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Autore: Astrea_    07/08/2012    1 recensioni
Ali è una ragazza solare, allegra, vivace, fidanzata da una vita ed oltre con il suo primo grande vero amore, ma non disposta ancora a credere nei “per sempre”.
Cam, invece, è studiosa, diligente, seria, innamorata dell’amore che non ha mai conosciuto ma che aspetta e cerca con pazienza e devozione.
Poi c’è Mimi, quella bella, seducente, attraente, troppo convinta che l’amore sia soltanto una scusa per chi non ha il coraggio di affrontare la realtà.
Ed infine c’è Aria, intelligente, acida, perfezionista, troppo occupata a fuggire dall’amore stesso per essere davvero in grado di riconoscerlo.
Cosa lega queste quattro ragazze? Semplice, un’amicizia che di normale non ha proprio nulla, o forse tutto, ma è per questo che ve la racconterò…
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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WALL

-What A Lovely Life-

Missing moment: “New habits”

ALICE’s pov
Mio fratello aveva appena vinto un’altra partita da capitano della squadra di calcio locale ed io ero completamente, totalmente, incondizionatamente fiera ed orgogliosa di lui. Sorrisi, vedendolo finalmente uscire dal campo per recarsi nello spogliatoio e frettolosamente salutai le mie amiche che avevo letteralmente trascinato allo stadio per sostenere Luca. Cam e Mimi si avviarono con il motorino, mentre Aria […].(Capitolo 5)

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NOEMI’s pov
Quella mattina ero stata letteralmente obbligata dalla mia cara amica Alice a recarmi allo stadio per poter supportare suo fratello nella tanto importante partita di calcio. Appena finita la suddetta partita mi ero catapultata fuori da quella struttura, subito seguita da Cami, poi dopo aver salutato tutti ci eravamo avviate al mio motorino.
Per prima cosa avevo accompagnato Cam, in seguito, ovviamente solo dopo aver scambiato quattro chiacchiere, mi ero decisa che si era fatta ora, anche per me, di tornare a casa.
Quando arrivai davanti al cancello del mio palazzo potei notare una piacevole, inaspettata e gradita sorpresa.
Fabio mi sorrideva appoggiato al muretto dell’ingresso principale.
Lasciai immediatamente il motorino nell’area adibita a parcheggio, poi mi catapultai letteralmente su di lui, abbracciandolo e posandogli un lieve bacio sulla guancia.
“Che ci fai qui?”, esordii, ma la mia voce sembrò troppo entusiasta persino al mio poco critico orecchio.
Mantieni la calma, Mimi, mi suggeriva una vocetta dentro la mia testa. Ovviamente non la ascoltai, ma non perché non volessi, semplicemente c’erano altri fattori a distrarmi, tra cui primo fra tutti il suo sorriso, quello che ormai ben conoscevamo tutti.
“Ero da queste parti e ho pensato di suonare, ma tua madre mi ha detto che eri andata alla partita e che saresti tornata di lì a poco.”, mi spiegò sollevandosi dal muretto.
Spalancai gli occhi un po’ sbalordita e sorpresa dal suo comportamento: aveva parlato con mia madre?
Probabilmente lui dovette comprendere la mia espressione.
“Tranquilla, ho ben specificato che sono un tuo amico.”, chiarì subito dopo, nel tentativo di tranquillizzarmi.
Era la prima volta che un ragazzo veniva sotto casa mia ed era la prima volta che un ragazzo parlava con mia madre.
Rimasi in silenzio, rimuginando sull’ambigua e nuova situazione che lui, Fabio, aveva appena creato senza che io ne sapessi nulla.
“Non dovresti preoccuparti tanto per così poco.”, mi rimproverò lui avvicinandosi a me.
“Non ho chiesto mica la tua mano a tuo padre!”, enfatizzò guardandomi con ovvietà e allo stesso tempo incredulità.
Lo trucidai con lo sguardo per la battuta poco felice.
Lui allargò ancora di più il sorriso, poi mi prese le mani ed iniziò a giocherellare con esse.
“Andiamo Mimi, ho chiesto solo dov’eri! Niente di più! Non puoi farti spaventare da una sciocchezza!”, continuò.
In effetti aveva completamente e assolutamente ragione. Era una sciocchezza, solo che era così nuova per me.
“Scusa, è che non ci sono abituata.”, provai a dire nel tentativo di giustificarmi tenendo gli occhi bassi.
Lui staccò una mano dalla mia e la poggiò sotto il mio mento, costringendomi ad alzare il volto. Ci guardammo per un attimo negli occhi e sorrise ancora, facendo sciogliere anche me come un ghiacciolo al sole.
“Sai, tua madre sembra simpatica! Magari un giorno potresti presentarmela!”, scherzò beffardo.
Feci una finta risata, poi mi riappropriai della mano che prima aveva liberato dalla mia.
“Ma come siamo spiritosi.”, borbottai sarcasticamente.
“Al massimo ti posso presentare mio padre, quello sì che ti starebbe simpatico con le sue manie di protezionismo della sua unica pargoletta.”, gli intimai immaginando quante scenate avrebbe fatto il giorno in cui gli avrei portato un ragazzo in casa.
Avrebbe dato di matto, sicuro.
“No, quello è meglio che te lo tieni per te.”, rispose con troppa foga per sembrare indifferente.
Sorrisi.
“Allora com’è stata la partita?”, mi chiese poi per cambiare l’argomento di conversazione.
“Non ci capisco molto di calcio, ma la squadra del fratello di Alice ha vinto, quindi suppongo sia stata una bella partita, almeno per noi.”, dichiarai.
“Si, quasi dimenticavo la tua avversione per lo sport.”, ammiccò facendo chiaro riferimento al modo poco carino in cui ci eravamo conosciuti.
“Diventi ogni giorno più simpatico Fabio.”, replicai fintamente acida.
Del resto era lui quello che mi aveva buttato un pallone in testa, involontariamente, ma l’aveva fatto.
“Nemo.”, sussurrò avvicinandosi pericolosamente alle mie labbra.
Con lui era così: abbracci, baci sulla guancia e coccole, parole dolci appena sussurrate e labbra che si sfioravano senza mai toccarsi veramente, nulla di serio insomma.
La sua vicinanza mi faceva sudare freddo. Sentivo le gambe farsi sempre più deboli e dei piccoli brividi percorrevano tutta la lunghezza della mia schiena. Per non parlare di una volta in cui, dopo che lui mi avesse sussurrato delle dolci parole a fior di labbra, avevo sentito un vuoto tremendo allo stomaco, seguito da una strana sensazione: le farfalle.
Ero consapevole della stramba piega che stava prendendo il rapporto con Fabio, ma non me ne preoccupavo, non ancora perlomeno, troppo presa dai suoi sguardi e dalle sue carinerie, alle quali non ero assolutamente abituata. Mi riempiva d’attenzioni e non pretendeva nulla da me, nulla neppure dal mio corpo.
Rimasi imbambolata, completamente rapita dai suoi occhi.
Riprenditi cazzo, tu non sei così!, urlò la solita vocetta, ma questa volta la ascoltai.
Riacquistai un po’ di lucidità e mi scansai di poco, facendo aumentare le distanza così da poter respirare senza farmi condizionare dal suo dannatissimo sorriso.
E sì, se non si era ancora capito avevo una fissa per quel dannatissimo sorriso. Era il suo punto forte, o il mio punto debole, dipende dai punti di vista.
“Domai mattina ti passo a prendere io, andremo insieme a scuola.”, disse, ma dal suo tono di voce potei capire che non si trattava propriamente di un invito, più di un affermazione convinta.
“Cosa?”, chiesi scettica.
“Ti accompagno a scuola.”, ripeté tranquillo scollando le spalle.
Corrugai la fronte, perplessa.
“Non credi di correre un po’ troppo?”, domandai.
Non stavamo insieme, non ci eravamo neppure mai baciati e lui già si presentava sotto casa mia e voleva anche accompagnarmi a scuola!
“Io mi sento di farlo e se a te va bene non vedo di cosa dovremmo preoccuparci.”, chiarì con tono pacato.
“Certo che sei strano forte.”, mi lasciai scappare in un sussurro, ma me ne pentii immediatamente quando vidi piegarsi le sue labbra in un altro splendido dannatissimo sorriso.
“Solo perché non ti bacio e non ho ancora provato a portarti a letto?”, mi chiese cercando di capire meglio ciò che intendessi.
“Te l’ho già detto, non sono abituata a tutto questo.”, ripetei con la voce rotta dalla paura e dall’insicurezza.
“Vorrà dire che ci abitueremo insieme.”, aveva semplicemente detto, posandomi un lieve bacio sulla tempia sinistra.
Non risposi e lui dovette percepirla come riluttanza, tant’è che si allontanò leggermente da me in modo che potesse guardarmi bene negli occhi.
“Sempre che tu voglia.”, aveva aggiunto questa volta incerto.
Ma come poteva anche solo pensare che non lo volessi?
“Ma certo che lo voglio!”, risposi con troppa enfasi, gettandomi su di lui.
“Mi piacerà abituarmi a ricevere tutte queste attenzioni da te.”, continuai senza neppure rendermi conto di ciò che dicevo.
Ma perché mai dovevo ridicolizzarmi fino a quel punto? Ovviamente la colpa era ancora tutta del suo sempre dannatissimo sorriso.
“Va bene koala, ora devo andare. Ci vediamo domani mattina e non farmi aspettare troppo mentre ti prepari, tanto comunque saresti bellissima.”, disse.
Si avvicinò in direzione delle mie labbra, poi all’ultimo istante lo vidi deviare in direzione della guancia, dove posò un leggero bacio.
“A domani!”, lo salutai appena riuscii a riprendere il controllo di me stessa.
Poi lo vidi andare via sotto i miei occhi: quella sarebbe stata la domenica pomeriggio più lunga di tutta la mia vita.

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Angolo Autrice

Ecco il primo dei quattro missing moments, poi finalmente chiuderò la storia e la smetterò di rompere le scatole, promesso!xD

Il problema, però, è che oggi mi è successa una cosa strana.

Mentre stavo finendo di scrivere un'altra storia, una completamente diversa da questa, mi è venuta la malsana idea di sperimentare una piccola cosuccia... 

Ovviamente a me non piace proprio come è finita tra Arianna e Luca, quindi chissà...xD

Vabbè, un saluto a tutti coloro che leggono, grazie mille!!! :)

                                                                                                                                                                                                                                                          Astrea_

  
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