Salve a tutti, chiedo immensamente scusa per la lunga
attesa, ma avevo perso
l’ispirazione e stavo quasi pensando di sospendere questa
storia, però ci tenevo tanto a pubblicare almeno il terzo capitolo e
così eccolo qui! Non so se
questa storia la continuerò, si vedrà… nel frattempo accontentatevi
di questo capitolo e fatemi sapere se è di vostro gradimento! Sono ben
accette anche le critiche negative. Vi auguro buona lettura! ^_^
RAGGIO DI SOLE
Cap. 3
POCHI MILLIMETRI…
Camminava, camminava lentamente in
direzione della cucina percorrendo il corridoio semi avvolto
dall’oscurità a causa dell’assenza di finestre o di una
qualsiasi fonte luminosa. Il suono dei suoi passi risuonava nel silenzio
circostante, ma a lei non importava, in quel momento era sola, libera di
pensare e riflettere su quello che era successo poco prima. Non riusciva ancora
a crederci, ma come era potuto accadere? Come aveva
fatto lei, la guerriera di Basiliade, ad essere
così imbranata da rovesciare il caffè addosso a Cedric,
come, come? In quel momento era morta di vergogna e avrebbe dato qualunque cosa
per poter sparire all’istante, ciò che
però non sapeva spiegarsi era il perché fosse arrossita
mentre, con molta delicatezza, passava quel panno candido sul volto di lui,
eppure sino a quel momento era sempre stata fredda e diffidente, non aveva mai
provato una sensazione simile, un’emozione così strana. Non aveva senso, non doveva avere senso… non riusciva proprio
a capire.
In quel momento i suoi
pensieri vennero interrotti da una fitta acuta alla
testa seguita da un forte bruciore agli occhi.
- Accidenti ho la testa che mi scoppia, tutta colpa della
stanchezza, ma devo resistere, non posso cedere proprio adesso… -
Dopo pochi passi era
giunta in cucina, aveva bisogno solo di una tazza di caffè
fumante, l’unica cosa in grado di tenerla sveglia in quel momento.
Decise di non dare importanza a quelle
strane emozioni provate poco prima, dopotutto non portavano a nulla, che senso
aveva continuare a pensarci e crearsi problemi inutili, meglio continuare la
sua convivenza con lui nel solito modo e aspettare che il libro degli elementi
si pronunci.
Cedric era arrivato in cucina poco dopo convinto di trovare Orube, ma la ragazza non c’era, probabilmente la sua
pausa doveva essere finita. Andò nel retro della libreria e la
trovò lì, seduta sul pavimento, appoggiata al muro. Il suo
sguardo luminoso appariva stanco e nello stesso tempo orgoglioso e fiero, nulla
a che vedere con lo sguardo dolce di poco prima. Forse era
stata solo una sciocca illusione sperare di poter riuscire in parte a
riconquistare la sua fiducia.
- Pensavo di trovarti in cucina, la tua
pausa dunque è già finita? -
- Si, direi
che è durata sin troppo ed è il momento di ricominciare a tenere
d’occhio il libro, non credi?! - il tono della sua
voce era freddo e distaccato.
- Forse hai
ragione… sai una cosa, mi piace la tua compagnia! -
- Fai poco lo spiritoso e comincia ad
abituarti alla mia presenza Cedric! -
- Oh, se è per
questo ci ho già fatto il callo! -
Si, non c’erano dubbi, sarebbe
stato molto difficile riconquistare la sua fiducia, ma doveva
assolutamente riuscirci in un modo o nell’altro.
Si vedeva lontano un miglio che da
molto non si concedeva un po’ di riposo, la sua resistenza era davvero notevole, ma Cedric sapeva che non
sarebbe durata in eterno, in un certo senso era quasi preoccupato per lei.
Dopo qualche secondo Orube decise di alzarsi e andarsi a sedere sulla poltrona
che era decisamente più comoda del pavimento e
l’argomento di conversazione cambiò.
Ma come poteva dire
che lui si stava integrando perfettamente in questo mondo, cosa glielo faceva
credere? Cedric odiava quell’argomento
perché gli ricordava costantemente il suo essere costretto a vivere come
un terrestre in quel mondo alieno, proprio come se fosse in una prigione.
Possibile che lei non capisse come si sentiva? Lui era sempre stato solo, stava
bene da solo, non gli era mai passato per la mente il
pensiero di integrarsi a quei terrestri insignificanti.
La conversazione venne
interrotta dal suono del campanello.
Lui andò a vedere chi fosse e lasciò Orube da
sola.
Quella poltrona era davvero comoda – forse se chiudessi solo per un attimo gli occhi mi sentirei meglio… tanto Cedric
non c’è e non può vedermi, poi appena arriva li
riapro… li chiudo solo qualche secondo… -
Ma il sonno arretrato ebbe il sopravvento e in poco tempo si
ritrovò tra le braccia di Morfeo.
- Ecco, scusa
l’interruzione… -
Cedric si era bloccato a metà frase non appena, aprendo la porta,
aveva trovato Orube addormentata sulla sua poltrona. Era così dolce… così bella, faceva
tenerezza vederla così.
Senza rendersene conto si era
avvicinato lentamente a lei, al suo viso così beato e rilassato. Una
ciocca di capelli scuri copriva in parte la sua guancia delicata e lui la
scostò da essa. Il cuore aveva ricominciato a
martellargli il petto, stava sudando freddo, era talmente vicino al suo volto,
alle sue labbra rosate che sarebbe bastato davvero
poco per baciarla. Era un pensiero assurdo, eppure la sua mente si stava
annebbiando ed era come se il corpo avesse una volontà propria.
Lentamente avvicinò le sue labbra a quelle di lei, pochi centimetri e le
avrebbe sfiorate, POCHI MILLIMETRI…