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Autore: Lushia    04/08/2012    3 recensioni
Il nostro gruppetto è partito alla ricerca di un qualcosa che li aiuterà a crescere e a diventare forti per prendere, un giorno, il posto della decima famiglia dei Vongola. Dove li porterà questo viaggio? Cosa incontreranno durante il loro cammino così lontano da casa?
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'KHR! 11^ Famiglia'
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Target 6 - Medio Oriente VI (Epilogo)

cover

Quando il sole si levò nuovamente dall'orizzonte, Mirjad poté finalmente svegliarsi libera e in pace.
Osservare gli abitanti che si aiutavano con altruismo e che assieme iniziavano la ricostruzione della loro cittadina era uno scenario meraviglioso: coloro che erano rimasti per così tanto tempo vittime e prigionieri della stessa città che tanto amavano adesso collaboravano tra loro per riportarla al suo antico splendore.

Erol era appena tornato dal cimitero dove avevano seppellito tutte le povere vittime che fino a quel giorno non avevano ricevuto una degna sepoltura. Anche Alp era stato riposto in quel luogo, sotto lo strazio della moglie che era scoppiata in lacrime.
Ma cosa significa morire?
Non vedere più la persona che si ama, sapere di aprire gli occhi senza che questa sia nuovamente accanto a noi e non poter sentire più il suono della sua voce.
Ma la crudeltà risiedeva nei ricordi che meschini si facevano largo nella mente e nel cuore, riportando a galla la nostalgia dei momenti vissuti assieme.

Nozomi, affacciata al balconcino della vecchia base, sapeva benissimo cosa si provava a non poter più guardare negli occhi una persona a cui si è voluto molto bene.
Non poter sentire la sua voce, non poter vedere il suo sorriso. Era davvero giusto tutto ciò?
Le persone malvagie dovevano sparire, era l'unico modo per evitare che altri poveri cuori innocenti soffrissero come stava soffrendo lei.
Sospirò, osservando i visi sollevati ma affaticati delle persone che si rimboccavano le maniche e che si mettevano all'opera. Portò la mano destra vicino al viso, osservandola.
Sembrava tenesse in mano qualcosa di invisibile.
- Non ho dimenticato... io sono ancora qui... ma tu? … perchè non hai mantenuto la promessa? -
Sussultò quando si accorse che un uomo si era avvicinato accanto a lei e si era appoggiato al balcone.
Gazi aveva la solita benda biancastra a coprirgli l'occhio sinistro ma non aveva più la fascia verde tra i capelli corvini: era stata bruciata nella battaglia del giorno prima da Raif.
La ragazzina notò che aveva alcune cicatrici sul braccio, segni della dura lotta sostenuta.
- Non mi hai ancora spiegato i tuoi motivi, teh. -
La brunetta si voltò verso l'orizzonte, tornando ad osservare la popolazione laboriosa.
- Motivi di cosa? -
- Perchè pensi che sia meglio uccidere le persone. -
- Mai detto una cosa simile. -
- Allora perchè l'hai fatto? -
- Ho solo giustiziato un essere immondo. La consideravi una persona? -
- Si, un essere umano, come me e te. -
La brunetta scosse il capo.
- Umano, eh...? Non mi reputo tale. -
- Uh? E per qual motivo? -
- Pensi che un normale umano abbia questa forza, queste capacità, questo destino? -
- Tutti gli esseri umani hanno questa forza teh, non tutti sanno come usarla e quasi nessuno sa di averla. -
- Ma se questa forza non esiste per castigare chi distrugge le vite altrui, perchè allora sono così? -
- Penso che tu debba trovarla da sola, quella risposta. -
La brunetta si voltò verso l'uomo dalla pelle scura, che continuava a fissare il cielo.
- Lo vedi, quel cielo? E' azzurro e sereno, e anche se deve sostenere una tempesta, una tormenta o qualsiasi altro clima... il cielo resta composto, non si distrugge. -
Volse il suo sguardo verso la distesa chiara sopra di sé, perdendocisi.
- Eppure... anche se sostiene gli altri elementi... deve comunque trovarsi di fronte le altre catastrofi... - affermò la ragazzina.
- E secondo te fa qualche piega? - chiese l'uomo. - Il cielo deve vegliare... al massimo, con il suo immenso, potrà dar pace e salvare gli animi disperati. -
- Animi... disperati? -
- Tutti nasciamo uguali, è il mondo e le esperienze che ci cambiano, piccola. -
- Il mondo e le esperienze? -
L'uomo si rivolse verso di lei e così fece la ragazzina.
- Nessuno nasce colpevole di qualcosa ma se il mondo che ci circonda è duro e doloroso e noi non siamo in grado di sostenere quel dolore, ci abbandoniamo ad egli stesso diventandone parte e portatori. -
- … Quindi... non esistono il bene ed il male. -
- Esiste il dolore e la felicità... persone che attraversano il dolore e lo superano, arrivando alla felicità. Ma esistono persone che non riescono a sconfiggere il dolore e ne diventano parte. ...In un certo senso sono comunque il bene ed il male, oppure la luce e l'oscurità, il cielo ed il caos. -
La brunetta tornò a osservare le persone con sguardo vacuo.
- Tutta questa gente... affronta l'oscurità bramando la luce... ma non tutti riescono ad arrivarci... perciò alcuni cadono... -
- Coloro che cadono sono quelli che tu chiami “esseri malvagi” senza nemmeno provare a capire perchè mai saranno così malvagi. -
L'immagine di Alp le balenò nella mente.
- Ma...! Raif che motivo aveva di fare del male? -
- Suppongo sia stata la sua visione contorta di governare la città e di proteggere i cittadini... probabilmente il modo in cui è cresciuto lo ha accecato... così come le persone accanto a lui … ma probabilmente non lo sapremo mai. -
La ragazzina sospiro, rattristata.
- … Perdonami, in verità non avevo intenzione di ucciderlo. -
- Luca-san me l'ha detto. Il piano è cambiato all'improvviso... ti sei lasciata trascinare? -
- No, quando ha ferito Luca e ha ucciso Alp... ho pensato che non meritasse nemmeno la prigione. -
- A volte la prigione è più dura della morte stessa... è una punizione ottimale per chi commette errori, teh. La morte è una soluzione troppo facile e rapida. -

Chinò il capo, afflitta.
- … Penso di aver capito cosa vuoi dirmi... in effetti questo spiegherebbe molte cose... -

...perchè papa e Primo-sama hanno sempre perdonato... e la loro pietà...

-
Tu che un giorno sarai boss devi conoscere meglio di chiunque altro tutto ciò, teh. -
La ragazzina appoggiò il capo sulle braccia.
Una voce maschile arrivò da sotto la balconata, costringendo i due a guardare verso il basso.
- Ehi Gazi, dobbiamo finire di sistemare qui, ci dai una mano? -
- Uhm, arrivo subito teh. -
- … Volete una mano? - chiese Nozomi, osservando l'uomo che si era voltato e si stava allontanando.
Gazi si fermò e si voltò, osservando la ragazzina.
- Vi ringrazio ma avete già fatto tanto per noi. Questa è la nostra città, teh, dobbiamo ricostruirla noi. -
- Sì... capisco. -
L'uomo svanì oltre la stanza, raggiungendo Erol.

La brunetta si spostò dentro, fermandosi quando alle sue orecchie giunsero due voci familiari che stavano discutendo animatamente.
Si avvicinò all'uscio senza farsi vedere e osservò i gemelli, seduti su delle casse in legno. Arina aveva finito di fasciare la spalla del fratello e stavano discutendo a voce abbastanza alta.

- Quel che ti sto dicendo è tutto ciò che posso dirti... credimi! - Arina sembrava infastidita.
- Ma per quale motivo? Perchè non puoi raccontare a me, tuo fratello, la verità? - gli chiese Luca.
- Una volta te l'ho già raccontata... prendila per buona e non pensarci su. -
- No, non posso. Sorella... so che c'è dell'altro! Voglio saperlo! -
- … Luca... -
- Raccontami... dimmi cos'è successo sette anni fa!-
- … Non posso. Mi dispiace ma... è una cosa che non posso fare. -
- Ma sono tuo fratello! Ne ho il fottuto diritto! -
- Luca! Sono … sono ordini di Decimo... -
- Ah! Allora c'è qualcosa! Sapevo che c'era dietro anche lui! -
- Non dire così, non è colpa sua... -
- Non intendevo questo! … voglio dire, se sono ordini di Juudaime allora c'è dietro qualcosa di grosso... -
La bionda chinò il capo con sguardo nostalgico.
- Qualsiasi cosa sia successa sette anni fa... è top secret. Mi è stato categoricamente vietato di parlarne a qualcuno. -
- Ma... quanto è grave la situazione...? Riguarda la Juuichidaime? -
La donna non parlò, scostò lo sguardo.
-
Arina, ti prego. Dimmelo. -
- Continui a chiedere ma la mia risposta non può cambiare... mi dispiace. -
- Perchè dici che è stato un tuo errore? Cosa hai sbagliato? -
- … Errori impulsivi di una quindicenne che aveva dimenticato il suo compito primario... -
- Compito primario? … ma... è normale che una quindicenne commetta errori! -
- … Si ma... non io... non io che avevo fatto di tutto per... insomma... -
Sospirò, afflitta, portandosi una mano sulla fronte.
- … Sorella... -
- … Avrei dovuto impedire... tutto ciò accadde per colpa mia... ma mi sono lasciata andare e... lei ci è andata di mezzo... ci siamo entrambe cadute... -
- … Si può rimediare, no? Hai detto che è per questo che sei qui, ora. -
- Se io sono qui è perchè Decimo me l'ha ordinato. -
- No, non è vero. Se sei qui è perchè lo vuoi tu... cos'è che vuole il tuo cuore? -
- … Rimediare all'errore che abbiamo commesso. -
- Perchè parli sempre al plurale?! Tu devi rimediare ai tuoi errori, non a quelli degli altri! -
- No, come sua tutrice io sono colpevole di aver lasciato che sbagliasse, sbagliando io stessa. - spiegò - Anche se sono io ad aver sbagliato... devo salvare anche lei dal suo errore prima che sia troppo tardi. -
- … Tutto questo parlare di errori non lo capisco, davvero... se solo puoi essere più diretta e dirmi senza mezzi termini quale diavolo è il vostro errore... -
La bionda scosse il capo, voltandosi verso la porta e notando solo in quel momento la brunetta che, con sguardo serio e indifferente, stava fissando i due. L'espressione della donna mutò in terrore.

La Vongola si voltò e lasciò quella stanza, scendendo le scale proprio quando notò un Jun dallo sguardo vacuo che, seduto sulla sua valigia, osservava dinanzi a sé.
- … Jun? Cosa aspetti? -
Il ragazzo non rispose: si limitò a notare la compagna di classe, ad aprire leggermente le labbra per poi richiuderle chinando il capo e osservando il pavimento.
- … Puoi rispondermi? -
Scosse il capo.
- … D'accordo, tanto nemmeno io ho molta voglia di parlare. -
Si allontanò rapidamente, lasciando il giovane albino immerso nei suoi pensieri mentre raggiunse la sala grande al primo piano dove i passeggeri dell'aereo stavano preparando le proprie valige per l'ormai prossima partenza verso la loro meta.
Il pilota, che aveva rassicurato tutti e che stava spiegando cosa sarebbe successo nel pomeriggio, aveva un sorriso stampato sulle labbra, probabilmente dovuto alla liberazione finalmente giunta.
La brunetta si avvicinò alla sua valigia e la aprì, osservando i suoi vestiti mal riposti e gli oggetti che aveva portato con sé per quel viaggio.
Alzò nuovamente la mano destra e portò il palmo verso l'alto, osservandolo con sguardo triste come se immaginasse un qualcosa poggiato sopra di esso.
Persa nella sua immaginazione iniziò a canticchiare una melodia nostalgica non smettendo di fissare la sua mano.
In quella valigia mancava qualcosa, un oggetto per lei davvero importante.
Ma era ovvio che non ci fosse, era nascosto nella realtà e nel suo cuore. Si stupì che le fosse tornato in mente, ma dopotutto quello che era accaduto continuavano a tornarle in mente ricordi passati che non volevano sparire in alcun modo.

Ricordò il tocco di una mano piccola e calda, un sorriso, il suono della fontana che spruzzava acqua fresca e la musica che veniva da casa, illuminata dalle luci artificiali e dalla luna limpida sopra di loro.
E poi la promessa, mentre la nostalgica melodia di un carillon suonava tra i due, stesi sull'erba della rupe al fresco venticello che proveniva dal mare.

- "Sarebbe bello potersi gettare in quel mare e nuotare fino ai confini del mondo, verso il nostro destino. Assieme, io e te." -
- "Ma io... come farò a dimenticare quell'uomo?" -
- "Non importa. Te lo farò dimenticare io!" -

Con uno scatto chiuse rapidamente la mano come se avesse chiuso un qualche oggetto con apertura a conchiglia.
Perchè ci stava pensando, adesso? Forse perchè aveva ascoltato la discussione tra Arina e Luca?

Ti odio. Perchè mi hai riportato in mente ricordi così orribili?

Quasi non lacrimò, osservando il muro dinanzi a sé.
Gli occhi di suo padre erano così tristi e seri allo stesso tempo, era sicura che non l'avrebbe amata mai più.
Sarebbe stata abbandonata? Ma perchè? Aveva solo agito per il bene degli altri e per quello di Arina.
Perchè suo padre la stava fissando così?
L'aveva dimenticato eppure adesso ricordava... ricordò quanto lui fosse triste.
Era triste per lei.
E Arina piangeva, rumorosamente, chiedendo perdono. Cosa mai avevano fatto di male?
- "Scusatemi! Ho sbagliato, non avrei dovuto! E' colpa mia!" -

Scosse il capo, schiaffeggiandosi.
- Cosa diavolo sto facendo?! Non posso pensarci ora! Non sono pentita, per nulla. Ho agito per il bene di tutti. -
- "Nessuno nasce colpevole di qualcosa ma se il mondo che ci circonda è duro e doloroso e noi non siamo in grado di sostenere quel dolore, ci abbandoniamo ad egli stesso diventandone parte e portatori." -

- … Già... è vero. Quello che mi ha detto prima Gazi... dovrebbe cambiare le mie idee? … non capisco... è tutto così confuso... -
Qualcuno alle sue spalle la abbracciò di soppiatto, stringendola in un abbraccio dolce e rincuorande.
Il suo profumo era intenso, come sempre. Com'è che riusciva sempre a farla star bene?
- … Devo veramente credere a quello che ha detto lui? - chiese, più a sé stessa che all'amica.
- … devi credere a quello che dice il tuo cuore. - rispose la tempesta, dietro di lei.
- Ma... se avesse ragione allora, io, sette anni fa... -
- Non importa. Gli errori si possono aggiustare con il tempo... e poi dimentica cos'è successo all'epoca. Avevi solo otto anni. Cosa può capire una bambina di otto anni? -
- Mh... si... hai ragione. -
- … Nozo... ricordati che non sei sola. - le disse - Noi non ti abbandoneremo mai, siamo la tua famiglia. Siamo una grande famiglia. -
- Grazie. -
- Non devi ringraziare noi, ma te stessa. Se non fossi una splendida persona non avresti radunato tutti noi. Non ti seguiremmo. -
- Come faccio ad essere una splendida persona? Non mi reputo così. -
- Smettila di fare pensieri tristi. -
- Vorrà dire che rimetterò su quel falso sorriso.-
La tempesta si morse le labbra.
- Lo sai... non potrò essere veramente felice. E' tutta una finzione... ma... per il bene degli altri... -
- Ma smettila di pensare agli altri e pensa un po' a te stessa. Che cosa ti rende felice? -
- Uh... non so... non ho idea di quale sia la mia felicità. -
- Potresti porre la domanda agli altri... magari, conoscendo la felicità delle altre persone, scoprirai quale potrebbe essere la tua.
- E la tua felicità qual'è? -
- Ovviamente è la nostra famiglia. -
La strinse, accoccolandosi a lei.

Quel pomeriggio, subito dopo aver mangiucchiato velocemente qualcosa di commestibile, tutti i superstiti si ritrovarono ai piedi di un aereo privato che li avrebbe portati in Spagna, stavolta senza intoppi.
Erol e Gazi, assieme ad altri ex-soldati che avevano collaborato alla liberazione della città, stavano aiutando i passeggeri a sistemarsi all'interno.
Quando si ritrovarono di fronte il gruppetto, i due ex-capi li osservarono con sguardo serio.
- … Vi ringraziamo per il vostro incredibile aiuto, ragazzi. Senza di voi non sarebbe stata possibile una simile vittoria con così poche vittime... - disse Erol.
- Le vittime sono pur sempre vittime, pensate piuttosto a rimettervi in sesto e a mettere su una splendida città. - Arina sorrise, oltrepassando il gruppetto e andando a sistemarsi al suo posto, seguita da Masato e dal taciturno Jun.
Anche Cloud e Shinji si allontanarono dal gruppetto senza dire una parola. Luca e Kaito, invece, salutarono i due con affetto e lasciarono per ultime le tre ragazze.
La brunetta osservò Gazi con sguardo serio per poi abbozzare un sorriso.
- Quando tornerò voglio vedere una Mirjad splendida e ricostruita. -
L'uomo di colore rimase stupito ma anche lui finì col sorridere.
- Certamente, vi mostreremo una Mirjad piena di pace e di speranze per il futuro, teh! -
- Allora tornerete? - chiese Erol, quasi speranzoso.
- Perchè no? Sembra un bel posto! -
Risero, tutti assieme.
Anche Arashi e Haname andarono a prendere posto, lasciando da sola Nozomi e Gazi mentre Erol scendeva dal veicolo.
- Vongola Undici... vi ringraziamo davvero di cuore per il vostro sostegno e aiuto. -
La brunetta scosse il capo.
- Sono io che ti ringrazio per il tuo aiuto. Grazie a te sappiamo usare meglio le nostre fiamme. E poi... mi hai detto delle cose... uhm... particolari. -
L'uomo sorrise.
- Se avrai voglia di ascoltare qualcos'altro... io ci sarò, teh. Considerateci sostenitori e alleati dell'undicesima famiglia dei Vongola. -
Anche la brunetta sorrise, questa volta sinceramente.
- Uh! Si! Grazie mille! -
Si voltò e fece per andarsene quando l'uomo la richiamò nuovamente.
- … Non ti disperare perchè tutti commettiamo errori. La forza sta nel riconoscerli e nell'avanzare a testa alta. -
- … A testa alta? -
- Esatto. Tu... sarai un buon leader, se lo vuoi. Devi solo essere sicura di ciò che vuoi, e capire. - disse, guardandola negli occhi con serietà - Per un leader è molto importante capire le persone e ciò che ti circonda. Non dimenticarlo: non giudicare niente e nessuno. Cerca di capire. -

"Cerca di capire."

"Non riesci a capire."

Le parole di suo padre all'improvviso echeggiarono nella sua testa, immobilizzandola. Si mischiarono con quelle di Gazi, ferendola nella mente e nel cuore.

"Ancora non capisci, Nozomi. E' questo il tuo problema."

"... è questo... il mio problema?"

- … Non devo giudicare a priori... devo capire tutti, cattivi e buoni... e qualsiasi situazione, giusto? -
- Esatto. E ricordati quel che ti ho detto, teh. Non esistono cattivi e buoni, già differenziarli significa catalogarli senza averli compresi. -
- … Quindi ogni persona va capita. -
- Eh, impari in fretta ragazzina! Ci sai fare, teh! -
La brunetta ridacchiò, arrossendo.
- Ehi, hai ragione. Dopotutto io diventerò un futuro Vongola boss! -

Quelle parole sembrarono aver aperto un grande varco per lei, conducendola in un mondo differente.
All'improvviso alcuni frammenti della discussione con suo padre iniziarono a farsi più chiari, come se lei stesse iniziando a comprendere qualcosa.
Lui disse che lei non riusciva a capire, perciò avrebbe dovuto farlo a qualsiasi costo. Non poteva nascondersi dietro spiegazioni non ricevute, doveva comprenderle da sé. Era come se si trattasse di una prova per diventare boss.

Quando l'aereo si levò, lasciò dietro di sé Mirjad e i loro abitanti, Gazi ed Erol, quelle settimane di terrore e le loro preoccupazioni, dando posto al sollievo e alla tranquillità che divenne emozione, quando finalmente il velivolo attraversò il mar Mediterraneo raggiungendo la penisola iberica.

   
 
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