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Autore: Michi_chan    06/08/2012    4 recensioni
[Questa è una fanfic a quattro mani, scritta da Mya e Alicchan]
"La guerra per il potere assoluto si era da sempre combattuta alla luce della storia.
Da secoli, maghi, ladri, ma anche persone comuni, trascorrevano la loro esistenza con un unico scopo.
Trovare ciò che li avrebbe resi invincibili.
Secondo un’antica leggenda, nei meandri di una foresta selvaggia e sconosciuta …
-Che noia questa storia!- borbottò una voce.
-L’ho appena iniziata- ribatté la narratrice.

***
Questa storia farà schifo?
Sicuro.
Sarà un fiasco totale?
Molto probabile.
Voleranno oggetti contro le autrici?
Na-tu-ral-men-te.
Detto questo, vi lasciamo alla nostra piccola creazione.
Mya_ e Alicchan ~
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Axel/Shuuya, Jordan/Ryuuji, Shawn/Shirou, Xavier/Hiroto
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Alicchan:  oggi l’editor tocca a meeeee TTwTT
Mya: mi piange il cuore.
Alicchan: già, sei sempre così dispiaciuta D:
Mya: sempre.
Alicchan: sento che questo capitolo porterà qualcosa di buono!
Mya: ovvio ♥ entra in scena l’amico di Hazel ♥
Alicchan: sì, chissà chi è  -.-
Mya: boh ♥
Alicchan: lo sai che quando fai così mi metti paura??? DD:
Mya: ♥ ♥ ♥ ♥
Alicchan: *indietreggia lentamente insieme al Girallo Lallo (?)*
 
Ps: dopo questo e un altro capitolo, la storia inizierà a prendere forma, e compariranno altri personaggi. Perciò dovete attendere ancora un pochettino .u.
Intanto ringraziamo di cuore chi ha recensito sino ad ora e vi auguriamo una piacevole lettura ♪ ♫ ♪





 

-Esmeralda, cara, oggi i bambini sono in gita.-
La senese rimase interdetta a fissare Suor Clara per alcuni istanti, poi parlò. -Ah, non ne sapevo nulla. Grazie per avermi avvisato. Vorrà dire che— -
Una voce alle sue spalle riecheggiò nel corridoio prima che potesse finire la frase – Esmeralda? – fece timida ed Esme in risposta si voltò -Oh, sì, sei proprio Esmeralda! Ti riconoscerei tra mille. Hai gli occhi di tua madre!-  
Davanti alla mora si fermò una donna di circa trent’anni, se non meno. Era alta e i capelli biondi le arrivavano appena oltre la spalla, mentre gli occhi azzurri sembravano brillare di luce propria.
-Mi chiamo Elisabetta, sono un’animatrice. Ero un’amica di tua madre. Vorrei scambiare due chiacchiere con te, se non ti dispiace.-
“Perfetto, ci mancava solo questa.” Pensò seccata, mentre seguiva la bionda.


 
Talk me about this Tale. It might be … Interesting.

 

-Mia madre non mi ha mai parlato di te- mormorò, riducendo gli occhi a due fessure e cercando di ricordare.
Lei sembrò non aver sentito, e comunque cambiò discorso. -I bambini mi hanno detto che hai iniziato a raccontare loro una favola.-
Esme si fermò nel mezzo del corridoio –S-Sì. Sì, è così. Quindi?- rispose.
-Vorrei che ne raccontassi un pezzo anche a me- disse, mentre apriva la porta che conduceva alla terrazza.
La mora sgranò gli occhi e si bloccò per la seconda volta -C-Come?- balbettò, sperando di aver inteso male.
-Stella ha parlato così bene di te e mi ha narrato per filo e per segno tutto ciò che accade mentre lei e gli altri sono con te. Mi ha incuriosito, perciò … raccontami questa favola. Potrebbe essere … interessante. Perfino per una ventottenne-
Così Esme si ritrovò seduta accanto ad Elisabetta, che guardava assorta il panorama dalla terrazza e aspettava con impazienza l’inizio della favola. Prima di iniziare, la mora chiese quale versione della favola volesse sentire.
Aveva creato due versioni, durante un folle delirio notturno.
Una per i bambini, e una da raccontare un po’ a se stessa, un po’ a chi avesse la voglia di ascoltarla. Ed Elisabetta optò per la seconda.
La narratrice trasse un respiro profondo e iniziò, maledicendo mentalmente il fato avverso.


“Hazel, Hazel, svegliati.” Una voce riecheggiava nella sua testa, e la cosa non era piacevole. “Hazel!” 
La ragazza aprì gli occhi e sussultò, finendo con il viso sul sentiero in terra battuta.
“Che male!” Si lamentò, mettendosi seduta con le gambe incrociate.
“Ben ti sta. Così la prossima volta ci penserai, prima di metterti a dormire sul ramo di un albero.”
“Ma da là il tramonto si vedeva così bene!” ribatté la ragazza, mentre si legava i capelli biondi “E poi potresti svegliarmi con un po’ più di grazia, Ryuuji!” esclamò, voltandosi verso l’amico, che la fissava trattenendo le risate.
“Sbrigati, dobbiamo rimetterci in viaggio se vogliamo arrivare in città per l’ora di pranzo. Ho una fame da lupi e il cibo è finito!”
“Già … chissà perché …” mormorò Hazel ridendo nervosa, alzandosi e mettendosi a disegnare piccoli cerchi per terra.
“Forse perché tu ti sei mangiata tutto.”
“Ero stanca dopo tutto quel camminare!” si giustificò “Quando sono stanca mangio! E poi Ryuuji, non ho voglia di muovermi, oggi.”
“Invece verrai con me!” ribatté l’altro, iniziando a camminare.
Hazel puntò i piedi per terra mentre osservava i capelli verde pistacchio dell’amico scomparire tra i rami degli alberi “Midorikawaaaa!! Aspettamiiii!!” gridò, e corse verso di lui.
Erano passati tre anni da quando Suzuno e gli altri componenti della sua “famiglia” erano scomparsi senza lasciare traccia. Le speranze di Hazel di rivederli si erano azzerate da tempo, ormai. In ogni caso, da due anni e mezzo a quella parte aveva incontrato Ryuuji, e si era unito a lui per andare … per andare … beh, non sapeva esattamente dove Midorikawa fosse diretto, ma sentiva che stava cercando qualcosa. O qualcuno.
Difficile da dire.
“A che pensi?” chiese il pistacchietto.
“Volevo sapere se il nostro viaggio ha uno scopo” Rispose sorridendo “ma so che non risponderesti, perciò va bene così.”
Sin da quando Hazel aveva conosciuto Ryuuji Midorikawa, aveva capito che era una persona affidabile e razionale. Sicuramente di grande aiuto, vista la sua totale incapacità nel prendere decisioni sensate. Nonostante fossero in breve tempo diventati grandi amici, lei non sapeva nulla del suo compagno di viaggio, e quest’ultimo non sembrava essere disposto a svelare i retroscena della sua vita. Quindi la regola generale per riassumere quella situazione era la seguente: Ryuuji non parlava del suo passato, di cosa stesse cercando e da dove venisse di preciso, ed Hazel non parlava di Suzuno, Haruya, Maki e gli altri, o della Città di Cristallo e di quella chiave che portava sempre al collo.
Nonostante quella forse fosse la soluzione migliore, l’idea ad Hazel non piaceva.
Voleva qualcuno con cui confidarsi, ma come poteva fidarsi completamente se Midorikawa le nascondeva una parte della sua vita?
E prima che trovasse una risposta a questa domanda, si ritrovarono davanti alle porte di Romen, la città più grande nel raggio di migliaia di kilometri. L’orologio che sovrastava tutto e tutti dall’alto segnava mezzogiorno in punto, mentre si sentiva il rumore delle campane riecheggiare per le strade colme di gente che camminava passando da una bancarella del mercato all’altra.
“E’ molto più grande rispetto agli altri luoghi in cui siamo stati.” Osservò Hazel, alzando gli occhi verso i palazzi decorati da affreschi.
“Certo. Romen è la capitale dello stato dell’estremo est.”
“La geografia di questo pianeta è troppo difficile!” brontolò Hazel “Toppi stati, e troppe città. E come se non bastasse, guerre continue!”.
“Tu conosci altri pianeti per caso?”
“No, ma sono certa che là la geografia non sia così difficile!” si giustificò la ragazza, incrociando le braccia al petto “E che non ci siano così tante guerre …”.
“Okay, okay …” disse Ryuuji “Tu và da quella parte” continuò e indicò all’amica una via, piena di bancarelle come le altre “E cerca di non comprare solo caramelle, questa volta.” Raccomandò.
Hazel si mise sull’attenti, come un soldatino “Agli ordini capitano!” poi si incamminò.
 
“Però a Midorikawa non dispiacerà se compro un po’ di caramelle …” pensò ad alta voce Hazel, mentre si faceva spazio tra tutte quelle persone. Si fermò davanti ad una bancarella e comprò un pacchetto di dolci.
Amava lo zucchero, ne andava letteralmente pazza. Così ogni volta che Ryuuji la lasciava gironzolare per il mercato da sola, ecco che tornava con uno –o perché no, due- sacchetti stracolmi di caramelle.
Saltellò da una bancarella all’altra, con l’agilità di un felino, stando attenta a non urtare nessuno.
Romen era davvero la città più grande che avesse visto, da quando avevano lasciato la costa per addentrarsi nell’entroterra.
Lì non c’erano molti pescivendoli, o commercianti che vendevano conchiglie.
Al contrario, vi erano mercanti che disponevano di grandi banchi, su cui erano appoggiate ordinatamente collane di diamanti o anelli con pietre preziose.
Una di queste attirò particolarmente l’attenzione di Hazel. Un bracciale in perle posto sopra un cofanetto, che risplendeva sotto i raggi del sole che passavano attraverso alcuni strappi della tenda della bancarella.
Si fermò ad ammirare il gioiello, incantata.
“Si dice che questo bracciale sia stato forgiato dagli elfi” esclamò orgoglioso il proprietario, un vecchio con una lunga barba, probabilmente sulla settantina.
“Dagli elfi?” domandò Hazel, confusa “Chi sarebbero ... gli elfi?”
“Come chi sarebbero??” sbottò l’uomo, incredulo “Gli elfi sono creature mitiche che abitavano nei boschi, un tempo, nelle lontane terre dell’ovest e alcuni piccoli gruppi qui ad est. Abili arceri. Si dice che la loro bellezza fosse ammagliante. Questa città è stata creata da loro, migliaia di anni fa.”
“E dove sono ora?”
“Dopo vari secoli, forze malvagie li hanno sterminati. Sono rimasti in pochi, e sicuramente non hanno la voglia o la fiducia negli esseri umani per farsi vedere…” spiegò “Questo bracciale ha più di trecento anni. Per questo vale molto. Cara ragazza, alcuni potranno avere dubbi sulla provenienza di alcuni tra i miei gioielli. Li ho perfino io.” Ammise, e continuò “Ma posso assicurati che questo è un gioiello elfico. Ci scommetterei la barba!” esclamò, e prese ad accarezzarsi la lunga barba argentea.
“E’ davvero bello …” sussurrò Hazel, mentre l’uomo la lasciava per andare da altri clienti.
La ragazza spostò lo sguardo sugli altri gioielli esposti, e poi su uno specchio in madreperla. Riflesso in essa, notò qualcosa di alquanto strano.
Alle sue spalle, con un mantello nero che copriva in parte abiti rosso fuoco, c’era un piccolo gruppo di cinque soldati e quello al centro –presumibilmente il capo- fissava i suoi occhi color cioccolato verso di lei.
Hazel lo osservò meglio dallo specchio, senza farsi notare troppo.
Il ragazzo, forse di diciassette anni, quindi della stessa età di Ryuuji, aveva i capelli biondi, quasi albini, e tirati su in una maniera singolare.
Lì per lì, scambiò la pettinatura per quella di un porcospino. La carnagione era abbastanza scura, era alto e i suoi occhi penetranti.
Un brivido le attraversò la schiena quando capì che, purtroppo, quel soldato stava guardando proprio lei.
Si voltò. Non l’avesse fatto.
La chiave che pendeva dal suo collo lanciò un bagliore e alla vista di quel piccolo oggetto, il ragazzo-porcospino sembrò reagire, infatti fece un passo in avanti, senza smettere di osservarla.
Lei strinse nella mano la chiave, e trovato uno spiraglio tra la folla, si diede alla fuga. Aveva realizzato. Quelli erano i cavalieri del sud.
 

“Ci fermiamo nella prossima città, Ryuuji?”
“No. Non possiamo. La supereremo.”
“E perché?”
“Perché ho scoperto che i cavalieri del sud l’hanno attaccata.”
“Chi sono questi ‘cavalieri del sud’?”
“Soldati mercenari agli ordini della regina delle Terre del Fuoco.”
“E sono cattivi?”
“Sì. Si dice che la loro regina li abbia ingaggiati per trovare una chiave
che dovrebbe condurre in una biblioteca, vicino alle rovine della Città di Cristallo.
Ma è solo una leggenda …”

Hazel si bloccò in mezzo al sentiero e divenne improvvisamente cupa.
“Ryuuji, mi hai convinta. Anzi, cambiamo strada, per favore.”

 
La ragazza correva a perdifiato per le vie della città. Sentiva i passi di quei soldati addosso.
“Maledizione, maledizione, maledizione!!” si ripeteva.
Se Ryuuji aveva davvero ragione, se quei soldati avevano davvero il compito di trovare quella chiave, se erano davvero spietati come si diceva, allora con tutta probabilità, se l’avessero catturata, non avrebbe avuto scampo.
Ritrovandosi nel mezzo di una piazza gremita di persone, non riuscì a trovare un’altra via di fuga.
“Eccola!” sentì gridare. Era uno dei soldati. Si girò velocemente e lo notò tra quel caos.
Aveva i capelli raccolti in un unico ciuffo che gli ricadeva sulla fronte, e gli occhi grigio ardesia facevano quasi paura.
Sembrava cattivo, anche più del porcospino.
Vide che correva verso di lei.
-Ecco, ora è davvero finita- pensò, e chiuse lentamente gli occhi.
Che diavolo fai, se ti prendono sei morta, stupida!” una decisa voce femminile la ridestò dai suoi pensieri.
Una ragazza infatti l’aveva afferrata bruscamente per un polso, trascinandola lontana dalla piazza.
Osservò più volte la persona davanti a lei. Era vestita di nero, completamente di nero. Dallo stile degli abiti, sembrava una ninjia.
I capelli –del medesimo colore dei suoi indumenti- erano legati in una coda di cavallo da un fiocco rosso cremisi.
Il volto era coperto da una maschera, ma non riusciva a scorgerla bene.
Svoltarono dentro vicoli bui, attraverso strade strette ed altre più grandi, piene di gente e bancarelle.
Quando la mora davanti a lei si fermò, Hazel frenò e iniziò ad ansimare.
La ragazza le mollò il polso, e fece qualche passo più avanti.
“D-Dove vai …?” chiese, ancora confusa.
“A presto.”
“Come sai che ci rincontreremo?”
La mora ignorò la domanda “Vattene da questa città, Hazel, non sei al sicuro. E non fidarti di nessuno.”
“Come sai il mio nome?!” sbottò.
Non diede peso alla domanda “Non devi fidarti nemmeno di me.” E la sua interlocutrice scomparve, facendosi strada tra la folla.
Alzò gli occhi al cielo. L’unica cosa che vedeva, oltre al cielo limpido e al sole caldo, era un imponente campanile che segnava l’una e tre quarti.
“Hazel! Che ci fai lì impalata?”
Si voltò, e vide Ryuuji fermo davanti a lei.
 
“I cavalieri del sud? S-Sei sicura??” la voce di Ryuuji suonava allarmata e il suo sguardo era a dir poco sconvolto.
“Sì!” continuò Hazel “Poi però è arrivata una ragazza … e mi ha aiutata a fuggire.”
Midorikawa si fece serio all’improvviso. “Dimmi … sapresti descrivermela?”
“Più o meno. Era completamente vestita di nero, i capelli erano lunghi e legati con un nastro rosso sangue … e portava una maschera, ma quella non sono riuscita a vederla bene perché mi ha dato le spalle fino all’ultimo istante, quando è scomparsa tra la folla. Ha detto … ha detto che non devo fidarmi di nessuno, nemmeno di lei.” E finendo di parlare arretrò di alcuni passi.
L’amico la prese per un braccio e la trascinò in una strada secondaria. Si fermò davanti ad un muro in mattoni, su cui era appeso un foglio.
“E’ questa? E’ questa la ragazza che ti ha aiutata?” domandò, facendo tornare la voce al tono allarmato di poco prima.
La bionda annuì con orrore, mentre leggeva le parole sul volantino, sopra la foto segnaletica.
 

Ricercata.
Viva o morta.
Pericolosa ladra pluriomicida.
Ricompensa:
1.000.000.000 in monete d’oro.

 
“Come può essere che … un’assassina … mi abbia aiutata …?”
“Sicura che non ti abbia fatto nulla? Sembrerebbe che sia una maga, o qualcosa del genere. Di solito si limita a rubare oggetti di valore e uccide di conseguenza chi si mette sulla sua strada.” L’aveva detto con un’aria assorta, Ryuuji, che riempì la giovane Hazel di curiosità.
Tuttavia, non proseguì. Al contrario mostrò l’improvviso desiderio di voler ‘esplorare’ la biblioteca della città. Aveva una strana sensazione, come prima che Suzuno e i suoi amici scomparissero, ma … non vi diede peso.
E sbagliava. "


-Decisamente interessante, sì.- Elisabetta era rimasta in silenzio per tutta la durata della narrazione, senza fiatare. Era molto più facile così, rispetto che con quelle piccole pesti che la interrompevano e le facevano perdere il filo della storia (che poi, un vero ‘filo conduttore’ quella storia non l’aveva).
-E cosa ti inventerai per i bambini?- domandò.
-Mi basterà dire che la maga in questione è ricercata viva e che è solo una ladra. Per quanto riguarda i cavalieri al servizio dell’antagonista mi inventerò qualcosa. Ho tempo fino a sabato.-
Elisabetta annuì, assorta, e dopo una decina di minuti immersi nel silenzio Esme la salutò e infilò la porta a grandi passi. Uscì dalla casa famiglia e percorse velocemente la strada che la separava da casa.
Aveva una montagna di compiti da fare e un antagonista decente da ideare.








[1] Romen: Significa 'Alba', in elfico. Essendo la capitale dell'estremo Est, abbiamo dato questo nome dal momento che il sole sorge ad Oriente. Come scoprirete nel prossimo capitolo, oltre ad essere la città più estesa del suo stato, Romen possiede anche una delle biblioteche più fornite dell'Est, in cui si può trovare di tutto. Anche antiche profezie pronunciate da oracoli leggendari.
Fine delle note e della piccola 'anticipazione', se possiamo chiamarla così ~


Ps: probabilmente, prima o poi metteremo le foto di Hazel e della ladra-per-ora-senza-nome-ma-lo-scoprirete-presto (almeno crediamo .u.)

  
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