Disperati Senza Gloria
Prima lacrima
Make them believe you are the One
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale
Avvertimenti: Incompleta, parziale AU, Het
Raiting: Rosso
Universe: SSL- Sweet School Life
Personaggi: Kazama Chikage, Yukimura Chizuru [e rasetsu, un sacco di rasetsu! :3]
“Senpai?”
Kazama si posò l'indice sulle
labbra, facendole segno di tacere. Aveva le guance arrossate e, sotto
i ciuffi biondo grano, brillavano due iridi carbonco. Chizuru
si concentrò su quelle dita affusolate, su quegli zigomi alti,
su quel viso attraente.
Tentava di ignorare il sangue che
colava dal braccio del ragazzo; sapeva che entro un attimo il taglio
si sarebbe richiuso, ma la manica dell'uniforme sarebbe rimasta
strappata e sporca.
Non disse nulla e prese fiato, dal momento che la corsa
folle l’aveva sfiancata. Aveva le gambe ridotte in gelatina, ma era
passata attraverso l’istituto (e poi il cortile, fino alla
palestra, giù nella casa dei club fino all’aula di arte dove
si erano chiusi) e aveva assistito con orrore a quello che stava
succedendo.
Rasetsu.
Dovunque, come in un film dell’orrore:
con la bava alla bocca e le fauci spalancate come animali, esseri
albini dai sorrisi tanto larghi che pareva avessero la mascella
slogata. Spaccavano e mordevano; Chi uccidevano rimaneva a terra ma
quasi ci si aspettava che si rialzasse e iniziasse ad uccidere
accanto ai propri assassini, capelli di latte e occhi sanguigni.
Kazama le teneva ancora la mano.
Si
chiese, Chizuru, se l’avrebbe mai lasciata andare.
Da fuori, un tonfo -metallico, forte,
come se qualcuno avesse rovesciato un cassonetto della spazzatura.
Poi una risata, una iena libera nel giardino della scuola; una bestia
scheletrica dal pelo candido e ispido, gli occhi rossi, il sangue
rappreso a chiazzargli il muso.
Lei tremò più forte e
Kazama Chikage le circondò le spalle con un braccio.
Senza guardarla, le sillabò di
stare zitta. Immobile.
La ragazza, se avesse potuto, non
avrebbe nemmeno respirato – eppure il panico giocava brutti
scherzi, accelerava il respiro e la costringeva a deglutire
rumorosamente.
Le brontolò la pancia e subito
si appallottolò su sé stessa.
Non piangere, Chizuru.
“Zitta.” le sibilò Chikage,
lanciandole uno sguardo severo. Lei non aveva ancora detto una
parola, ma si sorprese nel vedere che Kazama aveva percepito il suo
bisogno di urlare e piangere e chiedere aiuto. Due Oni contro un mare
di Rasetsu. A scuola. “Non lascerò che facciano
nulla. Tu stai tranquilla.”
Troppo tardi. Pensò
Chizuru, scuotendo la testa. Aveva le labbra secche e i capelli
sporchi, nella mente l’immagine fissa di Heisuke con una mazza da
lacrosse: un ragazzino tutto ossa, piegato sulle ginocchia in posa di
guardia e tre rasetsu intorno.
Kazama gli aveva detto di andarsene
–stupido moccioso!, sì, l’aveva chiamato così-
ma lui aveva sorriso e si era asciugato il sudore dalla fronte e si
era avventato contro il primo avversario.
Pensarci la fece singhiozzare.
Istantaneamente, l’oni strinse un poco la presa sulle sue spalle e
la guardò, preoccupato: nei suoi occhi, Chizuru leggeva il
febbrile tentativo di salvare sé stesso e lei.
La scuola intera, magari.
Ma non ci sarebbe riuscito e lo
sapevano entrambi.
Dopo quella che sembrava un’eternità
si sentì un urlo più forte degli altri; una voce
femminile, che venne subito spenta.
Ne seguirono risate
maniacali e una serie di rumori gorgoglianti. Un leggero ‘tump’
contro la porta che, malamente sprangata, non impediva a Chizuru di
sentire la puzza del mattatoio fuori.
Sul vetro della soglia, lo stampo scarlatto di cinque dita.
Chizuru vide l’altro Oni tremare
impercettibilmente, mormorare qualcosa che lei non capì e
voltarsi verso di lei; le poggiò le mani sulle spalle.
“Rimani qui.” Le disse, serio.
“Chiuditi dentro e non aprire per nessun motivo. Dovrebbe tornare
Amagiri, o Shiranui. Aspettali qui.”
“Ma-“
“Niente ma. Sei un oni, lo capisci:
questo problema è più grande di noi.” Kazama aggrottò
le sopracciglia, e guardandolo Chizuru si chiese quanto gli costasse
lasciarla sola. “E potrebbero morire centinaia di umani, per quel
che mi riguarda, ma il problema è che qualcuno sta
controllando i rasetsu. Tu rimani qui, io vado e torno. E ora
non cominciare a piangere, sono solo brutte copie. Andrà tutto
bene: dobbiamo sposarci, giusto?”
Chizuru, in mancanza di meglio, annuì. Le aveva detto di stare zitta, in fondo, e aveva già detto
tutto lui: sarebbe tornato.
E tuttavia non le piaceva per niente
l’idea di Kazama, rappresentante degli studenti e principe oni, che
prendeva un bokken già quasi spezzato e si arrischiava fra i
demoni.
Lei poteva stare per conto suo: andava bene.
Ma non poteva lasciarlo, non da solo;
eppure sapeva che lui non avrebbe cambiato idea. Lo sapeva mentre le
posava un bacio sulla fronte e uno, più a lungo, sulle labbra.
Lo sapeva mentre vedeva i suoi corti
capelli biondi mutare in bianchi e gli occhi farsi dorati. Ne fu
assolutamente certa quando lui si chinò, con un sorrisino
condiscendente sulle labbra, per farle sfiorare una delle due
minuscole corna che gli erano spuntate sulla fronte – un segno di
buona fortuna e, sperava, una promessa.
Va tutto bene, Chizuru. Quelli fuori
sono solo fantasmi, non possono farvi del male.
Ma Kazama che le dava le spalle e
attendeva un momento di calma, sempre con quel contegno che neanche
una manica strappata e il viso ferito sarebbero riusciti a
sottrargli, la tormentava.
Così come lo faceva Heisuke,
apparentemente indifeso e in realtà così letale.
Silenzio, nel corridoio. Passi in
lontananza, ma niente come quelle risate sguaiate.
L’oni le rivolse un gesto beffardo e
Chizuru dal suo angolino si sforzò di sorridere.
Chiuse gli occhi.
L’ultimo suono di Kazama Chikage fu
il cigolio della porta e il ‘clack’ del chiavistello.
Nessun colore.