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Autore: _masquerade    08/08/2012    3 recensioni
«Che cos’è stato?»Domandarono in coro diverse voci. Rose si affacciò al finestrino, costatando quelle che fino a pochi secondi prima erano le sue ipotesi :il treno si era improvvisamente fermato proprio sopra il ponte.
La porta a scorrimento dell’ultimo vagone si spalancò e cinque grossi energumeni ne uscirono fuori e dopo quello che sembrò un sussurro, fecero spazio a rivelare un sorriso strafottente contornato da una chioma biondo platino.
«Malfoy, avrei giurato che fosse opera tua! Che diavolo ci fai qui, inauguri il tour “terrorizza gli studenti”? Beh, i ragazzini impressionabili sono tutti ai primi vagoni!»
Genere: Generale, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: James Sirius/Rose, Rose/Scorpius
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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«Cosa gli è successo?» L’infermiera correva a perdifiato fra i corridoi del castello, affiancando la barella che trasportava Hugo. Con una serie di oggetti magici e di colpi di bacchetta misurò una serie di parametri, come la pressione, il battito cardiaco e la dilatazione delle pupille.
«L’hanno but.. » James tappò la bocca a Rose prima che questa potesse finire la frase.
«Un bolide l’ha colpito ed è caduto dalla scopa».
«Dev’essere stato un bel volo, perché ha subito un trauma cranico. E alcune ossa sono ridotte in polvere. Dovrò farle evanescere e ricrescere»

Trauma cranico.
Ossa in polvere.

Quelle parole continuarono a martellare nella testa della Weasley come un tarlo. Non avrebbe mai pensato che Jodie fosse capace di simili atrocità. Era una stronza, quello sì, ma non credeva fosse un’assassina.
Arrivati in infermeria, l’odore di disinfettante le riempì le narici fino a provocarle un conato di vomito.
L’infermiera fece levitare Hugo dalla barella ad un letto e, con un colpo di bacchetta, chiuse le tende intorno, intimando a tutti di uscire, compresi i parenti. James trascinò fuori Rose a fatica, intenta a imprecare contro tutto e tutti, lui compreso: si beccò perfino una gomitata fra le costole cercando di impedire che prendesse a calci la porta dell’infermeria, chiusa a chiave.

 

**

 

Due ore dopo, le porte dell’infermeria si aprirono.
Rose era sdraiata sul pavimento, con la testa poggiata in grembo a James che le accarezzava delicatamente i capelli e non voleva saperne di entrare nella stanza. Dopo aver passato quasi due ore a dimenarsi era collassata al suolo, stremata.
«E’ morto» Continuò a ripetere con un filo di voce, rannicchiandosi sempre di più.
«L’infermiera non è uscita a chiamarci, è morto. Giuro che strapperò gli occhi a Malfoy e compagnia e li darò in pasto ai troll di montagna. In seguito appenderò le loro teste ai lampadari della Sala Grande».
«Non sarò certo io a fermarti. Entriamo a vedere come sta Hugo, ci starà aspettando» James incoraggiò per diversi minuti Rose, finché non si decide ad alzarsi e ad entrare.
E infine lo vide: il corpo ricoperto al settanta per cento da garze, il volto macchiato da enormi ematomi viola. Si avvicinò a sfiorare le chiazze come se potesse guarirle attraverso il contatto umano.
Poco dopo l’infermiera entrò per aggiornarli sulle condizioni del ragazzo: la donna gli aveva somministrato numerosi medicinali e pozioni, facendolo cadere in uno stato di incoscienza perenne, affinché non soffrisse durante il processo di guarigione.
L’aveva definito “coma farmacologico”, un metodo usato dai babbani, ma ottimizzato con metodi magici.
Nonostante l’infermiera fosse stata chiara sul fatto che Hugo non si sarebbe svegliato prima di quarantotto ore, lei non aveva accennato a voler lasciare la stanza, per paura che si svegliasse e non la vedesse.

 

**

 

Nel pomeriggio vi furono diverse visite: Lily portò una decina di scatole di gelatine tutti gusti+1 per Hugo, che avrebbe mangiato volentieri al risveglio e una tazza di succo di zucca e un muffin per Rose, che tuttavia rimasero sul tavolino ai piedi del letto.
Sua madre e suo padre si precipitarono il prima possibile e passarono due ore con lui, dovendo poi tornare al lavoro, promettendo di ritornare il prima possibile.
Diversi amici di Hugo fecero un salto fra una lezione e l’altra lasciando parte delle loro scorte di dolciumi e perfino Zabini si trascinò in quel girone infernale: con una gamba ingessata e una spalla slogata nell’intento di proteggere suo fratello, aveva ancora le forze per sorridere e preoccuparsi per lei.  
Quando infine tutte le visite si esaurirono e iniziò a credere di poter rimanere da sola con i suoi pensieri, qualcuno busso alla porta. Voltandosi per vedere chi fosse riconobbe, nascosto nell’ombra, suo cugino Albus.
«Mi chiedevo quando saresti venuto» Mormorò lei.
«Ho avuto da fare» Avanzò incespicando verso il letto del cugino.
«Ha a che fare con l’occhio nero e la gamba zoppicante?» Non poté fare a meno di notare le unghiate e il vistoso segno circolare intorno al suo occhio. Anche da diversi metri era possibile distinguere perfettamente il segno delle nocche appena più su del sopracciglio.
«Già» Istintivamente, si coprì il viso con una mano, mostrandole il profilo meno sfigurato.
«Non avrai fatto a botte con Jodie spero. Quelle unghiate sembrano opera sua». Al pensiero abbozzò un sorriso. Ma lui non sembrò dello stesso avviso: i suoi occhi si rabbuiarono ulteriormente e la sua pelle impallidì fino a diventare quasi trasparente.
«Veramente con Price. Ce l’avevo in pugno, quel verme! Finchè non è intervenuto il resto del gruppo. Non fosse stato il resto della squadra sarei anch’io ospite dell’infermeria» Mimò la sequenza con cui aveva steso Price e assestato un paio di colpi agli altri prima di essere messo k.o. a sua volta.
«Ti farai espellere» La rossa scosse la testa e sbuffò, rassegnata.
«Allora sarò in buona compagnia. Quando si è saputo del casino al campo di quidditch si è scatenato l’inferno. Scoppia una rissa ogni dieci minuti fra Grifondoro e Serpeverde. E’ caccia alla biscia… senza offesa» Precisò Albus alzando le mani per coprire il viso da un eventuale colpo.
Il lieve sorriso sulle labbra di entrambi fu ricoperto da un velo di gelido silenzio.
«Rose..io..mi dispiace per quello che è accaduto nell’aula di pozioni..» Balbettante, il Grifondoro non osò guardarla in faccia, preferendo fissare il cugino addormentato. Rose gli accarezzò il dorso  della mano, stringendola delicatamente e accennandogli un sorriso garbato e comprensivo.
«E’ acqua passata. E se ti fa stare meglio, anch’io ci ho fatto un pensierino» Ammiccò furtivamente, mostrando poi tutti e trentadue i denti n un sorriso smagliante. Lui la faceva stare meglio.
Albus le strinse a sua volta la mano, sospirando. Si era tolto un enorme peso dalle spalle, che da giorni non lo faceva dormire.
«Ed ero bravo?».
«Discreto».
«Come minimo mi sono meritato un “Oltre Ogni Previsione”».
«Io direi più una T di “Troll”».
«Ma davvero? E tu ti meriteresti una T di t.. » Un cuscino gli volò in faccia interrompendo la sua battuta. Pensò di averla offesa, ma quando se lo tolse dagli occhi la vide ridere spensierata.
«Chi sei e che ne hai fatto della temibile Rose Weasley? ».
«Credo di averla sedata un paio di pillole fa» Gli mostrò un blister trasparente pieno di pillole bianche.
«Sono antidolorifici. L’infermiera ha dimenticato di chiudere l’armadietto e ne ho approfittato».
«Pensavo ci volesse di più di un paio di pillole per renderti simpatica» La schernì lui.
«Hey! Io sono sempre simpatica! ».
«Certo, come l’eventuale prole di Patel e un dissennatore!» A quel punto Albus ricevette un pugno su una spalla e un’espressione di falso odio da parte di Rose: era bastata un’occhiata perché il suo cuore perdesse un colpo. Solo la risata di lei gli fece riacquistare lucidità.
«E non fare quella faccia da vittima.. » Lei gli cinse le spalle con un abbraccio, senza accorgersi del fremito che il contatto con la sua pelle gli aveva provocato. Continuò invece a ridere di gusto. Ridere per dimenticare, ridere per non piangere. Serrò le palpebre e rise finché non ebbe più fiato e quando smise, con lo stomaco dolorante per gli spasmi, aprì gli occhi e trovò davanti a sé il viso del ragazzo a pochi, impalpabili millimetri.
Il respiro le si fermò in gola: rimase pietrificata dallo sguardo abbaglianti del ragazzo, i suoi occhi color del ghiaccio che la bramavano intensamente.
Albus scambiò il suo silenzio per un consenso : attirò a sé con un braccio i fianchi della ragazza, mentre una mano affondava nei suoi boccoli scomposti.
Rose sospirò profondamente quando incontrò le sue labbra, calde e delicate, quasi avessero paura di farle male, in netto contrasto con le sue, nervose e bramose di esplorarlo, di sguazzare dentro di lui fino a rimanerne stremata.  Avvampò sempre più ad ogni tocco, mentre le dita di lui le provocavano fremiti di piacere in tutto il corpo.
Sentendosi sicuro, il Grifondoro si avventò con maggior foga sulla rossa: le mani scesero velocemente lungo i fianchi, fino ad insinuarsi sotto l’orlo della divisa, a sfiorare il suo corpo, così liscio e sodo.
La sua pelle pallida e fredda bruciò a quel contatto. Fu a quel punto che, come scottata, si staccò da lui, frapponendo fra loro un buon metro di distanza. Osservò Albus inorridita da quello che stava per accadere in quella stanza.
Il freddo invasenuovamente i punti in cui, fino a pochi secondi prima, si erano posate le mani di lui.
Si accarezzò furtivamente le labbra con incredulità, mentre Albus, avvilito, la guardava dall’altro lato della stanza.
«Non possiamo farlo, Albus. Tu..io..noi.. » Questa volta fu lei a balbettare frasi insensate sotto lo sguardo imperioso di Albus.
«E’ sbagliato» Sentenziò. Ripudiò con forza ogni sentimento che cercava di emergere, trattenendo quello tsunami di emozioni che voleva solamente riversarsi su di lui, usandolo per dimenticare ogni problema. Avrebbe potuto, se non avesse avuto un briciolo di cuore. Ma teneva troppo a lui e non sapeva se le sarebbe sopravvissuto, una volta passata la tempesta.
«Non se lo vuoi anche tu. E so che lo vuoi, l’ho sentito!» Si accanì contro di lei, colmando nuovamente la distanza e afferrandole una mano, che lei ritrasse subito.
«Non hai sentito nulla, Albus. Era solo un bacio..».
«Dimmi che non hai provato quello che ho provato anch’io. Che il cuore non ha smesso di battere neanche un secondo, perché non ti credo».
«E’ stata una brutta giornata, avevamo entrambi bisogno di calore umano» E forse era vero. Guardandolo negli occhi, le sembrò invecchiato di cent’anni, sotto il peso dei sentimenti. Sarebbe finito schiacciato se avesse infierito.
«DIMMELO!» Urlò e il suo eco risuonò a lungo fra le ampie pareti dell’infermeria.
«Non ho provato niente» Fu lapidaria e l’unico sentimento che trapelò dal suo viso fu l’indifferenza.
«Chiaro. Certo. Grazie per la sincerità» La voce ridotta d un sibilo stanco, come se quel bacio gli avesse risucchiato le energie. Fece dietrofront e, prima di allontanarsi, ribaltò il tavolo ai piedi del letto di Hugo, facendo volare via le scatole di gelatine che si sparsero come un carnevale in festa sul pavimento. Infine, esausto, marciò fuori dalla stanza, senza voltarsi mai indietro.

 

**

 

Accovacciata accanto al letto, il viso nascosto fra le pieghe del lenzuolo madido di lacrime di rabbia e sudore, Rose aspettava inerme che il fratello si svegliasse. Erano passate ore dall’ultimo contatto umano e quel silenzio lugubre cominciava a soffocarla.
Ormai era notte fonde e nell’infermeria della scuola erano calate le tenebre, animate solamente dai respiri lenti e pesanti dei suoi ospiti e dalla flebile luce di candele.
Cercò la mano di Hugo tastando le lenzuola alla cieca, intrecciando le sue dita a quelle del fratello, infine si voltò ad osservarlo mentre dormiva beatamente.
Nonostante tutto lo invidiava: era in un mondo suo, lontano anni luce da persone che potessero fargli più male di quanto già non gli avessero procurato.
Scrutò quello strano marchingegno, la flebo, conficcata nel braccio, rilasciare liquidi per un tempo lunghissimo e inesorabile.
L’avevano attaccato a quell’arnese per alimentarlo e di lì a qualche ora l’infermiere del turno di notte sarebbe tornato a cambiarla.
Per l’ennesima volta il suo stomaco brontolò. Avrebbe avuto bisogno di mangiare qualcosa, ma non voleva lasciare solo suo fratello. Attese così che l’infermiere del turno di notte entrasse in servizio, prima avviarsi al passaggio segreto per le cucine.
Attraversò i corridoi bui evitando quelli principali, camminando sempre nell’ombra per non farsi scoprire dal guardiano, un omuncolo che avrebbe urlato “al fuggiasco”, fino a svegliare ogni studente nel castello.

Attraversando il quadro di Lord Montgomery si ritrovò a gironzolare fra le dispense dell’enorme cucina.
Avrebbe potuto mangiare qualunque cosa invece, dopo un’accurata ispezione del perimetro, si avventò sull’armadietto del capo chef, l’unico non elfo ad usufruire di quello spazio, che era risaputo nascondesse sempre un paio di bottiglie di liquore.
Scassinò il lucchetto babbano con una forcina per capelli e tirò fuori la bottiglia di Gin.
«Bingo» Non era certo la prima volta che rubava dalle scorte dello chef; era stato lui a rivelarle, un paio d’anni prima, del suo vizio del bere sul lavoro.
Si defilò in una manciata di secondi, il bottino nascosto sotto la maglietta. Una volta fuori, scelse, come luogo predestinato al suo imminente collasso, la torre di Astronomia.
Lì, lontana dall’infermeria, dalla sala comune e da docenti e piantagrane, lasciò che il baratro prendesse il sopravvento.

 

**

 

Boom.

Il rumore di ferro caduto sul marmo echeggiò per i corridoi.
Il ragazzo si mosse per i corridoi bui seguendo il tonfo sordo.
«Lumos » Quello che la luce gli rivelò fu più sconcertante di quanto potesse pensare. Si diede un pizzicotto sull’avambraccio per controllare che non stesse ancora dormendo.
A terra, fra i resti di un’armatura smontata, c’era Rose, che si rigirava fra le mani quella che doveva essere l’asta della bandiera sostenuta dall’uomo di latta.
«Albusss! Sono inciampata e caduta su questa..cosa! Hai avuto paura vero?» Gli riservò un sorriso scomposto, come se parte della sua faccia fosse paralizzata.
Si tirò su goffamente, appendendosi alla parete più vicina, restando a stento in piedi.
«Che ci fai qui, a quest’ora di notte? Stai bene?» Nella sua voce risuonò una nota di preoccupazione e di ansia trepidante. Che fosse lì per lui? Non ci sperava.
«Mai stata meglio! Dai un abbraccione alla tua Rosie!» Scagliandoglisi addosso perse l’equilibrio e si abbatté contro di lui, sbilanciandolo. Albus la sostenne per miracolo, impedendo ad entrambi di cadere ruzzoloni sul pavimento. La bacchetta rotolò ai suoi piedi, lasciando i due nella penombra.
L’odore di alcol fu la prima cosa che percepì: era così forte da fargli pizzicare il naso e gli occhi.
«Puzzi come una distilleria».
«E’ l’odore dell’infermeria!» Un sorriso sornione  comparì sul suo viso, certa di averla fatta franca.
«Non sapevo che usassero della vodka sui pazienti» La schernì lui.
«Era Gin, non vodka. Ma forse non dovevo dirtelo!».
«Come se facesse differenza» Afferrandola per i fianchi la issò lentamente su una spalla, sperando che non vomitasse sulla sua spalla.
«Dove andiamo?» Cantilenò lei, divincolandosi malamente.
«Ti riporto al dormitorio».
«Non voglio andarci..ho sonno! Resta qui con me!» Biascicò, stringendosi a lui con braccia e gambe. In ogni caso, come avrebbe fatto a farla entrare nella sua sala comune, se non sapeva dove fosse esattamente? Non poteva certo girare a vuoto, affidandosi all’istinto di un’ubriaca.
Fu in quel momento che un lampo di genio lo fulminò: l’avrebbe portata nella sala comune dei Grifondoro.
A notte fonda non se ne sarebbe accorto nessuno.
«Se mi beccano è la volta buona che vado a dare la caccia agli gnomi nell’orto di nonna Molly» Rabbrividì alla sola idea.
«Va bene, vieni con me» Raccolta la bacchetta e nascosta la bottiglia di gin, si diresse furtivamente al suo dormitorio.
«Come mai sei in giro a quest’ora? Andavi dalla tua ragazza?» Non voleva dirle che era lì perché non riusciva a dormire per colpa sua.
«Non ho una ragazza».
«E perché? Sei un cosììì bel ragazzo! Ah, HO CAPITO!» Gridò all’improvviso, quasi avesse fatto una grande scoperta.
«Abbassa la voce, o sveglierai tutti!».
«E’ perché tu mi ami, ma io..ahah..non ti voglio! Come Darren..lo conosci? Anche lui è innamorato di me da anni, ma non amo nemmeno lui..lui non sa che io lo so, perciò SSSH,è un segreto!» Ecco spiegato perché si è preso un paio di bolidi in campo questa mattina pensò.
Le sue parole furono più dolore si un pugno alla bocca dello stomaco. Respirò a fatica, e non per via del peso che doveva trasportare.
Il tragitto proseguì in un silenzio religioso finchè, dopo diversi minuti, non raggiunsero la stanza in cui dormiva Albus. Era vuota: i suoi compagni di stanza avrebbero passato la notte a fare baldoria da qualche parte, rientrando solamente la mattina seguente.
«Dormi con me?» Non aspettò una risposta da parte del cugino: lo trascinò nel letto con lei e si accoccolò contro di lui.
«Grazie, Alb» Stampò un bacio sulla sua guancia, che andò in fiamme. Infine si voltò dandogli la schiena. Lui l’abbracciò, stringendosi a lei e posando il naso fra la sua chioma rossastra che, nonostante tutto, odorava di buono.
«Rose? Di chi sei innamorata?» Non resistette all’impulso di chiederglielo.
Troppo tardi: la ragazza era caduta fra le possenti braccia di Morfeo. E a lui non resto altro da fare che mettersi il cuore in pace e chiudere gli occhi.

 

 

NOTE:

Innanzitutto, mi scuso per il ritardo nel postare, ma causa vacanze non ho avuto una connessione che mi permettesse di continuare la storia (nè, tantomeno, il tempo). Avviso che la storia subirà un piccolo rallentamento, ma assicuro un post alla settimana.
Ringrazio inoltre recensori, lettori e chi ha aggiunto la storia fra le-preferite-ricordate-seguite e invito tutti a lasciare un commento al fine di farmi sapere cosa ne pensate.
Al prossimo capitolo.

   
 
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