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Autore: Escapist96    04/08/2012    5 recensioni
Tuomas sogna una donna che lui conosce, una donna molto importante per lui. Una donna che al mattino gli si presenta alla porta.
E poco dopo tutti i Nightwish sono chiamati a raccolta per incontrarla.
Chi è questa donna? E perchè Anette sembra così sconvolta all'idea di conoscerla? Leggere per scoprirlo!
"Running for her life
The dark rain from her eyes still falls
Breathtaking butterfly"
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anette Olzon, Quasi tutti, Tarja Turunen
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Vienna, notte tra il 26 e il 27 aprile

 
Un passo dopo l’altro, le mani che sfiorano sicure delle pareti che conosco perfettamente e tra cui mi sento a mio agio. Al sicuro. Mentre le mie dita incontrano le scanalature dei muri, mi sorprendo a contarle e a saperne il numero esatto senza esitazione. La loro posizione, la forma, la profondità.
Tutto mi è familiare.
Tutto mi ricorda una vita che dovrei aver superato.
“Tarja”
La voce che aspettavo, quella che sapevo sarebbe arrivata presto, non mi fa sobbalzare. Mi sembra di non aver atteso altro per giorni, forse di più. E’ solo un sussurro, ma mi basta per sentire un brivido percorrermi la schiena. E’ paura o il desiderio che non sono riuscita a cancellare del tutto? Non posso mentire a me stessa in un sogno -è un sogno, lo so, quindi posso concedermi il lusso di essere del tutto sincera. Quindi non riesco a fare a meno di rispondermi da sola.
“Marcelo” mormoro, senza riuscire a credere di essere davvero io la persona nel sogno.
Non ero passata oltre? Non mi ero detta, non avevo giurato che era tutto finito tra di noi?
Sento la sua mano cercare la mia e gliela stringo d’istinto, in cerca del suo calore che so per certo di poter trovare.
Poi la sua presa si allenta e sento che le sue dita accarezzano il profilo del mio corpo, fino ai contorni del viso. E qui si fermano. Mi fa girare in modo che gli dia la schiena e misteriosamente mi copre gli occhi con un palmo, mentre l’altro rimane appoggiato sulla mia guancia arrossata per mille motivi - nessuno dei quali è un rifiuto.
“Cammina in avanti, Tarjita”
Il suo sussurro a pochi millimetri dal mio orecchio mi spinge a muovermi come mi ha detto, mentre sento che le gambe mi tremano. -Perché?- mi chiedo. Se sentissi anche solo il minimo desiderio di respingerlo, lo potrei fare senza problemi, ma non è quello che voglio, quindi avanzo lentamente cercando di non inciampare.
“Cosa…?” cerco di chiedere. Ma un suo dito sulle labbra mi invita a stare zitta e obbedisco volentieri, aspettando di scoprire quale sia la sorpresa che vuole tenermi nascosta.
All’improvviso i miei piedi poggiano su qualcosa di morbido. Un tappeto, realizzo immediatamente. Il tappeto della sala da pranzo. Lo riconosco senza esitazioni.
Finalmente la sua mano si sposta, permettendomi di guardare intorno a noi. Trattengo il fiato mentre i miei occhi incontrano un ambiente con la luce soffusa, diffusa solo da una decina di candele blu scuro appoggiate su un tavolo rotondo per due persone che non ricordo di aver mai visto in casa mia. Ci trovano posto anche una sottile tovaglia con diverse sfumature di azzurro e il necessario per una cena romantica.
 

This one is for you,
for you only for you,
just give in to it,
never think again.
 I feel for you.

 
Una cena romantica?
Ho già vissuto questa scena. Non ricordo esattamente quando, ma so che è già successo in passato. Tutto, ogni singolo dettaglio, ogni ombra di questa stanza, ogni minima sfumatura dell’arredamento è parte di me. Ma non questo che mi ha colpita. Mi guardo intorno e le memorie di un passato, non molto remoto, riaffiorano alla soglia della mia mente stanca di soffrire.
Non faccio in tempo ad immergermi in esse perché la mano di Marcelo, adesso appoggiata tra le mie scapole, mi sospinge dolcemente in avanti fino a che non prendo posto su una delle due sedie.
E decido di lasciare perdere i ricordi, di lasciare perdere la consapevolezza che ho, per immergermi in quest’atmosfera che tanto mi è mancata, nonostante tutto.
Marcelo mi versa un bicchiere di vino e me lo porge con un sorriso pieno d’amore. Non mi rendo conto subito che il suo sorriso non raggiunge gli occhi come succede di solito e ricambio arrossendo impercettibilmente per tutte le attenzioni che mi riserva.
Senza che io me ne accorga, si alza e torna in un battito di ciglia, pronto a servirmi la prima porta, poi la seconda e la terza. Quando sento di star per scoppiare, sento la sua voce pronunciare le parole che il mio stomaco voleva sentire.
“Adesso il dessert, mi querida” sussurra incantatore.
E trovo dello spazio per mangiare ancora quando mi trovo sul tavolo una meravigliosa torta alla vaniglia, elegantemente decorata con riccioli di cioccolato sui bordi, fino a raccogliersi in un'unica spirale al centro. *
Trattengo il respiro mentre il secondo boccone mi si scioglie in bocca e mi scivola lungo la gola lentamente, risvegliando tutti i miei nervi.
Mi sento fremere nell’attesa di qualcosa che non ricordo più, una memoria che in questo momento fatica a tornare a galla, soppressa dalla dolcezza della cena che sto condividendo con mio marito…
-Anche se lui non è più esattamente mio…- cerco di correggermi, ma i miei pensieri quasi razionali vengono interrotti da un paio di labbra che sfiorano delicatamente le mie, impossessandosene in un attimo e diventato in breve tempo più passionali.
Non mi tiro indietro e lascio che questo bacio si protragga per lunghi secondi finché non apro gli occhi e incontro quelli di Marcelo. Quegli occhi scuri che amo -la mia mente è ancora troppo offuscata per opporsi a questo pensiero apparentemente ovvio- sono pieni di lacrime trasparenti e tremanti, che combattono con le ciglia per cadere lungo il suo viso.
Lo spingo indietro cercando di parlare, ma non me lo permette e trattiene le mie labbra chiuse tra le sue. Sento un singhiozzo salirmi in gola nel momento stesso in cui uno esce dalla sua.
E finalmente posso di nuovo ricordare. Ricordo, ma non posso sottrarmi a questa scena, non posso sottrarmi al dolore che mi aspetta perché ormai il sogno è troppo profondo per essere interrotto.
Sento la testa che mi gira, ma l’incoscienza non arriva per ripararmi e smetto di sentirmi male dopo qualche istante nullo se paragonato alle lunghissime ore che ho davanti a me.
Torno a guardare gli occhi di Marcelo e vedo qualcosa in fondo, un riflesso, un’ombra che non vi appartiene.
“Ti amo, Tarjita…” mormora, con la voce rotta dal pianto.
Qualcosa non va, anche la me non cosciente del futuro se ne rende conto, ma non capisce subito. Le ci vuole un po’, le servono altri gesti, altre parole per comprendere.
“Ti amo… ti amo…” continua freneticamente a ripetere come una cantilena.
Intanto mi sta sospingendo verso il divano, ma inciampo un passo prima e ci cado rovinosamente, trascinandolo con me. Sento che stringe tra le dita i miei capelli, ma non mi fa male. E’ come se volesse imprimerseli per sempre nella memoria, come se potesse perdermi da un momento all’altro… e all’improvviso la verità mi colpisce come uno schiaffo.
 

How can i see through your eye my destiny?
I fall apart.
You bleed for me.
How can I see through your eyes our worlds collide?

 
“No…”
La mia voce è flebile, incredula e ferita.
Lui mi guarda supplichevole. “Non volevo querida, io non… mi dispiace…”

La sua preghiera suona lontana alle mie orecchie, alle orecchie di una donna che sente il suo cuore andare in frantumi, mille schegge pungenti che spingono violentemente per uscire dal petto.
“No… no… Marcelo, ti prego dimmi che non è vero… ti prego…”
Questa volta sono io a supplicare. Non riconosco la mia stessa voce, soffocata, sottile e spezzata come non mai. Io, la una cantante dalla voce forte e incorruttibile, mi ritrovo senza.
Non mi risponde, cerca solo di stringermi di più a sé per non farmi andare via. Non funziona.
“Ti amo” ripete ancora, in lacrime.
Quando lo respingo, lo costringo a farmi alzare, mi accorgo che non ha nemmeno la forza do resistermi. Non l’ho mai visto così distrutto, ma non posso fermarmi a pensare. E’ tutto finito, il mio sogno di perfezione, il mio sogno romantico, il mio amore incrollabile. Tutto infranto - non cancellato - da pochi sussurri deboli che ripetevano il mio nome e delle lacrime che non hanno saputo stare al loro posto.
Gli sfioro le labbra per un istante con le mie un ultima volta, per conservare qualcosa di lui - il sapore di quello che abbiamo condiviso, di quello che ho provato- e mi rialzo nonostante non mi senta in grado di reggermi in piedi.
La me che sta sognando sa che sarà così doloroso a lungo, ma la me che sta vivendo la scena non sente ragioni ed è soffocata dalle ferite che continuano ad aprirsi una dopo l’altra.
Tra le lacrime e la confusione che ho in mente, riesco a richiudere la parte del vestito che Marcelo ha aperto poco fa, raccogliere la mia pochette blu notte, indossare le scarpe e correre fuori di casa nel mezzo della notte.
-Pessima idea- commenta la mia parte razionale.
-Che altra scelta c’è?- replica l’altra.
Ed è lei ad averla vinta. Corro finché non mi manca il fiato e sono costretta a fermarmi.
Mi siedo sul selciato. La schiena, appena coperta dal vestito leggero che si confonde con il cielo, è appoggiata a un cancello dalle sbarre sottili, che lasciano segni sulla mia pelle.
-Maledizione!- esclamò tra me e me.
Scoppio a piangere, è più forte di me, non posso farci niente.
E allora mi alzo, magari servirà a qualcosa… Mi appoggio quanto posso al cancello, perché mi sorregga, e finalmente mi guardo intorno.
Mi ci vuole qualche secondo -solo perché sono troppo confusa per pensare davvero- per capire e sentire ancora più lacrime premere per scorrere. Non ho la forza di trattenerle.
Tuomas.
Questa è la casa di Tuomas.
Spingo delicatamente il cancello, nemmeno sperando davvero che sia aperto, e rimango stupita nel sentirlo cigolare debolmente -come quando eravamo piccoli- mentre si socchiude sotto il mio tocco.
Percorro quella decina di metri che so essere tra me e la porta d’ingresso, ma non oso andare oltre.
 

Legend says that when grief overpowers happiness
the northern star loses its light and falls down on earth
where thee become a man.
One person alone can help.

 
Mi accascio sui gradini dell’ingresso e lascio che la testa si appoggi su quello più alto. Non so se posso davvero bussare a questa porta, non credo, e ignorando il freddo, rimango inerme a terra senza più trattenere nessuna lacrima.
 
 
 Tarja si svegliò tremante.
Passandosi una mano sul viso lo sentì umido e si accorse di stare piangendo davvero. E si sentiva sudata. Perché quel ricordo era tornato proprio in quel momento? Per distruggere il suo appena ritrovato, ma ancora precario, equilibrio?
Si mosse leggermente e sentendo le coperte tirare si ricordò di dove si trovava. Guardò al proprio fianco e trovò il corpo di Tuomas, illuminato da pochi raggi di luna, addormentato a pochi centimetri dal suo. Sussultò. Era in un albergo di Vienna, la notte prima di un concerto con iNightwish, nella stanza e nel letto che condivideva conTuomas.
Improvvisamente arrossì e si sentì in colpa, pur sapendo di non aver fatto nulla di male.
-Un sogno non è una colpa- si rassicurò da sola, inutilmente. E allora perché non le sembrava vero? Perché sentiva di essere una traditrice a sua volta? Aveva appena rivissuto uno dei momenti più brutti della sua vita - l’altro lo conoscevano tutti - e adesso era lei quella a sentirsi sporca.
-Cosa mi succede?- si chiese. Non aveva cambiato idea, di questo era certa, ma il -troppo recente- passato doloroso voleva che lei pagasse il conto.
Scosto il lenzuolo con uno scatto, sapendo che Tuomas in ogni caso non si sarebbe svegliato, e scese nella hall dell’albergo indossando solo una camicia da notte leggera e le pantofole offerte dall’hotel stesso. Trovandosi nell’atrio vuoto, con le luci soffuse, si diresse verso l’unica cosa che potesse farla sentire meglio: l’aria.
Attraversò la porta finestra sul retro dell’edificio e si ritrovò nel piccolo ma grazioso giardino che aveva intravisto arrivando all’ora di pranzo. Si sedette sul basso muretto di pietre che circondava una fontana inattiva e si voltò verso il suo riflesso nell’acqua immobile.
Aveva i capelli disordinati, gli occhi cerchiati e la pelle pallida. Eppure si riconobbe.
“Perché ormai sono abituata a vedere una me stessa frammentata o perché ho ritrovato il mio posto?” chiese in un sussurro alla sua immagine che le rispose con le stesse parole.
“Non puoi abituarti al dolore”
La voce dolce di Anette fece sobbalzare la donna, che vide la figura dell’altra cantante avanzare verso di lei nello specchio d’acqua. Anche lei non aveva un aspetto riposato, aveva le onde nere dei capelli disordinate quando ricadevano sulle spalle e lo sguardo stanco, ma esprimeva la positività che mancava a lei. E Tarja avrebbe tanto voluto possederla in quel momento.
“Tu cosa sai del dolore?” le domandò, con un tono più secco di quanto avrebbe voluto.
“Non sei l’unica ad avere sofferto, Tarja” replicò fermamente Anette. “Ma non per questo devi arrenderti adesso, perché una parte di quello che hai detto è vero. Questo è il tuo posto.”
Per la prima volta, Anette cercò con l’altra donna un contatto che non fosse quello della mano. Per la prima volta la loro relazione superò una conversazione basata sulla musica o una prova di una canzone.
Dolcemente, la cantante avvolse Tarja in un abbraccio e lasciò che questa scoppiasse a piangere un’altra volta, sfogandosi e parlando liberamente di ciò di cui voleva liberarsi. Come una bambina, ma con la dignità di un’adulta, lei non si oppose e raccontò tutto quello che non aveva ancora avuto il coraggio di dire. Parlò ad Anette dei momenti felici del passato, della sua vita con la band, del primo periodo con Marcelo, del matrimonio, della freddezza cresciuta tra lei e i ragazzi, della rottura e ancora di Marcelo, di quanto fossero felici insieme, di quanto nessuno le fosse stato mai così vicino quanto lui, di quanto si completassero a vicenda. Parlò per ore, fino a quando l’alba cominciò a tingere il cielo.
E quando le lacrime furono finite, i singhiozzi esauriti, la voce ebbe cessato di tremare, finalmente riuscì a raccontare dell’ultimo giorno mancante, liberandosi di quel peso che teneva dentro di sé non condividendo con nessuno il suo dolore.
Anette si sentì quasi sopraffatta da tutte le parole che Tarja riversò in quel momento di confidenza, ma non mostrò il suo turbamento. Continuò a sorreggere la donna finchè questa, esausta, non si lascio scivolare distesa sul muretto, appoggiando la testa in sulle gambe di Anette, che sorrise fra sé e sé.
Per un attimo, Tarja incrociò di nuovo i suoi occhi verdi con quelli dell’altra, ma li chiuse un attimo dopo lasciandosi cullare dalla voce di Anette che cominciò a cantare per lei. Cominciò a cantare per lei una canzone che Tarja non si sarebbe mai aspettata ma che la accompagnò mentre finalmente scivolava nel sonno.
 

“In the dark, captured in his frozen heart, colours fade in to grey.
She tried so hard, every word was torn apart, shot her down with poison darts.
Her tears made a swim beneath the sea,

She's free…
Calling grace, she'll never fall again.
Love remains in her…
Softly, her inner voice has learned to speak, following her dreams.
Her tears made a swim beneath the see,
She's free…
Calling Grace, she'll never fall again
Love remains in her…
Calling Grace, she will rise again, sacrifice the saints
Still love remains.”

 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE
 
*Non so se a Tarja piaccia questa torta, è solo invenzione.
 
EHM.... spero che qualcuno ancora si ricordi di me e della mia fic… per chi ancora sa chi sono, grazie per aver letto questo capitolo che ci ha messo un mese intero per essere scritto (per chi non lo sapesse: no, non sono diventata pigra tutto di un colpo, mi sono “solo” trasferita in Australia per 5 mesi e mi ci è voluto un po’ per tornare a scrivere…)
 
Anyway, tornando alla fic, mmm… questo capitolo doveva essere tutt’altra cosa… Le uniche due cose che si sono mantenute della scaletta originale sono Tarja che sogna -ma il contenuto del sogno è cambiato del tutto - e le due donne che formano un rapporto più stretto. Ah, è il fatto che Anette non dorma. Anche quello c’era, ma ho finito per tagliare tutta la parte su di lei (in confronto a quello che combina Tarja in questo capitolo, era quasi irrilevante) e metterla solo nella parte comune -.-“
Il sogno previsto doveva solo mostrare una qualche scena romantica Tarja-Marcelo ma è finita con una descrizione della rottura… vabbè, devo dire che in realtà sono soddisfatta perché sono riuscita a quasi-piangere (per una volta) per qualcosa scritto da me (sarà che mentre scrivevo un capitolo triste ascoltavo una canzone decisamente triste E romantica…) :D :D
Bhe, adesso sappiamo tutti come Tarja ha scoperto del tradimento xD
E Nettie è sempre un angeloooo!!
E… e… e sono l’unica che non si aspettava di “sentirla” cantare una canzone di “My winter storm” in questo momento??? Perché non era previsto e se voi ve l’aspettavate allora conoscete la mia storia anche meglio di me!
 
Bene, grazie se siete arrivati fino a qui xD Se vi va, lasciate una recensione che fa sempre piacere!!!
 
DISCLAIMER
 
Ovviamente, né Tarja né i Nightwish né Marcelo mi appartengono, lo stesso vale per le canzoni qui citate.
Nell’ordine sono: Feel for you dei Nightwish; Our Great divide, Lost northern star e Calling Grace di Tarja.
 
  
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