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Autore: Rosita13    06/08/2012    3 recensioni
Eloise ha perso la sua anima gemella.
Da ragazza dolce e tenere qual era è diventata una sociopatica, scorbutica e scostante e con un linguaggio da scaricatore di porto.
Ma un giorno un fisico muscoloso e degli occhi verdi le cambieranno la vita.
Riuscirà ad andare avanti e lasciare andare l'unico ragazzo che abbia mai amato?
SCEGLIERA' IL PRINCIPE O IL PIRATA?
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Ciao ragazze! Eccoci qua con la seconda parte del secondo capitolo :D Vorrei ringraziare tutte le persone che recensiscono, leggono, hanno messo la mia storia tra le preferite, seguite e ricordate :) Grazie di cuore :D Faccio un pò di pubblicità :) passate qui ve lo consiglio caldamente e anche questa storia merita tantissimo, quindi passateci :) per ultima ma non meno bella vi consiglio questa storia che è davvero carina, leggetela :) Un bacione a tutte e buona lettura, spero vi piaccia. Fatemelo sapere :D

CAPITOLO DUE
-parte due-






 

 

Quando suonò la campanella, la gente si precipitò all'uscita. Le ragazze iniziarono a parlare sempre più forte per sovrastare il rumore dei passi, i maschi discutevano sugli allenamenti di football ininterrottamente.

Quasi dovetti fare a spallate per poter arrivare al mio armadietto e prendere il mio zaino. I corridoi erano affollatissimi. Fortunatamente non avevo più visto il bestione appena arrivato. A quanto pareva avevamo in comune solo fisica. Bè, almeno fino a quel momento. Dovevo vedere se era così anche per gli altri giorni.

Fui una delle ultime persone ad uscire, sempre con il mio passo lento.

Il parcheggio era pieno di ragazzi che raggiungevano le proprie macchine.

La gente era divisa in gruppi. I motociclisti avevano intorno tutte quelle pupe in black dalle forme troppo abbondanti e trucco pesante che stavano sedute all'amazzone su delle moto estremamente imponenti.

I giocatori di football erano i più chiassosi. Sembravano tanti galli in un solo pollaio. E si sa che non finisce mai bene una situazione del genere. Avevano costantemente la palla in mano e se la contendevano come scimmie con una banana. E naturalmente le cheerleaders si trovavano a pochi passi da loro, anche se erano radunate in circolo con indosso quelle divise striminzite ma sempre in ordine, senza alcun capello fuori posto e tutte intente a parlare probabilmente di smalti, vestiti e altre stupidaggini con voce schiamazzante.

E pensare che anche io ero così. Non una di loro, ma pure io ero stata una alla moda.

C'era anche il gruppo di secchioni con i loro gilè a quadri e occhiali.

I nerd che, a differenza di quelli sopra, avevano una carnagione pallidissima e tenevano sempre in mano qualche aggeggio tecnologico.

C'erano anche i dark e tutti gli altri gruppi alternativi che sembravano avere uno spiazzo tutto loro.

Gli skateboards tutti trasandati.

I nuotatori tutti lucidi e, ogni volta che mi avvicinavo a uno di loro anche se per sbaglio, sentivo sempre un leggero sentore di cloro pizzicarmi il naso.

I cestisti ridevano e scherzavano in continuazione e come i ragazzi del football avevano sempre una palla che però, a differenza loro, si lanciavano serenamente senza contendersela. Erano i più sereni.

Le ragazze che giocavano a pallavolo avevano costantemente la coda di cavallo e delle gambe chilometriche.

Tutti i gruppi sportivi, anche se erano unità a sé, condividevano un'ampia area.

C'erano i rappresentati che se ne stavano seduti tutti intorno a un enorme tavolo di legno circondato da una panchina e discutevano sempre di cosa fosse più importante per la scuola.

Avevamo anche il gruppo di artisti: pittori, ballerini, cantanti e ognuno stava per conto proprio a migliorare le proprie abilità anche se tutti alla fine erano delimitati in uno spazio.

C'era anche un club della lettura perché avevamo un enorme biblioteca interna che accendeva i miei ormoni come alcol su fuoco.

O almeno, una volta era così.

E io avevo fatto parte di quel gruppo. E anche in quello di canto (avevo una bella voce. Ero una piccola stella).

E sì, avevamo dei giardini enormi che circondavano tutto il grande palazzo scolastico, su cui erano anche piantate querce bellissime ed imponenti.

Ogni studente era inserito grazie alla varietà di club presenti.

E poi c'ero io. La me di adesso. Che non aveva più niente da condividere con la gente e quindi ero sola.

Mi stava bene così. Le persone mi guardavano sempre come se fossi una bomba che stava per scoppiare.

Pensavo a tutto questo mentre mi dirigevo verso la fermata dell'autobus.

Solo poca gente ancora lo prendeva, principalmente quelli del primo anno.

E io ero all'ultimo. Avevo smesso di utilizzare la macchina dopo che Nicholas se n'era andato, costretta quindi a preferire i mezzi di trasporto pubblici.

Guardando le solite persone con la coda dell'occhio, scorsi una figura alta e robusta che non c'era mai stata prima.

Oh, no, non poteva essere. Mi alzai il cappuccio della felpa, cercando di nascondermi ma sapendo di avere l'effetto contrario. Speravo solo che non ci facesse caso lui.

Forza, arriva, dai...per una volta arriva puntuale”, borbottavo ansiosa guardando con occhi di fuoco la strada.

Come mai tutta questa fretta?”, disse una voce profonda alle mie spalle a un centimetro dal mio orecchio.

Saltai sul posto, spaventata. Mi imposi la calma, non era da me provare emozioni.

Non mi voltai, cercando di trasmettergli il messaggio: “ Mi stai sulle palle, smamma”.

Senti”, disse sopo un po', girandomi intorno e mettendosi davanti a me, oscurando tutta la mia visuale.

Dio santo, era enorme. Nascosi la mia sorpresa e feci finta di non averlo notato fissando il vuoto, bé, precisamente un granello di polvere inesistente sulla sua maglietta nera.

Ehi, puoi per favore ascoltami un secondo? Sei sempre sulle nuvole?”. Questa volta il suo tono sembrava irritato. Bene.

Rimasi in silenzio. Vidi avvicinarsi l'autobus. Quando si fermò davanti, aspettai che si spostasse, ma sembrava che il signorino non ne avesse per niente l'intenzione. Rimaneva in piedi, davanti a me, mettendomi in ombra e continuando a fissarmi. A quel punto fui costretta a guardarlo per la prima volta dalla fine della scuola.

I suoi occhi mi paralizzarono. Erano così intensamente verdi, come se stessero scavando dentro la mia anima.

A disagio, con una mano lo spinsi di lato e salii sull'autobus prima che partisse. Non mi voltai indietro e andai a sedermi al mio solito posto.

Mi misi nella mia posizione e chiusi gli occhi, finalmente mi sentivo a mio agio.

Mi rendo conto che siamo partiti con il piede sbagliato, ma perché ti comporti in questo modo?”.

Spalancai gli occhi e lo fissai come un cerbiatto impaurito.

Si trovava in piedi, accanto al mio posto e mi guardava dall'alto verso il basso. Ora i suoi occhi verdi avevano un tono più scuro, come se fosse infastidito e questo lo rendeva ancora più tenebroso...come un pirata.

Ma che cazzo, però! Anche lì me lo dovevo ritrovare?!

Quando capii che mi ero spaventata si scioccò.

Idiota, Eloise.

Abbassai lo sguardo sulle mie mani strette l'una con l'altra e mi calmai.

Prima che mi sgretolassi ancora di più, nascosi il mio viso girandomi di nuovo verso il finestrino e gli diedi le spalle.

Per un po' rimanemmo così, in silenzio, e finalmente iniziai a pensare che se ne fosse andato. O sceso dall'autobus. Ma quando lanciai uno sguardo di sbieco notai che aveva spostato il mio zaino e si era messo lui seduto al suo posto. No, questo era troppo.

Si può sapere chi diavolo ti ha dato il permesso di poterti sedere accanto a me?”, chiesi con tono glaciale.

Lui non rispose. Aprì il suo zaino, prese un libro e iniziò a leggere.

Mi ignorava? Sta faccia di...!

Finalmente mi parli”, parlò con voce calma, senza smettere di leggere.

No, levati dal mio posto”.

Rise. Lo fece sul serio! In faccia.

Continuò però a leggere.

Sembrava realmente preso.

Mi prudevano le mani per la voglia di picchiarlo.

Alzati. Da. Lì”, dissi ringhiando.

Finalmente si voltò, mettendo un dito tra il libro per tenere il segno. Mi sorrise mostrandomi una dentatura bianchissima.

Che grinta, mi piace. Potresti giocare tu a football al posto mio”, mi rispose con sarcasmo.

Vidi rosso. Sembravo un toro. Quasi potevo immaginarmi con il fumo che usciva dalle narici.

Impulsivamente, afferrai il suo libro e lo lanciai dalla parte opposta con tutta la forza che avevo (fortunatamente non c'era seduto nessuno).

Lui rimase immobile, seguendo solamente con gli occhi il mio gesto e infine l'oggetto caduto scompostamente per terra.

Ti ho detto di toglierti da lì!”, quasi gridai e per impedirmelo parlai a denti stretti, facendomi male alla mandibola.

Rimase fermo a fissare sempre dall'altra parte e iniziai a pensare che non mi avesse sentito, ma poi si girò e il mio cuore salì in gola.

Era incazzato nero, il suo sguardo mi perforava, torturava.

Lo vidi digrignare e serrare la mascella.

Anche se un po' mi spaventò, essendo una tipa orgogliosa, ricorsi alla rabbia per nascondere il mio imbarazzo.

Però se ne doveva andare al più presto, prima che il rimorso si facesse strada in me facendomi dire cose che successivamente mi avrebbero fatto pentire.

Tipo chiedere scusa.

Ci guardammo negli occhi per parecchi istanti, mentre nell'autobus regnava il silenzio e sentivo gli occhi di tutti puntati su di noi.

Più mi scrutava più la rabbia veniva sostituita da curiosità.

Sapevo che stava osservando le mie occhiaie nere e il mio viso pallido e smunto e la rabbia divampò quando il pensiero che lui mi stesse compatendo si fece strada.

Volevo dirgliene quattro a quel cretino che si credeva un re ma lui scoppiò a ridere.

Non potevo rimanere più scioccata neanche se mi avesse rivolto gli epiteti più orrendi al mondo.

Okkey, okkey, me ne vado. Ma non è finita qui”, disse alzandosi, prendendo la sua roba e facendomi l'occhiolino.

Il pirata era sparito e aveva lasciato il posto al tipo socievole che, nonostante il suo stile oscuro, gli donava allo stesso modo.

Rimasi a fissarlo, sconvolta, arrabbiata, vergognosa mentre lui andava a recuperare il libro che avevo tirato e si sedeva su qualche posto dietro di me.

Mi rimisi nella mia solita posizione, facendo profondi respiri.

Quel tipo aveva delle rotelle fuori posto.

Nell'autobus regnava ancora il silenzio, alzai lo sguardo e vidi sullo specchietto retrovisore interno l'autista guardarmi con compassione.

Chiusi gli occhi. Non ce la potevo fare.

Sentivo le pagine sfogliare. Gli avevo fatto perdere il segno.

Sospirai. Ora provavo solo vergogna.

La mia rabbia era un problema, non la sapevo controllare.

Piano a piano il silenzio fu riempito da voci sussurrate che parlavano sicuramente di me. Nel giro di qualche ora tutta la città avrebbe saputo cosa fosse successo.

Possibile che me lo dovessi ritrovare anche sull'autobus? Non aveva una macchina? Che razza di uomo virile era?!

Sospirai. Basta pensare a quel mollusco. Non me ne poteva fregare di meno di quello che aveva o non aveva.

Piano a piano iniziai a rilassarmi e le voci delle ragazze divennero sempre più confuse.

 

 

 

 

 

 

Era la prima volta che andavo a casa sua. Dopo sei mesi che stavamo insieme, Nicholas mi aveva detto inaspettatamente: “ Vuoi vedere la mia abitazione?”.

Avevo riso sentendolo parlare in quel modo e, anche se lui aveva sorriso, capii che era serio. Inghiottì un groppo alla gola e annuii. Era bellissimo poter far sempre più parte della sua vita. Lui diventò raggiante e mi abbracciò, tenendomi stretta. Come era bello stare nelle sue braccia.

Qualche ora dopo mi trovavo davanti a un portone bianco enorme.

Aveva una villa rustica e allo stesso tempo elegante che mi fece sentire piccolissima e timorosa.

Che persone erano i suoi genitori?

Quanto erano ricchi?

Come mai così nervosa?”, mi chiese dolcemente, circondandomi e tenendomi vicina.

Ecco, amore, ci saranno anche i tuoi?”.

Lo vidi aggrottare la fronte. “Per te è un problema?”.

Oh, no no! Non è per questo”, esclamai scuotendo la testa e guardandolo negli occhi. Lui sorrise. “Calma, principessa. Possiamo andare a fare una passeggiata se non ti va”, mi propose indulgente. E io lo amai ancora di più in quel momento. Era così comprensivo, gentile...

E io ero una codarda. “No, voglio conoscerti. Completamente. Quindi devo presentarmi ai tuoi genitori”, risposi decisa e lui scoppiò a ridere. “La mia guerriera”, sussurrò abbracciandomi. E io mi sciolsi. “Ma dimmi, cos'è che ti preoccupa?”.

Non ti posso nascondere niente, eh?”, dissi divertita.

Il suo petto fu scosso da sobbalzi e quando parlò la sua voce era divertita. “Fortunatamente no. E ora dimmi tutto”.

Ecco...e se non dovessi piacergli?”, sputai finalmente il groppo in gola dopo qualche istante di esitazione.

Lui mi allontanò da sé sempre tenendo le mani sulle spalle e mi guardò serio. “ Questo è impossibile”.

Piegai la testa di lato, sorpresa. “ E perché mai?”.

Perché sei una persona meravigliosa: dolce, gentile, bellissima...Ti adoreranno, ci puoi giurare”.

Diventai un peperone. “ Smettila di dire cavolate”, sussurrai.

Oh, no. Non lo sono affatto. Io ti amo perché sei così. Non sarebbe possibile, quindi, se tu non fossi tutto questo e molto altro”.

Nicholas, mi stai mettendo in imbarazzo”. Abbassai sempre di più la testa, fissando i miei piedi. Sentii la sua mano tenera e gentile alzarmi il viso.

Sorrideva. “Mi piaci più di quanto tu possa immaginare. E non ti preoccupare, io ti starò sempre vicino”.

Il modo in cui disse “sempre” mi fece credere che dicesse sul serio. Che non mi avrebbe mai lasciato.

Neanche dopo la nostra morte.

  
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