciva. Avrebbe davvero voluto farcela, ma era impossibile. Desiderava solo andarsene, e smettere di guardare gli occhi chiari di Killer che lo fissavano, privi di espressione, e i suoi capelli biondo grano.
«Se vuoi andartene, vai.» replicò Killer.
Penguin ci mise diversi secondi a capire che cosa significassero quelle parole.
«Cosa?» fece.
«Se vuoi andartene, vai.»
«Che cosa stai dicendo?»
«Ti faccio schifo. Lo vedo.»
Avrebbe voluto dire che non era così, ma non era mai stato bravo a dire le bugie. Nemmeno il volto pallido di Killer poteva aiutarlo a mascherare quello che aveva dentro.
«Quello che hai fatto è schifoso.» rispose.
«Lo so.»
«Non riesco a capire come un uomo come te abbia potuto fare una cosa simile.»
«Non lo so.»
«Be',» esclamò Penguin facendo un passo in direzione del letto «questa non è una risposta. E non è nemmeno una giustificazione. Stai cercando di dirmi che sei impazzito, è questo? Sei impazzito e hai fatto le cose senza pensare, è andata così?»
Solo silenzio.
«Questo comportamento è vigliacco, e patetico.» proseguì Penguin. «E tu non sei né l'uno né l'altro. O almeno, credevo che non lo fossi. So cosa hai passato, so cosa ti ha fatto Kidd e capisco come ti senti. Davvero, lo capisco.»
«Non credo. Non capisci niente, tu. Proprio come tutti gli altri.»




E con questo, vi annuncio che io domani parto per il mare e quindi domenica prossima non ci sarà il capitolo.
Tornerò con il ventesimo capitolo domenica 19 agosto.
   
 
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