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Autore: ehyjude    06/08/2012    0 recensioni
New York, 2052. Un uomo di 65 anni trova un baule di vernice rossa, zeppo di ricordi di due giovani innamorati. Kurt e Blaine. Decide di esplorare la loro storia grazie ad un diario. "Avrei rivissuto la storia attraverso quelle pagine di quel diario, abbandonato in una soffitta in uno dei quartieri meno chiassosi di New York. Quel quaderno, qualunque cosa contenesse, non era uno sfizio. Era il simbolo di qualcosa di importante: per colui che le aveva scritte, queste pagine rappresentavano la linfa della vita stessa. Slegai il nastrino verde, e davanti a me fu solo una cascata di pagine, zeppe di scritte. Un mulinello di parole su Kurt e Blaine al quale mi sarei aggrappato per un po’."
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Make the clock reverse.”


 
NY CITY, 30 OTTOBRE 2052.
Era passato molto tempo dall’ultima volta che avevo messo piede in soffitta. Probabilmente ci ero salito, per l’ultima volta, quando avevo traslocato, per collocare i cartoni della cristalleria che avrei utilizzato in situazioni alquanto improbabili. Avevo 65 anni, oramai, l’idea di organizzare pranzi sfarzosi con ventiquattro invitati, tavole imbandite e bicchieri di raffinato cristallo appartenevano ad un trascorso veramente molto lontano. Approfittando dell’assenza di mia figlia Esther e del suo grazioso figliolo dagli occhi color miele, che sicuramente non avrebbero apprezzato il fatto che gironzolassi per casa, salissi scalini, e compiessi ogni tipo di sforzi al posto di stare davanti alla TV come un pensionato qualunque, decisi di andare sul soppalco, magari per imbattermi in un cesto di palle da biliardo coperte dalla polvere. Tutte scoperte molto interessanti, insomma.
Ricordo che, nelle rare occasioni in cui ero riuscito a sgattaiolare lassù per riporvi qualcosa, la stanza mi era sembrata ogni volta diversa e sempre più ingombra, dei miei e degli oggetti che il precedente inquilino, più di quarant’anni prima, mi aveva lasciato in eredità. Presi cautamente il bastone, il mio fedele braccio, e mi sollevai dal divano di pelle panna, volgendo le spalle alla sala e dirigendomi a passo infermo verso il soggiorno. La porta ad arco era ampia, e immetteva su una camera tutto sommato spaziosa e ben organizzata: parte della stanza era ingombra da un tavolo abbastanza imponente in noce, con sedie bianche in pelle: sul fondo della camera, separata da una vetrata, c’era la zona cottura, con il piano in granito scuro, sgabellini che si reggevano su piedi sottili in metallo e un ricettario di cucina italiana che sembrava essere chiuso da chissà quanto tempo. C’era una piccola e stretta scala a chiocciola, vicino alla finestra, che saliva in cerchi sempre più vertiginosi verso una botola nascosta nel controsoffitto e mascherata dall’abile disposizione dei faretti. Con la mano destra, spinsi in alto, e, piano piano, affannato, riuscii ad issare il mio corpo sul parquet impolverato e roso dalle tarme di quel gigantesco ripostiglio.
Speravo non ci fossero topi, probabilmente il mio cuore non avrebbe retto alla vista di un ratto che scorrazzava per la soffitta, rosicchiando le carte e rifugiandosi tra le cataste di scatoloni e oggetti in disuso. “Umh.” Mormorai soddisfatto, con tono mite. Tirai il cordone attaccato alla botola e con un tonfo, mi ritrovai completamente solo, con i rumori del traffico della strada sottostante che giungevano ovattati in quel Purgatorio di luce e polvere.
La stanza era rettangolare,  poco estesa in profondità: su una della pareti più piccole vi era poggiato un cassettone alto circa due metri, decorato con fregi e ghirigori in oro: un attentato al buon gusto e alle mode architettoniche del momento. Uno dei cassetti era aperto, bloccato da una cornice d’argento. Il vetro era così impolverato ed incrinato che era impossibile definire se ci fosse ancora la foto o meno. Una serie di stracci consunti riempiva il resto dello spazio. Sulla parete opposta, appena vicino la finestra, c’erano delle stampe avvolte con uno spago ormai annerito. Fu proprio lì che iniziai a guardare: c’era un baule coperto di polvere. Mi avvicinai, cauto, con il bastone che poggiava sul legno, smorzando il rumore e lasciando delle tracce circolari sulla polvere. Con qualche difficoltà, incastrando il piede tra il cassettone e un pallone da calcio gonfio, riuscii a spingere in avanti quella pesantissima scatola laccata con la vernice rossa. Mi accovacciai, passandomi un fazzoletto di stoffa sulla fronte imperlata di sudore: soffiai sulla superficie di legno mentre mia figlia, da basso, chiamava il mio nome. Ma non avrebbe potuto trovarmi, io non le avrei certo risposto. Sul coperchio, c’erano incise poche parole. Due nomi adorni da un cuore. “Kurt e Blaine”: sembravano essere scalfite da un taglierino, in maniera abbastanza rude: feci scorrere il dito su quella parte di legno graffiata, poi la mano scivolò in automatico verso la serratura del baule.
Il tanfo di umidità e la puzza di vecchio e marcio, suggerivano che la scatola fosse stata chiusa per un lunghissimo periodo: era zeppa di quelle che, all’apparenza, sembravano cianfrusaglie: mi misi a rovistare, sentendomi un 65enne estraneo e invadente, che curiosava in un baule che conteneva le speranze giovanili di Kurt e Blaine. C’era un fascicolo dall’aria importante, racchiudeva una serie di fogli bianchi che associai a certificati medici: li misi da parte sul pavimento, proprio sotto il muro il cui intonaco cadeva in pezzi; nella scatola rossa c’erano cose molto più curiose ed interessanti di un paio di cartelle cliniche. C’era un DVD., ad esempio: “Vacanze in California-2012” c’era stilato con una grafia panciuta, che suggeriva l’immagine di un ragazzo goffo e sorridente; appena vicino c’erano tre rose, della quali rimanevano solo pochi  petali avvizziti fissati su bastoncini legnosi, legate da due corde di chitarra. C’era un’armonica a bocca, quasi arrugginita, una maglietta alquanto vistosa interamente coperta di pailettes grigio-argento; un profumo da uomo ormai fuori produzione, di quelli dolci e freschi al tempo stesso. C’era un guanto in lana, un braccialetto di legno ed un album di fotografie: lo aprii. Sulla prima pagina, con la stessa grafia panciuta dell’etichetta del DVD, c’era scritto: “A Kurt, dal suo amato Blaine”. Lo sfogliai: le prime pagine erano ricoperte di colla, come se le foto fossero state prima incollate e poi in seguito strappate; tutte le altre erano tinte da una sostanza rosso vino. Sangue. Come ci era finito del sangue su un album fotografico di due giovani ragazzi innamorati? Dove erano le altre foto?
La risposta sembrava emanare forse dal meno strano degli oggetti ritrovati in quel baule: un quaderno abbastanza doppio, che traboccava di fogli volanti, rilegati con un nastro di seta verde. “How you save my life” c’era scritto, con una calligrafia sottile e slanciata: una reinterpretazione di una canzone dei Fray in voga all’inzio degli anni 2000.
Mia figlia continuava a chiamare, dal soggiorno. Non le avrei risposto. Avrei rivissuto la storia attraverso quelle pagine di quel diario, abbandonato in una soffitta in uno dei quartieri meno chiassosi di New York. Quel quaderno, qualunque cosa contenesse, non era uno sfizio. Era il simbolo di qualcosa di importante: per colui che le aveva scritte, queste pagine rappresentavano la linfa della vita stessa. Slegai il nastrino verde, e davanti a me fu solo una cascata di pagine, zeppe di scritte. Un mulinello di parole su Kurt e Blaine al quale mi sarei aggrappato per un po’.




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Mi chiamo Serena e vado per i sedici anni, attualmente frequento il liceo scientifico ma la scrittura rappresenta tutta la mia vita: è il mio primo assoluto tentativo di FF, l'ispirazione mi è venuta rielaborando un po' il trascorso di mia nonna. Spero vi piaccia: questo primo capitolo vi potrà sembrare tendenzialmente confuso, ma vi assicuro che poi, nel corso della storia, tutti i nodi verranno al pettine (e saranno sciolti! :P)
Per il resto, ringrazio anticipatamente coloro che leggerano i miei capitoli, commenteranno, criticheranno in maniera costruttiva e mi aiuteranno a crescere. Spero che questa storia vi possa piacere, e perchè no, vi emozioni anche. Un bacio! :*
  
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