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Autore: bluebox    05/08/2012    6 recensioni
“So che è difficile da credere ora, ma parlerai con noi. Crollerai e ci dirai tutto quello che sai su John il Rosso… canterai come un uccellino.”
“No amore, non lo farò.”
Le stampò un bacio sul capo e uscì dalla sala interrogatori lasciando un alone di mistero su quanto era appena successo.
Questa è la mia prima fanfiction su The Mentalist, spero che vi piaccia, mi raccomando recensite, si accettano critiche e complimenti. Buona lettura. Emy
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Patrick Jane, Teresa Lisbon | Coppie: Jane/Lisbon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nell’edificio del CBI vi era un inquietante silenzio, si potevano percepire appena i rumori dei passi della guardia che controllava centimetro per centimetro ogni angolo del piano. Si muovevano velocemente sugli scalini puntando la pistola dinanzi a sé sebbene le loro torce fossero spente. Erano avvolti dal buio più totale, ma continuavano a camminare con agilità, senza gesticolare, nemmeno un bisbiglio fuoriusciva dalle loro bocche. Jane faceva scorrere la sua mano lungo il muro mentre con l’altra cercava di mantenere il contatto con la schiena di Rigsby, sarebbe stato capace di perdersi anche in quella situazione. Improvvisamente furono avvolti da un fascio di luce che li accecò, alzarono ancora più in alto le pistole in direzione della fonte di quel bagliore.
“Alza subito le mani, non muoverti!” urlò Van Pelt.
“Agenti? Siete ancora qui?”
La donna strizzò gli occhi cercando di mettere a fuoco la sagoma.
“Hank?”
“Si, signora. Oggi il turno di notte è mio” rispose la guardia mostrando un sorriso.
“Cavolo ci hai fatto prendere un colpo” borbottò Rigsby abbassando l’arma.
“Ma cosa state combinando a quest’ora di notte con le armi spianate?” affermò l’uomo continuando a fissarli e dirigendosi verso l’interruttore generale delle luci. Jane scostò i suoi compagni e si pose davanti a loro.
“Signor Jane, anche lei qui?”
“Dov’è l’agente Lisbon?”
L’uomo storse un po’ la testa per quella domanda poi continuando a sorridere rispose “È uscita. Da circa mezz’ora quasi.”
Jane sembrò tirare un sospiro di sollievo voltandosi verso i colleghi.
“Sarà sicuramente a casa adesso” disse Cho cercando di tranquillizzare il consulente.
“Oh no agente, non credo proprio che sia già a casa. Saranno ancora dal capo procuratore” obbiettò la guardia.
“Saranno? Era in compagnia?” lo esortò Jane.
“Certo, del signor Minelli. Dovevano consegnare dei resoconti su gli ultimi casi… ” esitò vedendo le loro facce impallidire “C’è qualcosa che non va?”
Jane avanzò con passo deciso oltre l’uomo ignorando le sue parole e dirigendosi verso l’ufficio di Lisbon. Aprì la porta e osservò attentamente le pareti. Questa volta dello smile non vi era traccia, così entrò e si avvicinò alla scrivania spostando il suo sguardo su ogni oggetto. Nel frattempo i suoi amici lo avevano raggiunto seguiti ancora dalla guardia che faceva capolino qua e là cercando di capirne qualcosa.
“Jane non toccare niente” disse Van Pelt. A quelle parole Jane tirò lentamente la mano indietro dalla maniglia del cassetto.
“Potresti inquinare delle prove” proseguì la donna.
Il consulente annuì continuando a lanciare delle occhiate al cassetto.
“Già, chiamo la scientifica” ribadì Cho, estraendo il cellulare dalla tasca e allontanandosi verso il bullpen.
Van Pelt continuò a fissarlo con aria dispiaciuta “Mi dispiace… ”
“Non preoccuparti per me Van Pelt, è solo colpa mia… sapevo che Lisbon era nel mirino di John e non ho fatto assolutamente niente per evitare che tutto questo accadesse… ”
“Non incolparti Jane…” accennò un mezzo sorriso rassicurante “Vado da Rigsby e Cho adesso, va bene?”
L’uomo annuì nuovamente con il capo. Aspettò che l’ufficio si svuotasse poi aprì con delicatezza il vano e guardò al suo interno. Sotto i fermacarte del CBI una lettera ornata da un piccolo smile rosso era poggiata in bella mostra. La prese continuando a guardarsi intorno e la infilò nella tasca sinistra della giacca. Uscì con discrezione e oltrepassò il bullpen senza farsi notare, si nascose nella penombra della parete che fronteggiava l’ascensore. Una piccola luce proveniente dalle portelle socchiuse illuminava a malapena l’ambiente, aprì la lettera e la pose su quel fascio luminoso per rivelare le parole nascoste dall’oscurità. Erano scritte a mano con una stilografica rossa, la calligrafia era molto ordinata con dei ghirigori piuttosto ampi. Molti l’avrebbero confusa per quella di una donna, ma in realtà dietro quella curata precisione maniacale vi era la mano di un assassino. Per la prima volta vedeva un qualcosa che appartenesse realmente a John il Rosso. Prese a leggere frettolosamente quelle poche righe:
 
“Non cercare mai di dire al tuo amore
amore che mai non si può dire;
perché il vento gentile si muove
silenzioso, invisibile.
1
 
Sarà facile questa volta ammettere di amare? Vieni al Green Bay Hospital e lo scopriremo. :)

 
Inspirò profondamente e si passò una mano sul volto. Iniziava a capire a che gioco stava giocando John. Non c’erano né regole nè motivazioni, lui era solo il passatempo di uno spietato serial killer, lo avrebbe usato fino a quando non avesse perso anche l’ultima ragione di vita e di certo non si poteva dire che gliene fossero rimaste molte. Un gioco, tutto qui. Non c’era nient’altro da fare che giocare, giocare con la sua stessa vita, e quella di Lisbon.
Il rumore di passi che rimbombava nel corridoio lo destò così nascose la lettera frettolosamente.
“Jane, tutto bene?”
“Si Wayne non preoccuparti… qualche novità?”
“No per il momento niente. La scientifica sta arrivando, come al solito ha detto di non toccare niente, come se fossimo dei novellini” sbuffò.
Jane lo fissava con aria colpevole e con la sua espressione poco convinta di sempre.
“Che c’è?” chiese l’agente.
“Ehm… niente, assolutamente niente… forse è meglio che vada a prendere una boccata d’aria, qui dentro non si respira”
Rigsby continuò a scrutarlo attentamente “Va bene”
Entrò nell’ascensore e sparì lentamente tra le ante mentre il suo collega era ancora lì a riflettere sul suo strano comportamento.
Uscì dall’edificio con passo deciso. Non poteva mettere in pericolo la vita dei suoi amici, così si mise in macchina deciso a finire questa storia una volta per sempre.
“Vuoi giocare con me John? Non ti deluderò!”

 *

Aprì gli occhi lentamente. Ci mise un po’ prima di realizzare di essere raggomitolata al suolo con il volto premuto su del freddo marmo. Era in una piccola stanza completamente bianca, vuota e gelida. L’unico arredamento era costituito da scatoloni sparsi disordinatamente e da grosse lampade chirurgiche che illuminavano l’ambiente in modo accecante. Cercò di sollevarsi muovendo in avanti le braccia ma quel movimento fu impedito da qualcosa che le stringeva insieme i polsi. Era ammanettata con le sue stesse manette, le cesellature premevano terribilmente sulla sua pelle e lasciavano dei profondi e dolorosi solchi rossi. Doveva essere rimasta in quella posizione per almeno un’ora. Si mosse lentamente sul pavimento, strisciando sulle ginocchia, avvicinandosi alla parete che distava solo pochi metri da lei. Nel compiere quei movimenti delle fitte lancinanti le perforarono il fianco. Sentì le forze venirle meno ma preso un intenso respiro proseguì raggiungendo il muro e appoggiandovisi contro. Sollevò lentamente la camicia macchiata di sangue e osservò la ferita che si estendeva sulla sua pelle candida. Arma da taglio a lama lunga a giudicare dalla profondità. Toccò lievemente i lembi di pelle sanguinanti ma tirò subito indietro la mano emettendo un urlo lancinante: “Dio!”. Quel suono rimbombò così violentemente nella stanza che temette per un attimo di essere sentita dal suo aguzzino. Si portò così una mano alla bocca quasi per sigillarla e cancellare magicamente quel suono poco sgradevole sfuggitole. Un altro intenso dolore le pizzicò il volto questa volta. Poteva sentire chiaramente sotto le sue dita il sangue raggrumato che era cosparso su tutto il suo viso. Si erano proprio divertiti parecchio a picchiarla per chissà quanto tempo. Cercò di ricordare cosa le fosse successo e chi soprattutto le avesse fatto questo, ma tutto ciò che riusciva a vedere nella sua mente annebbiata era solo il parcheggio del CBI e poi il buio più totale.
Improvvisamente sentì dei rumori provenire dal fondo della stanza. Era una porta che si stava schiudendo lentamente. Ma chi l’aveva messa li? L’ultima volta che si era guardata intorno non aveva notato assolutamente la sua presenza ed ora apparsa dal nulla tra le luci sfolgoranti si apprestava a rivelare la sagoma di un uomo. Si accovacciò su se stessa come per farsi scudo.
 
“Salve agente Lisbon. Vedo che è già sveglia”
 
Era un uomo alto e magro come un fuscello. Aveva un enorme sorriso stampato in volto che infondeva un’inquietante sensazione di sconforto. Camminava verso di lei con passi lenti e decisi. Ora che era più vicino riusciva a intravedere il colore delle sue iridi, un intenso ambra che brillava sotto le potenti luci. Aveva in dosso una camicia bianca con una cravatta blu e dei pantaloni neri, doveva essere una divisa da lavoro.
Lisbon si faceva sempre più piccola cercando di non incrociare mai lo sguardo con quello dell’uomo.
Era così vicino che riuscì a sentire il suo respiro sulla pelle. Si piegò sulle sue ginocchia e la scrutò attentamente.
 
“Lo sa chi sono, vero?”
Lisbon non rispose a quella domanda.
“Io credo di si… ” continuò “…Non lasciò mai le cose a metà, arrivò sempre alla fine e soprattutto riesco nei miei intenti. Allora chi sono?”
Non rispose nuovamente divagando il suo sguardo oltre la sagoma di fronte a sé. Era una vera e propria mancanza di rispetto nei suoi confronti, così nonostante la sua bocca fosse ancora modellata in un sorriso, le sferrò uno schiaffo in pieno volto facendo sanguinare nuovamente il suo labbro.
“Riproviamo, chi sono io?”
“S-sei John il Rosso…” emise con un filo di voce.
“Brava! Molto brava!... adesso voglio che risponda ad un’altra domanda. Perché lei è qui agente?”
“Fottiti bastardo!!” urlò sputandogli addosso.
L’uomo pose per istinto la mano destra sul suo fianco ma poi la ritrasse repentinamente. Lisbon notò quel movimento sebbene fosse avvenuto in una frazione di secondo.
Improvvisamente si slanciò con veemenza verso di lei afferrandole il viso con una mano e tirandolo a sé.
“Vede signorina Lisbon, non mi ci vorrebbe veramente nulla per toglierla di mezzo, ho ucciso così tante volte che ormai per me è diventato quasi un hobby. È viva solo perché per il momento la vita di Angelica dipende da lei. Se lei muore, muore anche la bambina, se vive altrettanto farà la piccola. Per questo voglio persuaderla a trattenere gli impulsi avventati. È soltanto un gioco, ed io non ho intenzione di perdere! Va bene?!” strinse ancora di più la mano sulla sua pelle morbida “Mi ha capito?!”
Lisbon annuì con la testa cercando di trattenere le lacrime e di mantenere intatta la sua dignità.
Le lasciò il volto lentamente “Bene! Allora, perché è qui agente?” ripeté con un tono più sobrio.
“A c-causa di J-Jane… ”
“Giusto!” si alzò in piedi continuando a fissarla “Vede che quando vuole è proprio brava?... un’ultima domanda… a cosa serve tutto questo? Perché ho rapito la bambina e lei, agente?”
Alzò il capo e lo fece scivolare lentamente indietro appoggiandolo alla parete. La paura la stava consumando lentamente, sperava che fosse solo un sogno ma i dolori lancinanti al costato la destarono da quel pensiero così infantile. Scosse leggermente la testa poi disse “Non lo so… vuole u-ucciderci?”
Rise istericamente “Uccidervi? Io? No mia cara agente, ho in serbo qualcosa di molto meglio! La vostra vita è appesa ad una decisione, alla consapevolezza di scegliere una strada e di non rimanere più con un piede nel passato ed uno nel presente. Ho aspettato pazientemente questo momento per anni, osservandovi, cercando di trovare i punti di pressione giusti e finalmente ho capito che il modo migliore per distruggere il proprio nemico è di mettere nelle sue mani la vita delle persone che ama!” s’interruppe repentinamente quando il suono di un cercapersone iniziò a propagarsi attraverso la tasca del suo pantalone. Prese l’oggetto e lesse la scritta sul display.
“Sembra che lei stia molto a cuore al suo consulente” disse rivolgendo nuovamente lo sguardo alla donna “è già venuto a salvarla... bene, che il gioco abbia inizio!”
Uscì in fretta mentre Lisbon era riuscita a mettersi in piedi cercando di seguirlo.
“Che cosa vuoi fargli brutto stronzo!” Ma le sue urla non fecero altro che ripercuotersi sulla superficie sigillata della porta.

 *

Uscì dall’auto e si guardò lentamente intorno. Il Green Bay Hospital non era più attivo da soli tre anni ma aveva già assunto l’aspetto di un rudere. I muri erano imbrattati da graffiti di ogni genere e il suolo era tappezzato da siringhe abbandonate dagli spacciatori notturni. Percorse lentamente il sentiero che conduceva all’entrata facendo attenzione ad ogni rumore, ogni impercettibile movimento. Spinse con forza l’enorme porta automatica ormai bloccata ed entrò nell’atrio principale. La luce dei lampioni proveniente dall’esterno riusciva ancora a illuminare a malapena quel luogo. Scale, porte di vario genere e corridoi si affacciavano su ogni lato dell’enorme sala. Era un immenso labirinto oscuro nel quale sarebbe stato molto facile perdersi.
“Oh, Lisbon dove sei?” sussurrò continuando a scrutare l’ambiente.
Fece qualche passo ma all'improvviso sentì un tonfo provenire dalla sua destra così s’incamminò in direzione di quel rumore. Entrò tra delle grandi porte su cui capeggiava la scritta -Medicina generale-
Percorse il lungo corridoio aprendo ogni porta ai suoi lati. Ma niente, non c’era assolutamente niente che potesse ricondurlo a John, persino uno smile rosso in quel momento gli sarebbe stato di aiuto. Udì nuovamente quel rumore che aveva sentito poco prima così si voltò tornando a fissare l’atrio. Una voce famigliare sembrò provenire dalle sue spalle.
“Ciao Patrick”
Fece per girarsi ma fu colpito alla testa con un oggetto pesante. Cercò di rendersi conto di cosa stesse succedendo ma cadde al suolo rovinosamente e all’improvviso tutto ciò che riuscì a vedere fu solo il buio più totale.

 *

Riprese conoscenza lentamente. L’odore di disinfettante tipico degli ospedali giungeva alle sue narici, era incredibile come quel luogo ne fosse ancora impregnato. Se ne stava seduto inerme sul pavimento. Aveva il capo ripiegato in avanti e la prima cosa che vide appena aprì gli occhi furono i puntini colorati di cui sono costellati i tipici mattoni delle strutture ospedaliere. Reclinò lentamente la testa all’indietro poggiandola ad un armadietto alle sue spalle. Un uomo lo stava osservando con attenzione, seduto ad una sedia con le braccia conserte. La sua forma era quella di sempre, imponente e autoritaria ma la tipica sensazione di conforto che un tempo diffondeva sembrava essere svanita. Tamburellava il piede destro producendo un ticchettio stridulo mentre strizzava gli occhi per fissarlo in ogni minimo particolare.
 
“Non ti arrendi mai vero?” disse fermando la sua gamba e interrompendo quella sinfonia ritmica.
Jane sembrava impassibile, come se il suo udito non riconoscesse le parole pronunciate da quella voce.
“Allora? Che fine ha fatto la tua parlantina?” si ripiegò in avanti per guardarlo meglio in volto.
“E tu invece?”
“Io cosa?” disse curioso di sentire il prossimo trucchetto mentale del consulente.
“Che fine ha fatto il tuo distintivo del CBI?” accennò un mezzo sorriso beffardo.
“Oh, abbiamo appena iniziato una conversazione amichevole e tu la metti già su questo piano?”
“Beh… non credo tu voglia sapere se le uova che ho mangiato a pranzo fossero cotte a puntino, quindi… ”
L’uomo rise scuotendo leggermente la testa “Riesci sempre a metterti su un altro livello. Hai questa capacità di far sembrare qualsiasi situazione un… gioco.” Disse snocciolando l’ultima parola. “Un omicidio? Ecco una carta da gioco apparire magicamente dalla tasca del cadavere. Una lite? Oh non importa tornerò a parlare con la mia macchia sul soffitto a forma di Elvis. E i poliziotti? Un’inutile organizzazione di scansafatiche incompetenti, meglio stuzzicarli rivelando ai presenti i dettagli della loro vita privata!” Le ultime parole uscirono in modo prepotente ma allo stesso tempo contenuto e non poterono far altro che rimbombare nell’eco di quell’ambiente scarno.
Jane aveva ripiegato la testa leggermente in avanti, sembrava quasi si stesse vergognando a sentire tutte quelle tristi verità. La sua risposta, così fredda e sfrontata come al solito, non meravigliò l’uomo.
“Che cosa posso farci?... è la mia natura”
“Già, la tua natura… non ha fatto altro che metterti nei guai. Se solo per una volta non avessi ascoltato quella stupida vocina che diceva nella tua testa -Avanti fai lo spaccone! Renditi grande agli occhi degli altri!- forse avresti potuto evitare tutto questo” disse allargando le braccia per mostrare meglio ciò che lo circondava. “Ma tu no, hai continuato imperterrito, stavi facendo molti soldi frodando la gente e raccontando le tue cazzate in giro per la tv. Niente poteva fermarti, fino a quando non hai attirato l’attenzione della persona sbagliata… ”
Jane lo interruppe “La mia famiglia è stata sterminata, ho pagato per quello che ho fatto! Mi sono redento ed ho iniziato a lavorare con il CBI, per dare giustizia alla gente che soffre, a tutti coloro che non possono vagare da soli alla ricerca di un po’ di riscatto! Che cosa vuole John il Rosso ancora da me?!”
Era rosso in viso e le vene sul collo erano diventate visibili. Tremava per la rabbia, voleva vendetta, voleva che tutta la sofferenza che aveva patito fosse ripagata in qualche modo, nel modo più giusto, uccidendo la causa dei suoi mali. Ma seduto su quel freddo pavimento, senza neanche un po’ di forza nelle braccia e con davanti solo una pedina della sua nemesi non poteva far altro che tenersi dentro tutti quegli istinti e gridare la sua rabbia.
L’uomo continuò a fissarlo con freddezza “È chiaro che qualcosa ci sia… ” glissò subito l’argomento, assumendo un tono più leggero e puntando su un altro genere di conversazione “Allora, non c’è nulla che tu voglia chiedermi? Sono qui a tua disposizione, puoi avere tutte le spiegazioni che vuoi… almeno fino a quando non inizieremo a giocare” sorrise.
Prese un grande respiro, capì che in fin dei conti quell’uomo non avesse tutte le rispose in mano. Si guardò intorno poi chiese “Perché Lisb…”
“No, non lo fare!” scosse la testa energicamente “Quella è una sorpresa” ghignò muovendo verso il suo volto il dito indice.
Fece per aprire bocca ma l’uomo lo interruppe nuovamente.
“E non chiedermi della bambina!... Sta bene… ”
“Lorelai, parlami di Lorelai. Qual era il suo compito?”
“Ecco una bella domanda! Beh Lorelai era una semplice discepola, si era unita da poco alla nostra “combriccola”. Aveva un compito molto facile, ed in parte l’ha portato a termine, ma poi si è fatta beccare dagli sbirri, no, no, no, non andava assolutamente bene. Così John ha deciso di sfruttarla sino alla fine. Doveva inscenare la sua fuga, per poi tornare al CBI e prendere la tua cara Lisbon.”
“Il coltello… ”
“Ovviamente, ogni professione richiede gli attrezzi da lavoro adeguati”
“Ma che bisogno c’era di avvelenarla?”
“Chi è membro sa benissimo che nel caso fosse catturato dalla polizia la sua vita finirebbe entro pochi giorni. Dobbiamo preservarci in qualche modo. Questo valeva anche per Lorelai, avrebbe dovuto compiere solo l’ultimo favore al Maestro e poi sarebbe morta come tutti gli altri… ma, cavolo, ha deciso di togliersi di mezzo da sola, così ho dovuto completare io la sua missione.”
La pacatezza proveniente da quelle parole non rispecchiava la vera anima di chi le stava pronunciando. Era questo che faceva John il Rosso, entrava nella tua testa per convincerti che tutto ciò che ci sia di male al mondo fosse giusto, un motivo per cui sacrificarsi.
“E tu Minelli? Perché sei dalla parte di John?”
“Io? Beh, ho solo scelto l’alleato più forte” rispose riprendendo a sorridere.       
  
 
 
1: “Non Cercare Mai Di Dire Al Tuo Amore” - William Blake


Ed ecco la prima parte del penultimo capitolo. Spero di non avervi fatto aspettare parecchio e se l'ho fatto chiedo perdono (ma come parlo oggi? XD). Ringrazio chi ha recensito e letto il capitolo precedente, spero che anche questo vi piaccia. Un bacio, Emy :))
  
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