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Autore: sara71    06/08/2012    1 recensioni
Cosa accadrà ai protagonisti della nostra saga preferita dieci anni dopo? Dal Prologo: Sapevamo che prima o poi sarebbe successo....il tramonto si sarebbe dipinto non di rosso,ma di grigio fumo e l'aria avrebbe profumato d'incenso.
Colpi di scena e vite completamente diverse che si fondono fino a diventare una sola. Nuovi eventi e nuovi amori, anche i più improbabili.....
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Capitolo 19

Capitolo 19

JEAN E ALEXANDRE de MOREAUX

(la ff completa sui due gemelli la trovate tra le mie storie pubblicate)


La mia storia inizia qualche secolo fa, Alec ed io siamo nati il 17 aprile 1768 ed i nostri nomi in origine erano Alexandre e Jean, poi con la nostra introduzione nel mondo dei Volturi, li mutammo per cercare di dimenticare quella che era stata la nostra vita precedente.”.

Un velo di tristezza scese sul suo viso, ma si riprese subito e continuò: “Mio fratello e io siamo veramente due gemelli, siamo nati a Parigi, in una famiglia che apparteneva all'alta borghesia di quegli anni. I nostri genitori avevano un'ottima posizione, soldi e cosa non meno importante, il rispetto dei nobili dei quali frequentavamo le sontuose abitazioni. Ma gli anni in cui siamo venuti al mondo, precedevano la più grande delle rivoluzioni che stavano per avvenire in Francia. La politica dissennata del re aveva affamato il popolo ed i nostri genitori unitamente ad altri del nostro rango, in gran segreto, avevano cominciato a collaborare con gli esponenti del “Quarto Stato”, per cercare di dare una nuova piega a tutta la situazione, ma naturalmente Alexandre e io eravamo tenuti completamente all'oscuro. I miei genitori ci garantirono la migliore istruzione e le migliori frequentazioni e fu in quel periodo, avevamo circa quindici anni, che prese a frequentare la nostra casa un nuovo insegnante, consigliato a mio padre da un marchese molto in vista nell'ambiente di corte e quindi molto più che affidabile: quell'istitutore era Eleazar. Ricordo a fatica quel primo incontro, ma la sensazione che provai, quella no: era terrore allo stato puro. Era un tipo così strano: ricordo che non ci guardava mai negli occhi e celava i suoi sotto degli occhiali con delle lenti che non avevo mai visto: ricordo che ci diceva che soffriva il riverbero della luce del sole...e poi indossava sempre quel lungo mantello nero per nascondersi alla vista di chiunque...”. Sorrise a quel ricordo, ma non smise di parlare.

Seguì la nostra istruzione per cinque lunghi anni, poi nel 1788, la situazione a Parigi andò pian piano degenerando: il malcontento popolare stava raggiungendo apici mai visti prima e molti dei nobili nostri amici, presi dal panico, cominciarono a lasciare la città. Chi se ne andava, era costretto a farlo di notte, di nascosto, per la paura di essere riconosciuto e derubato o peggio. La maggior parte dei coetanei nostri amici si rifugiarono con le loro famiglie in Inghilterra o in Italia, in zone fuori mano o presso amici compiacenti. Noi restammo a Parigi fino al giugno del 1789 poi, lo ricordo ancora come fosse adesso, una mattina, mia madre entrò nelle nostre stanze, prima in quella di mio fratello e poi nella mia, ordinandoci perentoriamente di preparare tutte le nostre cose. I due domestici che lavoravano da noi, Simone e Juliette mi sembra si chiamassero così, portarono un grosso baule ad ognuno di noi. Prima di riempirli però i nostri genitori ci convocarono nel salone di casa: non potrò mai scordare la tristezza negli occhi di mia madre e l'accorato discorso che ci fece mio padre. Alec e io ne avevamo già passate tante e quella partenza fu solo l'ultimo disastro che arrivò a travolgerci. Il dolore infinito sul viso di mio padre e di mia madre, mi si stampò nel cuore e non mi diede alcun sollievo sapere che era nelle loro intenzioni raggiungerci in un secondo momento quando le cose si fossero aggiustate. Ma era come se sentissi che non li avrei mai più rivisti. Ce ne saremmo andati quella notte stessa seguiti a vista da Eleazar, ci dissero che egli aveva garantito loro che saremmo stati al sicuro, in Italia e precisamente a Volterra, che nessuno avrebbe mai saputo dove eravamo finiti e che in quel luogo sarebbe stato più semplice rifarsi una vita ed una posizione. In quel momento mi fu chiaro perché Eleazar in quei cinque anni aveva strenuamente insistito per farci apprendere l'italiano, l'inglese e lo spagnolo: sembrava che sapesse quello che ci sarebbe successo.

Non riuscivo a capire perché mai i miei genitori non volessero venire con noi.

Lo scoprii solo più tardi, quando durante il viaggio, Eleazar mi consegnò una loro lettera in cui ci spiegavano le loro ragioni, il perché non avevano potuto lasciare Parigi. Loro, i miei genitori, aiutavano ormai da anni i membri del governo che rappresentavano i ceti più bassi del popolo; davano loro tutto l'aiuto di cui avevano bisogno, dalla più banale nozione di grammatica, alla preparazione di veri e propri attentati e quella notte stavano per l'appunto organizzando un'imboscata ad uno dei generali più in vista del governo e il più strenuo difensore della politica reale. La lettera terminava dicendo che se il piano fosse fallito avrebbero tentato di raggiungerci quella notte stessa, ma come vi ho detto non li rividi mai più: l'unica cosa che riuscimmo a sapere qualche giorno dopo da qualche buon'anima che faceva da ponte alle notizie da una località all'altra della Francia, era che l'attentato a quel generale era stato sventato e che tutti coloro che vi avevano partecipato o che l'avevano spalleggiato, erano stati mandati alla ghigliottina, compresi, non a sorpresa, alcuni esponenti della borghesia della città.

Ma a quel punto ricordo che mio fratello se n'era già andato e io ero sola. Ricordo l'arrivo a Volterra, c'era il sole e ricordo che fu lo stesso Alexandre insieme a Eleazar ad accompagnarmi da Aro.

Alexandre mi raccontò del dolore che aveva provato negli ultimi giorni, ma mi mostrò anche la grande forza che possedeva e poi mi disse che io ero fortunata perché lui sarebbe stato in grado di risparmiarmi tutto quel dolore. Ricordo che ero profondamente spaesata e non capivo perché mai mio fratello avesse fatto una tale idiozia, ma quando mi trovai di fronte ad Aro ne rimasi profondamente affascinata. Eleazar e Alexandre mi lasciarono sola con lui il tempo necessario perché egli potesse compiere la sua opera e poi tornarono ed io non sentii più nulla. Solo a trasformazione avvenuta Alec mi spiegò di avere la dote di annullare i sensi delle persone.... Quella sua dote mi permise di non soffrire. Per qualche mese dopo la trasformazione fummo seguiti passo passo da Eleazar e dallo stesso Aro e fu proprio in quel periodo che scoprii anch'io di possedere una dote particolare, quella di poter infliggere il dolore agli altri.”.

Jane si interruppe per un istante infinito, abbassò lo sguardo, sembrava che le parole uscite in un primo momento come un fiume in piena le si fossero impigliate in gola quasi avessero voluto soffocarla. La sentimmo chiaramente sospirare e riprese il racconto da dove l'aveva lasciato.

Da quel momento Alec e io entrammo a far parte del corpo di guardia dei Volturi, affiancammo Aro, Caius e Marcus nelle loro battaglie contro chi trasgrediva la legge ed anche contro quegli innocenti che però Aro desiderava per sé, poiché possedevano qualche dono particolare. Eleazar invece continuò a viaggiare intorno al mondo in cerca di altri che come noi,avessero doni da poter sfruttare a nostro vantaggio: come avesse fatto a capire che noi due potevamo celare, nella nostra natura umana, qualcosa di più, mi è ancora oggi incomprensibile.”.

Ecco, questa è la mia storia; dopo essermi trasformata, per un certo periodo cercai di frugare nel mio passato umano e cercai con tutte le mie forze di ricordare quanto più potevo di ciò che ero stata. Fu dura, ma con grande pazienza e cura ci riuscii e ancora oggi, quando sento forte la loro mancanza, riesco a vedere il volto dei miei genitori, il sorriso dolce di mia madre e lo sguardo di mio padre completamente immerso nella lettura dei suoi libri preferiti.”.

Jane concluse così il suo racconto, ci sorrise dolcemente ed Embry le accarezzò i capelli, mentre le dava un tenero bacio a fior di labbra.

Posso farti una domanda Jane?”, le chiesi.

Certo Bella, cosa vuoi sapere?”, mi rispose.

Sei mai più tornata a Parigi?”, poteva sembrare una domanda stupida, ma poter rimanere a Forks, la mia città, per un po' anche dopo che ero diventata una vampira, per me aveva significato molto ed ero curiosa di sapere cosa avesse provato lei.

Sì Bella ci sono tornata. Ma solo quasi cent'anni dopo. E non perché non ne avessi avuta l'occasione, ma semplicemente perché avevo paura di quello che avrei potuto trovare. Un secolo dopo, invece, la città era completamente cambiata e delle mie origini non era rimasto nulla, nemmeno una lapide al cimitero. Con quella visita chiusi il cerchio, in quel momento e solo in quel momento riuscii ad accettare tutto quello che mi era successo.”.

Non tornammo mai più su quel discorso, ma Jane mi disse: ”Sai Bella, conosco qualcosa di te, ma un giorno se vorrai, sarò felice di ascoltare la tua storia!”.

E io sarò felice di raccontartela, ma ti avverto, potresti anche annoiarti.”, risposi con un sorriso.

Risero tutti di quella mia frase ed Edward che mi stringeva forte a sé disse: ”Ti annoierai così tanto che non riuscirai a smettere di ascoltare, specialmente la parte in cui mi ha incontrato. Con tutti i guai che le ho procurato!”.

Lo baciai, ringraziando infinitamente la mia buona stella per tutti quei “guai” che mi aveva procurato.

L'alba aveva spazzato via la notte già da un po'; quella mattina istruimmo bene Anton su ciò che doveva dire ai signori di Volterra, ma prima di chiamare gli concedemmo di vedere il fratello.

Lorenzo stava ancora disteso sul letto da ospedale che Carlisle, ormai da tempo, aveva ben pensato di tenere, organizzando una piccola stanza di primo intervento al piano di sopra, necessaria ad ogni evenienza. Aveva l'aria di aver trascorso una notte piuttosto agitata.

Ciao Lorenzo. Come stai?”, gli chiese Anton con l'aria alquanto preoccupata.

Ciao. Va meglio. Il dottore è stato veramente gentile.”, gli rispose il fratello.

Non vogliono farci del male.”, gli disse ancora Anton, quasi a volersi auto convincere.

Lo so. Anche quello che mi ha fatto volare è venuto qui....a chiedermi scusa.”, disse Lorenzo ancora incredulo.

Veramente increduli lo eravamo tutti, nessuno di noi, a parte Alice e Carlisle sapeva che Jasper era andato a scusarsi: aveva fatto un altro grande passo in avanti verso la completa serenità.

Allora hai già parlato con Aro? Il dottore mi ha messo al corrente delle loro decisioni.”, chiese ancora Lorenzo.

No, non ancora. Prima volevo vedere come stavi.”, gli rispose Anton.

Beh, ora che mi hai visto, è il caso che tu vada a fare il tuo dovere.”, gli disse.

Hai ragione!”, e si voltò verso la porta senza aggiungere altro.

La telefonata di Anton sortì esattamente il risultato sperato: la visione di Alice divenne per quanto possibile più nitida e densa di particolari, ma non capivo che cosa stessero a significare le tante risate cristalline che si scambiavano lei e mio marito. Ero certa comunque che, prima o poi, l'avrei scoperto.

Dopo la nottata trascorsa ad ascoltare la storia di Jane, cercai di guardarla con occhi ancora diversi: stavo lavorando sul fatto di accettarla completamente, ma non era una cosa facile anche se aver saputo qualcosa di lei era stato sicuramente d'aiuto.

Sentii la voce di Alice chiamarmi e distolsi l'attenzione da quei pensieri.

Bella ti va di venire in città oggi? Anche Rose e Renesmee sono dei nostri.”, mi disse.

Feci una smorfia fin troppo eloquente, andare in città significava shopping selvaggio: stavo per rispondere di no, quando Edward, che non avevo sentito sopraggiungere visto il frastuono delle proteste di Alice, mi cinse i fianchi rispondendo per me:”E perché no? Ne avete tutte un gran bisogno e poi la situazione qui è tranquilla. Possiamo farcela anche senza di voi per mezza giornata, abbiamo pur sempre ventitré lupi pronti a spalleggiarci in caso di bisogno, no?”.

Uffa Edward, mi ero promessa un pomeriggio di sana lettura e tu mi spedisci a fare shopping?”, dissi con evidente insoddisfazione per i miei piani stravolti.

Dai Bella. Non ti mando a fare shopping, ma solo a goderti una giornata nuvolosa fuori di qui! E poi non vedo l'ora di vedere cosa mi regalerai questa volta.”, mi disse ancora.

Come sei banale. Come se non lo sapessi già!”, risposi.

Beh veramente non lo sa perché non l'ho ancora visto.”, mi disse Alice in tono divertito.

E allora siamo pronte a partire?”, urlò Renesmee dal piano di sopra.

Non ancora.”, disse Rose con un sorriso:”Tua madre sta facendo le sue solite mille storie!”.

E dai mamma, piantala!”, urlò ancora Renesmee nella mia direzione.

Ok, ok!”, alzai le mani in segno di resa: “Andiamo!”, dissi.

Passai davanti allo specchio, il mio abbigliamento poteva considerarsi a posto, presi la giacca e la infilai sopra il pantalone grigio e la camicia azzurra. Edward salutò tutte con un sorriso.

Ciao papà, a dopo!”, disse Ness abbracciandolo.

A più tardi tesoro!”, le disse.

Mentre stavo per uscire lo sentii chiamarmi: “Bella?”.

Sì?”, mi voltai di scatto.

Non dimentichi nulla?”, mi chiese sornione.

Non mi sembra!”, gli risposi guardandomi

Bella, stai dimenticando la borsa...”, rise.

Tornai indietro stizzita, afferrai la borsa, gli diedi un bacio e gli dissi all'orecchio: “Odio lo shopping, ma ti prometto che il mio regalo ti farà desiderare che fossi rimasta a casa.”.

Uscii in fretta dalla porta, sentivo Edward ridere a perdifiato e Alice che stava già facendo sguaiatamente ringhiare il motore della sua Bentley.

Tutta quella confusione mi stava facendo venire il volta stomaco e Alice non perse tempo a rincarare la dose: ” Vuoi muoverti Bella?”, chiese.

Sto arrivando, voi e le vostre idee dell'ultimo momento!”, mentre pronunciavo quelle parole aprii lo sportello e salii ed Alice decollò, letteralmente.

Quando arrivammo in città, le vie del centro brulicavano di gente, le prime giornate di primavera, seppur coperte di nuvole, avevano invogliato le persone ad uscire nelle ore più calde.

Passeggiammo allegramente lungo la via principale, entrammo in alcune delle boutique più in voga e come sempre il nostro cognome ci permise di ottenere l'attenzione completa di tutto il personale; Ness provò non meno di venti abiti, assomigliava completamente ad Alice in questo, ma almeno dopo tanto darsi da fare le tre commesse che l'avevano seguita, avevano anche avuto la soddisfazione di vedere i cinque abiti più belli e più costosi, finire dentro delle grandi scatole che ci avrebbero seguite fino a casa. Rose ed Alice, con mio sommo piacere, furono molto veloci. Quando ce ne andammo, mancava solo che stendessero il tappeto rosso.

Alla fine di tutto questo delirio io dovevo ancora trovare il regalo per Edward, poi ebbi un flash.

Sentii Alice sogghignare e a quel punto anche io esplosi in una risata sguaiata.

Andiamo in libreria!”, annunciai.

La città aveva una libreria meravigliosa, ci si poteva trovare di tutto, anche edizioni introvabili o d'epoca: la prima volta che c'ero entrata avevo trascorso in quel posto l'intera giornata e ci ero tornata anche la notte con Edward.

Entrammo ed Alice mi disse:”In fondo a destra, Bella!”.

Grazie.”, risposi.

Mi diressi dove mi aveva indicato Alice, non ci misi molto a trovare ciò che stavo cercando: una copia di “Cime Tempestose” che cercavo da tempo; era un'edizione particolare completamente e finemente decorata da miniature splendide e con una introduzione curata da un giovane autore che adoravo. Ero certa che avrei fatto la “felicità” di Edward.

Non badammo a spese nemmeno in libreria e ormai il sole stava nuovamente tramontando.

Direi che per oggi abbiamo fatto la nostra parte.”, disse Rosalie.

Nonostante lo scherzo che stavo per fare a Edward dovevo ammettere che quel pomeriggio mi era servito e come sempre alla fine dovevo riconoscere che fare shopping con Alice non era niente male. Tornando a casa chiacchierammo finalmente di argomenti normali: di libri, di viaggi in paesi lontani, di giardinaggio, di nuove tendenze musicali. Non mi sembrava possibile, eravamo così serene: da tanto tempo non ci capitava, gli ultimi mesi erano stati davvero pesanti e la normalità di quel pomeriggio ci fece sperare che tutto potesse finire presto.

Mercoledì si stava avvicinando a grandi passi e io, segretamente, pregustavo la gioia della vittoria. Poco prima di arrivare a casa chiesi ad Alice: ”Ci hai pensato vero?”.

A cosa?”, mi chiese a sua volta.

Su Alice, lo sai benissimo a cosa, vorrei coglierlo di sorpresa per quanto sia possibile con te!”

Non preoccuparti Bella, è tutto ok!”.

Lo spero proprio!”.

Lo scambio verbale tra me ed Alice fece ridere sia Rose sia Ness a crepapelle, non perché fossero a conoscenza di cosa volesse dire il mio regalo, ma probabilmente per i toni ridicoli che avevamo usato. In effetti ero quasi sicura che, a parte la mia cognata preferita, nessuno sapesse cosa aveva veramente significato quel libro per Edward e me e quanto mio marito lo detestasse.

Parcheggiammo l'auto in garage, svuotammo il bagagliaio ed entrammo in casa. Non c'era grande movimento, ma nel salone echeggiava il morbido andare di una delle mie melodie preferite. Era il modo di Edward di darmi il bentornata ogni qualvolta gli stavo lontano anche solo per qualche ora: a quel punto qualche dubbio se dargli o meno il mio regalo mi venne spontaneo. Buttai in un angolo nascosto del salone la borsa con il libro e mi diressi verso il pianoforte.

Siete tornate finalmente! Mi sei mancata sai!”, mi disse tenero.

Anche tu!”, gli risposi e lo bacia sulla guancia.

Com'è andata?”.

Bene direi. Un pomeriggio di shopping con Alice e hai detto tutto! Ness le assomiglia in tutto quando si parla di vestiti! Comunque ci siamo divertite!”.

Mmm, e il mio regalo?”.

Non c'è nessun regalo, ho deciso che mi sono divertita troppo e quindi non era il caso di fare i capricci! Però un regalo per noi due potremmo anche permettercelo quando tutto questo sarà finito. O no?”, dissi riluttante. “Si insomma quella battuta che ho fatto quel giorno, su un possibile viaggio soli, tu ed io per un po', te lo ricordi?”.

Sul volto pallido di Edward apparve un sorriso smagliante: ”Dicevi sul serio? Pensavo che stessi scherzando...”, disse.

Sai lo desidero tanto e spero che dopo mercoledì potremmo concederci di pensarci, se ne avrai voglia anche tu naturalmente!”, conclusi.

Lo baciai e mi diressi verso le scale per andare a cambiarmi, ma prima presi dall'angolo in cui l'avevo buttata la borsa con il libro, lo scartai con cura ed andai ad infilarlo tra gli altri della mia collezione: me lo sarei goduto in un altro momento.

Mentre salivo le scale la mia mente andò a quel primo incontro con i Volturi a Forks: in quel frangente dovevamo proteggere Renesmee, la mia piccola brontolona, ma questa volta perché volevano di nuovo distruggere: per invidia, sete di potere, noia? Perché? In fin dei conti noi stavamo a migliaia di chilometri da loro e non avevamo mai preteso di contrastare il loro lavoro, volevamo solo vivere in pace secondo quelli che erano i valori in cui credevamo.

Bella, perché sei così pensierosa?”, la voce di Tanya mi distolse dai miei pensieri.

Ciao Tanya. No figurati, stavo solo pensando alla prima volta che abbiamo incontrato i Volturi. Ma forse non è il caso di parlarne, non credi?”, le dissi memore del fatto che che durante quello scontro Tanya e Kate avevano perso la sorella Irina.

Bella non preoccuparti, ormai ho superato la morte di mia sorella. Se ci penso fa ancora male, questo è sicuramente vero, ma per come ha agito, non potevamo aspettarci che Aro la risparmiasse.”, mi disse.

A cosa stai lavorando?”, le chiesi con la chiara intenzione di cambiare argomento.

A niente di particolare veramente! E' qualcosa a cui sto lavorando da un po' e ormai e quasi finito. Vuoi vederlo?”, mi chiese.

Sì volentieri, ma cos'è?”.

Guarda.”, disse Tanya con un'espressione soddisfatta in volto.

Girò il cavalletto sul quale era poggiata la tela, rimasi impietrita!

Ritratti su quella tela c'eravamo Edward e io il giorno del nostro matrimonio.

Tanya è, è....”, non riuscivo a trovare le parole per esprimere quanto fosse bella quell'immagine.

Bellissimo?”, disse ridendo.

Sì, è assolutamente meraviglioso.”, le risposi ancora stupita.

E' da un po' che volevo fare un ritratto a voi due e così Alice mi ha dato questa foto: una vera meraviglia. Tu eri ancora umana....”.

Già. Quanto tempo è passato, ma quello che sento per Edward non è cambiato sai, anzi se può essere, l'amore che provo è aumentato. Non potrei mai esistere senza di lui.”, dissi abbassando lo sguardo per la vergogna. Non mi ero mai abituata a parlare di sentimenti, nemmeno con le mie amiche più care.

Ti capisco Bella, ora che ho Demetri anch'io non riuscirei mai a stare senza di lui. E' la cosa più bella che mi sia capitata in questa vita.”, confessò.

Sono felice Tanya. Ti voglio bene.”, le dissi e andai nella mia stanza.

I giorni che mancavano all'arrivo dei Volturi volarono via veloci tra discussioni sulle strategie da attuare e sui pro e i contro di eliminarli completamente.

Il martedì sera ci appostammo nel luogo che Alice aveva visto nella visione. Eleazar, Carmen e Kate, insieme a cinque lupi, rimasero a fare la guardia ad Alec. Anton e Lorenzo invece, li sistemammo dentro una tenda nel folto della boscaglia, guardati a vista da Tanya, Renesmee, Paul e Jared.

Restammo lì in attesa tutta la notte, poi al primo accenno di luce sentii Alice dire: “Manca poco: prepariamoci ad accoglierli!”.

  
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