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Autore: Kisuke94    05/08/2012    1 recensioni
Ecco a voi un'altra storia originale, scritta dal sottoscritto. Alcuni argomenti trattati in essa sono un pochetto maturi, ma non mancheranno le risate, tranquilli. La storia vuole essere più reale possibile, nonostante sia fantasy, come, per esempio, in location, dialoghi e personaggi. Ora vi chiederete qual'è l'elemento fantasy, leggete e scopritelo ;)
Cosa succederebbe se a quattro ragazzi come tanti venissero dati dei poteri "Apocalittici"? Leggete e vedrete ;)
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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V CAPITOLO

Come ogni giorno il sole del mattino, all’alba, risplende sul blu del mare orientale, su quell’enorme specchio d’acqua che riflette le stelle, ancora visibili, della volta celeste, sfumata da quel violetto fugace che, pian piano, lascia spazio all’azzurro mattutino. Su quella distesa marina, a più di duecento kilometri dalla costa, vi era una piattaforma, non segnalata sulle mappe, grande quanto un aeroporto, distribuita su più livelli, di cui solo uno visibile dall’esterno.

Quella mastodontica struttura, non emetteva alcun suono, non aveva nessuna luce segnaletica, ne faro di sorta per segnalare la presenza, sembrava quasi una piattaforma fantasma. Enormi pilastri, disposti a cerchio, accompagnati da uno centrale che misurava il triplo di quelli esterni, sorreggevano i sette piani della struttura, appositamente numerati sui muri perimetrali, ben visibili nonostante la densità dell’acqua marina. Proprio nell’ultimo livello, vi era una stanza, munita di anticamera, che prendeva l’intera estensione della piattaforma; proprio a fianco della porta stagna che dava a suddetta stanza, vi era un monitor, che segnalava, a coloro che si trovavano nell’anticamera, la temperatura cui era sottoposto chiunque vi entrasse. Attualmente quello schermo, tirato a lucido, segnava ben settanta gradi centigradi, con un’apposita freccia ad indicare l’incremento della temperatura tendente all’alto. All’interno dell’anticamera, vi erano tre individui: Juro, tornato alla base per fare rapporto su quanto aveva visto in centro, e su cosa aveva combinato in seguito; Serena che, a braccia conserte, attendeva l’uscita di chi si trovava nella stanza termica; e infine vi era un’altra persona, alta, con i capelli castani, poco lunghi, legati da un nastro nero, di corporatura robusta. Poggiato alla parete, con gli occhi chiusi, era in uno stato di meditazione, attendendo anch’egli l’uscita del compagno dalla stanza. Rioga era il suo nome, rispettato da molti lì alla base; le sue abilità erano sconosciute alla maggior parte di loro, temuto persino da Juro, nonostante avesse appena ventitré anni, si trovava in quella base da ben otto. In seguito ad un incidente però, questi aveva perso il braccio destro e la mano sinistra, che furono prontamente sostituiti da parti meccaniche ricavate da una lega quasi indistruttibile, composta da ferro, carbonio e diamanti; all’esterno queste parti sembrano comuni arti, in quanto rivestite da una speciale gomma simile al tessuto cutaneo umano, solo tre viti, che legano il braccio alla scapola destra si vedono perfettamente, di colore grigio scuro, reticolate.

Intanto la temperatura riportata dal display era salita ancora di più, emettendo un suono ogni grado aumentato. All’ennesimo bip, Rioga aprì un occhio, di un verde smeraldo, rimanendo sbalordito dalla temperatura di oltre ottanta gradi cui Walter, il ragazzo che si trovava all’interno, si stava sottoponendo. Proprio al di là della parete infatti, il calore era ben visibile in forma gassosa, che creava un effetto ottico di smussamento dell’immagine, le gocce di  sudore non avevano tempo di raggiungere il suolo, evaporando a pochi centimetri da esso. I capelli del ragazzo erano protetti da uno speciale casco, per evitare che prendessero fuoco, mentre il resto del corpo, era scoperto, meno la parte inferiore, che era coperta da una tuta ultraleggera cromata all’esterno così che il calore faticasse a entrare; a ogni movimento del busto tutti i muscoli del giovane si muovevano armonicamente, contraendosi e dilatandosi a vista d’occhio. A causa delle alte temperature, ogni colpo sferrato dal ragazzo era seguito da un vortice di fiamme che si accendevano al solo sfregamento dell’aria da parte dei pugni; inoltre, ogni sequenza di colpi l’aria si spostava così velocemente da creare innumerevoli tagli nelle pareti perimetrali del locale, completamente bianco così da contenere il calore e non catturarlo. Con gli occhi chiusi continuava a colpire a una velocità impressionante, spostandosi a destra e sinistra senza soluzione di continuità, sembrando quasi che stesse danzando al centro della stanza. Un po’ alla volta, però, i colpi diventavano più pesanti e più violenti, dovuto al fatto che il giovane fu circondato da ricordi poco piacevoli, quei momenti della sua vita che avrebbe tanto desiderato dimenticare ma che, come il giorno e la notte, ritornavano costantemente a galla.
 
-Perché è successo a lei, che centrava con l’operazione. Far del male ad un innocente solo per ferire l’avversario non è un comportamento leale- ricordò Walter, in immagini sfocate; era un giorno in cui la pioggia batteva incessantemente, lui, inginocchiato in un cumulo di fango, reggeva il corpo senza vita di una sua compagna, nei suoi oggi colmi di lacrime si rispecchiava il volto insanguinato della giovane che, morta tra le sue braccia, sorrideva, voleva che rimanesse un ricordo puro, senza macchia, di una persona che ha vissuto con la consapevolezza di morire, e che lo aveva fatto nel modo che sperava, tra le braccia della persona che amava.

-Non disperarti, trasforma il dolore in rabbia e la rabbia in forza. Devi annientare chi ha fatto del male a te e a lei, devi vendicarla.- disse una figura alle sue spalle, poggiandogli la mano sulla spalla, comprendendo il dolore che stava provando, cercando di dargli supporto, non trovando però le parole adatte.

-La vendetta non me la riporterà indietro. Non si può ingannare la morte, ne tanto meno la vita altrui ingannerà me- rispose il ragazzo, col cuore colmo di tristezza. Vide la sua vita spezzata in due, la persona che amava era morta, lui non l’ha potuta salvare e non riusciva a capacitarsene.

-Perché la gente intorno a me muore… Perché la mia esistenza è condannata ad esser sola!!- urlò, poi, colmo di collera, mentre le gocce bagnavano il suo viso, e nascondevano tutte le lacrime versate per la giovane. Intanto, con l’ennesima goccia cadente sul suo volto, gli occhi si tinsero di un nero intenso, nel quale sarebbe stato facile perdersi, un nero che avrebbe inghiottito la sua anima e non l’avrebbe più lasciata andare.
 
Rivedere il suo volto, nei suoi ricordi, fece riaccendere la rabbia che un tempo lo dominava; riaprendo gli occhi, rossi come le fiamme più profonde dell’inferno, scagliò una raffica di colpi senza sosta che mandarono in tilt il sistema di riscaldamento della stanza, che iniziò ad aumentare vertiginosamente, lacerando così anche la tuta progettata per proteggere il corpo dal calore. Cadde in ginocchio a terra, flashando l’istante in cui tra le sue braccia morì la compagna, e perdendo il contatto con la realtà, rimase immobile senza controllo alcuno. Fuori Rioga fu il primo ad avvertire il cambiamento, infatti, alzatosi di corsa, sfondò la porta e recuperò Walter; isolando poi la camera per evitare che il calore si propagasse. Per chi si trovava fuori, l’unico spettacolo visibile era quel vortice di fiamme che all’interno continuava a girare vorticosamente, era stato cauto Rioga ad evitare che l’ossigeno presente nell’anticamera prendesse fuoco, ma all’interno ormai attorno al corpo dell’amico di squadra le fiamme si erano già sviluppate.

Portarono di corsa il corpo in infermeria, dove fu curato per ustioni gravi in più parti del corpo. Sembrava avesse del tutto perso i senti ma, quando l’infermiera toccò la cicatrice che aveva, a lato destro, poco al di sotto del bacino, il ragazzo si riprese stritolando con prepotenza il polso della povera infermiera; era sveglio, sì, ma non in lui, davanti a se vedeva solo il volto dell’artefice del brutale assassinio di quattro anni prima; fu Rioga a allentare la sua presa, e a colpirlo forte, tanto da farlo svenire di nuovo. Tutti erano in pensiero per lui, Serena in primis, la quale aveva paura di perderlo del tutto, mentre Juro voleva solo affrontarlo per considerarsi il migliore della squadra.
 
-Lasciatelo riposare, ci raggiungerà dopo nella sala riunioni!-

Riferì con tono imperioso lo stesso Rioga al resto del gruppo, facendo cenno con la mano di raggiungere il livello superiore. Entrati nel largo ascensore, ripensò a ciò che aveva visto nella camera termica; ne aveva paura, ma non quel tipo di paura che si prova quando ci si trova a tu per tu con un lupo affamato, ma la paura che si prova quando si affronta qualcuno che non ha nulla da perdere, lui conosceva quella sensazione e ne era turbato. Saliti, percorsero un breve corridoio grigio, illuminato solo dalle luci sulle pareti. Entrarono nell’ultima porta a destra, che dava direttamente alla sala; Il design dell’intera stanza era molto curato, pareti blu scuro, con varie sfumature date dell’oceano che si vedeva dalle vetrate di cui era composto l’angolo della stanza. I tre si sedettero nei primi posti liberi, il tavolo centrale aveva dieci sedie, e al centro vi era un monitor che proiettava le immagini direttamente di fronte a chi sedeva. Passata un’ora, mentre riorganizzavano i rapporti di metà anno, Walter aprì la porta lentamente, con il palmo completamente disteso su di essa; Entrato, si toccò le fasce che gli erano state messe, attirando lo sguardo di Juro e Rioga, per motivi diversi ovviamente.

-Dovresti riposare, recuperare le forze!-

Disse quest’ultimo, alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso il ragazzo. Era preoccupato per le sue condizioni, aveva passato più di sette ore ad allenarsi e il corpo ne aveva risentito, questo Rioga lo sapeva, per questo cercava in tutti i modi di convincere il compagno ad ascoltarlo, ma questi era cocciuto e non analizzava a freddo quanto gli era accaduto; cosa strana dato che lui tende sempre ad analizzare tutto per poi trarne le giuste conclusioni.

-Non è un problema, finché mi reggo in piedi, farò il mio dovere fino all’ultimo!-

Rispose Walter, il cui sguardo era perso nel vuoto, gli occhi erano completamente neri, di quel nero in cui era facile perdersi e non trovare la via d’uscita. All’improvviso, però, uno squillo attirò l’attenzione di tutti, i loro palmari erano collegati all’unità centrale di quella base, quindi la melodia proveniva dal computer centrale sul tavolo; Sui 2 schermi di fronte a Juro e Serena, fu visualizzato il numero, con riferimento “sconosciuto”, al quale, per curiosità, si affrettarono a rispondere.

-Fratelloneee. Fratellone mi sentiii. Oddio non risponde nessuno, avrò fatto bene il numero!?- disse la voce dall’altra parte del monitor; voce che doveva per forza appartenere ad una bambina, la sorella minore di Walter.

-Ehii, quante volte devo dirti di non chiamarmi su questo numero sciocchina?- domandò quest’ultimo, sedendosi al proprio posto, mostrando un sorriso sereno in volto, che mise di buon umore il resto della squadra.

-Che bello risentire la tua voce- rispose lei sorridente, snobbando la domanda postagli dal fratello. –Per di più non torni a casa da mesi, persino Lory pensa che non farai più ritorno- aggiunse poi, mettendo il broncio. Il monitor aveva visualizzato la bimba tramite la web-cam che la piccola aveva sul telefono di casa, ma questa non vedeva né il fratello né la squadra.

-Ma certo che tornerò, che discorsi sono. Sai che sto fuori per lavoro, te l’ho spiegato, sai quanto vorrei stare con te e Lory!- esclamò il ragazzo, facendo un lungo sospiro e portandosi la mano dietra alla nuca.

-Shi questo lo so..- rispose la bimba, abbassando lo sguardo, mentre si iniziavano a formare delle leggere lacrime poco sotto agli occhi. –Mamma e Papà continuano a litigare, tu non ci sei più, non ho più nessuno con cui stare!!-

Continuò, con singhiozzi rotti, cercando di nascondere le lacrime. Era una bambina sì, ma era forte, il fratello le aveva insegnato a badare a se stessa quando non c’era, ma la viziava nel momento in cui tornava a casa, quelle poche volte in cui faceva ritorno.

-Cosa?! Ehi, ehi, non dire più cose simili, io sarò sempre al tuo fianco, il mio lavoro mi costringe a stare via a lungo ma non ti lascerei mai sola, ti sono sempre vicino, poi come vedi puoi sempre chiamarmi- rispose il ragazzo, commuovendosi di fronte al monitor, allungando la mano, sfiorando il viso della piccola.

-Questo lo so, me lo ripeti sempre, ma non ce la faccio. Quando loro urlano in cucina io, non ho più i tuoi abbracci caldi a sostenermi, mi chiudo in camera ma non riesco a distrarmi… tu sei l’unico che mi capisce e mi sta sempre accanto… Allora perché adesso non ci sei?-

Urlò la bambina, con entrambe le mani agli occhi, cercando di fermare le lacrime che scorrevano a fiumi. Il respiro era affannato, il cuore le batteva all’impazzata, non riusciva più a controllarsi, il dolore che provava anche solo a raccontarlo era enorme.

-Oh Wendy!!- singhiozzò Walter, con la mano chiusa a pugno sul tavolo, che tremava alla vista del giovane volto straziato dalle lacrime.

–Ti prometto che tornerò presto, non ci vorrà molto!!- esclamò a voce alta, che spaventò Juro, il quale sentiva addosso una strana pressione.

-Davvero? Non è solo una scusa per farmi smettere di piangere?- chiese la piccola, tirando su il moccolo.

-Piangere a volte è il miglior modo per sfogarsi, per far uscire le cose cattive che ogni giorno tentano di corromperci. Con le mie parole non cerco di consolarti, non ne ho l’intenzione, voglio solo che tu sia forte fino al mio ritorno, me lo prometti?- rispose Walter, i cui occhi brillavano vedendo il volto della sorella rianimarsi di speranza.

-Tornerai sul serio allora… ti prometto che terrò duro!!- replicò questa, sicura di se, con un’espressione seria e risoluta.

-Ascolta… Quando loro litigano, vai nella mia camera, prendi l’mp3 dalla mia scrivania e ascolta la musica; la musica è il modo migliore per alleviare i dolori che ci tormentano, e ascoltando le mie canzoni starò più vicino di quanto immagini. Arriverò presto!! Ora devo andare, abbi cura di te…- concluse poi Walter, apprestandosi a cliccare il pulsante di fine chiamata.

-Grazie fratellone torna prestissimo. Ti voglio bene!!- furono le uniche parole della sorella, immensamente felice di aver riascoltato la voce del fratello da lei più amato. Gioia che traspariva dagli occhi, unico e vero specchio dell’anima.

-Anch’io…-

Rispose, infine, il ragazzo, chiudendo definitivamente la chiamata. Si voltò e, nonostante avesse il braccio fasciato, diede un colpo al muro che dava al corridoio esterno, abbattendo la parete che aveva di fronte e quella dietro.

-Ragazzi, sbrighiamoci a concludere questa faccenda, ho un conto in sospeso da saldare!!- furono le agghiaccianti parole di Walter, i cui occhi tornarono ad essere persi nel vuoto.
 
Tornarono tutti a sedere, e iniziarono il briefing* che durò più di tre ore. Da quello che sapevano, si era evinto che qualcosa era andato storto, che la profezia stava cambiando, e loro non si riuscivano a spiegare il perché. Tutti un po’ scossi cercavano delle possibili ipotesi per comprendere il vero motivo del mutamento, la risposta naturalmente non tardò ad arrivare. Materializzandosi davanti a tutti, al capotavola opposto, un’ombra oscura disse loro l’unica soluzione alle loro domande, la voce era alterata, da quella figura scura si potevano chiaramente distinguere una sorta di collare posizionato sotto la gola, e un punto rosso al posto dell’occhio sinistro. Da quando quell’essere era apparso, l’aria si era fatta pesantissima, la pressione che emanava sul resto del gruppo era enorme, da ciò si può benissimo comprendere la differenza di potenziale tra i quattro presenti e il nuovo arrivato. Non perse tempo in inutili giri di parole, detto loro quanto sapeva, sparì così com’era arrivato, lasciando negli altri un senso d’impotenza di fronte al suo potere.

-Avete sentito tutti no! Ci ritroviamo nell’hangar principale tra meno di un’ora, mi raccomando non tardate-

Disse, così, Walter alzandosi dalla poltrona e dirigendosi verso l’ascensore che portava all’esterno, seguito da Rioga; nel frattempo Juro e Serena, guardandosi reciprocamente, decisero di sottoporsi a un allenamento intensivo di appunto un’ora, così da non essere inadatti per la missione.

Arrivati in superficie, Walter e Rioga si avvicinarono ai bordi esterni della piattaforma, sedendosi con i piedi fuori da quest’ultima. Il sole era calato, mancava poco al tramonto, e Walter non faceva altro che ricordare i tramonti perduti in compagnia della sorella minore, fissando quella sfera arancione, rivedeva il volto di Wendy, l’unica persona più importante della sua vita; Molte volte l’avevano presa di mira, per arrivare a lui, ma nessuno era mai riuscito a prenderla in ostaggio, si può dire che Walter è per la sorella, più un angelo custode, che lei non può vedere, più che un fratello maggiore. Comunque si pone, resta evidente che l’amore di Walter non conosceva limiti, e pur sapendo che il suo lavoro mette a rischio le persone intorno a lui, ha deciso di continuare e proteggere al contempo tutti, consapevole, però, che non potrà esserci per sempre. Portò le mani dietro il corpo, stendendosi quasi, cercando una sorta di serenità interiore, per evitare che il suo lato oscuro prendesse il sopravvento, in un momento in cui “quello” non era minimamente optabile.

-Credi ci vorrà molto per portare a termine questa missione?-

Chiese al compagno che, di fianco a lui, continuava a fissarlo con un sorriso quasi paterno, comprendendo il peso che il ragazzo aveva deciso di sopportare, cercando in tutti i modi di non abbandonarlo per nessuna ragione al mondo.

-Sinceramente…- disse voltandosi verso l’oceano. –Non ho idea di quanto ci vorrà. Ma non sei costretto a venire, dopotutto hai promesso che saresti tornato presto… questa missione è di tipo S, rischieremo la vita di questo ne sei consapevole vero?- rispose, con tono serissimo. Non aveva preso la cosa sottogamba, era convinto di quello che pensava, quella era la missione più difficile che avessero mai avuto, missione per la quale si erano preparati da anni.

-Io non mi tirerò indietro. Solo che… Voglio rivedere il suo volto ancora una volta prima di morire!- disse, invece, Walter con le lacrime agli occhi, singhiozzando come un bambino. –Posso fare il duro quanto voglio, ma sotto questi muscoli ho comunque un cuore…- continuò, toccandosi con la mano destra il petto. Ripresosi poco dopo, si rialzarono, quasi come quella conversazione non fosse mai avvenuta; Riuscirono a essere lucidi e cinici come sempre, dirigendosi verso gli altri due per organizzare i gruppi.

-Bene, è giunto il momento di fare la prima mossa. Cercate di non sottovalutare nessuno di loro, una minima esitazione e poteste perdere la vita.- iniziò Rioga, guardando dritto negli occhi i tre compagni.

-Ma dai, li hai visti? Come sarebbe a dire che alla minima esitazione potremmo morire?-

Disse con spavalderia Juro, strofinandosi il dito sotto il naso. Il suo ego era sconfinato, non considerava mai i rischi, credeva di essere il numero uno; la sua potenza era enorme, è vero, ma ciò non toglie che non era imbattibile.

-Esattamente come adesso potresti morire!- disse Walter che, con uno scatto impercettibile, aveva preso alle spalle Juro e, con le unghie affilate della sua mano, trasformatasi in un istante, attentava alla sua vita.

-Basta V, non è il momento di perdere tempo in simili sciocchezze. Come stavo per dire, ci divideremo in tre gruppi…- continuò poi Rioga, ripetendo a gesti tutto ciò che diceva. –Juro, tu affronterai il ragazzo che hai visto in centro, conosci il suo volto, inutile perdersi in descrizioni inutili; Serena e Walter andranno a cercare l’altro ragazzo, adesso sappiamo dove cercare grazie alle informazioni che ci ha dato poco fa. Io andrò in ospedale a cercare l’ultimo ragazzo.-

-Aspetta un po’, perché tu hai la preda più facile?- chiese, ancora, senza rispetto, Juro, indicando Rioga.

-Preferiresti uccidere qualcuno che non può neanche affrontarti?- rispose lui, annientando il suo ego col solo sguardo.

-No, infatti, le mezze seghe le lascio a te!- disse il ragazzo, prima di sparire nel nulla.

-Ecco non mi ha fatto nemmeno finire di riferirvi tutto. Lo dirò a voi, lui avrà la sorpresa; i due ragazzi che andrete a scovare sono consapevoli dei loro poteri, e potrebbero darvi filo da torcere, dopotutto sono umani!!- disse, più serio che mai Rioga, agli altri due. La sua voce sembrava tremare, possibile che lui avesse timore che la missione fallisse?

-E per quanto riguarda l’ultimo?- domandò Serena, con le mani, delicatamente, poggiate sui fianchi.

-Lui non sarà un problema… Per ora! Vi do tempo fino alle nove di martedì, avete giusto una settimana per catturarlo!-

Concluse Rioga, voltandosi verso l’elicottero, che da poco era atterrato sulla piattaforma. Walter prima di sparire, vide in lontananza l’amico avvicinarsi verso il velivolo, con la giacca che si alzava a causa del vento generato dalla rotazione delle pale. La sensazione che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo avrebbe visto, albergava ormai nel giovane, che sentiva il cuore in frantumi.

Nel frattempo Aaron, che negli ultimi giorni si era allenato nell’uso del suo strano potere, si trovava in un parco, ormai illuminato dai raggi lunari e dalle luci che seguivano le sue lunghe vie. Continuava a pensare all’uso che ne avrebbe dovuto fare; non era nel suo stile aiutare il prossimo, ma non era da lui far del male a gente innocente. Nella sua testa vi erano due sentieri, l’eroe che aiutava i più deboli contro la feccia che dominava le strade di Osaka, o il cavaliere oscuro che punisce giusti e infami, basandosi semplicemente su un’etica personale che, non vi erano dubbi, contrastava con quella civile. Mentre rifletteva sulla strada da intraprendere, le luci dietro di lui iniziarono a rompersi, una ad una. Si voltò di scatto non per paura, piuttosto, perché sentiva una strana presenza addosso, che non si riusciva a spiegare; quando poi si rivoltò, di fronte a lui vide lo stesso straniero che quel giorno, tra la folla, osservò il suo spettacolo.

Le mani cominciarono a tremare, un tremolio di piacere, sapeva in qualche modo che quell’individuo era simile a lui, e il fatto di poter testare i poteri in un combattimento alla pari lo eccitava. Nella foga del momento, riuscì a tenere i nervi saldi e chiedere chi fosse; quello rispose, e non chiese la medesima domanda ad Aaron, sapendo già tutto del ragazzo. Questi se ne accorse, e cercò di mettersi subito sulla difensiva, stupito però da ciò che il suo nuovo avversario fece proprio in quell’istante; egli si avvicinò lentamente, porgendo la mano destra, aperta, verso Aaron, quei movimenti lenti, a poco a poco, aumentarono, inspiegabilmente, la tensione nel ragazzo.

-Nessuna esitazione. Battito di poco sopra la media. Sudore freddo. Mi temi, dico bene?-

Domandò Juro, avvicinandosi sempre più, a passo lento e fermo. Sorridendo come un maniaco, che aveva trovato una preda succulenta da saggiare.

-Se vuoi combattere sbrighiamoci, non ho tempo da perdere con gente come te!-

Esclamò Aaron, facendo un passo indietro. La difensiva del giovane non si ruppe, tutt'altro, si consolidò; si sarebbe aspettato tutto da quel tipo, il suo volto non gli suggeriva nulla se non la pazzia allo stato puro, ma sapeva che un modo per sconfiggerlo lo avrebbe trovato, doveva solamente mantenere i nervi saldi.

-Combattere? Tsè, ma mi prendi in giro? Con te non posso “combattere”!-

Disse questi, ridendo a crepapelle. Una risata che non auspicava nulla di buono. La mente di Juro era invasa da pensieri perversi e macabri, degni di una mente malata come la sua.

-Renderemo questo scontro più interessante. Proporrei una sfida, che ne dici?- domandò lo stesso, alzando leggermente il capo, mostrando i suoi occhi cremisi.

-Che intenzioni hai?- chiese, invece, Aaron, turbato da quello sguardo che lo stava pietrificando.

-Aaah, nulla di complicato per una schiappa come te. Ti affronterò usando solo la mano sinistr, anzi, solo il palmo della mano sinistra! Se mi costringerai, cosa improbabile, ad usare la destra avrai vinto lo scontro!-

Spiegò, stando attento ad usare bene le pause tra un dichiarazione e l’altra. Il ghigno che ricopriva il suo volto, finita la spiegazione, non auspicava nulla di buono. Il suo dito che si muoveva in tondo, creava una tensione maggiore in Aaron, il quale credeva fosse tutto uno scherzo per attaccarlo di sorpresa. Sfortunatamente Juro non scherzava affatto, anzi aveva intenzione di giocare con la mente di Aaron emulando proprio colui che temeva di più all’interno della squadra. Aaron aveva un nodo alla gola, nella sua mente ripensava alle strane regole di quello scontro, cercava di comprendere se erano a lui favorevoli o meno. In quella confusione totale, una voce dentro di lui lo incitava a provarci, solo per togliere quel fastidioso ghigno dal volto del ragazzo.

-Bene, ti avverto che non attenderò molto per una risposta. Hai dieci secondi per decidere!-

Esclamò poi Juro, interrompendo quel flusso di dati che riempivano interamente la mente di Aaron. Il ragazzo iniziò a sudare, le palpebre si chiudevano da sole, la paura e la stanchezza si facevano sentire, ma, a causa dell’adrenalina, Aaron non se ne accorse.

-Dieci… Nove… Otto…-

Il conto alla rovescia iniziò, e Aaron non aveva ancora preso una decisione. La cosa grave era che, qualunque cosa scegliesse, alla fine del conteggi lo scontro sarebbe stato inevitabile, e Juro questo lo sapeva bene. Quella notte si preannunciava ricca di avvenimenti, il destino di Aaron era più incerto che mai, così come quello degli altri due ragazzi che presto avrebbero ricevuto, allo stesso modo, delle visite inaspettate e poco amichevoli...


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*Briefing: relazione che contiene informazioni per svolgere una determinata missione. (Nomi, piste, luoghi conosciuti del nemico, ecc..)
 
 

   
 
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