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Autore: ElizabethAudi    12/08/2012    0 recensioni
[71 into the fire.]
Basato sul film citato qui sopra, un ripasso degli eventi visti dagli occhi di uno studente-soldato piuttosto particolare. Riuscirà - esattamente come tutti gli altri ragazzi costretti alla guerra - a resistere agli orrori che una guerra è capace di creare? Quando si combatte per una causa, qualsiasi essa sia, bisogna stringere i denti e non lasciarsi andare all'oblio che circonda la psiche, torturata da immagini, ricordi e sparatorie.
«Siamo 71, ma agli occhi di tutti siamo un solo ramo delle truppe HDB. Facciamo in modo che si ricordino di noi come 'il gruppo di studenti-soldato che aiutò a mettere fine alla guerra.»
"That we now send our children into the world like we send young men to war. Hoping for their safe return. But knowing that some will be lost along the way".
Genere: Drammatico, Guerra, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questo intro è importante da leggere, perdeteci qualche minuto in più.
Per far capire quanto sia maledettamente importante questa fanfiction, scrivo le note dell'autore qui sopra, in bella vista.
Incominciai a pensare si scrivere qualcosa su '71 into the fire' già qualche mese fa, che lo vidi per la prima volta.
Non potrò mai dimenticarmi quel giorno, poiché piansi ininterrottamente per qualche ora.
Può essere strano, potrete prendermi per strana, ma a me ha avuto quest'effetto.
Diversamente dal Titanic, Ghost o qualsiasi film strappalacrime, questo mi fa piangere ogni volta che lo vedo.
Di buono o di cattivo umore. Nervosa o rilassata.
Quindi ho deciso di scrivere una fanfiction completamente ispirata al film.
Infatti questa fanfiction non è che una revisione dei passaggi del film visti da uno studente-soldato piuttosto particolare.
Sì, magari ci sarà del romanticismo, non lo so ancora, ma il punto è che è importante immedesimarsi in questo tipo di situazioni,
per poter capire qualcosa in più sulla guerra e sulle conseguenze che lascia. E' importante anche solo per non farci dire cretinate sulla stessa.
Comunque se non avete voglia di una lettura pesante, personale e direi anche noiosa, non vi consiglio di proseguire.
E soprattutto, per chi non ha visto il film, beh, sarebbe carino che lo vedesse, per potersi gustare al meglio la fanfiction.
Oltre che il film merita tantissimo. Non posso far altro che spronarvi a vederlo.
Comunque il titolo della fanfiction deriva da un famoso monologo, ma l'ho usato soprattutto grazie a questo video:
http://www.youtube.com/watch?v=zLdN4pm4oU0&playnext=1&list=PLC2E9FA608FB22100&feature=results_video.
C'è da dire che non ho scritto nessuna riga a scopo di lucro, anzi, vorrei ricordare il coraggio di quei 71 ragazzi che hanno avuto un coraggio esemplare.
Mi commuove come siano stati così abili, così...impavidi, nonostante la loro giovane età.
Che vengano ricordati, come l'intera guerra tra l'altro. Nessuno ne tiene conto, ricordano solo la Guerra Mondiale precedente e la Guerra del Vietnam immediatamente successiva. 
Ricordiamo soprattutto come la Corea del Sud, differentemente da molti altri stati colpiti dalla guerra, si sia ripresa subito.
Con lo stesso coraggio con il quale ha combattuto la sua nemica e la colonizzazione. Ha combattuto contro la violazione dei loro diritti.
Ed hanno vinto. 

Ora vi lascio finalmente alla lettura. Ero molto indecisa se pubblicarla qui o su ' a l i v e ', ma alla fine ha vinto questo.
Buona lettura, vi prego di farmi sapere.
Come ho detto, ci tengo molto a questa storia.
Ed ecco a voi, 'does this darkness have a name?'.
Ellie

 

 

 

Does this darkness have a name?

 

Il 15 agosto 1945, la Corea venne liberata dall’occupazione Giapponese.
Il Trentottesimo Parallelo eresse una barriera fra il nord comunista e il sud degli americani.
Il 25 giugno 1950 segna l’inizio della guerra coreana.
Fu il primo grande conflitto dopo la Seconda Guerra Mondiale
e la regione intorno al Ponhang vide feroci scontri fra la terza divisione di fanteria della Corea del Sud e le forze della Corea del Nord.
Durante gli scorsi 40 giorni, le forze della Corea del Sud non hanno fatto altro che ritirarsi.
Non c’è nessun posto in cui tornare, adesso possono solo aspettare l’arrivo degli alleati sul fiume Nakdong.




Prologue.

Nuove reclute HDB, in numero di 68. A
l momento 3 reclute, per un totale di 71.
Fine di questo gruppo.

Il generale incominciò a camminare avanti e indietro, squadrandoci uno per uno, guardandoci negli occhi e infondendoci coraggio solo con la sua presenza.
Sapeva benissimo che eravamo pochi. Sapeva benissimo che eravamo giovani.
Eppure i suoi occhi fermi e il suo volto sicuro nascondeva la preoccupazione in una maniera esemplare. In fondo era questo che un soldato valido doveva essere. Una macchina da guerra priva di emozioni e paure. Quelli che lo avrebbero dato a vedere, quelli che avrebbero avuto paura, sarebbero morti ben presto schiacciati dall'imperturbabile guerra.
E io ero lì, tra quelle file, ad aspettare il mio momento. Il petto in fuori e lo sguardo dritto, è così che il generale mi vide. Come un semplice e giovane soldato costretto dallo stato alla guerra. Ma nei suoi occhi scorsi una scintilla, che ci passavamo in quello sguardo che sembrò durare in eterno.
Mi chiesi se mi avesse scoperta. Mi chiesi se mi avrebbe mandata via, o addirittura fucilata. E invece no, tutt'altro, passò avanti, finché non chiamò avanti le tre reclute, che fecero come saluto un piccolo inchino.

Date fucili M1 da 250 proiettili ciascuno alle nuove reclute.


Si misero tutti in un'ordinata fila, aspettando il proprio turno per prendere tra le mani il loro primo fucile. Quello che sarà il loro compagno, il loro migliore amico e la loro salvezza. Quello che potrà salvarli o privarli della loro vita. C'era un gran trambusto intorno a me, tra persone che tremavano e altre che erano quasi felici. Quando fu il mio turno e quando lo toccai per la prima volta capii cosa volesse dire la parola "guerra".
Un fremito misto di adrenalina e paura mi percorse il corpo, mentre lo stringevo al petto e camminavo avanti per far passare gli altri soldati. Mi appoggiai al palo che teneva in piedi il capanno fissando l'arma. Non mi resi conto che vicino a me una delle reclute mi stava osservando con sguardo serio.

Uomini, d'ora in avanti fate tutti parte delle truppe HDB.

Sorrisi istintivamente, guardandolo in faccia.
Avrei dovuto sentirmi fiera di ciò che stavo per fare, poiché avrei combattuto per la mia patria, per la mia famiglia e per il mio popolo. E in parte era così. Ma dall'altro lato c'era il disgusto che provavo verso la guerra e verso lo spargimento di sangue.
Saremmo morti tutti, noi, i nemici e gli innocenti. Che senso avrebbe avuto combattere allora?
Scossi la testa, mentre il discorso del generale mi riempiva le orecchie. Ero solo una mocciosa costretta alla guerra che si faceva passare per maschio. Ero ridicola, ma avevo dovuto farlo.
E così da studenti, eravamo diventati parte delle truppe HDB.
Avremmo avuto un capo e delle direttive da rispettare e dai piani alti non sarebbe arrivato alcuno aiuto. Queste erano le uniche cose di cui eravamo convinti.

Il vostro comandante sarà Oh Jung Beom.

Ed ecco svelato il primo mistero, ovvero chi sarebbe stato il nostro comandante.
Si trattava della recluta che fino a qualche secondo fa mi stava guardando, poiché lo vidi spalancare gli occhi. Ah, non lo invidiavo affatto, in effetti. Essere il capo voleva dire assumersi le responsabilità del campo, del risultato di un possibile attacco e soprattutto, della sicurezza di ognuno di noi.
Non biasimavo la sua insicurezza. Alla fine, eravamo tutti giovani inesperti.
Gli altri intanto quasi non mi fecero scoppiare in un’ironica risata. Come potevano voler votare per quel posto?
A parte la loro sfacciataggine nel contraddire una cosa così importante come quella che aveva detto il capo, ma anche perché, beh, non si rendevano conto di cos’era mantenere quel compito?
Distrutte le speranze di una votazione, il generale ci spiegò la dinamica della nostra missione con poche parole, dritte e concise. Era detto tutto fin troppo banalmente per trattarsi di un compito che rasentava la morte.
Sentii il ragazzo, ora mio comandante, fremere. Lo sentivo attraverso la mia spalla, a stretto contatto con la sua. Avrei voluto mettergli una mano su essa e dirgli che darebbe andato tutto bene e che doveva farsi coraggio, ma non potevo. Era un’azione troppo sentimentale per un maschio probabilmente. E poi mi ero ripromessa di parlare il meno possibile per evitare qualsiasi tipo di problema.

Sta dicendo che vuole che difendiamo questo posto? Solo noi?

La seconda risoluzione del mistero mi sconvolse più di quanto potessi immaginare.
Ci avrebbero davvero lasciati lì? A sorvegliare quella maledetta scuola che-ah!
Trattenni un urlo. Se dovevo morire avrei preferito farlo subito, combattendo tra le prime file per la mia patria. Ma rimanere lì … ad aspettare chissà cosa … con una continua ansia sulle spalle, oh, quello sì che era come una pugnalata in pieno petto.
Arricciai il naso, sperando -come d’altronde stavano facendo tutti gli altri- che v’era una valida motivazione per quella scelta. 

Ponhang è una base minore da un punto di vista strategico.

Si guardarono tutti negli occhi, confabulando fra di loro. Io abbassai semplicemente lo sguardo.
Saremmo rimasti a sorvegliare una base superficiale, a quanto sembrava. Quando alzai lo sguardo notai che tutti guardavano il generale con occhi confusi, mentre quel tipo dietro, quel ganzo che era andato contro alla scelta del nostro comandante, sbuffava e imprecava a vuoto. Ah, eccome se avrei voluto mollargli un cazzotto in pieno stomaco in quel momento.

Noi seguiamo gli ordini che ci vengono dati.

Quella frase mi fece sentire completa, facendomi dimenticare di tutto il resto. Seppure molti ordini nel corso dei secoli siano stati completamente sbagliati, io in quel momento avevo bisogno di una guida. Ma soprattutto, avrei fatto di tutto per riuscire a proteggere ciò che mi era caro. Era il mio unico orgoglio e volevo proteggerlo con cura. In tutta la mia vita non avevo avuto uno scopo, un motivo per continuare, e ora mi si era presentata davanti l’occasione di essere utile per qualcosa o per qualcuno. Tuttavia la mia scelta di fingermi uomo non era dovuto solo a motivi egoistici. Ma questa è un’altra storia.
Intanto intorno a me le voci si erano alzate. Parlavano di attacchi e di cosa dovevano fare se ne fosse arrivato uno. Alcuni prendevano sottogamba la situazione, altri proponevano di scappare. Le mie spalle si tesero. E io che avrei fatto?

Le truppe HDB sono soldati, non voi non siete soldati?

Quest’ultima frase pronunciata dal generale cancellò tutti i dubbi dalla mia mente.
In effetti, tutte le sue parole pronunciate fino a quel momento erano state importanti per, come dire, tranquillizzarmi. Era semplice ciò che dovevo fare: dare il mio meglio e non arrendermi.
E non lo avrei mai fatto.
Me lo promisi quel caldo giorno, sotto quel capanno di legno, insieme a quelli che sarebbero stati i miei -probabilmente ultimi- compagni di vita.

Voi siete la nazione.
Credete in voi stessi.



Agosto 1950.
71 studenti soldato vennero lasciati a sorvegliare la scuola media femminile di Ponhang.
Pieni di speranza. Pieni di illusioni. 

   
 
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