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Autore: Vale_Love_Lea    04/08/2012    1 recensioni
Luna era una ragazza solare e piena di vita. Amava stare con la gente. Ora è cambiata. Una nuova città, una nuova scuola e una nuova vita si aprono davanti a lei. Saprà afferrarle? Ma Luna nasconde un segreto nel suo passato. Chi le vuole bene saprà accettare anche questo suo lato?
Parto della mia mente contorta durante le ore di scuola!! Diventerà una OS se non gradirete quindi sentitevi liberi di fare la mia autostima a brandelli ;)
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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2. Incontri

 

 

Ciao che fai?

 

Era questa tutta l’amicizia che mi avevano promesso? Tre parole seguite da un punto interrogativo? No. Non mi sembrava giusto. Non avevo scelto io di trasferirmi. E loro lo sapevano bene. Non me ne sarei mai trasferita senza essere obbligata da forze superiori. Non avevano il diritto di trattarmi in quel modo. Non mi sembrava giusto essere trattata come una stupida traditrice. Ero la prima a starci male. Mi mancavano tutti.

Erano ormai due mesi che ero partita. A scuola non avevo fatto nessuna amicizia e la mia compagna di banco aveva.ormai n ci parlavo nemmeno, ormai, smesso di provare a cacciarmi qualche parola di bocca. Non avevo fatto nessuna amicizia per due motivi: uno, sentivo davvero che sarebbe stato come tradire i miei amici; due, le amiche portano ai ragazzi, i ragazzi portano all’amore, l’amore porta al dolore e il dolore porta ai guai. E io lo sapevo davvero bene. C’erano poche cose positive in quel maledetto trasferimento. Una di queste era la mia nuova casa. I miei mi avevano preso un loft in pieno centro. Era grande luminoso e moderno. Ben arredato, adatto ad una come me. Quando l'avevo visto ero rimasta senza fiato per la bellezza della mia nuova casa, ma soprattutto perché rifletteva il mio carattere e il posto dove avevo sempre sognato di vivere quando sarei diventata grande.

Un’altra cosa positiva era la mia nuova Smart rosa. La adoravo! I miei genitori avevano pensato bene che mi servisse un mezzo di trasporto per fare avanti e dietro da scuola a casa e da casa a scuola. Ma, comunque, le giornate passavano lente e noiose.

Quel giorno, mentre andavo a scuola, c’era più traffico del solito. Ferma al semaforo pensavo alle spiagge calde della Puglia. I Sud Sound System riempivano l’abitacolo e io cantavo a squarciagola.

“Siamo di buon umore?”

Mi girai di scatto. Nella macchina affianco alla mia c’era un ragazzo che mi guardava con aria divertita.

“Ehm…ci conosciamo?”, chiesi scocciata.

“Direi proprio di no!” rispose.

“Be’, allora, scusa, ma la mamma mi ha insegnato che non si parla con gli sconosciuti.” dissi forzando un sorriso. Mi girai verso il semaforo e ripresi a cantare.

“Hai proprio ragione lo sai?” disse divertito. “Piacere, Luca!”

Lo guardai sconcertata: che voleva questo da me?

“Non mi interessa il tuo nome.” dissi secca.

“A me, invece, interessa il tuo.”

“E a me non interessa dirtelo.” perché quel diavolo di semaforo non scattava?

“Ok, ok. Calma. Non voglio farti del male. Sono solo curioso di sapere se il tuo nome è bello come il tuo viso!”

“Ehm…grazie.” risposi impacciata. Ma che diavolo...? Erano passati due mesi dall’ultima volta che qualcuno mi aveva fatto un complimento e ormai avevo completamente dimenticato come ci si sente. Non che un complimento fatto da mia mamma valesse qualcosa. Lei era di parte.

“Non c’è di che!” rispose sorridendo. In quell’esatto momento il semaforo scattò. Ripresi a guidare verso la scuola ancora imbarazzata per quell’apprezzamento. Entrai in classe con la testa fra le nuvole e non mi accorsi di essere arrivata in ritardo.

“Grazie per averci gentilmente degnato della sua presenza signorina.”

“Mi scusi professoressa.”, dissi ancora scombussolata. “C’era traffico.” Lasciai cadere lo zaino a terra e mi sedetti al mio posto. Ero super elettrizzata. Dovevo parlarne con qualcuno…

“Ciao Valentina.” iniziai timida. La mia compagna di banco si girò a guardarmi con un’espressione sorpresa sul viso.

“Cosa? Tu stai parlando con me?” chiese incredula. Se non avesse avuto ragione mi sarei sentita offesa.

“Eh già!” dissi abbozzando un sorrisetto.

Mi guardò ancora più incredula, poi fece spallucce e scosse la testa. “A cosa devo tutta questa attenzione?”

“Ehm…” non sapevo come dirglielo senza sembrare un’opportunista. “Veramente io, ecco…”

Mi guardava impaziente di sapere il motivo di quella imbarazzante conversazione.

“Si…ecco…io…io ho…bisogno di parlare con qualcuno.” dissi tutto d’un fiato e abbassai gli occhi sul banco. Lei non parlava. Alzai lo sguardo per accertarmi che fosse ancora viva. Mi aspettavo che il suo volto fosse una maschera di rabbia, ma vi trovai solo curiosità. Rimasi sbalordita. Questo con le mie amiche non sarebbe mai successo.

“Beh? Allora? Parla!” m’incoraggiò con gli occhi accesi d’entusiasmo. In quel momento tutte le mie difese caddero e mi ritrovai a blaterare sotto lo sguardo divertito della mia compagna di banco.

“Oggi, mentre venivo a scuola, ero ferma al semaforo e si è accostato un ragazzo che inizia a fare delle battutine e mi chiede come mi chiamo. Io, chiaramente, gli rispondo male e lui mi dice che si chiama Luca e che vuole sapere il mio nome soltanto per sapere se il mio nome è bello come me. Allora è scattato il verde e sono scappata via. Non lo so cosa mi è successo. Avrei voluto rispondergli, ma non sono più abituata ai complimenti e sono andata in iperventilazione! E…cavolo…sto blaterando vero?”

“No, ma comunque è normale…almeno credo!” e scoppiò a ridere. Anche io non potei trattenermi.

“Luna e Valentina, ci volete dire cosa c’è da ridere in Romeo e Giulietta?” disse seccata la prof di italiano.

“Assolutamente niente professoressa.” risposi seria. “Stavamo semplicemente commentando la stupidità di Romeo.”

“Ah si? E cosa ci sarebbe di stupido in Romeo?” chiese stizzita. Si vedeva chiaramente che era una fan accanita di quel genere d’uomo. Altrimenti perché mai avrebbe dovuto farcelo ristudiare in quinto superiore?!

“Beh, ha ucciso il cugino del suo unico amore, non le sembra un atteggiamento abbastanza stupido macchiarsi di un reato simile, rischiando di infliggere dolore a Giulietta? E poi uccidersi con del veleno non è…come dire…scontato?” risposi guardandola con aria di sufficienza. Ci rifletté un attimo, poi mi guardò adirata e continuò la sua lezione. Mi girai verso Valentina promettendole che avremmo continuato a parlare durante l’ora seguente. Annuì e tornò a seguire la lezione. La imitai.

 

 

“Vale?!” esclamai trattenendola per un braccio mentre uscivamo da scuola.

“Che c’è?” mi chiese guardandomi mentre sbiancavo. “Che succede Luna? Ti senti bene?”

“Si, si. Chi è quello?” le chiesi.

“Quale? Non vedo nessuno!” disse sarcastica scrutando fra la massa di ragazzi raggruppata davanti al cancello della scuola.

“Quello vicino alla macchina nera. Quello con i capelli castani.” precisai.

“Ah!” esclamò. “Quello è Luca. Anche lui frequenta l’ultimo anno. È strano forte. Sta sempre da solo con una specie di diario in mano e parla raramente con gli altri. Però va detto che è uno schianto pazzesco! Perché?” mi chiese e la curiosità trapelava da ogni singola lettera che pronunciava.

“E’ quello che mi si è avvicinato oggi con la macchina.” risposi mentre lo guardavo ancora.

“Wow!” cinguettò. In quel momento Luca si girò verso di noi e mi guardò perplesso, poi, probabilmente dopo avermi riconosciuta, si aprì in un sorriso a trentadue denti. Restai impietrita dalla vergogna per essere stata sorpresa a fissarlo e mi girai dall’altra parte.

“Ti sta fissando.” m’informò la mia nuova amica.

Tu smettila di fissare lui!” sussurrai imbarazzata.

“Oh!” esclamò. Alzai lo sguardo per vedere a cosa era dovuto tanto stupore. Sgranai gli occhi e arrossii furiosamente quando ne capii il motivo. Il sorriso che mi aveva imbarazzata nemmeno trenta secondi prima, ora si trovava a poco più di un metro da me.

“Ehi, ciao!” esclamò il ragazzo. “Ti ricordi di me vero?”

“Si.” balbettai ancora imbarazzata.

“Ora che abbiamo scoperto che frequentiamo la stessa scuola, smetterai di credere che io sia un maniaco e mi dirai il tuo nome?!” chiese ironico.

“Luna.” risposi di nuovo padrona di me stessa. Lui si accese in un sorriso smagliante.

“Immaginavo che avessi un nome così bello!” sospirò. Contemporaneamente, una fitta acuta mi prese alle costole. Mi girai verso la mia amica che fingeva di mandare un messaggio, e capii all’istante.

“Lei è Valentina, una mia amica.” Dissi voltandomi verso di lui.

“Ciao.” disse rivolgendosi alla mia compagna di banco, riservandole solo un leggero sorrisetto di cortesia. Mi sentivo estremamente a disagio.

“Ehm…si è fatto tardi e io dovrei andare. Ci vediamo domani Vale!” dissi schioccandole un bacio sulla guancia. Abbozzai un “Ciao Luca”, e mi diressi svelta verso la mia macchinina.

“Ehi, aspetta un attimo!” gridò mentre mi seguiva. Cavolo, cavolo, cavolo, cavolo! Stavo per andare in iperventilazione. Mi fermai solo quando raggiunsi la mia macchina. Feci due respiri profondi e mi girai verso di lui.

“Che c’è?” chiesi.

“Se volessi rintracciarti, come faccio?” mi rispose con un’altra domanda.

“Ehm…non lo so.” balbettai confusa.

“Non ce l’hai un numero di cellulare?” chiese paziente.

“Ah, si!” risposi. Glielo dettai a memoria e poi accampai la scusa che se non mi fossi sbrigata mia zia mi avrebbe fatto una ramanzina.

“Allora ciao.” mi disse senza la minima ombra di buon umore sul viso.

“Ciao.” risposi e mi dileguai svelta verso casa mia, dove, sicuramente, mia zia non ci sarebbe stata!

 

 

Erano le quattro di pomeriggio. Girovagavo per il loft alla disperata ricerca di qualcosa da fare. Pensai a qualsiasi cosa, ma dopo essermi accorta, con mio grande rammarico, che io e Valentina non ci eravamo scambiate i numeri di telefono, mi buttai sul letto a studiare Romeo e Giulietta. Ovviamente avevo già trattato quell’argomento nella mia vecchia scuola e lo ricordavo perfettamente. Finii di studiare poco dopo e decisi che c’era abbastanza sole per stendermi a leggere in terrazza. Afferrai un plaid, i miei occhiali da sole e il libro che stavo leggendo, e mi fiondai sulla sdraio. Iniziai a leggere avvolta dal caldo della coperta e del sole di metà novembre. Sobbalzai al suono del cellulare. Dovevo essermi addormentata. Lo afferrai e guardai il numero. Non lo riconobbi. Mi schiarii la gola nel tentativo di nascondere tutte le prove del mio pisolino pomeridiano e risposi.

“Pronto?” tentativo fallito!

“Ehi, Luna!” trillò una voce dall’altro capo del telefono. “Sono Luca. Ti ho svegliata? Scusa, mi dispiace tanto. Ti volevo chiedere se ti andrebbe di fare qualcosa insieme oggi pomeriggio.”

“Ehm…non ti preoccupare, stavo solo riposando. Comunque si…facciamo qualcosa oppure cado di nuovo in coma!” risposi sarcastica.

“Cosa ti andrebbe di fare? Vuoi andare da qualche parte? Vuoi fare un giretto per la città? Sono il miglior cicerone che tu possa trovare qui a Roma!” mi chiese dopo aver riso della mia battuta.

“Mmm…non saprei…in realtà non mi va di uscire, anche se mi farebbe piacere vederti in veste di guida! Secondo me saresti molto esilarante!” risposi scoppiando a ridere. Rimasi ad ascoltare l’eco della mia risata. Da quanto tempo non ridevo così? Più o meno da quando era successo…NO! Non ci dovevo più pensare. L’avevo promesso ai miei, a me stessa e anche allo psicologo. Scossi la testa con un movimento secco come per scrollarmi quei pensieri dolorosi di dosso.

“Ah, ah…davvero spiritosa!” rispose imbronciato.

“Dai, scherzavo!” dissi dopo aver ritrovato tutta la calma di qualche momento prima. “Non te la prendere!”

“Non ti preoccupare!” rise di nuovo. “Allora…se non vuoi uscire che ti va di fare?”

“Ho avuto un’idea!” cinguettai. “Ti va di venire a casa mia?”

“Si, si. Molto volentieri!” rispose con la voce carica d’entusiasmo. Gli diedi il mio indirizzo e gli dissi di venire verso le sette. Ci salutammo e corsi a rassettare la casa. Quando ebbi finito erano le sei. Mi buttai velocemente sotto la doccia e mi rilassai. Mi asciugai i capelli e mi vestii di fretta. Era tutto perfetto. Poi mi venne un’altra idea e corsi a verificare che ci fosse tutto il necessario. Chiaramente l’avevo finito. Guardai nervosamente l’orologio: erano le sette meno un quarto. Forse ce l’avrei fatta. Afferrai i soldi e le chiavi e scesi velocemente le scale. Risalii in casa esattamente cinque minuti dopo tutta sudata. Corsi in bagno e mi sciacquai di nuovo. Mi cambiai la maglietta e volai in salotto. Facevo avanti e dietro davanti alla porta aspettando che il citofono suonasse. Mancavano cinque minuti e il tempo non passava mai. Alle sette in punto il citofono gracchiò e io mi precipitai a rispondere.

“Chi è?” chiesi agitata.

“Sono Luca.” rispose lui e a giudicare dalla voce stava sorridendo.

“Ultimo piano.” dissi aprendo il portone. Lo aspettai davanti alla porta, troppo agitata per fingere indifferenza. Ci pensai su. No. Così non andava. A lui doveva sembrare che non me ne importasse niente del fatto che stava venendo a casa mia. Perché, ti interessa davvero che un ragazzo stia per entrare in casa tua, nel tuo santuario?! Feci due respiri profondi cercando di scacciare quel pensiero infausto e andai in cucina. Sentii il campanello suonare e dei passi muoversi incerti.

“Permesso?” chiese.

“Si, Luca. Vieni. Sono da questa parte.” Risposi cercando di controllare la voce quanto mi era possibile. Mi raggiunse in cucina e si aprì in un sorriso abbagliante.

“Ciao.” disse.

“Ciao.” risposi ricambiando il sorriso.

“Che stai facendo?” mi chiese guardando dubbioso il pentolino sul fornello.

“Cioccolata calda! Fuori fa freddo!” risposi.

“Cosa vuoi fare? Ci portiamo la cioccolata calda in giro per Roma?!” chiese curioso e sarcastico.

“No.” dissi mettendo il pentolino e due tazze su un vassoio. Lo guidai fino al terrazzo e lo vidi rimanere a bocca aperta. “Stasera è Roma che viene a casa mia!” La vista dalla mia terrazza era assolutamente mozzafiato. Si vedevano tutti i monumenti più importanti di Roma, oltre alle grandi vie principali e i grandi parchi. La cosa più bella, però, era che da lì, la città eterna appariva quasi magica. Era soprattutto quello il motivo per il quale amavo tanto la mia nuova casa.

“Allora…che te ne pare? Ce la fai ad illustrarmi la storia di questi monumenti? O sono un troppi per il più bravo cicerone di tutta Roma?” chiesi prendendolo in giro nel tentativo di farlo riavere dallo stupore.

“No, no.” esclamò senza staccare gli occhi dal paesaggio. Ci sedemmo sulle sdraio con la cioccolata calda in mano e avvolti nelle coperte. Iniziò a indicarmi i vari monumenti mentre mi spiegava tutto quello che sapeva. Io lo ascoltavo rapita, malgrado mia madre mi avesse costretta a seguirla più e più volte in varie noiosissime visite in giro per la città. Guardavo il suo dito lungo e affusolato indicarmi quello che spiegava e non potei fare a meno di fissarlo mentre rideva di alcune battute. Era bellissimo, su questo non c’era dubbio.

“Oddio, sono le undici!” esclamò dopo aver guardato l’orologio. “Tra poco torneranno i tuoi!”

“Si, probabile.” dissi con il sorriso sulle labbra. “Ma dubito che dal loro balcone riescano a vedere fino a qui!” Mi guardò con aria interrogativa.

“I miei non ci sono!” spiegai.

“Sono in viaggio?” chiese titubante nel tentativo di capire qualcosa.

“No.” risposi. “Sono a casa. Io sono di Lecce, mi hanno spedita qui dopo…un brutto…incidente. Hanno pensato che cambiare aria mi facesse bene.”

“Ah, capisco.”

“Comunque credo che i tuoi si stiano preoccupando.” dissi.

“Si, probabile.” disse usando le mie stesse parole. “Ma non m’interessa molto di loro! Comunque è tardi e domani c’è scuola.” continuò alzandosi e mettendosi il giubbotto. “Ci vediamo domani!”

“Si. Ciao.” risposi mentre gli aprivo la porta di casa.

“Grazie per la serata. Mi sono divertito molto.” disse mentre usciva di casa.

“Anche io.” risposi sorridendo. “Buona notte!” Aspettai che prendesse l’ascensore e chiusi la porta.

Rimasi appoggiata alla porta per non so quanto tempo, poi mi aprii in un sorriso e corsi verso la mia camera per buttarmi sul letto. Fissai il soffitto per almeno mezzora mordendomi un labbro e poi, ancora euforica, andai a sistemare le cose che avevamo lasciato in terrazza.

 

 

***

 

 

“Ciao!”

Mi fermai di botto e spalancai gli occhi. No, no, no! Vi prego ditemi che è solo un incubo! Mi girai in direzione della voce.

“Chi sei?” chiesi con un tono più acido del necessario, sfiorando la maleducazione.

“Oh, scusa, che maleducato!” disse picchiandosi la fronte con il palmo della mano. “Mi chiamo Francesco! Chiamami pure Fra!” rispose sfoderando un sorriso a trentadue bianchissimi denti.

Francesco, pardon, Fra era davvero bello, non c'è che dire: capelli biondi e occhi azzurri, alto, muscoloso e aveva il fisico da modello di una pubblicità di un profumo, di quelli che anche solo intravedendoli con la coda dell'occhio ti fanno prendere un infarto. E...mi stava offrendo la mano. La guardai scettica finché non decise, molto saggiamente, che era meglio non rischiare di perderla.

“Cosa vuoi da me?” dissi cercando di trattenere l'irritazione.

“Niente!” fu la sua risposta.

“Ok...allora smamma!” gli risposi alzando un sopracciglio e agitando la mano. Ero appena arrivata a scuola e già mi avevano rovinato l'umore. Entrai in classe e trovai Valentina che mi guardava con gli occhi sgranati.

“Ciao Vale!” le dissi lasciando cadere rumorosamente lo zaino a terra e le stampai in bacio sulla guancia.

“Ma ti rendi conto?!” mi disse senza nemmeno salutarmi. “Non è possibile! Sai con chi hai avuto la fortuna di parlare?!”

“No, e preferirei rimanere rinchiusa nella mia ignoranza!” risposi piccata. Ovviamente mi ignorò.

“Hai mai sentito parlare del rappresentante d'istituto, il più figo della scuola, il sogno di tutte quelle del primo anno e oltre?!” disse saltandomi quasi addosso.

“No.” risposi chiudendo gli occhi e massaggiandomi le tempie.

“Ma daaaaaai! Non è possibile! Per chi diavolo hai votato alle elezioni scusa?! No, lascia perdere, non importa! Cioè, tu non hai idea della fortuna che hai avuto! Ogni singola ragazza in questo schifo d'istituto, me compresa, ucciderebbe per essere nei tuoi panni e tu che...”

Lasciai che continuasse a blaterare da sola e ripensai alla sera precedente. Ero stata così bene che avevo passato tutta la notte a sorridere come un'idiota ai minuti che si rincorrevano sul display della sveglia. Le mie labbra si sollevarono automaticamente al pensiero che probabilmente l'avrei rivisto durante la ricreazione e fuori da scuola e magari anche la sera.

“Stai...tu stai...sorridendo?!” la voce stupita di Vale mi risvegliò dalle mie fantasie.

“Eh già!” risposi mordendomi il labbro.

“Che cos'è successo Luna? E' per Fra?! No, non è per lui! Oh mio...Luca! Non mi dire che ieri vi siete visti!” gridò saltando dalla sedia e atterrando sul banco esattamente davanti a me, “ Racconta dai! Non farmi stare sulle spine!”

“Ok, ok! Te lo dico ma abbassa la voce che ci stanno guardando tutti!” le risposi ridendo e tirandolo per un braccio per farla sedere di nuovo sulla sedia .

“No, non ci stanno guardando tutti perché ho alzato la voce, quella è routine, ma perché nessuno ti ha mai vista sorridere prima d'ora!”

“Non è vero: io sorrido sempre!” Protestai appendendo il muso.

“I sorrisetti di educazione mista a scherno che rivolgi ai prof non contano!” ribatté lei.

“Good morning students!” disse entrando la prof di inglese.

“Good morning Mrs Silver!” rispondemmo tutti alzandoci in piedi.

“Sit down.”

“Non credere che questo”, sussurrò indicando la prof, “ possa salvarti dal superinterrogatorio!”

“Sperare non costa niente!” le risposi sorridendo.

 

 

 

 

 

 

L'angolo di Vale

 

Ehilà!! Rieccomi con il secondo capitolo!! AHI!! Ehi non mi colpite sapevate che forse non avrei più pubblicato su questa storia quiiiiiiiiiiiindi.. NON MI PICCHIATE VIIIIIII PREEEEEGO ç____ç

 

Passando al capitolo.. mmm.. che dire.. fa più schifo dell'altro – sempre che sia possibile superare quella cacchina – ma dovete perdonarmi!! Quando scrivo la mia mente malata prende il sopravvento e comincia a muovere i miei ditini sulla tastiera (esattamente come sta facendo ora!!) e io non riesco proprio a fermarla!! La casa di Luna non so se esista o se sia logisticamente possibile che dal balcone si veda tutto, ma è come mi immagino la mia futura casa, quindi prendetevela con la mia testa ù_ù Se non sapete chi sono i Sud Sound System vi prego di andare a farvi una visitina da qualche igienista mentale!! E, cavolo, la mia mente perversa si è disegnata Fra come un grandissimo pezzo di gnocco :Q___________

 

Smettendola di cincischiare, devo ringraziare Liliana 21 per aver recensito lo scorso capitolo e per avermi detto che non era una merdina *___* Poi passo a ringraziare tutti quelli che hanno messo la mia storia tra le preferite <3 And last, but not least, tutti i lettori silenziosi :D VI ADORO TUUUUUUUUUUUTTI QUANTI!!

 

Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo!!

 

Si, va bene, mi tolgo dalle palle!! Al prossimo capitolo (forse)!!

 

Hooooolla classe ;D

   
 
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