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Autore: Fannie Fiffi    08/08/2012    6 recensioni
Ok questa è tipo una follia perché non porto a termine mai niente, ma va bè!
Gli avvenimenti sono tutti collocati verso il finale della terza stagione, ma le cose potrebbero andare diversamente. L'inizio della storia fra l'originale Klaus e la vampira Caroline. Vi posto una parte del 1° capitolo:
E così voltandomi le spalle se ne andò. Klaus se ne era veramente andato, come mi aveva detto e mentre osservavo l’ibrido non potei fare a meno di chiedermi se e quando lo avessi rivisto. Perché quei dubbi, se tutto ciò che io e i miei amici volevamo stava accadendo? Perché sentivo quello strano sentimento sconvolgermi il petto e trasmettermi l’impulso di seguirlo?
Dal capitolo 11:
« Forse dovremmo rientrare. » spezzai il silenzio.
« Tu vuoi? »
« No» dissi alzando lo sguardo per fermarlo nel suo.
Lui annuì sorridendo.
« Perché mi hai detto che te ne saresti andato da Mystic Falls e poi sei rimasto? »
« Le prospettive cambiano. »
« Non è una risposta. »
« Non volevo lasciarti. »
Oh, questa si che lo era. Rimasi interdetta per un attimo, poi continuai, decisa ad ottenere le mie tanto agognate risposte.

Avviso importante: potrebbe contenere tracce di OOC.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Heaven's in your eyes.

Pov Caroline



« Caroline? Caroline! » una voce piuttosto irritata chiamava il mio nome. Aprii gli occhi di botto, pentendomene all’istante. Elena aveva appena aperto interamente la tenda della mia camera, facendo entrare la luce calda di quella mattina. Io, a pezzi per la sbronza della sera precedente, mi tirai la coperta fin sopra la testa.

 
« Andiamo tesoro, è mezzogiorno! Sai che la Domenica è giornata di shopping. Forza, ti ho portato la mia crema contro le occhiaie. Fa miracoli. » suggerì la mia amica, massaggiandomi la spalla attraverso la stoffa.
« Non mi sento bene, non ho voglia di uscire. Ho un mal di testa atroce. »
« Nemmeno se ti dico chi ho visto oggi mentre venivo da te? »proferì Elena con un tono preoccupato.
Mi scoprii la faccia.
 
« Forse, potrei…  »
 
« Klaus. » confessò preoccupata. Appena udii il suo nome (anche se ero già sicura che fosse lui) scattai in piedi e corsi in bagno, chiudendo la porta a chiave.
 
Mi guardai allo specchio. Occhiaie violacee si ergevano sul mio viso, gli occhi rossi erano gonfi e la testa mi pulsava come un martello pneumatico. D’un tratto, ricordai. Lo avevo visto, ci eravamo parlati. O almeno lui aveva tentato di farlo. Io mi ero limitata a guardarlo. Poi avevo visto lei. Non ricordavo molto bene il suo volto, ma immaginai dovesse essere molto più della perfezione. In fondo lui aveva sempre il meglio del meglio, come spesso aveva dichiarato.
Ma come si permetteva? Prima mi rapiva, poi mi mostrava un lato di sé di cui non sapevo nemmeno l’esistenza e ora si ripresentava a Mystic Falls a turbarmi la vita e per di più con una gallina da quattro soldi. Cos’avevo fatto per meritarmi tutto questo?
L’incessante bussare di Elena e il suo urlare il mio nome  mi riscosse dai pensieri. Dovevo farle smettere di bussare o la mia testa sarebbe esplosa. Mi legai i capelli alla meglio e uscii dalla camera.
 
« Scusa, dovevo andare in bagno.  » mentii spudoratamente.
« Caroline Forbes, non mentirmi mai più. Cosa ti succede? Da quando sei tornata sei strana.  »
« Scusami Elena, hai ragione. Ma ci sono ancora molte cose che non potresti capire. Ora devi lasciarmi sola, ho molte cose da sbrigare. Prometto che ti dirò tutto. Prima o poi…  »
Non le diedi nemmeno il tempo di controbattere che eravamo già all’ingresso di casa mia e pochi secondi dopo lei era fuori. Mi lanciò uno sguardo dispiaciuto e se ne andò.
Grandioso, come se non avessi abbastanza cose da risolvere, pensai abbattuta.
Non volevo certo tener fuori Elena dalla mia vita e non volevo nemmeno continuare a tenerle nascosta la verità. Ma avevo paura del suo giudizio, di quello che avrebbe potuto dire o fare. Se solo avesse saputo quello che era successo fra me e il nostro eterno nemico, mi avrebbe odiata.
 
Scossa da quei brutti pensieri, tornai indietro. Passando per il corridoio osservai il mio riflesso allo specchio. Pessimo.
Abbassai lo sguardo, sconfitta, e arrivai in camera mia. Un’ombra possente se ne stava sdraiata sul mio letto. Appena focalizzai chi fosse, le ginocchia tremarono, come se volessero staccarsi dalle gambe.
 
« Buongiorno. »
 
« Klaus? Da dove sei entrato? »
Il biondo fece un ghigno divertito per poi fare un cenno verso la finestra.
 
« Sei l’evoluzione cattiva di Edward Cullen? Non ti facevo tipo da bad romance. » chiesi scettica.
 
« Sebbene mia sorella sia fan sfegatata della saga, preferisco ritenermi unico nel mio genere. Non copierei mai un tale rammollito.  » disse lui.
 
« E poi, » aggiunse impertinente, « non volevo turbare la dolce Gilbert. Scommetto che non le hai ancora detto di noi. »
 
« Smettila, non c’è nessun ‘noi’ di cui parlare. L’hai detto tu stesso. » dissi duramente, ricordando(mi)gli la nostra ultima chiacchierata.
Il suo sguardo si fece improvvisamente serio e si avvicinò a me. Pericolosamente, direi.
 
« Mi dispiace. » le sue parole sembravano sincere, ma io non lo guardavo negli occhi. Avevo paura di sapere cosa si nascondeva in quelle iridi attente, osservatrici.
 
« Per cosa, esattamente? » iniziai a torturarmi le mani, in preda a un nervosismo inaudito.
« Per tutto. Per il mio comportamento, per essere rimasto qui.»
« Non vedo perché tu debba dispiacerti di qualcosa che hai deciso tu stesso. Se non volevi che le cose andassero così, potevi evitarlo. Se fossi in te riconsidererei la mia posizione. »
 
Ero furiosa.
 
« Ieri sera, quando ci siamo incontrati… »
« Ero ubriaca, non ricordo niente. » troncai freddamente.
Lui portò gentilmente due dita sotto il mio mento per alzarmi il viso mentre io rabbrividivo al suo tocco.
« La ragazza che era con me… »
« Non sei tenuto a darmi spiegazioni sulla tua vita personale. » dissi flebilmente, ma convinta.
« Potresti smettere di interrompermi? » la sua voce si alzò di qualche tono, svelando il suo solito modo da dittatore.
Non dissi niente, lo guardai sprezzante e gli feci un leggero cenno per proseguire.
 
« Lei è una vecchia amica. È una vampira piuttosto anziana, ma non si direbbe a vederla. »
Ammise sorridendo, come al pensiero di un ricordo felice. Ma bene, era anche una vampira.
« Il suo nome è Shannon. L’ho incontrata circa duecento anni fa. »
« Cosa c’è tra voi? » la domanda che fin dalla sera prima mi ero posta, era sfuggita dalle mia labbra senza che me ne rendessi conto. Lui se ne accorse.
« Lei è molto simile a me. È sempre riuscita a capirmi, fra noi c’è stata sin da subito una forte empatia. Per me è molto importante… » immaginai che questo fosse il massimo che potessi ottenere. Dopo tutto, la difficoltà che provava nel parlare di sentimenti era tangibile nell’aria.
« E averla rivista dopo tanto tempo ha scombussolato i miei piani. » ammise Klaus.
« Perché? »
« Perché c’era qualcun altro nella mia mente. » e così dicendo fermò i suoi occhi nei miei. Come sempre durante quegli incontri clandestini di sguardi, io ebbi paura. Non di lui, però, ma di me. Non sapevo mai cosa avrei fatto.
Lui si avvicinò, sempre senza spostare il suo sguardo dal mio, fino a che i nostri corpi non si sfiorarono. Mi sentii come una preda che è perfettamente consapevole dell’avvicinarsi della propria fine. Senza scampo, indietreggiai ancora fino ad incontrare la parete fredda della mia stanza.
Il suo sguardo variò in un attimo, da assorto a stralunato.
« Questa è la terza volta che il tuo inutile fidanzato ci interrompe. Non vorrei proprio essere costretto a fargli male. »
Effettivamente, durante il suo avvicinarsi pericoloso e frenetico e il mio momentaneo stordimento, non avevo sentito i passi di Tyler sulla veranda e la sua voce che mi chiamava. Spostai velocemente lo sguardo fuori dal corridoio per captare qualche suo movimento.
Quando mi voltai nuovamente, ero sola nella stanza. Tirai un sospiro di sollievo, ancora sconcertata da quello che era appena accaduto. Mi sedetti sul letto, confusa e sconvolta dal turbinio di emozioni che mi scuotevano il petto. Perché reagivo così ogni volta che lui mi parlava o semplicemente mi guardava?
Come aveva suggerito Stefan durante la nostra chiacchierata, per me Klaus significava qualcosa. Mi costava molto ammetterlo a me stessa e ora che lo stavo facendo sentii qualcosa sgretolarsi dentro di me. La consapevolezza si fece largo e ormai non potevo più negare quello che stava succedendo: mi importava di Klaus. Avevo imparato da tempo ad essere sincera con me stessa e ora lo stavo facendo.
Non sapevo in che misura, quantità o maniera mi importasse di lui, lo sapevo e basta. Non potevo ignorare l’emozione che avevo provato nel vederlo poco fa in casa mia, davanti scuola e fuori il Grill. Sebbene amassi Tyler e questo era ovvio, e sebbene lui avesse certamente una ragazza, non potevo più fingere.
 
Due parti di me, egualmente grandi e nella stessa misura opposte, si diedero battaglia.
La prima, quella razionale, mi diceva di scappare finché ero in tempo. Ma scappare da cosa? Non si sfugge ai sentimenti. Quello l’avevo imparato a mie spese. Quella parte mi diceva, inoltre, di non fidarmi, di lasciar perdere, di rinunciare. Klaus mi aveva ferito una volta e aveva dimostrato di non tenerci a me, lo avrebbe potuto fare di nuovo.
L’altra parte, invece, lottava e scalciava con tutte le forze per opporsi alla razionalità. Era la parte di me che più mi aveva dato problemi, il lato da cui traevo la forza per andare avanti e per credere e amare le persone.Non puoi ignorare quello che c’è dentro di te. Sussurrava il Sentimento.
Prese voce anche la Ragione, poi. Lui ti farà soffrire. Non è in grado di amare come lo sei tu. Non ti merita. Se ne andrà. Lo ha già fatto! Non ci tiene a te, sta con la mora. 
 
In quel momento pensai alle sue parole nella nostra casa, a come si era rivolto a me. Alla sua opinione di me. Mi aveva davvero dimenticata in così poco tempo? Mi aveva mentito. Evidentemente non ero così importante come mi aveva fatto credere.
Eppure, le sue parole di poco prima mi tornarono alla mente, ancora vivide e vive. 
 
C’era qualcun altro nella mia mente.  Che cosa voleva dire? Cosa significava quel ‘passato’ ? cosa provava? Mi aveva chiaramente detto che stava con Shannon. Non c’erano speranze per me.
 
Almeno torna indietro e inventati un addio. 
 
I pensieri si annodarono uno con l’altro, la confusione si fece padrona della mia mente e io dovevo smettere di pensare, se volevo evitare che il mio cervello si squagliasse e colasse fuori dalle orecchie.
 
 
 
***
 
 
Pov Klaus
 

Ero stato solo per centinai e centinai di secoli e mi era sempre andato bene poiché ero sicuro che non sarei mai riuscito a trovare qualcuno alla mia altezza, qualcuno la cui esistenza fosse importante quanto la mia.
Ora, invece, mi trovavo davanti a una scelta.
Io! Io che avevo sempre avuto tutto chiaro. Io che avevo sempre visto ogni cosa o nera o bianca, senza mai coglierne le sfumature. Non avevo mai avuto problemi con le persone, tanto meno con le donne. Se volevo qualcosa (qualcuno), mi impegnavo un poco e riuscivo ad ottenerlo e non servivano nemmeno troppi sforzi. Ma come facevo ora ad ottenere quello che volevo, se non sapevo cosa fosse? Avevo negato, rinnegato, scacciato con tutte le forze di avere una debolezza, ma quella continuava a persistere.
La mia debolezza si chiamava Caroline.
Come se non bastassero tutti i problemi con lei, ora si aggiungeva anche Shannon. L’avevo incontrata per la prima volta anni prima, a Roma. Mi godevo uno dei miei tanti viaggi nel mondo quando lei era entrata nella mia vita d’improvviso. Era molto simile a me: impetuosa, passionale, folle, una vampira. Era una donna molto forte e non si lasciava condizionare da niente e da nessuno. Ci prendemmo subito e io le raccontai la mia storia. Fu molto colpita ma quello che mi piacque più di tutto fu che non provò compassione. Quando mi guardava, non lo faceva come si guarda un malato o un ferito, ma lo faceva come se guardasse un eroe, un vincitore. Era questo che mi faceva stare bene quando stavo con lei: era una continua vittoria. Ovviamente i litigi non mancavano. Ricordo ancora le nostra urla furenti e burrascose. Ricordo ancora meglio, però, le riappacificazioni istantanee che le seguivano. Non ci annoiavamo un attimo, sempre a litigare o a fare l’amore. Avevo bei ricordi di quel periodo nella capitale italiana. Vivevamo insieme in un piccolo appartamentino che si affacciava proprio davanti al Colosseo, uno degli spettacoli mozzafiato più belli che abbia mai visto.
Come tutte le belle storie, però, anche quella ebbe una fine. Una mattina mi svegliai e lei non c’era più. I suoi vestiti, le sue cose, erano sparite insieme a lei. Non ci soffrii molto, abituato com’ero all’abbandono, però la cosa scalfì un piccolo angolo del mio cuore morto.
 
Avevo avuto altre donne dopo allora, ma nessuna come lei e nessuna che mi avesse colpito con la stessa intensità.
Almeno fino a qualche mese prima.
 
Caroline era entrata nella mia vita in uno dei periodi più bui che avessi passato,e l’avevo sempre considerata uno spiraglio di luce. Era così pura, soffice,sacra. Mi ero sentito quasi in colpa, inizialmente, per aver deciso di contaminarla con tutto l’odio e la rabbia della mia vita. Non volevo rovinarla, eppure, constatai liberamente, era lei che aveva rovinato me.
 
Ed ora eccomi ad un bivio. Potevo tornare indietro, sulla strada di casa, ed essere sicuro di quello che avrei trovato. Oppure potevo continuare per quella strada sconosciuta, senza sapere dove e a chi sarei arrivato. Avevo le stesse possibilità di vincere o perdere. La mia predisposizione ad essere un buon calcolatore e allo stesso tempo un amante del rischio, non fu mai d’intralcio come in quel momento.
Per la prima volta dopo millenni, non avevo la più pallida idea di cosa fare.
 
 
 
« Ti fai un drink e non offri niente alla signora? » la voce suadente di Shannon interruppe i miei pensieri.
« Le mie scuse, lady. » la mora si avvicinò a me e si versò da sola lo scotch che stavo gustando. Bevve un sorso e poi, languidamente, si appoggiò al mio petto. Dio, quegli occhi…
Le sue labbra trovarono subito le mie, senza bisogno di dilungarci.  Mi impossessai della sua bocca famelica e fu un rincorrersi, un controllarsi e prendersi senza tregua. Il desiderio si fece ingombrante, tangibile e ossessivo, così la portai al piano di sopra, spegnendo il cervello e concentrandomi solo su quel momento.
 
 
 
 
 
*Commento.
Buongiorno a tutti! Come sempre vi ringrazio per recensire,inserire tra le preferite e le seguite e supportarmi costantemente <3
Allora, parliamo del capitolo. So che è un po’ più lungo rispetto ai precedenti, ma spero vi piaccia ugualmente. È molto introspettivo, poiché volevo descrivere bene la confusione di Caroline e Klaus. Ci sono riuscita? Vi sono piaciute le loro riflessioni? Fatemi sapere :D
 
Ps. Il ragionamento di Klaus potrebbe essere frainteso. Shannon rappresenta la strada sicura, di casa, perché lui la conosce perfettamente e sa come vanno le cose fra loro. La strada che, invece, è ignota e pericolosa rappresenta Caroline, perché lei per lui è ancora un mistero da scoprire.
 
Note:
- “Almeno torna indietro e inventati un addio.” È una citazione del fantastico film ‘Eternal sunshine of the spotless mind.’ (tradotto malamente in italiano con Se mi lasci ti cancello.)
 
- la Ragione e il Sentimento di Caroline sono tratti dall’omonimo romanzo di Jane Austen, un mito.
 
- Il titolo del capitolo è tratto dalla canzone Kiss Me, di Ed Sheeran. Sinceramente penso proprio che userò altre frasi di questa canzone nei prossimi capitoli, perché sembra scritta per il Klaroline.
 
- Il nome Shannon l’ho scelto per rendere onore alla protagonista di ‘Invisible Monsters’, un capolavoro di Chuck Palahniuk che io AMO alla follia. Per me quell’uomo è un genio. Mi piacerebbe inserire anche delle citazioni tratte dai suoi libri :)
  
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