Fanfic su attori > Logan Lerman
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Autore: valah__    08/08/2012    2 recensioni
Cosa fareste se risvegliandovi dopo un anno di coma vi accorgeste che la vostra vita è completamente cambiata?
Questa è la situazione che si trova a vivere Juliet, la quale cercherà di ricostruire la sua vita e di salvare un amore tormentato con Logan...
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il paesaggio si muoveva veloce fuori dai finestrini della mia auto mentre con il piede premevo ancora un po’ il pedale. In quel momento non avevo una meta, ma l’idea di allontanarmi da tutto e tutti mi piaceva e parecchio.
Era passato un mese dall’episodio della barca e da allora non avevo più rivisto e sentito Logan e la sua barca. Lui, d’altronde era tornato quella mattina a Beverly Hills dopo un mese di lontananza da casa per via delle riprese del film e dalle undici il mio cellulare non aveva smesso un attimo di squillare. Così avevo preso l’auto approfittando che i miei genitori erano via per lavoro dall’altra parte del Paese e da tre ore non avevo smesso un istante di guidare.
Los Angeles e il mare erano sparite dallo specchietto retrovisore già da qualche ora, quando oltrepassando la scritta ‘Las Vegas’ decisi di fermarmi ad una tavola calda.
-Che c’è?- chiesi rispondendo al telefono che squillava.
-Stavi forse inseguendo quello che ti aveva rubato il cellulare? No perché sono quattro ore che non rispondi al telefono- disse la voce nervosa di Logan dall’altro capo.
-No, stavo guidando- risposi scocciata. La verità è che non accettavo il ricevere un “non lo so” e un mese di assenza da un ragazzo con il quale speravo di riallacciare un rapporto. E proprio nella giornata del suo ritorno era ostinato ad intasarmi la linea telefonica.
-Ah! E dove sei ora?- mi chiese con altrettanta accidia. Esitai qualche istante, poi facendomi coraggio gli risposi.
-A Las Vegas- commentai con sicurezza, nello stesso istante in cui non sentii più il suo respiro per qualche secondo.
-E si può sapere che ci fai laggiù?- domandò alzando il tono della voce innervosito; a me veniva da ridere, ma la rabbia repressa dell’ultimo mese mi faceva restare seria.
-Pensavo di fare una vacanza. Oh! Guarda, ora devo andare!- dissi distaccando il telefono dall’orecchio, riuscendo a sentire però ancora la voce di Logan.
-Juliet, prova a chiudere la chiamata e…- chiamata terminata.
Riuscii a fare uno spuntino e a rimettermi in viaggio verso la città quando il cellulare ricominciò a squillare, ma questa volta era Candy.
-Tu vai a Las Vegas senza dire niente?- aveva già saputo e mi aveva già assordato le orecchie prima ancora che potessi aprir bocca.
-Oh, è probabile che questa sera sarò di nuovo a Los Angeles, o domani mattina- dissi fermando il telefono tra la spalla e l’orecchio.
Lei non perse fiato e tempo due minuti di chiamata mi aveva appena affidato il compito di trovare una camera per due a Las Vegas, dicendomi che  mi avrebbe raggiunta entro la mattina seguente.
La stanza non era male, certo non era un granché visto che il budget non era molto alto, ma per un paio di giorni sarebbe andata benissimo. L’albergo si trovava appena fuori dal centro cittadino, lontano dal caos tipico di Las Vegas e un piacevole silenzio era sospeso nell’aria; almeno fino al mattino successivo.
Ero immersa nell’acqua della piscina dell’albergo quando arrivando al bordo piscina notai Candy in piedi davanti a me che mi sorrideva.
-Ciao! Siamo arrivati!- urlacchiò facendomi segno di uscire dall’acqua. Appena mi sedetti sul bordo della piscina realizzai quello che mi aveva appena detto e sobbalzai.
-Siamo?- le chiesi, sperando che il mio incubo non si avverasse.
-Si, io e gli altri! Ci siamo tutti!- disse sorridendo, nello stesso istante in cui ero tentata di affogarmi da sola in piscina piuttosto di rivedere Logan, soprattutto dopo avergli chiuso la telefonata mentre stava parlando e dopo aver ignorato tutte le altre.
-Candy, come ti è venuto in mente?- le chiesi asciugandomi al sole. Lei fece spallucce.
-A dire il vero mi ha costretto lui, era vicino a me mentre eravamo al telefono ieri- disse –si può sapere cos’è successo che il vostro rapporto è mutato così dal giorno alla notte?- mi chiese sedendosi sulla seggiola vicino alla mia.
Dopo averle spiegato tutto l’accaduto lei si mostrò più comprensiva, anche se incredula. Non le avevo raccontato mai niente durante quel mese e questo l’aveva ferita.
Proprio mentre le stavo chiedendo scusa arrivarono anche gli altri, camminando in un gruppo disordinato che richiamava molto un branco di pecore.
-Accidenti, Juls. Che ci sei venuta a fare qui?- mi chiese Conor togliendosi le infradito dai piedi, pronto a tuffarsi in piscina –potevi almeno scegliere un albergo con una piscina più grande- continuò ridacchiando.
-Era tardi ieri sera. Ero molto stanca, non vedevo l’ora di andare a dormire- dissi guardando Logan in piedi dietro tutti. Stava a braccia conserte e nascondeva gli occhi con un paio di occhiali da sole.
Il gruppo si dileguò velocemente in acqua, facendo giochi di lotta e resistenza. Lui continuò ad ignorarmi per una mezz’ora buona quando decisi di rompere il ghiaccio.
-Beh. Sei venuto per tenermi il muso?- gli chiesi ruotando la testa verso lo sdraio su cui stava coricato in silenzio.
Lui fece un movimento della testa quasi impercettibile, poi sospirò.
-Ti sei comportata proprio da stupida- disse sicuro di sé. Mi aveva appena data della stupida e non sembrava esserne minimamente dispiaciuto.
-Ah! Ora sono io ad essermi comportata male!- dissi mentre lui si sedette velocemente e innervosito da coricato che era.
-Mi hai chiuso il telefono in faccia e hai ignorato tutte le mie chiamate. Sono arrivato a Los Angeles e la prima cosa che ho fatto è stata passare da casa tua dove tua mamma non sapeva nemmeno dove fossi. Eri sparita, stavi scappando da me!- disse portandosi una mano sul petto nudo; io roteai gli occhi.
-E tu non mi sembra abbia fatto i salti mortali per mantenere i contatti con me in quest’ultimo mese- dissi incrociando le braccia; lui esplose quasi in una risata irritata, poi tornò serio.
-Tu nemmeno- disse alzandosi gli occhiali da sole e io per la prima volta da quella notte in barca rividi il suo sguardo così attraente su di me.
-Si, ma non sono io quella che non aveva le idee chiare su di noi- commentai. Gli altri in acqua ormai si erano tutti messi ad ascoltare la nostra conversazione e quando me ne accorsi mi alzai in piedi –sai, io dall’incidente non sono cambiata di una virgola, i miei sentimenti non sono mai cambiati, ti amo come ti amavo la notte prima dell’incidente. Ma tu non mi sembri della stessa idea- dissi. Lui si zittì e non appena realizzai che avevo confessato di amarlo mi allontanai dalla piscina, rintanandomi nella mia camera, dove mi abbandonai al pianto.
Dopo qualche ora, o forse dopo solo qualche secondo qualcuno bussò alla porta.
-Juliet, possiamo parlarne per favore?- era la sua voce, ma io non avevo la minima intenzione di parlare con lui. Di cosa poi? Non c’era niente da discutere.
-No- dissi appoggiando la fronte contro la porta d’ingresso –non dobbiamo parlare di niente- continuai. Lui restò in silenzio qualche istante, poi mi passò un bigliettino sotto alla porta.
Afferrai il foglietto piegato in due e aprendolo lo lessi.
"Stanza 23, in fondo al corridoio. Quando vorrai ne parleremo"
E da quel momento calò di nuovo il silenzio.
Mi ci volle qualche istante per convincermi che eravamo entrambi lontani da casa e che quindi prima o poi ci saremmo incontrati in quell’albergo, così dopo essermi sistemata i capelli ed essermi lavata la faccia presi coraggio e uscii dalla mia stanza, dirigendomi verso la 23.
Quando bussai restai in attesa.
-Avanti- disse la sua voce. Feci un respiro profondo ed entrai chiudendomi la porta alle spalle.
 
  
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