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Autore: JulietAndRomeo    09/08/2012    2 recensioni
Io rimasi un attimo interdetta: Nick? Quel Nick? Il figlio di Jeremy? Il tipo che avevo odiato a prescindere?
Come se ci fossimo letti nel pensieroci girammo l'uno verso l'altra: «Cosa?»
«Sta zitto!», «Sta zitta!» urlammo all'unisono e continuammo: «Io?»
«Tu!»
«No!»
«No?»
«Si!»
«Smettila!» concludemmo.
questa è la prima storia che scrivo e l'ho fatto per un concorso letterario a scuola quindi non so neanche come è venuta: la pubblico perché mi piacerebbe avere un vostro parere, non so ancora quanto sarà lunga perché il concorso sarà a settembre quindi devo ancora finirla. E' un giallo/commedia perché non piacciono neanche a me le cose troppo pesanti da leggere quindi l'ho 'alleggerita'. Non vi chiederò un commento, quello deve essere a vostro buon cuore. Adesso vi lascio, buona lettura
Genere: Commedia, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il segreto di Tiffany.

 

Ero in viaggio da circa dieci minuti: all'ultimo momento, avevo deciso di portare con me anche i fogli e le foto che avevo trovato, con l'intenzione di fotocopiarli prima di tornare a casa.

Era tardi, è vero, ma Los Angeles è una città piena di vita notturna e si trova facilmente un posto dove poter fotocopiare qualche foglio.

Ci misi circa ventuno minuti per arrivare fino a Stanmoore Drive, dove viveva Jack e quando arrivai, parcheggiai davanti alla sua villetta.

L'8811 di Stanmoore Drive, ospitava una villetta di mattoni, con una scalinata che conduceva alla porta d'ingresso in muratura.

Salii la scala velocemente e suonai il campanello; passarono alcuni secondi prima che la porta si aprisse e apparisse Jack.

Era proprio come me lo ricordavo: alto, capelli neri, spettinati e occhi dello stesso colore. Si era fatto crescere la barbetta e ammetto che gli stava davvero bene, gli dava un'aria da uomo vissuto.

Il fisico, comunque simile a quello di una volta, era diventato più robusto, con qualche accenno di muscoli, ma nonostante questo i vestiti erano dello stesso stile di anni prima.

«Hey, Macy, come stai? È da tanto che non ci si vede!» esclamò Jack.

«Ciao, Jack, sto alla grande, tu?» dissi abbracciandolo.

«Anch'io. Vieni, entra, così passasiamo i tuoi filmati su DVD e parliamo un po' dei vecchi tempi».

«Grazie».

Entrai e mi accomodai su uno degli ampi divani del salotto di Jack.

«Bella casa, l'ultima volta che ti ho visto avevi una ragazza, vivi con lei?».

«Assolutamente no, l'ho mollata l'anno scorso, non eravamo compatibili» disse sorridendo.

«Mi dispiace, non volevo».

«Non preoccuparti, sono contento di averla mollata, mi stava ripulendo a furia di farsi comprare vestiti per i compleanni. Vieni, il convertitore è in questa stanza» disse facendomi stada verso una stanzetta.

La macchina non era niente di che: era un composto tra un videoregistratore e un lettore DVD collegati tramite qualche filo colorato.

«Sei sicuro che funzionerà e non mi fonderà le cassette?» chiesi incerta.

«Tranquilla, funzionerà alla grande».

Gli porsi le cassette e lui le sistemò in ordine sul tavolo: «Da quale vuoi partire prima?».

«Dalla più vecchia» risposi.

«Ok: 23 Giugno. Il filmato dura due ore».

Lui prese la cassetta e la infilò nel videoregistratore.

«Allora: che mi racconti? Per quanto ricordo, la tua vita non è stata mai noiosa» disse ridacchiando.

«Si, è vero» ammisi sorridendo: «Comunque niente di che, qualche caso qui e lì».

«Davvero? Nient'altro? Mi deludi, Macy, sei sempre stata un po' scavezzacollo, mi aspettavo inseguimenti, relazioni clandestine...».

«Stop! Non sono tipo da relazioni clandestine, oggi giorno mantenere i segreti è diventato difficile anche per i più bravi» ammisi: «Comunque, davvero, niente di che, ultimamente sto ospitando un amico e sto collaborando ad un caso con la polizia».

«Un amico? Ed io lo conosco?».

«No, direi proprio di no: si chiama Nicholas Black, lo hai mai sentito?».

«Neanche per sbaglio. Queste cassette c'entrano con il caso a cui stai collaborando?».

«Oh, no, sono solo cose che ho trovato e devo scoprire che sono».

«Sono del tuo amico?».

«No, se no non ci sarebbe stato bisogno di guardarle per conto mio, lo avrei costretto a dirmi che c'era registrato» dissi ghignando.

«Oh, si immagino!».

In quel momento il bip dell'apparecchio di fronte a noi risuonò acuto e ci informò che la copia su DVD era pronta. Jack mise l'altra cassetta e andammo avanti così, a parlare a cambiare cassette, fin quando non finimmo ormai a notte fonda.

«Senti, posso chiederti un ultimo favore?» chiesi incerta.

«Ma si, certo!».

«Non è che hai idea di dove potrei fare delle fotocopie all'una di notte, vero?» chiesi speranzosa.

«Per tua fortuna, quando sei arrivata stavo montando la nuova stampante con la fotocopiatrice incorporata. Se mi dai due minuti finisco di collegare i fili e innauguri la fotocopiatrice».

«Io ti adoro. Letteralmente, Jack, sei la mia salvezza».

«Non preoccuparti, se vuoi da bere di là c'è la cucina, io vado ad installare la stampante».

Annuii e mi diressi in cucina. Mi versai un bicchiere d'acqua e, dopo aver infilato una mano nella busta, uscii uno dei dischi: chissà che c'era scritto.

Non feci neanche in tempo a formulare un qualche tipo di ipotesi che Jack mi chiamò, dicendo che tutto era perfettamente funzionate.

Portai con me i fogli e ad uno ad uno, in pochi minuti, li fotocopiai tutti.

«Grazie, Jack, non so come avrei fatto senza di te» dissi una volta ch fui alla porta.

«Di niente, è stato un piacere. Torna a trovarmi presto, Macy».

«Contaci, amico!» dissi mentre salivo in auto. Lo vidi chiudere la porta di casa e sparire dietro le tende.

Tornai a casa e, dopo aver rimesso l'auto in garage, salii velocemente al piano superiore.

Tutto era silenzioso e le luci spente: tentai di salire le scale al buio, ma inciampai e, per tentare di non rompere niente di quello che reggevo, preferii cadere sbattendo con il fondoschiena.

Dopo essermi alzata e aver imprecato a volontà, mi trascinai fino in camera mia.

Mi lasciai cadere sul letto insieme alle buste, intenzionata a vedere i video e a leggere i documenti. Ovviamente, avrei fatto tutto questo in due sessioni: un giorno i documenti e un altro giorno i filmati, essendo questi ultimi di circa due ore ciascuno).

Decisi di partire con i fogli e le fotografie, essendo più veloci.

Alcuni fogli erano documenti dell'anagrafe: certificati di morte e di nascita.

I nomi sui documenti di morte erano cancellati con il pennarello nero, ma quelli sui certificati di nascita erano visibili: Tiffany Walker, nata il 5 Dicembre del 1990, a Denver, Colorado.

'Perché conservare il proprio certificato di nascita?' pensai.

C'erano poi documenti vari, attestati scolastici, un diploma a nome di Tiffany Walker e qualche certificato, dei curriculum e altri simili.

Avevo fatto fotocopiare anche qualche pagina di un libriccino che avevo notato tra le varie scartoffie: l'oggetto era poco più grande di un'agendina tascabile, foderato in pelle nera e aveva le pagine piene zeppe di numeri.

Analizzai le fotocopie di acune pagine, ma non capii molto, i numeri sembravano casuali: avevo provato con i codici di decodifica che conoscevo e nessuno si adattava a quei numeri.

Misi da parte quindi i fogli decretando che ci avrei pensato più tardi, a mente fresca, a decifrarli e passai alle fotografie.

La prima ritraeva la stronza rossa con alcuni uomini, tutti più grandi di lei, alcuni sulla cinquantina, altri sulla sessantina, ma uno di loro le somigliava particolarmente: aveva dei capelli corti e brizzolati, occhi piccoli e verdi, come quelli della ragazza, labbra carnose e naso aquilino. L'uomo aveva le spalle larghe e superava in altezza la rossa di pochi centimetri, forse due o tre. C'è da contare però che quella tipa era alta uno e ottanta!

Misi da parte quella e ne presi un'altra: in questa l'uomo di prima era ritratto insieme ad una donna dai capelli rossi, con gli occhi grandi e marroni, il naso lungo, ma dritto e le labbra carnose. La donna era esile e longilinea, sembrava quasi stesse per sparire, se non fosse stata incinta: di qualche mese, quattro avrei osato dire, e in effetti l'uomo era molto più giovane rispetto a com'era nella foto precedente.

Conclusi ovviamente che quella donna nella foto fosse la madre della rossa e l'uomo suo padre.

Tolsi di mezzo anche quella foto e ne analizzai un'altra: cinque uomini erano seduti ad un tavolo da poker, tutti avevano un sigaro, cubano ipotizzai, in bocca, le carte in mano, le cip sul tavolo e un'aria assorta, ma allo stesso tempo minacciosa, in volto.

Uno degli uomini era il padre della rossa e gli altri erano presenti anche nella prima foto.

Analizzai il resto della stanza in cui gli uomini si trovavano: sembrava piccola, o forse il tavolo era messo a ridosso del muro, perché quest'ultimo era molto vicino all'obbiettivo, sia da destra che di fronte. I giocatori non sembravano infastiditi dalla presenza di una sesta persona nella stanza che avrebbe potuto benissimo suggerire o aiutare qualcuno a barare, la ignoravano semplicemente.

'Bizzarro: sono giocatori di poker, e i giocatori di poker non vogliono rischiare che qualcuno veda il loro gioco. Allora perché non fanno caso alla sesta persona?' pensai.

La risposta arrivò semplice proprio come la domanda: la sesta persona, non capiva una mazza di poker.

Le altre foto invece erano scattate all'aperto, in mezzo alla natura: nella prima si aveva la vista di un balcone che si affacciava ad una finestra: tutti davano le spalle alla ringhiera e alla foresta, erano sorridenti ma non si toccavano tra loro, segno che non erano conoscenti, ma neanche tanto amici, la seconda invece era scattata in un prato verde e, a parte che la giornata fosse soleggiata e i soggetti in un luogo abbastanza lontano dalla città, date le pecore li vicino, non si poteva dedurre niente.

Una foto mi colpì particolarmente: era in bianco e nero e l'abbigliamento era parecchio diverso da quello delle altre foto: altri uomini, anche loro circa cinquantenni o giù di lì, sorridevano fieri all'obiettivo, ma non osavano sfiorarsi neanche per sbaglio: la congrega con gli anni era cambiata evidentemente, ma le regole erano sempre le stesse.

Riconobbi un ragazzino spettinato, con i capelli scuri, inginocchiato all'estrema destra di tutto il folto gruppo: il padre di Tiffany. Doveva essere in quel gruppo da parecchio tempo, probabilmente tra gli uomini della foto in bianco e nero si trovava anche suo padre, il nonno della rossa.

Non sprecai il tempo a cercarlo, non mi importava più di tanto, erano già le due di notte, quindi prima di andare a dormire misi tutto in un cassetto della scrivania e chiusi a chiave, riportai gli originali in camera della svitata, stando bene attenta a Miki-La-Bestiaccia e tornai di soppiatto nella mia camera.

La mattina seguente mi svegliai tardi, cosa insolita per me che tendevo a dormire poco di solito.

Aprii gli occhi e la luce di fuori mi investì in pieno: mi alzai e con un grugnito molto animalesco chiusi le tende.

Mi feci una doccia fredda per svegliarmi e far connettere la spina al mio cervello e mi vestii velocemente, intenzionata a scendere di sotto per chiamare Nick e chiedergli di non tornare troppo presto a casa.

Scesi di sotto e presi il telefono mentre la signora Smith mi dava il buongiorno e mi diceva che ieri Nick non era rientrato: «Si, lo so, mi aveva informata ha detto che avrebbe passato la serata con alcuni vecchi amici» mentii recitando la balla che avevo inventato e perfezionato il giorno prima.

«Non è tornata neanche la sua amica» disse la signora Smith sospettosa.

«Probabilemente si sarà persa e non ricordava neanche l'indirizzo, è sin troppo stupida» dissi con tono noncurante sparando la prima cosa che mi venisse in mente.

La donna sembrò non credermi, e non aveva poi tutti i torti, ma come se niente fosse andò via borbottando.

Ero arrivata a comporre metà del numero di cellulare di Nick quando mi bloccai: 'Che sto facendo? Gli sto chiedendo di portarsi in giro quella per tutta la giornata? Sono impazzita?'.

Scossi la testa e recuperai il senno: dovevo guardare quei filmati e per farlo dovevo essere sola, quindi dovevo chiamare Nick e dirgli di tenermela lontana per un altro po'.

Ma non potevo permettere che passassero altro tempo insieme, non era consigliabile, non solo Nick avrebbe potuto lasciarsi sfuggire qualcosa, ma mi dava anche fastidio!

'Cosa' disse una vocina gongolante nella mia testa.

«Il fatto che lei sia fuori a divertirsi e io qui a guardare filmini ovviamente!».

'Non ti sta obbligando nessuno' continuò la vocina.

«Smettila e sta zitta, sono obbligata dal buonsenso e sto parlando anche da sola, quindi chiudi il becco e taci per una buona volta!».

Aspettai qualche secondo, ma la vocina non si fece sentire più, così guardai il telefono con lo sguardo pieno di dubbi: 'Chiamo o non chiamo?' pensai: 'Chiamerò dopo! Così potrò farmi dire che cosa è successo e se hanno intenzione di passare il resto della giornata fuori, così avrò un po' di tempo per guardare quei filmati!' conclusi trionfante.

Misi giù il telefono e cominciai ad avviarmi verso le scale, ma non so né come né perché le mie gambe fecero dietro front e le mie mani riafferrarono la cornetta digitando il numero di prima.

«Che diavolo mi succede?» domandai a me stessa disperata.

'Te lo dico io che succede, tesoro, sei gelosa marcia e vuoi sapere che stanno facendo. Ecco che succede' disse quell'irritante vocina dentro la mia testa.

«Io non sono gelosa!» urlai.

La signora Smith si affacciò alla porta della cucina: «Macy, hai detto qualcosa?».

«Assolutamente no, non si preoccupi, signora Smith» dissi con la voce più falsa che mi potesse uscire.

Ovviamente lei non mi credette, ma come prima tornò in cucina senza dire una parola.

Nel frattempo il telefono stava squillando e, intenzionata ad attaccare prima che qualcuno rispondesse, stavo per abbassare la cornetta e rimetterla al suo posto.

Nick però rispose: «Si?» disse assonnato.

«Oh, ehm, Nick, sono io. Come va?».

«Come mai mi chiami con il numero di casa?».

«Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda e comunque ho avuto un incidente con il cellulare ieri».

«Fammi indovinare: lo hai lanciato per aria? Devi togliertelo questo vizio, le compagnie telefoniche stanno diventando ricche solo grazie a te» sussurrò.

«Fatti i cavoli tuoi, come è andata ieri?».

«Aspetta...» disse; sentii un fruscio e poi una porta che si chiudeva: «Che vuoi sapere?» disse parlando con un tono di voce normale.

«Come è andata ieri, cosa avete fatto e soprattutto cosa vi siete detti».

«Non credevo di essermi sposato, devo essermi perso il giorno del nostro matrimonio, Babù» disse ridacchiando.

«Smettila di fare l'idiota e non chiamarmi così» esclamai io che alla sua uscita ero diventata paonazza.

«Cosa vuoi che ti dica?».

«Che non le hai detto niente di niente, per esempio».

«Ok: non le ho detto niente di niente. Contenta?».

«Si se è la verità: lo è?».

«In realtà mentre ci divertivamo, non so se sai cosa intendo, qualcosa glil'ho detta e mi è sfuggito anche qualche grugnito qua e là...».

«Fottiti, Nick» dissi mentre attaccavo.

«Già fatto!» lo sentì dire prima di attaccare.

'Io gli spezzo le ossa appena lo prendo!' pensai imbufalita.

Scaraventai il telefono al suo posto e mi fiondai su per le scale, arrivai davanti alla porta della mia camera e, dopo aver preso il portatile e averci collegato le cuffiette, misi i DVD con i filmati accanto a me sul cuscino del letto e mi sedetti a gambe incrociate con il computer sulle ginocchia.

'E adesso rilassiamoci' pensai.

Inserii il primo disco e la prima immagine mi lasciò basita: la scrivania di Lewis al distretto di polizia.

   
 
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