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Autore: JulietAndRomeo    13/08/2012    1 recensioni
Io rimasi un attimo interdetta: Nick? Quel Nick? Il figlio di Jeremy? Il tipo che avevo odiato a prescindere?
Come se ci fossimo letti nel pensieroci girammo l'uno verso l'altra: «Cosa?»
«Sta zitto!», «Sta zitta!» urlammo all'unisono e continuammo: «Io?»
«Tu!»
«No!»
«No?»
«Si!»
«Smettila!» concludemmo.
questa è la prima storia che scrivo e l'ho fatto per un concorso letterario a scuola quindi non so neanche come è venuta: la pubblico perché mi piacerebbe avere un vostro parere, non so ancora quanto sarà lunga perché il concorso sarà a settembre quindi devo ancora finirla. E' un giallo/commedia perché non piacciono neanche a me le cose troppo pesanti da leggere quindi l'ho 'alleggerita'. Non vi chiederò un commento, quello deve essere a vostro buon cuore. Adesso vi lascio, buona lettura
Genere: Commedia, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 14: Ne sei proprio convinto?

Stavo fissando attonita lo schermo del portatile da cinque minuti buoni, qunado mi riscossi: scossi la testa per liberare la mente e mi costrinsi a premere il tasto play per andare avanti.

Non mi interessava vedere tutto, perché io sapevo la maggior parte delle cose che vi erano registrate, avendole vissute in prima persona.

Ad un certo punto, l'inquadratura e lo scenario cambiarono: si vedevano i tavoli dell'obitorio vuoti tranne che per due cadaveri posizionati sugli ultimi due tavoli.

Guardai la data delle registrazioni ed in effetti, anche se sull'etichetta era riportato 23 Giugno, quella riportata sul video era di qualche giorno prima.

«Dovevano verificare la qualità delle riprese ovviamente» mormorai irritata ed assorta allo stesso tempo.

Si susseguirono anche altre riprese, tra cui quelle del salotto e della cucina di casa mia.

Quando finirono quelle di prova, iniziarono le riprese vere e proprie: la telefonata al distretto era una delle prime, seguiva poi Lewis sulla scena del crimine.

Ricordavo perfettamente il vicolo in cui era stato ritrovato Jennings ed era stretto, compreso tra due abitazioni. Ad un certo punto l'ispettore si allontanava e spariva dall'inquadratura della telecamera: tornava poco dopo con me e Nick al seguito; subito dopo quelle si ritornava al distretto di polizia e si vedeva Lewis che, dopo aver ricevuto una telefonata, si alzava e usciva dall'inquadratura. L'immagine poi cambiava di nuovo, Lewis era in obitorio e lo si vedeva parlare con il medico legale, chiunque capace di leggere il labiale poteva facilmente capire quello che stavano dicendo, data l'alta definizione delle immagini.

Andando avanti di qualche settimana e di qualche DVD, una ripresa catturò la mia attenzione: io e Nick sul taxi il giorno dopo il primo incontro con mia madre.

Erano riusciti a seguirci ovunque, con telecamere nascoste da tutte le parti.

Decisa a non dargli altre soddisfazioni, studiai per bene le inquadrature delle telecamere del salotto e della cucina, in modo da poterle eliminare facilmente.

Dovevo chiamare Nick e metterlo in guardia, dovevo dirgli con chi era, dovevo anche portare i dischi e i documenti alla C.I.A. e all'F.B.I., loro avrebbero potuto rintracciare la stronza e anche il tassista di cui si vedeva chiaramente il volto.

Mentre riflettevo su quello che sarebbe stato meglio fare per primo, venni distratta da un rumore proveniente dal piano di sotto.

'Devono essere tornati' pensai.

Misi da parte il computer e mi sfilai le cuffiette dalle orecchie. Scesi dal letto e guardinga aprii la porta e uscii in corridoio.

«Nick, sei tu?» chiesi dal piano di sopra.

«Si, siamo tornati» rispose lui.

«Io ho un po' di fame, Nick, vado a cercare la signora Smith. Ci vediamo dopo» disse l'ultima parte con voce bassa e sensuale e poi lo baciò leggermente aulle labbra.

In tutto questo, io non ero stata degnata neanche di un saluto, ma solo di uno sguardo di pura superiorità e sfida alla fine del bacetto.

Il mio occhio sinistro non perse tempo e mostrò al nemico la mia palese incazzatura.

Lei sorrise malignamente e andò in cucina.

«Ti devo parlare» esordii dura appena lei fu andata via.

«Dimmi» rispose Nick.

«Non qui, seguimi» dissi incamminandomi verso lo studio.

«Cos'è tutta questa segretezza?» domandò lui quando entrammo e io mi chiusi la porta alle spalle.

«Abbiamo un problema».

«Quale?».

«Vuoi dire 'chi'!».

«Senti, questa notte non ho chiuso occhio, quindi se volessi essere così gentile da dirmi che diavolo vuoi dire, mi faresti un vero favore» disse lui stropicciandosi gli occhi.

«Ah, si? Beh, neanche io sta notte ho dormito, ma non per i motivi che credi tu» spiegai con aria leggeremente irritata, quando vidi i suoi occhi assottigliarsi: «E vuoi sapere che cosa ho scoperto? Ricordi la mia teoria 'La rossa che hai appena portato in casa è malefica'? Quella che ti avevo esposto qualche giorno fa mentre eravamo in macchina?».

«Quella grandissima idiozia? Si, me la ricordo... ma se non sei stata sveglia per i motivi che penso io, perché non hai dormito?» chiese sospettoso.

«Ci stavo arrivando. La mia teoria, per quanto idiota tu la possa trovare, ha trovato conferma: quella... cosa di là è malvagia, perfida, cattiva, spregevole, orribile, malefica, terribile...».

«Ok, hai reso l'idea, adesso mi spieghi come fai a dirlo?» disse lui vagamente irritato.

«Lei è quella che ci spia! Lei lavora per la Mano Rossa! Ha piazzato un sacco di telecamere ovunque, forse non le ha messe tutte lei, ma gli ha aiutati!».

«La smetti di dire stronzate? È un pezzo di pane, non farebbe male ad una mosca, non ne hai le prove, anzi probabilmente le avrai, ma conoscendoti le avrai falsificate per perorare la tua causa!».

«Mi stai dando della bugiarda?!» urlai fuori di me.

«Si! Sei subdola e sei anche meschina quando ti ci metti!» urlò di rimando lui.

«È vero! Hai ragione, sono subdola, ma non ti mentirei, non su qualcosa come questo!».

«Senti, sono stato con lei tutta la sera e...».

«Immagino» dissi acida.

«... e» riprese lui come se non avessi parlato: «Non ha mai accennato al caso o a te, non le interessa del caso, io non le ho detto niente, mi spieghi come farebbe a c'entrare in tutta questa storia?».

«Mi ascolti quando parlo? Ti ho appena detto che ha messo telecamere ovunque! Ci ha spiati e non ha spiato solo noi: lo ha fatto anche con Lewis!».

«Ma non lo conosce nemmeno!».

«Si che lo conosce! Ti ho detto che ho rovistato tra alcune carte ieri, ho trovato anche un vecchio rapporto della polizia di New York: era il rapporto del caso della sparizione di mia madre, era stato archiviato e violare gli archivi non è difficile! Si è semplicemente informata su di me e si è imbattuta anche nell'ispettore! Sapeva chi era e non è difficile trovarlo al distretto: basta inventarsi una storia e chiedere di vedere l'ispettore, dopodiché i suoi complici potevano piazzare le telecamere».

Nick mi guardò come fossi impazzita e alzò un sopracciglio.

«Lo so che detto così può sembrare folle, ma è la verità! Non può rimanere qui, continuerebbe a spiarci!».

I suoi occhi si assottigliarono di nuovo: «Perché non puoi semplicemente ammettere che non la vuoi qui senza inventarti queste stupidaggini?!».

«È vero! Non la voglio qui e non mi sta per niente simpatica, ma non sto dicendo stupidaggini, di sopra ho i filmati che ha girato, ho i documenti e molte altre cose! Come puoi non credermi?!» urlai.

«Non ti credo perché non è vero! È una ragazza normale! Forse solo un po'... imbranata, ma è una ragazza normalissima» disse di rimando.

«Normale come un panda arancione e blu!».

«Cosa?! Un panda arancione e blu? Lo vedi che sei impazzita?».

«Io sto benissimo! Non so da dove si uscito il panda arancione e blu, ma sto benissimo!».

«Ok, ammettiamo per un momento che sia vero quello che dici: come avrebbe fatto?» chiese lui scettico.

«Ad installare le telecamere nascoste, dici? Beh, non lo so, probabilmente mentre eravamo fuori entrambi avrà mandato qualcuno».

«E mi faresti vedere la telecamera con cui ha registrato?».

«Beh, in effetti non posso, è in camera sua e non voglio farle sapere che so tutto. È un modello vecchio tipo, uno di quelli che registrano su cassetta».

«E tu li hai guardati come?».

«Mi sono fatta passare i video da cassetta a DVD, ieri sera».

«E secondo te le telecamere nascoste sono quelle che registrano su cassetta, giusto?».

«Beh, di sicuro no, registreranno su memory card e poi le ha passate su una cassetta, utilizzando il processo inverso a quello che ho fatto io».

«E perché lo avrebbe fatto? Sarebbe stato più semplice lasciare tutto su memory card».

«Ma se vuoi fare le cose in segreto no. Nessuno a Los Angeles ha un video registratore ormai, nessuno avrebbe potuto vederle, solo i suoi amici criminali che probabilmente se ne saranno procurato uno».

«Ti rendi conto di quello che stai dicendo?! È assurdo! Come avrebbe potuto fare?».

«Non lo so ma lei ci sta spiando, io non mi fido! E non dovresti farlo neanche tu!» dissi spingendolo per il petto.

«Vuoi che lei se ne vada?» chiese trattenendomi le mani.

«Si. Voglio che sparisca, entro stasera. È la mia ultima parola» dissi con fermezza.

«Bene, allora vado via anch'io. Non posso lasciarla da sola e tu hai bisogno di schiarirti un po' le idee».

«Cosa?!».

«Hai sentito bene. Me ne vado, è la mia ragazza e non posso lasciarla da sola a Los Angeles senza una casa».

«Non è la tua ragazza! Non hai nessun obbligo nei suoi confronti».

«Chi ti dice che non lo è?».

«Lo hai detto tu, non meno di due giorni fa!».

«Beh, ora ho cambiato idea. Qualcosa in contrario?».

Lo guardai un attimo negli occhi: azzurri e a volte verdi. Guardai il profilo del suo naso, dritto e senza alcuna imperfezione. Guardai la bocca, sempre rossa, anche se non la mordeva mai, sottile e sempre sorridente.

Abbassai un attimo gli occhi sulle mie scarpe e feci la cosa più difficile del mondo per una come me: ammisi che mi piaceva. Mi piaceva e non solo come amico, mi piaceva anche come confidente, come 'collega' e come molte altre cose.

Alzai gli occhi e, dopo aver mandato giù un nodo che mi si era man mano allargato in gola, risposi: «No, non ho niente in contrario, potete andarvene se volete».

Lui mi fissò duro e, dopo avermi dato la schiena, si avviò a grandi passi verso la porta e chiudendola quasi la scardinò.

«La mia vita fa assolutamente schifo» mormorai buttandomi su un divanetto in pelle, posizionato davanti al muro di fronte la scrivania.

Uscii dallo studio solo un'ora dopo, con la speranza che fossero già andati via.

Il salotto era proprio per come lo avevo lasciato, con la differenza che anche da lì si poteva sentire la voce della perfida rossa che chiedeva il motivo di tanta foga nell'andarsene.

'Brutta stronza' pensai.

Pochi minuti dopo li vidi scendere le scale, Nick in testa e la rossa dietro, entrambi con due borsoni in mano.

Io, impalata davanti alla porta, non riuscivo a muovere un muscolo; notai la testa della signora Smith spuntare dalla cucina, quella di Charles sporgersi dal corridoio del pianterreno e quelle dei domestici dai vari angoli della casa.

«Allora sei proprio convinto?» dissi a Nick quando si fermò sulla soglia della casa, dopo che la rossa era già andata fuori.

«Ho già caricato in macchina la maggior parte delle cose, manderò qualcuno a prendere il resto» disse freddo.

Io annuii e gli feci cenno in direzione della porta.

Lui non perse tempo e uscì. Uscì dalla porta e dalla mia vita.

 

Appena richiusi la porta alle mie spalle e mi voltai tutti, inclusi la signora Smith e Charles, ritornarono ai loro compiti e nessuno osò proferire parola.

Costringendo le gambe a muoversi mi mossi con lentezza e pian piano, pensando a tutto quello che era successo, salii le scale in silenzio, fino ad arrivare in camera mia. Non riuscivo a togliermi dalla testa la discussione che avevo avuto con Nick e non riuscivo a non pensare al ghigno soddisfatto di quella piattola di dimensioni umane.

'Non posso arrendermi, non adesso che so tutto' pensai.

Alzando lo sguardo, che sino a quel momento avevo tenuto basso per impedirmi di cadere, entrai in camera mia e velocemente raccattai tutti i documenti e i DVD che avevo nascosto poco prima e li misi in una borsa abbastanza larga da contenerli senza problemi.

Cominciai a correre quando il mio cervello realizzò che adesso che mi ero scoperta non c'era un minuto da perdere, ma prima di uscire di casa mi rivolsi al vaso che conteneva la telecamera nascosta: «Non so come vogliate fare, ma vi ho in pugno e non mi fermerò, né ora né mai. Potete starne certi» dissi minacciosa.

Mi drizzai, sotto gli occhi increduli della signora Smith, e, arrivata in garage, presi Juliet.

Dovevo arrivare al distretto, dovevo farlo in fretta, dovevo farlo prima che Nick spiattellasse il motivo per cui avevano levato le tende e, su questo fronte, ero in netto svantaggio.

Evitai tutte le strade principali e anche percorrendo quelle secondarie, passai circa 6 semafori con il rosso e a 180 km/h.

Arrivata nel parcheggio del distretto, fermai la macchina al centro del piazzale e lasciai anche lo sportello aperto e le chiavi appese nella foga di uscire.

«Gli dia un occhio lei!» urlai al poliziotto che mi aveva chiesto che stavo combinando.

Correvo come se stessi facendo una gara con Bolt e avessi dovuto per forza arrivare prima: passai sotto le braccia di un agente che stava porgendo una scatola ad un collega, passai saltando sopra una donna che si era chinata a raccogliere dei fogli da terra e per poco non travolsi un ragazzino mano nella mano con sua madre.

Appena entrai afferrai il primo agente che trovai per la camicia e lo minacciai di morte se non mi avesse detto dov'era Lewis con i due scimmioni che ultimamente si portava dietro.

Mi disse che erano appena usciti e che non sapeva quando sarebbero tornati.

Tornai indietro frustrata e un secondo dopo stavo facendo dietro front per riportare le chiappe al distretto. Entrai e mi precipitai alla reception dove, senza il permesso dell'agente addetto, afferrai la cornetta del telefono, digitai il numero di Anderson e attesi.

«Anderson, chi parla?».

«Anderson? Sono io, Macy Cullen, ho risolto il caso, se è con l'ispettore Lewis gli dica di non chiamarmi al telefono, perché non ne ho uno al momento e tornate subito indietro!» esclamai.

«Lei non può usare questo...».

«Chiuda il becco lei!» dissi all'agente del centralino che si era intromesso.

«Arriviamo subito, dove si trova?» disse Anderson all'altro capo del telefono.

«No, fermatevi dove siete, vi raggiungerò io, dove vi trovate?».

«Ma perché?».

«Perché si, Anderson, dove diavolo siete?!».

«Siamo a Lakewood Boulevard, a Downey, vicino all'Allen Layne Stadium».

Considerai la distanza: «Sarò lì in cinque minuti, non provate a muovervi» riagganciai con più forza del dovuto e tornai al parcheggio a prendere la macchina.

Con Juliet arrivai anche in meno di cinque minuti e pazientemente mi misi alla ricerca dell'auto di uno dei tre agenti. Un minuto dopo vidi quella di Miller parcheggiata sul bordo della strada.

Scesi velocemente con i dischi e i documenti in mano, aprii lo sportello dell'altra macchina e mi ci infilai dentro velocemente.

«Qui c'è tutto quello che dovete sapere» esordii, ancor prima di chiudere lo sportello, porgendo la cartella ad Anderson, seduto di fianco a me sul sedile posteriore: «E qui ci sono tutte le registrazioni con le quali ci spiavano» continuai dando la busta con i dischi a Miller.

«Cristo!» esclamò Anderson.

«Cosa?» disse Miller.

«Guardate» disse il primo porgendo la foto di gruppo a Miller e Lewis.

«Oh Dio! Ma questi sono Christian Wollaby, il vecchio boss, e Thomas McLoud, quello attuale!».

«Questo è il padre di Tiffany Walker!» dissi indicando Wollaby: «Non è possibile sia Wollaby».

«Magari ha fatto cambiare nome alla figlia per non farla additare da tutti come figlia di un criminale e poi, mi sembra di averla già vista...» ribattè pensieroso Lewis.

«Dove?!» esclamammo io, Miller ed Anderson in contemporanea.

«Non me lo ricordo, ma quando farò mente locale ve lo dirò. Cullen, ora che lo noto, dov'é Nicholas?».

«Con lei» dissi indicando la foto di Tiffany.

Tutti mi guardarono e sbiancarono: «Credo abbia capito che ho scoperto tutto e io e Nick abbiamo litigato e lui se n'è andato con lei perché doveva difenderla ed è una cosa troppo complicata, da poter spiegar adesso, se lei crede che io sappia, gli farà del male e non posso permetterlo, dobbiamo fare qualcosa» dissi tutto d'un fiato.

«Almeno adesso sappiamo da dove partire, torniamo alla centrale e coordiniamo le operazioni» disse Lewis.

«No! La centrale è sorvegliata! Ma perché nessuno mi ascolta quando parlo?! Dovremmo fare tutto tra di noi, nessuno deve sapere o Nick potrebbe lasciarci la pelle. Non possiamo chiedere aiuto».

Tutti annuirono e dopo qualche istante di silenzio, Lewis disse: «Dobbiamo comunque coordinarci tra di noi quindi, Cullen, le serve un cellulare».

Ammisi che aveva ragione, anche se c'era ben altro a cui pensare e, dopo aver fissato il luogo del prossimo incontro, io scesi dalla macchina e con Juliet, volai verso il primo negozio di telefonia.

Quando uscii dal negozio, infilai velocemente la mia scheda sim nel telefono nuovo e mi avviai verso la macchina.

Salii e avviai il motore, ma appena l'auto si accese il mio cellulare cominciò a squillare: senza guardare il numero risposi.

«Cullen».

«Ciao, Macy, vuoi rivederlo vivo il tuo amichetto? Allora perché non fai alla lettera tutto quello che dico? E sta attenta, io ti vedo, proprio come lo fanno le telecamere del traffico: guarda su» disse la voce di Tiffany.

Alzai lo sguardo e, guardando fissa la telecamera di sorveglianza del traffico, annuii.

   
 
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