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Autore: yllel    11/08/2012    5 recensioni
"si aggrappa alle sbarre del ponte e chiude gli occhi, sentendoli bruciare forte. lui non piange mai, non lo fara' neanche ora." e' notte su un ponte lungo il Tamigi... e non e' una notte felice.
un'altra delle mie storie, segue "il matrimonio di Sherlock Holmes e Molly Hooper" e tutte le altre ancora prima. post seconda stagione.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il motivo per cui torno sempre indietro'
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SvaneH e Bored 94, di nuovo grazie!
E grazie comunque a chiunque legge. Questo e’ un capitolo scritto di getto, ero impaziente di arrivare a questo punto della storia.
 

VENDETTE
CAPITOLO 3

 
La nuova vittima era un avvocato.
Ucciso da un colpo di fucile a distanza all’uscita da un ristorante, dopo un pranzo di lavoro.
Sherlock e John arrivarono sul posto e oltrepassarono il cordone della polizia, raggiungendo Lestrade e gli uomini della scientifica.
L’ispettore li accolse con un cenno del capo e uno starnuto.
“Salute, Greg. Non hai proprio un bell’aspetto, direi” John lo osservo’ da vicino, per un attimo piu’ impegnato ad esercitare il suo ruolo di medico.
“Ha per lo meno trentotto di febbre e un principio di bronchite. Per il resto sopravvivera’” Sherlock si chino’ per osservare il cadavere.
“Grazie, dottor Holmes” Lestrade fece una smorfia e si soffio’ il naso.
“Quella e’ mia moglie. Io mi sono limitato a constatare un fatto, osservando la tua fronte sudata nonostante siamo in pieno febbraio, il tuo naso rosso e il respiro un po’ difficoltoso, anche se non  troppo. Te l’ho detto, direi che non sei grave. Ora che abbiamo elaborato il tuo bollettino medico, puoi dirmi chi e’ la vittima?”
John scosse la testa. Lestrade fece un sospiro.
“William Roster, 35 anni, avvocato. Era qui con dei colleghi per un incontro di affari, si occupava di stendere contratti per una multinazionale. Sono usciti e improvvisamente si e’ accasciato a terra, hanno pensato ad un malore, fino a che non hanno visto il sangue. Un solo colpo, preciso. Vorrei davvero capire che diavolo sta succedendo, con questo nuovo omicidio comincera’ a diffondersi il panico... un pazzo che se ne va in giro a sparare alla gente a casaccio, i giornali ci andranno a nozze.”
Sherlock si alzo’.
“Devo parlare con la famiglia”
“Vuoi capire se c’e’ una foto anche in questo caso?” lo interrogo’ John.
“Una foto? Quale foto?” Lestrade li guardo’ confuso.
“John, dai un’occhiata ai documenti del signor Roster e scopri dove abitava la sorella. E piu’ probabile che sia lei a conservare i ricordi del padre morto.”
“Un momento, quale fotografia?” ripete’ Lestrade.
“Una sorella? E come sai che il padre e’ morto?” chiese invece John.
“Non ora, John. Abbiamo fretta, guarda nell’agenda, troverai sicuramente l’indirizzo che cerchiamo”
“Quale foto?” Lestrade starnuti’ di nuovo.
“Assicurati che sia gia’ stata informata della morte del fratello, sara’ piu’ produttivo interrogarla quando avra’ superato la fase inziale dello shock. Direi tra circa due ore. Nel frattempo, torniamo a casa. Devo fare una ricerca sulle aspirapolveri”
“Perche’ le aspirapolveri?”
“QUALE FOTOGRAFIA??” un Lestrade al colmo dell’esasperazione, si risolse a gridare per avere un po’ di attenzione.
Sherlock si giro’ finalmente verso di lui.
“Quella che sembra collegare i padri delle vittime tra di loro. Lestrade, non hai davvero un bell’aspetto. Vai a casa e mettiti a letto, entro le prossime dodici ore la febbre salira’ ancora. Tieni.” Estrasse qualcosa dalla tasca e gliela lancio’.
L’ispettore lo afferro’ al volo e lo osservo’ stupito mentre gli altri due se ne andavano.
Un tubetto di aspirina.

***

“Vuoi fare un regalo a Molly?”
John appoggio’ il vassoio del the sul tavolino e osservo’ lo schermo del computer, dove Sherlock stava esaminando diversi tipi di aspirapolvere.
“Non essere sciocco. Perche’ dovrei farle un regalo simile?”
John si sedette sul divano.
“Non lo so. Perche’ dovresti guardare un sito dove vendono aspirapolveri?”
Sherlock sospiro’, il tipo di sospiro che gli scappava quando doveva perdere tempo a spiegare qualcosa di assolutamente lampante.
“Non hai davvero prestato attenzione, a casa di Joseph Stern”
John trattenne un moto di impazienza. Dopo tutto quel tempo insieme, ancora era combattuto tra rispondere agli insulti velati di Sherlock o assecondarlo nella dimostrazione delle sue straordinarie capacita’, che era sempre qualcosa di affascinante.
“A quanto pare, no. Illuminami pure” gli rispose infine.
“La casa degli Stern e’ quella di famiglia. Ereditata alla morte del padre che viveva li e lasciata al figlio minore, quella che sta per mettere su famiglia e che ha avuto meno successo nella vita. Il fratello era un banchiere di buon livello, lui e’ un insegnante e la moglie fa la commessa in un supermercato, non avrebbero mai potuto permettersela. Restaurata di recente, dai conti di Andrew non risulta nessun bonifico a favore del fratello minore, o fatture pagate a operai, significa che i lavori li ha pagati Joseph, evidentemente dispone o disponeva di una certa liquidita’, frutto dell’eredita’ del padre.
In salotto ci sono diverse fotografie delle loro vacanze da bambini, tutte in posti all’estero e costose. Inoltre entrambi hanno frequentato delle ottime scuole private, i diplomi erano appesi alle pareti delle loro abitazioni.
Joseph Stern ha detto che il loro padre era un rappresentante di aspirapolveri, il che non spiega tutta questa disponibilita’ economica. Nessuna fotografia di altri parenti, Andrew Stern senior era figlio unico e quindi poche probabilita’ di lasciti da qualche zio. La moglie se ne e’ andata quando i bambini erano piccoli, non avevano nessun tipo di rapporto con lei... vicino all’ingresso c’era un suo telegramma, in cui annuncia che non sarebbe potuta rientrare dal Brasile per il funerale del figlio. Si scusava molto, per la verita’.”
“Hai letto la loro posta?”
Sherlock si limito’ a gettargli un’occhiata storta per averlo interrotto.
John scosse la testa, poi decise di evitare ogni ulteriore commento.
“Il che ci porta di nuovo alla domanda principale. Cosa faceva in verita’ Andrew Stern Senior che lo portava spesso lontano da casa, rendendolo al contempo cosi benestante? Certamente non il rappresentante di aspirapolveri. Ho avviato una ricerca simultanea su tutti i nominativi dei rappresentanti delle diverse case produttrici dagli anni settanta, il suo nome non risultera’ da nessuna parte.”
Sherlock si giro’ con un sorriso soddisfatto verso il computer.
E il suo sorriso svani’ in un istante.
Sullo schermo campeggiava la foto di Andrew Stern Senior, eletto venditore dell’anno nel 1983.
Relatore al convegno nazionale dei rappresentanti di aspirapolveri nel 1989.
Riconoscimento ufficiale nel 2005 per i quarant’anni di onorata carriera nel campo della rappresentanza.

***

John Watson era un medico. Ed era stato, e per sempre si sarebbe sentito, un soldato.
Aveva quindi affrontato molte situazioni spiacevoli nella sua vita, in famiglia e con il suo lavoro.
Era stato addirittura ferito in guerra.
Poi aveva conosciuto Sherlock Holmes, e tutto il resto gli era sembrato al confronto un’estrema sciocchezza.
Appena lo aveva incontrato, aveva ucciso un uomo per salvargli la vita.
Vivendo con lui a Baker Street, aveva assistito ad esplosioni, spari contro il muro e abominevoli esperimenti con pezzi di cadavere e roba puzzolente.
Per lui aveva mandato a monte diverse relazioni (il che era la cosa meno grave, visto che lo aveva condotto a Mary), interrompendo sul piu’ bello appuntamenti per correre dietro a un caso, o semplicemente non riuscendo a rimediare alla scortesia del suo coinquilino verso le donne che portava a casa.
Per lui era stato imbottito di esplosivo, coinvolto in combattimenti corpo a corpo, rapito e minacciato di morte piu’ volte.
Arrestato.
Per lui aveva attraversato un periodo bruttissimo, quando lo credeva morto.
Per lui era partito in giro per mezza Europa per riabilitare il suo nome, rischiando di nuovo la sua vita.
Era stato il suo testimone di nozze, riuscendo non si sa bene come a sopravvivere sano di mente al suo ruolo di  “consigliere” al complicato rapporto tra lui e Molly.
John Watson voleva quindi bene a quell’uomo. Non si faceva nessun problema ad ammetterlo, non a se’ stesso, almeno.
Era una delle persone piu’ importanti della sua vita, per il quale non avrebbe esitato a rischiare qualunque cosa, il che era successo molte volte.
In quel preciso momento, pero’,  mentre lo seguiva a piedi verso la casa di Ruth Roster, stava davvero esercitando tutta la sua pazienza per non strozzarlo.
Perche’ il grande, brillante, intelligente e adulto Sherlock Holmes, stava comportandosi come un bambino di tre anni a cui avessero appena negato il giocattolo preferito.
Prima aveva girato per l’appartamento come un ossesso, borbottando parole incomprensibili e fermandosi ogni tanto per gridare “impossibile!”, poi si era chiuso in un silenzio di protesta per il fatto di essere stato smentito cosi clamorosamente da un computer, che John a un certo punto gli aveva tolto di mano per evitare che lo scaraventasse contro il muro.
Era uscito sbattendo la porta e sulle scale aveva incontrato la povera signora Hudson, che ignara del suo umore terribile l’aveva salutato con estrema allegria, sentendosi rispondere “buongiorno un corno”.
Aveva fermato un taxi e ci erano saliti al volo.
Il suddetto taxi si era inchiodato dopo un isolato per farli scendere, quando Sherlock aveva fatto un’osservazione estremamente irriguardosa rispetto alle credenze religiose del guidatore.
John si era davvero, davvero scusato mentre quello ripartiva, senza degnarli piu’ di uno sguardo.
Poi aveva cominciato a seguire Sherlock, che evidentemente aveva deciso di camminare.
Per almeno altri quattro isolati.

***

Ruth Roster li accolse con gli occhi rossi per il pianto, facendoli accomodare nel salotto.
John le fece le condoglianze e le spiego’ il motivo della loro visita, scusandosi per il momento poco opportuno, ma dicendole che avevano bisogno di alcune informazioni.
“William era davvero una brava persona. A scuola mi difendeva sempre dai ragazzi piu’ grandi che mi davano fastidio, anche se gli altri lo prendevano in giro. E’... era estremamente leale e bravo nel suo lavoro. Si, doveva anche farsi valere, ma non ha mai prevaricato nessuno e”
“Che lavoro faceva suo padre, signorina Roster?” la interruppe Sherlock.
La donna per un momento rimase interdetta, stupita dell’improvviso cambio di argomento.
“Lui era un rappresentante di prodotti per la pulizia della casa. Non capisco, che c’entra mio padre? E’ morto quindici anni fa in un incidente in macchina, mentre tornava da un giro promozionale al Nord”
“Fantastico!” Il sorriso torno’ sul volto di Sherlock.
John emise un gemito.
“Fantastico?” Ruth Roster li stava guardando a occhi spalancati “sentite, avete detto che collaborate con la polizia, ma forse e’ meglio se ve ne andate” si alzo’ per fare loro strada, ma Sherlock le si paro’ davanti.
“Ha mai visto questa foto tra le cose di suo padre?” le mise davanti agli occhi l’immagine ritrovata a casa di Harry Finnmore.
La donna fece un passo indietro, preoccupata dall’irruenza di Sherlock.
“No. Per favore, adesso andatevene.”
“La guardi bene, e’ di vitale importanza che lei cerchi di ricordarselo.”
L’altra scosse la testa.
“Non capisco cosa c’entri. Credevo indagaste sulla morte di mio fratello”
“E’ inutile che glielo spieghi, si limiti a dirmi se ricorda o puo’ controllare l’esistenza di questa fotografia!” il tono di Sherlock era salito e Ruth adesso era visibilmente spaventata.
“Sherlock!” John uso’ il suo tono piu’ deciso, anche lui preoccupata dalla piega che stava prendendo la conversazione.
L’altro strinse le labbra e sembro’ rendersi conto della reazione che aveva provocato nella donna.
“Senta” disse a denti stretti, cercando di contenere l’urgenza “ho davvero bisogno che lei faccia questa cosa, potrebbe aiutarci a capire cosa e’ successo a suo fratello”
L’altra lo guardo’ per un attimo, poi fece un sospiro.
“Uscite subito da casa mia, o chiamo la polizia.”

***

“Si puo’ sapere che diavolo ti e’ successo?”
John affronto’ Sherlock al loro rientro a casa, dopo un viaggio in taxi estremamente teso. Era ancora arrabbiato per i modi che lui aveva usato con quella povera donna, per cui aveva evitato di porgli subito la domanda, nel timore di una furiosa lite.
Meglio aspettare di essere tra le mura di Baker Street, dove sarebbe stato l’unico testimone di un suo eccesso di rabbia.
Sherlock infatti sbatte’ il cappotto sulla poltrona e si giro’ a guardarlo, uno sguardo furioso negli occhi.
“Quell’idiota se ne sta li a piangere e non capisce che io ho bisogno di informazioni!”
“Quell’idiota ha appena perso una persona cara, ha tutto il diritto di essere sconvolta! E tu non hai di certo aiutato, con il tuo atteggiamento aggressivo!”
“Aggressivo? Non ho tempo di pensare al mio atteggiamento! Hai sentito? Anche suo padre faceva il rappresentante... ma per favore! Non e’ una coincidenza! Tutti e due con lo stesso tipo di lavoro! Entrambi con piu’ disponibilita’ economica di quanto normalmente si potrebbe pensare!”
John fece un sospiro.
“Sherlock, hai verificato. Andrew Stern vendeva davvero aspirapolveri e persino io ho visto la foto del padre di Ruth con quello spazzolone in mano, sul caminetto.”
La foto ritraeva il signor Roster con una serie di prodotti per la pulizia in una valigetta.
“NO! C’e’ qualcosa di sbagliato, lo so! IO non sbaglio! E se quell’idiota mi avesse permesso di verificare, avrei trovato la fotografia o per lo meno un indizio che Stern, Roster e Finnmore si conoscevano!”
John osservo’ stupito Sherlock.
Era davvero tanto tempo che non lo vedeva cosi noncurante delle emozioni altrui.
“Ha appena perso suo fratello, mentre tutto quello a cui tu riesci a pensare e’ che hai ragione. Smetti di fare lo stronzo, Sherlock”
L’altro non gli rispose.
“Sai qual e’ l’aspetto peggiore? Se tu ti fossi sforzato di essere piu’ comprensivo, lei ci avrebbe aiutato”
“Lei avra’ un sacco di tempo per elaborare il suo lutto. Io non posso concedermi il lusso di sprecarne, la fuori c’e’ qualcuno che spara alla gente. Ora dimmi, perche’ dovrei sforzarmi di essere comprensivo?”
John alzo’ le mani in segno di resa e scosse il capo.
Poi si giro’ e usci’ dall’appartamento.

***

Mary Morstan conosceva John da poco tempo, tuttavia le sembrava di conoscerlo da una vita.
Aveva letto dell’amore a prima vista soltanto in qualche romanzetto da adolescente, liquidandolo subito come qualcosa di impossibile e stupido, da gustarsi solo in qualche commedia romantica.
Era cresciuta dandosi degli obiettivi molto semplici: studiare, intraprendere un lavoro soddisfacente, avere una casa e degli amici e trovare un uomo con cui costruire un buon rapporto, basato sulla fiducia e sul rispetto. Il lato fisico assolutamente soddisfacente, ad ogni buon conto.
Aveva avuto due storie abbastanza importanti, ma le aveva chiuse entrambe senza troppi rimpianti.
Poi aveva conosciuto John e improvvisamente, tutte le sue convizioni erano andate a quel paese.
Lui era un uomo complicato, con una vita complicata.
E nonostante tutto, fin dall’inizio l’unica cosa a cui era riuscita a pensare era di dividere il resto della sua esistenza con lui.
Anche dopo aver conosciuto il leggendario e strano Sherlock Holmes e aver capito senza ombra di dubbio, che quell’uomo avrebbe sempre avuto una straordinaria influenza nella loro vita.
Quindi, non si stupi’ piu’ di tanto quando John arrivo’ nel suo appartamento e mostro’ tutti i segni di un forte nervosismo post lite. Lui le racconto’ cio’ che era successo.
“E’ la prima volta che ti vedo cosi arrabbiato nei suoi confronti”
John scosse la testa.
“Una volta succedeva piu’ spesso, ma era davvero tanto tempo che Sherlock non si comportava cosi”
Mary gli mise una mano sul ginocchio.
“Tuttavia tu continuerai ad aiutarlo. Per amore della giustizia e per amor suo.”
John sorrise suo malgrado.
“Gia’.”
Mary gli diede un bacio.
“Sei un uomo straordinario, John Watson”
Lui stava per replicarle quanto in verita’ fosse fortunato ad avere lei, quando il suo telefono squillo’.
“Pronto?”
“Signor Watson? Sono Ruth Roster.”
“Oh, salve”
“Mi scusi, lei mi aveva lasciato il suo bigliettino... io ho fatto delle ricerche, ho letto il suo blog. Ho visto cosa il signor Holmes riesce a fare. Sono andata da mia madre e le ho chiesto delle vecchie cose di papa’, ho trovato la fotografia... per la verita’ e’ un po’ diversa, c’e’ un altro uomo in piu’. Pero’ forse vi potra’ essere utile ugualmente?”
John cerco’ di contenere l’eccitazione.
“Ma certo, signorina Roster! Possiamo passare a prenderla subito!”
Ruth esito’ un attimo.
“Per favore, venga solo lei. Ho fiducia nel signor Holmes, ma non voglio rivederlo. Voglio solo che scopra chi ha ucciso William”

***

Un’ora dopo, John rientro’ a Baker Street, insicuro sullo scenario che avrebbe ritrovato.
Aveva mandato un messaggio a Sherlock spiegandogli cosa era successo, ma non aveva avuto risposta.
Per quanto ne sapeva, poteva benissimo non essere piu’ li.
Il suono del violino cancello’ il dubbio.
Gli si avvicino’ e lui smise di suonare.
Ancora indeciso su come iniziare la conversazione, John esito’ un attimo, ma Sherlock tese una mano.
“La fotografia”
John strinse gli occhi.
“Per favore”  aggiunse Sherlock.
John si rassegno’ al fatto che per ora, le scuse potevano aspettare.
Gli porse la busta e l’altro la apri’ con urgenza.
La fotografia era stata scattata nello stesso luogo della precedenti due, se si dava credito anche ai ricordi di Cindy Stern.
Tuttavia nel gruppo c’era un quinto uomo.
E John vide sul volto di Sherlock un’espressione di autentico stupore.
Subito dopo, era gia’ uscito dall’appartamento senza una parola.

***

Mycroft Holmes sedeva al club sorseggiando un bicchiere di whiskey d’annata.
Suo fratello gli si paro’ davanti e lui alzo’ un sopracciglio.
“Non si entra senza appuntamento. E non ricordo di averti invitato”
“Ho ancora la tessera che mi hai regalato per il mio diciottesimo compleanno. Non si sa mai quando le cose piu’ inutili possono invece improvvisamente aiutare.”
Mycroft sospiro’ esageratamente e gli fece segno di accomodarsi.
“Non intendo sedermi”
“Non fare l’idiota, questo e’ un club. La gente non sta in piedi e non si comporta in modo cafone. Siediti!”
L’espressione di Sherlock si fece beffarda.
“Vuoi costringermi, Mycroft? Qui davanti a tutti?”
Il maggiore dei fratelli Holmes si alzo’ e si diresse verso un angolo della stanza. Diverse teste si erano gia’ voltate a seguire la scena, per poi rituffarsi nella lettura dei loro giornali. La discrezione era uno dei punti di forza di quel luogo.
“Che cosa vuoi, Sherlock?”
Lui estrasse l’immagine che aveva in tasca e gliela fece vedere.
“Perche’ papa’ e’ con questa gente in questa fotografia?”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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