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Autore: detoxIretox    15/08/2012    4 recensioni
[COMPLETA]
Come regalo di Natale/Capodanno ecco a voi una nuova mini-longfic sui nostri adorati Kagamine. Si applicano tutti gli avvertimenti che si applicano sempre ai Kagamine: tristezza, angst, no happy ending, ugh, why, e via discorrendo.
***
Era stata una serata orribile, il che era tutto dire. Rin era stata vagheggiata e corteggiata da quasi tutti i giovani presenti nel salone da ballo, ma non perché fosse bella. Non era da buttare, o almeno così si considerava lei: ma l’unico vero motivo per cui in tanti le avevano chiesto di ballare - uno dopo l’altro, senza sosta, quasi si fossero messi d’accordo sui turni - era che Rin aveva soldi. Molti soldi.
***
[Len/tragedia, Rin/tragedia, Gumi/tragedia, insomma vedete dove sta andando a parare]
Genere: Angst, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine | Coppie: Len/Rin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogue ~ Dreamy cherry blossoms, please don’t die.
 
“Ahi, madre… mi state facendo un po’ male…”
In effetti ‘un po’ male’ è un eufemismo, quando vostra madre cerca in tutti i modi di sgrovigliare quel nido di nodi che sono diventati i tuoi capelli, dopo una mattinata intera passata a cercare di districare l’elaborata acconciatura tutta trecce e nastri creata per uno delle solite feste mondane a cui Rin era condannata a partecipare.
Sua madre prese il pettine tra le dita, in una sorta di minaccia muta per il povero cuoio capelluto della figlia. Solo a vedere quei fittissimi dentini, pronti a strapparle più lamenti di dolore che capelli o nastri, le veniva il batticuore. “Madre, madre, è davvero necessario?”
“Sì, cara. A meno che tu non voglia rimanere l’equivalente di un gomitolo di lana calpestato a vita.”
Rin strinse le labbra e si costrinse a sopportare il dolore. Quando, dopo vari strattoni e altri gesti poco delicati - di sicuro, non ci si aspettava tanta veemenza da parte di una donna così raffinata - la pettinatura finalmente fu sciolta, e i suoi soliti capelli morbidi furono ricaduti sulle spalle (un po’ più sconvolti del solito, a dire il vero) Rin riuscì ad espirare tutta l’aria che aveva inalato per la durata dell’operazione.
Sentiva la testa pulsare un po’. Ancora, però, quell’un po’ era un eufemismo.
“Grazie, madre.” Cercò di sembrare convincente, nonostante le lacrime agli occhi.
“Sai, mi è dispiaciuto disfare un’acconciatura così bella. Eri davvero meravigliosa, ieri sera. Tutti avrebbero voluto farti la corte. Furbacchioni” ridacchiò, “come se non sapessero che non sta bene fare la corte ad una donna sposata!”
Rin ricordò quell’uomo che si era accostato a sua madre, durante i festeggiamenti, e l’aveva adulata complimentandosi per l’abito e dicendo che non dimostrava più di vent’anni; all’immagine di lei che rispondeva con una risatina da civetta, storse la bocca. “Già, ma anche le donne non dovrebbero starci” sussurrò. Lei non colse l’allusione e si allontanò dalla toletta.
“Oh, stai crescendo così in fretta, piccola mia” sospirò. Il tono era il classico di quei genitori che sembrano realizzare per la prima volta che la loro figlia ha già diciassette anni e sta per compiere un anno di matrimonio.
Prima che sua madre potesse scoppiare in lacrime di commozione, Rin la raggiunse e l'abbracciò. “Non così tanto, poi. Sono ancora come qualche anno fa, ricordi?”
“No, non è vero. Sei sposata da un pezzo. Presto avrai anche dei figli, immagino. Ne hai parlato con Gakupo, come ti ha suggerito tuo padre l’altro giorno?”
“Ehm, io...” La verità? Non le era nemmeno passato per l’anticamera del cervello. Ma questo non poteva certo confessarlo. Per fortuna, sua madre intuì tutto, e la interruppe prima che potesse aggiungere altro: “No, ho capito. È ancora un po’ presto. Va benissimo, in fondo” le prese il volto tra le mani, “io sono ancora troppo giovane per essere nonna! Non dimostro nemmeno più di vent’anni!” miagolò.
“Esatto” confermò Rin ridendo.
Quando sua madre fu uscita dalla stanza, Rin cercò di sistemarsi alla meno peggio i ciuffi sparuti che non ne volevano sapere di stare al loro posto. Poi si guardò allo specchio.
Non era cambiata affatto. Nulla in lei testimoniava che fosse già passato un anno dagli eventi traumatici dei giorni prima del matrimonio con Gakupo. Be’, forse ciò che era davvero nuovo - e a cui Rin faceva ancora fatica ad abituarsi - era la fede all’anulare sinistro. Al suo interno era incisa la data della loro cerimonia di nozze.
Essere sposata con Gakupo non era poi così male. Il più delle volte lui la lasciava fare ciò che voleva, e non osava nemmeno comandarla a bacchetta. Convivevano più o meno come potrebbero convivere due amici, spesso si ignoravano e basta, o parlavano del tempo meteorologico ogni mattina, quando lei faceva da mangiare prima che lui andasse all’accademia. Si davano il bacetto mattutino, Gakupo usciva, Rin passava la giornata con sua madre o alcune sue cameriere, che erano diventate ottime amiche - non vedeva più Neru, Gumi... Miku.
Però aveva sentito dire che si era sposata anche lei, di recente. Fortunatamente, Rin aveva avuto una specie di illuminazione, che la portò ad allontanarsi dalla stanza prima di sentire il nome del giovane fortunato. Aveva ancora il terrore di quel nome di tre lettere. Non lo aveva più pronunciato né sentito pronunciare dal giorno del quasi suicidio, e per lei era stato molto meglio così. Non che lo avesse dimenticato, era impossibile - però col tempo si era abituata alla sua assenza...
Rin fece un sorrisetto amaro, che lo specchio ricambiò simultaneamente. Triste, eh?
Dopo che lui se n’era andato, Rin era rimasta a singhiozzare per terra a lungo, in stato pietoso. Per quanto ne sapeva Gakupo era rimasto lì per tutto il tempo, perché quando un po’ riuscì a riscuotersi, era entrato quasi subito nella sua visuale.
La stava fissando particolarmente triste, ma non deluso. Come se fosse stato dispiaciuto per lei. Le aveva chiesto se voleva essere lasciata sola, e lei aveva annuito - a quel punto aveva aperto il pannello scorrevole ed era uscito, e Rin si era calmata un po’. Si era imposta di smetterla di piagnucolare come una bambina, tanto non sarebbe servito a riportarlo indietro e a cambiare le cose.
Da allora cercò di mostrarsi il meno traumatizzata possibile, davanti ai suoi genitori (che non intuirono mai nulla) e a Gakupo, che ormai aveva già capito come stavano le cose, ma che dopo quel giorno non osò mai tornare sull’argomento - Rin gli era debitrice per quello. Non aveva bisogno di altro, se non che lui facesse finta che tutto quello non fosse mai successo, così poteva illudersi che fosse davvero così.
Una sola volta aveva provato a ripercorrere da sola la strada fino alla radura, di pomeriggio. Lui non c’era. Si era convinta che fosse meglio così ed era tornata indietro. Non aveva più provato a cercarlo, da allora.
Guardandosi allo specchio, si rese conto che le piaceva ricordare i bei momenti passati insieme, col senno di poi. Se c’era una cosa di cui era certa, era che non si sarebbe mai pentita di tutto ciò che avevano passato. Oh, aveva sofferto, e anche parecchio, ma era anche stata felice. Davvero felice. E quelli erano ricordi che appartenevano solo a loro due, e lo sarebbero stati per sempre. Le avrebbero fatto compagnia nei momenti di solitudine.
Però la notte piangeva ancora. Era più forte di lei.
Rin si alzò dalla toletta e raggiunse la sala dei ricevimenti della casa nella quale viveva con Gakupo da un anno a quella parte. Cominciò a bollirsi del tè, i pensieri sguinzagliati a destra e a manca, così confusi che non sapeva nemmeno quale valesse la pena di seguire. Lasciò semplicemente che tutto svanisse nel calduccio familiare del tè, che le scendeva giù per la gola bollente.
“Ah, neanche a me piace il tè.”
Era vero, a lui non piaceva... se fossero stati marito e moglie, si sarebbe premurata di eliminare ogni singola foglia di tè dai dintorni della loro casa, per impedire che lo disturbassero. Si sarebbe accontentata di altre bevande che sarebbero piaciute ad entrambi. Si sarebbero seduti sul porticato, abbracciati l’uno all’altra, e avrebbero guardato insieme un’altra primavera arrivare, accompagnata dagli alberi in fiore, e poi un’altra ancora e un’altra ancora. Finché morte non ci separi. Le aveva dette a Gakupo, quelle parole - ma persino lui aveva capito che non era rivolte allo sposo. Neanche un po’.
“Oh...” Rin si lasciò sfuggire un’esclamazione soffocata. Sentiva gli occhi pizzicare. “Non è un buon momento per piangere, Rin” si rimproverò a mezza voce. Poi guardò fuori dalla finestra; il sole era alto nel cielo. “Sì, ce l’hai un po’ di tempo per fare una passeggiata, Rin” mormorò.
Afferrò un copri abito e uscì.
 

***

 
Davanti a chiunque avrebbe giurato di no, ma in fondo lo sapeva perché aveva deciso di intraprendere quella strada. Era lunga, arrivare da casa sua a quella dei suoi genitori, ma in un qualche modo non le sembrò poi così difficile raggiungere il retro dell’abitazione, lì dove si affacciava la finestra della sua camera al pianterreno. Guardò il boschetto di rovi su cui dava il sentiero appena accennato.
Per un attimo si chiese se non fosse troppo azzardato - o doloroso - ripercorrere quella strada. Di solito, dall’altro capo c’era sempre - sempre...
“Oh, dai” sussurrò, seccata. Non riusciva nemmeno a pensarlo, quel nome. C’era sempre Len.
Prese un gran sospiro, e fece dietrofront, decisa a tornare indietro.
Ma Len non ci sarà. Come l’altra volta, no? Tu stai solo facendo una passeggiata, in memoria dei vecchi tempi.
Fece un’ulteriore dietrofront, per ritrovarsi nella stessa posizione di prima. “Giusto. Una passeggiata” mormorò, e si gettò a capofitto nel boschetto, superandolo del tutto.
A quel punto, quasi si aspettava di sentire echeggiare il suono di un violino - le sue aspettative vennero, per la seconda volta in un anno, distrutte; tutto taceva. Meglio così, continuava a ripetersi tra sé e sé, ma la sua convinzione era ormai a un livello così basso che raggiungeva la suola dei suoi stivali.
E proprio mentre stava davvero riuscendo a persuadersi che effettivamente era meglio così, la sentì.
Flebile, come la prima volta.
Così tanto che se ci fosse stato del vento, non l’avrebbe sentita. Come la prima volta.
Il suo buon senso la raggiunse nel momento in cui faceva un passo avanti in direzione della melodia. Cominciò a urlare, dentro la sua testa: non andare! Non andare! Lo sai che non sta per succedere niente di buono, torna a casa ad aspettare tuo marito!
Quel cosiddetto buon senso, stranamente, aveva la voce di Miku. Ragione in più per cui Rin fu felice di ignorarlo e andare avanti per la sua strada.
I primi metri tentò di mantenere il passo più lento che poteva, come se stesse ancora passeggiando senza meta. Gli ultimi, però, proprio non riuscì a trattenersi e insieme all’andatura anche il battito del cuore accelerò. Alla fine esitò appena. Come sarebbe stato sbucare fuori in quel modo, dopo un anno che non si vedevano, entrambi sposati? Len come l’avrebbe presa?
Sperò intensamente che sarebbe andato tutto bene, siccome ora era nella radura e lo guardava suonare. Non sarebbe riuscita a tornare indietro comunque, perché ormai l’aveva vista.
Nemmeno lui era cambiato più di tanto. Era diventato un po’ più alto, notò subito. Gli occhi erano sempre gli stessi, a differenza degli abiti - molto più curati che in passato, e il violino sembrava nuovo di zecca. Chissà, ora che era sposato con la figlia di un aristocratico, quanti privilegi doveva avere.
Un momento... sposato! Ma quella che aveva all’anulare sinistro non era una fede. Era un semplice anello di fidanzamento.
Forse esagerava, ma Rin non si era mai sentita così sollevata in vita sua. Non era Miku. L’aveva accontentata davvero, alla fine.
“Rin? Che ci fai qui?”
La ragazza sentì la frase, ma la bocca di Len non si era mossa. In effetti, quella era una voce un po’ troppo femminile per appartenere a lui, che la fissava con uno sguardo di avvertimento. Come se stesse cercando di dirle: “Non parlare.”
La fantomatica fidanzata doveva essere lì con lui, e la cosa le smosse un’immediata gelosia. Len portava un’altra ragazza nella loro radura, anche dopo tutto ciò che era successo lì! Non le interessava se fosse la sua promessa sposa, avrebbe dovuto mantenere quel luogo segreto. Si sarebbe infuriata come una belva e gliene avrebbe dette quattro, se non ci fosse stata quella ragazza lì con lui...
Quella ragazza... Rin ci mise un po’ prima di realizzare che: uno, quella ragazza che in teoria non avrebbe dovuto conoscere l’aveva chiamata per nome. Due, ora che ci faceva caso, era anche una voce abbastanza familiare. Quando la vide andarle incontro, il cuore fece un balzo improbabile fino a schizzarle in gola, e lì rimase per un bel po’.
“Gumi.” Cercò in tutti i modi di sfoderare il tono più amichevole che aveva in repertorio.
Anche Gumi sembrava tutta emozionata per quell’incontro inaspettato, ma la sua almeno era una reazione sincera.
Rin pensò che non significava nulla se c’era lei, nella radura. Magari erano amici. Magari era arrivata nello stesso momento in cui era arrivata lei, attirata dalla musica, e non conosceva Len. Ma quando si azzardò ad abbassare gli occhi sulla sua mano sinistra, notò l’anello di fidanzamento.
Non seppe dire se era più sconvolta per il fatto che Gumi le avesse portato via Len, o per il fatto che l’amore di Len per lei fosse del tutto fittizio. Perché, sinceramente, secondo Rin l’unica persona tra quelle che conosceva che più di tutti meritava l’amore autentico era proprio Gumi.
“Ah, quasi dimenticavo” fece la ragazza, ammiccando. “Un’amante della musica come te non avrebbe mai tirato dritto dopo aver sentito le sue composizioni, dico bene?”
Rin annuì.
“E’ da tanto che non ci vediamo. Scommetto che ancora non sai che mi sto per sposare, e che lui è il mio fidanzato” illustrò Gumi. Len tese la mano cortesemente e Rin fece altrettanto; eseguì un tesissimo baciamano. “Ci sposeremo tra una settimana!”
“Gumi... io... è bellissimo” si limitò a dire Rin, con voce leggermente rotta. Non ebbe nemmeno la forza di sorridere - ma era per la perdita definitiva di Len, o forse perché non aveva la faccia tosta di mentire così sfacciatamente a Gumi? In entrambi i casi, ovviamente Gumi si accorse che qualcosa non andava. A dispetto delle sue aspettative, però, non disse nulla. Aggiunse: “Uh, a proposito... la senti ultimamente Miku?”
“No. So che si è sposata.”
“Lei...” lanciò uno sguardo esitante a Len, “in realtà, lei doveva sposare Len. Ma poi è successo - be’, le cose sono andate un po’ male e l’ha presentato a me.”
Rin si irrigidì. “Ah... capisco.” Guardò Len anche lei, e dalla sua espressione poté aggiungere dettagli alla versione di Gumi. Probabilmente, lui doveva averla rifiutata, e lei, così arrabbiata per le ovvie ragioni che le avevano impedire di avere Len, aveva comunque tentato di avere una certa autorità su di lui decidendo con chi si sarebbe sposato. A quel punto, Len non avrebbe potuto rifiutare ragazze all’infinito.
Il solo pensiero che tutto quello fosse successo davvero la fece arrossire di rabbia.
Gumi si rivolse a Rin: “Non è che ti andrebbe di fare una passeggiata e due chiacchiere, Rin? Dobbiamo recuperare un anno di pettegolezzi.”
Rin annuì e la seguì, dopo un ultimo sguardo a Len che ricominciò a suonare.
“Viene qui quasi tutti i pomeriggi” spiegò Gumi quando furono fuori dalla radura. “Suona per i suoi. Sono morti durante un terremoto, è una specie di rito...”
“Oh” Rin era l’immagine dell’impassibilità. E così rimase per i successivi dieci minuti. Quando, infine, si rese conto che Gumi non aveva ancora iniziato a parlare a briglia sciolta - cosa bizzarra, specialmente ora che stava per sposarsi - si decise a guardarla in faccia. Aveva un’espressione assorta, come di qualcuno perso in pensieri malinconici e nostalgici. No, decisamente non era da Gumi un’espressione del genere. E sebbene ne avesse tutt’altro che voglia, Rin decise di indagare. “Gumi? C’è per caso qualcosa che non va?”
“Uh? In che senso?” fece l’altra, riscossa, con un tono privo di intonazione. Quasi... apatico. Ora Rin iniziava a preoccuparsi veramente. Stavolta la faccenda, di qualunque cosa si trattasse, doveva essere seria. “Sei strana. È successo qualcosa?”
“In realtà...” Gumi distolse lo sguardo. Sembrava combattuta. Ma a causa di cosa? “No, no, in realtà no” balbettò. “Sto bene, benissimo. Grazie. Sto benissimo.” E, detto questo, fece due rapidi passi in avanti e continuò a camminare dandole la schiena.
Rin gonfiò le guance, proprio come aveva fatto l’amica un anno prima contro Miku; allora stava cercando di darle conforto, e Rin non poteva non ricambiare il favore. Raggiunse tutta infervorata Gumi, prendendola per le spalle e facendola voltare per guardarla in faccia... ma la sua gola non fu capace di produrre suono.
Gumi piangeva. Ma non sembrava nemmeno accorgersene del tutto. Aveva gli occhi ben spalancati, la bocca socchiusa, e le lacrime scorrevano come avrebbero potuto fare sul vetro di una finestra. “Non guardarmi” mormorò, scrollandosela di dosso.
“Gumi... stai piangendo...”
“Pare che tu abbia ragione” replicò lei, amareggiata. “Ci crederesti che le lacrime di una sposa non sono sempre di felicità, o pensi che io sia patetica?”
“Non potrei mai pensare una cosa simile di te” replicò Rin. “Ma se mi spiegassi che succede...”
“Oh, dai, non dirmi che non l’hai ancora capito.” Si sedette all’ombra di un albero, la schiena premuta contro il tronco, e Rin la imitò. “Len è un ragazzo d’oro, sai? Ma per qualche strana ragione che ora mi sfugge, non sono innamorata di lui. Tutto qua. Sì, è una cosa stupida, ma siccome ero una bambina che credeva ancora alle favole e al principe azzurro, vedi, quando ho scoperto di non esserne innamorata sono rimasta sconvolta. Ma ormai i giochi erano fatti, dovevo sposarlo. E ora, dopo una vita intera passata a sognare il mio matrimonio, potrò celebrarlo... senza amare.” Serrò i denti, digrignandoli. “Buffa la vita, vero?” aggiunse.
“Oh, Gumi...”
“No, ti prego” mormorò, celandosi il volto con le mani. “Non provare compassione per me. Mi basta la mia. Mi faccio pietà da sola, ma proprio non posso fare a meno di essere così infantile. Invece di rassegnarmi e sposarmelo, quello, ogni notte la passo a piangere e a chiedermi cosa ci sarà di così sbagliato in lui. Anche se lo so, che se c’è qualcuno che ha qualcosa di sbagliato, quella sono io... perché mi sono rifiutata di crescere, e guarda dove mi ritrovo.”
A quel punto Rin non aveva idea di come controbattere. Si sentiva in un vicolo cieco. Ma aveva paura che a rimanere in silenzio non si sarebbe risolto nulla. Doveva dire qualcosa. Qualunque cosa, anche un commento banale sul tempo, cambiare argomento, farla smettere di piangere... “Io lo amo” disse infine.
Rimase così sorpresa nel sentire pronunciare quelle parole dalla sua stessa bocca, che per un po’ non fu capace di proferire altro. Sentiva lo sguardo interrogativo di Gumi su di lei, e di certo non poteva biasimarla - be’, per lo meno adesso aveva smesso di piangere.
“Ami chi?” chiese Gumi, con voce tremante. Rin non credeva che avrebbe sopportato un’altra notizia come quelle che si portava nel cuore, così si mise a pensare a come salvare la situazione. Alla fine, folgorata da un’idea improvvisa, abbassò le palpebre stancamente. “...Gakupo. intendevo Gakupo.” Poi sospirò, e il peso di ciò che stava per dire le sgorgò dalle labbra senza la difficoltà che si era aspettata: “Mi sono accorta che dopo un anno che conviviamo, i miei sentimenti hanno cominciato a cambiare. E ora viviamo una di quelle storie d’amore che mi raccontavi sempre tu, sai. Siamo molto felici insieme.”
Le opzioni erano due: o in un anno le sue doti di attrice erano migliorate notevolmente, o Gumi era così accecata dalla delusione che alla prima possibilità di ribaltare la sua situazione che si presentava, anche se poco probabile, ci si aggrappava all’istante. “Dici davvero?”
“Certo. E sono sicura che accadrà la stessa cosa a te e Len.”
“Ma sarà facile? Smetterà di fare così male?”
“Una persona mi disse... tanto tempo fa...” Rin deglutì, e si costrinse a ripetere le parole di Len, “prima o poi...”
Gli occhi di Gumi si inumidirono ancora di più, e altre lacrime cominciarono a caderle sul viso - ora però le iridi brillavano un po’ più speranzose di prima; sempre meno del normale, ma non era comunque poco. A Rin dispiacque averle mentito così, ma se era per il suo bene alla fine fu addirittura sicura di aver fatto la cosa giusta.
Gumi la prese per mano, dandole un veloce, tiepido abbraccio. “Grazie, grazie” la sentì sussurrare al suo orecchio, poi iniziò a trascinarla di nuovo in direzione della radura, asciugandosi frettolosamente le guance.
 “Len!” chiamò. “Secondo me Rin sarebbe felicissima di ascoltare una tua composizione” fece, e Rin per conferma annuì. Sentiva la testa stranamente più leggera.
“Oh, bene. Mi sembra un’ottima idea.” Len posizionò il violino sulla spalla, e mosse l’archetto con un movimento la cui familiarità non sfuggì a Rin. L’aveva visto migliaia di volte. Ogni volta significava l’inizio di un sogno, dal quale entrambi - e anche Gumi, a giudicare da come stavano le cose - avevano dovuto svegliarsi troppo presto.
Quando Yume Sakura finì, Rin si ricordò di respirare.
“E’ davvero splendida” mormorò. “Ce l’ha un titolo?”
Len la fissò con uno sguardo tanto intenso che Rin si sentì quasi possedere da esso. “Ci ho pensato, ma è difficile da spiegare” disse infine.
“A cosa avevate pensato?”
“Ecco, il fatto è che questa l’ho composta di recente. E forse... credo di essermi ispirato a una persona che ho amato, ma che purtroppo non mi appartiene più... per scriverla.” Le stava scavando dentro un solco così profondo che per un attimo a Rin mancò l’aria per respirare. “Quindi pensavo di chiamarla... Yume Sakura. Non chiedetemi perché, però.”
“Va bene.” La ragazza chiuse gli occhi, perdendosi nel mondo infinito in cui esistevano solo loro due. “Non vi chiederò il perché”. 

***

NdA.
Credo che in me ci sia qualcosa di maledettamente sbagliato. E ora vi illustro il perché in tre punti.
1) Len, Rin, Gumi e Luka in teoria sono i miei Vocaloid preferiti. Len e Rin finiscono per essere separati per sempre, Gumi sposa uno che non ama e soffre come due cani messi insieme e Luka a quanto pare vive con un tizio che la picchia. Ottimo, non vi pare?
2) Miku e Gakupo mi stanno abbastanza indifferenti. Miku non ha potuto avere il matrimonio che desiderava, eppure possiede qualche libertà mentre a Gakupo Rin non ha mai fatto caldo né freddo, ma gli sta abbastanza simpatica.
3) La cosa peggiore di tutte. Neru. La detesto. E l’ho fatta sposare con il suo principe azzurro, colui che amava sin dall’inizio, col quale vivrà per sempre felice e contenta.
...
Che cos’ho che non va, secondo voi?
Perché nemmeno Hitoshizuku, per quando sadica (o masochista, a seconda di come si guarda la faccenda), riuscirebbe a raggiungere le vette di crudeltà che ho raggiunto io in questa fic.
Sono veramente sconvolta... e... spiacente. Scusate.
Ora vado a ritirarmi tra le montagne e divento un’eremita senza connessione a Internet, così la smetto di distruggere OTP a destra e a manca - che nel caso di noi fan del Kagaminecest non sta per One True Pairing, ma per Only Tears and Pain. [cit.]
Andate in pace. Amen.
  
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