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Autore: murdershewrote    07/08/2012    2 recensioni
Dieci persone bloccate in una villa splendida, maestosa. Il loro mausoleo. Si, perchè oltre la pittoresca facciata, tra i sinistri corridoi è nascosta un'inquietante realtà che li condurrà inevitabilmente alla morte, uno dopo l'altro. Erano dieci...e poi non ne rimase nessuno.
Genere: Avventura, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ten little niggers...

Dieci piccoli negretti
se ne andarono a mangiar,
uno fece indigestione
solo nove ne restar.


Sfuggiti alla prima selvaggia e assurda minaccia, i dieci membri della S.T.A.R.S. presero una decisione ardua ma necessaria: esplorare l’imponente magione per controllare se ci fosse qualcuno e trovare eventuali indizi da poter collegare agli strani incidenti avvenuti proprio in quella zona.
Non fu una scelta arguta...Ma, dopotutto, non avevano motivo di sospettare nulla.
Fatte le dovute raccomandazioni, il gruppo si sciolse.
Kenneth aprì una porta alla sua sinistra trovandosi in una grande sala da pranzo. Stranamente, il lungo tavolo era apparecchiato con tutte le stoviglie necessarie per le più svariate portate e tre argentati candelabri troneggiavano accesi su esso, come se dovessero arrivare ospiti da un momento all’altro. Eppure, guardando con più attenzione la tavola imbandita, Kenneth si accorse di come uno spesso strato di polvere avvolgesse tutto, chiaro segno che, invece, quella sala non doveva essere stata utilizzata di recente. L’uomo percorse l’intera stanza guardandosi attorno, fino a raggiungere un caminetto spento. Non so dirvi se fu la vista di tutti quei piatti pronti, comunque, un leggero brontolio proveniente dal suo stomaco avvertì Kenneth di un certo languorino che lo attanagliava nonostante la tensione della situazione.
“Ehi...sta buono. Non è il momento adatto per mangiare!”
Un altro brontolio si fece sentire ma stavolta non venne dal suo stomaco. Lo strano lamento calamitò la sua attenzione verso una porta immediatamente alla sua destra, che aprì piano trovandosi in un corridoio fiocamente illuminato. I gemiti si fecero più insistenti e per un attimo pensò che si trattasse di qualche suo compagno, forse ferito. A sinistra il corridoio dava su una stanzetta finemente decorata e rivestita con della tappezzeria scura.
Qualcosa tuttavia stonava con l’eleganza dell’ambiente...
Kenneth vide una figura, voltata di spalle, leggermente curva in avanti. Un uomo.
Così pensava lui.
Aveva i vestiti logori e sporchi e continuava a emettere lamenti, come se soffrisse.
“Ehi, si sente male?” chiese l’agente senza però ricevere una risposta.
Kenneth fece qualche passo verso di lui.
“Serve aiuto? Sta male?” richiese poi.
Fece per posargli una mano sulla spalla quando l’altro sembrò finalmente accorgersi di lui. L’uomo misterioso si volse lentamente verso Kenneth, il quale rabbrividì all’istante.
Quello aveva il volto terribilmente pallido. Troppo pallido per essere in salute.
Beh, dopotutto, Kenneth non si era interrogato circa il suo stato di salute?
Gli occhi erano azzurri, di una tonalità così chiara che l’agente si chiese se non fosse cieco.
Kenneth non sapeva cosa dire e in ogni caso la bocca gli si asciugò non appena vide un alone sospetto tutt’intorno a quella dell’altro. Che fosse sangue?
Provò a dire qualcosa ma l’altro lo precedette aprendo la bocca e mettendo in mostra una fila di denti giallastri e marci.
Vi avevo già descritto una scena simile se ricordate, quando la S.T.A.R.S. era in fuga da quei dobermann infernali. Senz'altro vi chiederete se c’è qualche collegamento tra quelle creature e questa...cosa. Ovviamente. E il nostro caro Kenneth non era certo così ingenuo da non capirlo.
A quel punto fece un passo indietro preoccupato.
Terrorizzato, direi.
Ma prima che potesse fare altro quella creatura, perché non c’è altro modo per descrivervela, gli gettò le braccia al collo.
E vi assicuro che non poteva di certo essere per mancanza d’affetto.
Kenneth cercò di divincolarsi ma contrariamente alle sue aspettative, visto l’aspetto trasandato della creatura, la sua presa fu abbastanza forte da tenerlo stretto e avvicinare i loro volti. Quando fu abbastanza vicino al collo del malcapitato glie lo addentò con uno scatto. Kenneth urlò tanto per il dolore quanto per la sorpresa e facendo appello a tutte le sue forze riuscì a spintonarlo via da sé.
“Ma dico, sei impazzito?!” gli urlò contro.
Per tutta risposta l’altro gli si lanciò di nuovo addosso. Questa volta però Kenneth non si fece trovare impreparato e, estratta l’arma dalla fondina, gli sparò un paio di colpi in pieno petto senza pensarci due volte.
Il corpo cadde a terra con un tonfo sordo.
Kenneth cercò di riprendere fiato e riordinare i pensieri poggiando la fronte sulla parete. Qualche secondo dopo però sentì un forte gemito alle sue spalle.
Si voltò e con suo sommo orrore vide il corpo, prima steso a terra, alzarsi lentamente e tendere nuovamente la braccia verso di lui.
Ebbe appena il tempo di pronunciare un sorpreso “No, non è possibile...” che l’altro si lanciò per la terza volta all’attacco.
Kenneth era talmente scioccato da ciò che aveva appena visto che non riuscì a schivarlo in tempo, permettendo così all’altro di affondargli nuovamente i denti nella carne. Sentì un dolore mai provato prima mentre il suo istinto di sopravvivenza gli faceva allontanare con forza quell’orribile cosa.
E sparò. Un unico colpo preciso, dritto in fronte.
L’altro cadde a terra in una pozza di sangue e Kenneth continuò a puntarlo, con la mano tremante, terrorizzato all’idea che potesse rialzarsi. Fortunatamente per lui questo non accadde e, una volta che l’ebbe capito, Kenneth si appoggiò al muro. Poi, forzato dal forte tremore che lo aveva colto, si sedette per terra premendosi una mano sulla ferita. Un’altra ondata di terrore lo investì quando, tastandosi il collo, percepì la mancanza di un intero brandello di pelle mentre un fiotto di sangue gli schizzava la divisa.

“Quel bastardo...m-mi ha morso come fossi un sandwich...Ma che diavolo sta succedendo qui...?!” urlò in preda alla frustrazione.
Poi pensò di tornare indietro.
Magari avrebbe incontrato qualcuno dei suoi compagni che lo avrebbero potuto aiutare. Ma un capogiro lo colse non appena cercò di mettersi in piedi.

I minuti passarono veloci e Kenneth si sentiva sempre più debole mentre l’emorragia non accennava ad arrestarsi.
L’agente, in un momento di lucidità, si rese conto che se non fosse in qualche modo riuscito a fermarla sarebbero stati guai seri per lui.

E le palpebre si fecero sempre più pesanti...
Senza quasi accorgersene, Kenneth J.Sullivan fu la prima vittima della malefica residenza.
Triste, non trovate?
   
 
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