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Autore: Fink    04/08/2012    1 recensioni
Un nuovo caso. Un cadavere ritrovato davanti ad una delle biblioteche di Washington.
“Se quei due lavoreranno assieme al caso ne vedremo delle belle, voleranno scintille” disse Tony rivolgendosi a Ziva e McGee.
Si tratta della mia prima fanfiction, o meglio la seconda ma la mia prima a capitoli...Tutta JIBBS! Spero vi piaccia.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Jennifer Shepard, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DECIMO
 
“GIBBS!!!” Abby si gettò in lacrime tra le braccia del suo capo. “Perché le hai permesso di seguirti. Ma tu dov’eri? Perché hai lasciato che sparassero al direttore?” La ragazza era un fiume in piena.
Gibbs si staccò delicatamente dal suo abbraccio. La giovane aveva gli occhi arrossati ed era visibilmente preoccupata. “Abby.” Non disse altro, si limitò a guardarla tenendole le mani appoggiate sulle spalle.
“Come sta?” chiese Ducky non appena fu entrato nelle sala d’aspetto.
“La stanno operando.” Rispose Gibbs.
Passarono più di quattro ore prima che uno dei chirurghi uscisse dalla sala operatoria. Fu Abby ad intervenire per prima, quella ragazza era come una pistola carica. “Allora come sta? È ancora viva? La prego, non mi dica che il direttore è morto.”
“La pallottola era penetrata in profondità. Non ha leso organi vitali per miracolo, ma ha perso molto sangue. Troppo.” Il medico fece una pausa “Le prossime 48 ore saranno decisive. Se volete potete entrare per qualche minuto.”
Abby scoppiò in lacrime e si appoggiò alla spalla di Ducky. Gibbs si fermò ad un passo dal letto in cui giaceva Jenny. Era attaccata ad un respiratore e una sacca di sangue indicava che stava ricevendo delle trasfusioni. Jethro le toccò la fronte poi sollevò gli occhi verso Ducky. I due uomini si guardarono per qualche istante; il dottor Mallard parlò per primo “va pure, Jethro. Hai un’indagine da portare a termine. Se ci saranno novità ti chiamerò.”
“Con me Abby. Abbiamo un lavoro da finire.”
“Ma Gibbs. Non…” protestò la ragazza.
“Abby!” il tono di Gibbs era perentorio.
Prima di uscire rivolse ancora uno sguardo a Jen e a Ducky.
“Un uomo di poche parole, ma molti pensieri. Leale fino alla morte” bisbigliò il dottore rivolto a Jen “ma questo già lo sai, non è vero, mia cara?”.
 
 
“Ditemi che avete qualcosa.” Disse Gibbs rivolto alla sua squadra appena entrò in ufficio. Vi trovò solo McGee.
“Tony e Ziva sono andati in ospedale ad interrogare Spitzer. Io sto controllando le ultime chiamate fatte dal suo cellulare. Movimenti bancari e carte di credito…” l’agente fece una pausa per prendere fiato “Capo? Come sta il direttore?”
“Hanno detto di aspettare.”
Tony e Ziva entrarono in quel momento.
“Come sta Jenny?” chiese Tony.
“Cosa mi dite di Spitzer?” fu l’unica risposta di Gibbs.
“Lo hanno imbottito di sedativi per il dolore. I medici hanno detto che non possiamo interrogarlo prima di domani.” “Ma se vuoi torniamo lì.” aggiunse Tony vedendo lo sguardo furente del suo capo.
L’agente speciale Leroy Jethro Gibbs guardò i suoi uomini, avevano gli occhi gonfi e arrossati, il volto tirato. Stavano lavorando senza sosta da una settimana.
“Avete fatto un ottimo lavoro. Andate a casa, riposate.” Disse loro “Qui per oggi non possiamo fare altro.”
I tre agenti guardarono il loro capo con un’espressione sbigottita.
“Dico davvero. Fin’ora non abbiamo nulla e i medici dicono che bisogna aspettare. Andate. Ci vediamo alle sette domani mattina.”
“Deve essere davvero scosso.” disse Tony quando furono nell’ascensore.
“L’ultima volta che ho visto Gibbs premuroso è stato dopo la morte di Kate, nulla di buono.” Aggiunse McGee.
“Avete notizie da Ducky?” chiese nuovamente Tony.
I due scossero la testa in senso di diniego. Arrivati al parcheggio i tre agenti salirono ciascuno sulla propria auto, imboccando tutti la stessa strada diretti verso l’ospedale.
 
 
L’attesa era il momento più snervante, soprattutto per un uomo impaziente come lui. Era sceso nello scantinato a lavorare alla barca, una bottiglia di bourbon lì accanto. I lavori manuali lo aiutavano a rilassarsi e a pensare. Mentre levigava le assi dello scafo la sua mente tornò indietro a quando era un sergente dei marines; ripensò alla sua famiglia, al sorriso di Shannon e alla risata della figlia, Kelly. Sospirò. Aveva gli occhi lucidi.
Si rivide a Marsiglia, chiuso in una piccola soffitta con accanto a sé una giovane agente dell’NCIS, ancora inesperta ma con una grande forza di volontà. Ripensò ai giorni da poco trascorsi. Non riusciva a fare a meno di stuzzicare Jen, era sempre stato così. Tutto sommato si divertiva e, ne era sicuro, quei battibecchi non dispiacevano nemmeno a Jenny. Sapeva di potersi fidare di lei e, in fin dei conti, non se la cavava poi tanto male in veste di direttore, nonostante lui continuasse a credere che avrebbe dovuto rimanere un agente operativo. Vide Jennifer stesa a terra, sanguinante; le proprie mani premute sulla ferita; il corpo che veniva sollevato su una barella e introdotto nell’ambulanza. Poi, una dopo l’altra le rivide tutte, il viso di Shannon, il sorriso di Kelly e gli occhi verdi di Jenny. Ne aveva perse due, non avrebbe permesso anche alla terza di andarsene. “È un ottimo direttore” pensò. Non aveva il coraggio di pensare a lei in altro modo, non voleva, forse per rimanere il più possibile obbiettivo.
Uno scricchiolio proveniente dalle scale lo distolse dai suoi pensieri; si girò in direzione del rumore. Una figura snella stava scendendo nello scantinato. I capelli sciolti le cadevano sulle spalle, un braccio fasciato e legato al collo.
“Ti hanno già dimessa?” Chiese Gibbs.
“Sì, mi hanno tenuta sotto osservazione per dodici ore. Però sono costretta a un paio di settimane di riposo.” La donna continuò “sono passata all’NCIS, ma non c’era nessuno della tua squadra, nemmeno tu.”
“Avevo bisogno di riflettere.”
“Ci sono novità?” chiese il colonnello.
“Siamo ad un punto morto, per ora.”
“E il direttore Shepard?”
Gibbs scosse la testa e alzò le sopracciglia. Gli occhi umidi e lo sguardo vacuo.
“Ha quell’espressione ogni volta che ripensa alla sua famiglia” riflettè Hollis Mann guardando Jethro. “Tu come stai?” gli chiese.
Si sentiva come stordito. Guardò la donna nella luce fioca della sera e agì senza quasi pensare, abbassò la testa e la baciò.
La sveglia sul comodino suonò alle 5.45. Gibbs la spense e si girò verso la donna distesa al suo fianco. I capelli biondi sparsi sul cuscino, il respiro regolare. Le coprì le spalle e si alzò. Indossò abiti puliti, scrisse un biglietto che lasciò sul comodino, poi prese le chiavi dell’auto e si diresse agli uffici del NCIS.
Il cellulare iniziò a squillare.
“Dimmi Ducky.” Rispose Gibbs.
   
 
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