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Autore: Ellie_x3    09/08/2012    3 recensioni
Oni, Rasetsu e Umani: creature diverse legate dal filo della disperazione, dell'orgoglio.
Da quella tenacia che non si spezza mai.
00. Open Army for Plain Hearts: " Neh, Kondou-san. "
01. Make them believe you are the One: "Andrà tutto bene. Dobbiamo sposarci, giusto?
02. Reach the Borderline- Step back: "A volte, Yukimura Kodou provava rabbia. Altre, semplice rassegnazione."
03. Poison in her Veins: Anni che la vedeva, nelle occasioni più disparate, e mai un commento.
04. Forever and Always- Lies for the Oni: Perchè era un demone, lo sapevano entrambi, e gli avevano insegnato che è pericoloso mentire ai demoni.
05. Di piscine e Tentati Onicidi; Perchè Kazama non sa nuotare e Shiranui non è un assassino a sangue freddo: "Nessuno mi ha mai insegnato a nuotare".
06. Bunraku - Urabon; C'è uno spiraglio fra i pannelli di carta di riso. E' piccolo, sufficiente per far passare appena appena uno spicchio di luce, ma riflette ombre enormi.
07. Storm - Il Principe e l'Imperatrice; Forse, davvero, Kazama era sempre stato solo un giovane cercatore di gloria troppo orgoglioso.
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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Disperati Senza Gloria

Prima lacrima

Make them believe you are the One




Genere:  Dark, Horror, Sovrannaturale
Avvertimenti:  Incompleta, parziale AU, Het
Raiting:  Rosso
Universe: SSL- Sweet School Life
Personaggi: Kazama Chikage, Yukimura Chizuru [e rasetsu, un sacco di rasetsu! :3]




“Senpai?”
Kazama si posò l'indice sulle labbra, facendole segno di tacere. Aveva le guance arrossate e, sotto i ciuffi biondo grano, brillavano due iridi carbonco. Chizuru si concentrò su quelle dita affusolate, su quegli zigomi alti, su quel viso attraente.
Tentava di ignorare il sangue che colava dal braccio del ragazzo; sapeva che entro un attimo il taglio si sarebbe richiuso, ma la manica dell'uniforme sarebbe rimasta strappata e sporca.
Non disse nulla e prese fiato, dal momento che la corsa folle l’aveva sfiancata. Aveva le gambe ridotte in gelatina, ma era passata attraverso l’istituto (e poi il cortile, fino alla palestra, giù nella casa dei club fino all’aula di arte dove si erano chiusi) e aveva assistito con orrore a quello che stava succedendo.
Rasetsu.
Dovunque, come in un film dell’orrore: con la bava alla bocca e le fauci spalancate come animali, esseri albini dai sorrisi tanto larghi che pareva avessero la mascella slogata. Spaccavano e mordevano; Chi uccidevano rimaneva a terra ma quasi ci si aspettava che si rialzasse e iniziasse ad uccidere accanto ai propri assassini, capelli di latte e occhi sanguigni.
Kazama le teneva ancora la mano.
Si chiese, Chizuru, se l’avrebbe mai lasciata andare.

Da fuori, un tonfo -metallico, forte, come se qualcuno avesse rovesciato un cassonetto della spazzatura. Poi una risata, una iena libera nel giardino della scuola; una bestia scheletrica dal pelo candido e ispido, gli occhi rossi, il sangue rappreso a chiazzargli il muso.
Lei tremò più forte e Kazama Chikage le circondò le spalle con un braccio.
Senza guardarla, le sillabò di stare zitta. Immobile.
La ragazza, se avesse potuto, non avrebbe nemmeno respirato – eppure il panico giocava brutti scherzi, accelerava il respiro e la costringeva a deglutire rumorosamente.
Le brontolò la pancia e subito si appallottolò su sé stessa.
Non piangere, Chizuru.

“Zitta.” le sibilò Chikage, lanciandole uno sguardo severo. Lei non aveva ancora detto una parola, ma si sorprese nel vedere che Kazama aveva percepito il suo bisogno di urlare e piangere e chiedere aiuto. Due Oni contro un mare di Rasetsu. A scuola. “Non lascerò che facciano nulla. Tu stai tranquilla.”
Troppo tardi. Pensò Chizuru, scuotendo la testa. Aveva le labbra secche e i capelli sporchi, nella mente l’immagine fissa di Heisuke con una mazza da lacrosse: un ragazzino tutto ossa, piegato sulle ginocchia in posa di guardia e tre rasetsu intorno.
Kazama gli aveva detto di andarsene –stupido moccioso!, sì, l’aveva chiamato così- ma lui aveva sorriso e si era asciugato il sudore dalla fronte e si era avventato contro il primo avversario.
Pensarci la fece singhiozzare. Istantaneamente, l’oni strinse un poco la presa sulle sue spalle e la guardò, preoccupato: nei suoi occhi, Chizuru leggeva il febbrile tentativo di salvare sé stesso e lei.
La scuola intera, magari.
Ma non ci sarebbe riuscito e lo sapevano entrambi.

Dopo quella che sembrava un’eternità si sentì un urlo più forte degli altri; una voce femminile, che venne subito spenta. 
Ne seguirono risate maniacali e una serie di rumori gorgoglianti. Un leggero ‘tump’ contro la porta che, malamente sprangata, non impediva a Chizuru di sentire la puzza del mattatoio fuori.
Sul vetro della soglia, lo stampo scarlatto di cinque dita.
Chizuru vide l’altro Oni tremare impercettibilmente, mormorare qualcosa che lei non capì e voltarsi verso di lei; le poggiò le mani sulle spalle.
“Rimani qui.” Le disse, serio. “Chiuditi dentro e non aprire per nessun motivo. Dovrebbe tornare Amagiri, o Shiranui. Aspettali qui.”
“Ma-“
“Niente ma. Sei un oni, lo capisci: questo problema è più grande di noi.” Kazama aggrottò le sopracciglia, e guardandolo Chizuru si chiese quanto gli costasse lasciarla sola. “E potrebbero morire centinaia di umani, per quel che mi riguarda, ma il problema è che qualcuno sta controllando i rasetsu. Tu rimani qui, io vado e torno. E ora non cominciare a piangere, sono solo brutte copie. Andrà tutto bene: dobbiamo sposarci, giusto?”
Chizuru, in mancanza di meglio, annuì. Le aveva detto di stare zitta, in fondo, e aveva già detto tutto lui: sarebbe tornato.
E tuttavia non le piaceva per niente l’idea di Kazama, rappresentante degli studenti e principe oni, che prendeva un bokken già quasi spezzato e si arrischiava fra i demoni.
Lei poteva stare per conto suo: andava bene.
Ma non poteva lasciarlo, non da solo; eppure sapeva che lui non avrebbe cambiato idea. Lo sapeva mentre le posava un bacio sulla fronte e uno, più a lungo, sulle labbra.
Lo sapeva mentre vedeva i suoi corti capelli biondi mutare in bianchi e gli occhi farsi dorati. Ne fu assolutamente certa quando lui si chinò, con un sorrisino condiscendente sulle labbra, per farle sfiorare una delle due minuscole corna che gli erano spuntate sulla fronte – un segno di buona fortuna e, sperava, una promessa.
Va tutto bene, Chizuru. Quelli fuori sono solo fantasmi, non possono farvi del male.
Ma Kazama che le dava le spalle e attendeva un momento di calma, sempre con quel contegno che neanche una manica strappata e il viso ferito sarebbero riusciti a sottrargli, la tormentava.
Così come lo faceva Heisuke, apparentemente indifeso e in realtà così letale.
Silenzio, nel corridoio. Passi in lontananza, ma niente come quelle risate sguaiate.
L’oni le rivolse un gesto beffardo e Chizuru dal suo angolino si sforzò di sorridere.
Chiuse gli occhi.
L’ultimo suono di Kazama Chikage fu il cigolio della porta e il ‘clack’ del chiavistello.

Nessun colore.



   
 
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