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Autore: Lavi Bookman    09/08/2012    1 recensioni
- Mel? -
- Che c'è? -
[...]
- Riconosceresti me o Andrè? -
- Sei geloso? -
- Semplice curiosità... -
[...]
- Ok M... - Andrè si bloccò in cima alle scale e si riparò dietro al muro per non farsi vedere. Gli faceva male tutto ciò. Vedere la ragazza che amava abbracciata a suo fratello. Si chiese se non avesse magari ingigantito tutto e per un attimo volle crederlo con tutto se stesso. Eppure poteva vedere il dolore di Mel e Teo, poteva palparlo e lui si sentiva il coltello pronto a recidere ogni cosa.
La stretta di lei era così salda, e il suo pianto così silenzioso e così straziante. Si chiese come facesse Teo a non girarsi verso di lei per abbracciarla. Come facesse a resistere senza muoversi. Come potesse non piangere anche lui.
E poi se ne accorse.
Vide le lacrime di lui scendergli lungo le guance. Senza alcuna espressione dilaniante sul volto, senza nessun rumore. E rivide il vuoto nei suoi occhi. [Cap. 11]
La storia tratta l'incesto tra Mel e Teo, fratello e sorella. Tra problemi -ovvi- come le incertezze di lui, terze persone decise a rendere il tutto più complicato, incidenti e decisioni sofferte.
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Triangolo
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Era così complicato riuscire a districare i pensieri. Riuscire a convertire i suoni che sentiva uscire dalla gola dell'uomo davanti a se, convincendosi che le parole non fossero buttate lì a caso. Era conscio dell'espressione idiota che probabilmente aveva assunto il suo volto, e si stava chiedendo perchè il dottore ancora non gli avesse chiesto "ma davvero vai in giro con questa faccia?", ma anche se l'avesse fatto lui non l'avrebbe percepito. In un momento simile chiunque starebbe bene attento ad ogni singola parola che viene detta ed usata, a come vengono organizzati gli spazi all'interno delle frasi, le pause, i cali di tono, il ritmo della discussione, la voce con toni troppo alti, la posizione delle mani e dei piedi, le spalle ricurve o ritte, l'andare e venire del respiro nel petto, i movimenti delle labbra -se magari nascondono un sorriso-, se lo sguardo si ferma sui suoi occhi o è basso... Molte persone, tutti, si sarebbero soffermati a osservare e ascoltare tutto ciò. Ma lui no, ci provava, ci provava davvero a farlo, ma non riusciva. Era tutto così ovattato che riusciva a prestare realmente attenzione solamente al sangue che sentiva scorrergli nelle orecchie.
E Dio, Dio! Lui la amava. Fino al giorno prima si era detto che era un amore diverso, un semplice amore fraterno con qualche sfumatura in più, un amore semi-normale. Ed ora che lei era su quel tavolo mentre degli sconosciuti la toccavano molto più affondo di quanto avrebbe mai potuto fare lui, ora si accorgeva di amarla davvero. Questo non cambiava le cose in meglio, non lasciava che la loro storia -o qualunque cosa fosse- prendesse il volo, non significava matrimonio e tanti figli. Questo, peggiorava tutto.
Eva era riuscita a conquistare Adamo. Il serpente aveva conquistato Adamo. Eva e il serpente erano uguali.
- Ha capito cosa ho detto? -
Teo scosse la testa come per risvegliarsi da un'ondata di pensieri-informazioni troppo diretti, troppo poco lucidi e troppo difficili. Fece ingenuamente segno di "no" con il capo e trattenne la voglia di tirare su con il naso. Si sentiva un bambino, uno di quei ragazzini che tornano a casa da mamma e papà dopo aver fatto a botte a scuola e non si rassegnano a dire dove sono stati feriti, nonostante i loro tentativi di trattenere le lacrime siano inutili.
- Sua sorella non sta bene. Ma non sta neanche male... Avrà bisogno di cure, mesi e mesi di riabilitazione, e per ora non potrà muoversi dal letto, neanche dopo che verrà dimessa - l'uomo si soffermò, e per un attimo Teo pensò che avesse finito lì. Per quel secondo di tempo che intercorse tra l'ultima parola a quella successiva, si sentì sollevato. Non era grave. - Ma potrebbe aver perso la memoria. Avremo la certezza di questo entro poche ore, quando si sveglierà. -
Se possibile, crollò poco di più. Leggermente, con fatica, lasciò che anche l'ultima informazione si legasse alle altre trasformandosi entro pochi secondi in un qualcosa di astratto e irreale. E non avvenne. Rimase lì, in superficie.
- La memoria... Le tornerà? -
- Anche questo è da vedere. A lei e al ragazzo che vedo seduto lì in fondo - e fece segno con il capo per indicarlo - chiedo di avere tanta pazienza. -

Era tornato a sedersi da più di un'ora, e da più di un'ora Andrè era in silenzio a fissarsi le mani, scuotendo la testa di tanto in tanto.
- Perchè stai con Mel, nonostante tutto? -
- Tu, perchè ci stai? -
Colpito e affondato. Rimase zitto pentendosi di aver provato ad approcciarsi con lui. Ogni parola detta da quel ragazzo lo irritava, lo faceva infuriare, lo infastidiva, lo uccideva. Forse semplicemente perchè lui era il suo ragazzo, quel ragazzo che poteva stare con Mel davanti a chiunque e non si costringeva a non provare nulla per lei.
- Non sto con mia sorella... -
Andrè, lentamente, voltò il capo verso Teo e non parlò. Aveva gli occhi lucidi, ma non di quel lucido pre-pianto, piuttosto di quello post-pianto. Un pianto di chissà quanto tempo prima.
- Ci impiegai quattro mesi - disse improvvisamente e sorridendo lievemente. - Quattro mesi solo perchè lei la smettesse di evitarmi ogni volta che ci incontravamo.
Prima che si decidesse a farmi un sorriso, a chiedermi "come stai?". Quattro mesi. -
- E' sempre stata una ragazza difficile... -
- No, era ferita. Non è difficile, è ferita. E a me piaceva comunque, i suoi "no", le sue scuse per non uscire, i suoi "sono già fidanzata" non erano importanti. A me, comunque, andava bene... Poi un giorno mi chiamò ubriaca. Lei, ubriaca. Odiava l'alcol con tutta se stessa eppure si era ubriacata. Mi disse "ti amo", piangendo e aggiungendo qualcosa sul voler fare sesso con me in quell'esatto momento. -
E Teo rimase in silenzio, ascoltando. Avrebbe voluto in realtà urlare per soverchiare la voce dell'altro, oppure alzarsi e andare via, ma si costrinse a rimanere anche con il rischio che gli uscisse sangue dalle orecchie.
- Andai alla festa dove mi aveva detto che era. Sapevo di doverla trascinare via da quel posto con la forza, anche a costo di trasformare il suo "ti amo" in un "ti odio". Com'è ovvio, non era sola, e spaccai la faccia a quello che le era sopra sul divano. Io non ho molta forza, ma ci vollero tre ragazzi grossi il doppio di me per togliermi da quel tipo. Il risultato era il suo viso gonfio e sanguinante e il mio corpo ricoperto di ematomi e sangue forse neanche mio. La trascinai via, sentendola piangere dietro di me e la feci dormire con me quella notte. Non la toccai neanche per sbaglio. -
Teo abbozzò un sorriso, annuendo istintivamente con il capo. Sentiva lo sguardo del ragazzo bruciargli addosso.
- Come pensavo, tu sei davvero un bravo ragazzo Andrè... -
- Eppure quel ti amo avrebbe voluto dirlo a te, quella notte. -
- Non dire stronz... - e venne interrotto dalla risata isterica di Andrè che lo colse alla sprovvista, costringendolo ad alzare lo sguardo. Rideva tanto sguainatamente da mostrare al mondo le corde vocali. E notò gli occhi, notò il pre-pianto.
- "Teo casa" e "Teo cell". Prima della chiamata verso il mio numero, erano memorizzate queste due. Io, anche quella volta, ero solo un ripiego. -

Se lui era Adamo, e lei era Eva -o il serpente-, Andrè doveva assolutamente essere qualcosa di molto simile a Dio, un Dio che amava Eva con tutto se stesso e aveva punito lei e il suo amante per una sciocchezza come la mela solo per potersi allontanare almeno un po' dal loro amore sbagliato. Forse, la Genesi doveva andare rivista.


  
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